martedì 24 giugno 2008

"Un poco de tuto..." di Fausto Tuzzi

Presso le Grafiche Fiorini a Verona nel 1985, Fausto Tuzzi pubblicò il libro “Un poco de tuto…”, una raccolta di versi in triestino. Di seguito tre poesie tratte dal suo libro.

Le mule triestine

Xè stà calcolà e giudicà,
che le mule triestine
sia le più bele del mondo.
– Coss’ te fa quei oci? Perchè?
Perchè le xè fie de zento incroci.

Cò iera l’Austria, tanti ani fa.
Una balerina vienese: un bonbon.
– Te vol saver chi che la gà sposà?
– Un pescador istrian.
E ’l suocero iera furlan…

Una serva furlana la voleva un triestin
e la gà ciolto un murador carsolin.
Mama mia che fioi!
Tiradi su cola iota
e piadine de radicio e fasoi.

La beleza xè un segreto
del’ incrociar le razze.
Varda i’ inglesi:
tuti cugini tuti precisi.
E i tedeschi? Fati in serie.
Gavemo altri incroci con greghi e ebrei
ma i fioi nasseva sempre bei.

Alora stè bele mule triestine,
bionde o more coi oci ciari
o coi oci neri ma sinceri,
cossa le ciameremo signorine?
No! Mule triestine, nate al’ ombra del melon.
Pecà che i lo gà taia a fetine
e no ’l xè più tanto bon…


Autuno

Pioveva. I muli fora de scola
i plozcava co le papuzze nele galuse
e nel ploc dela strada…
I alberi senza foie
pianzeva sui rami nudi.
La scola iera apena scominziada.
Le maestrine coreva
per ciapar la coriera.
El ciel iera scuro
sepolto come un morto
in una granda coverta nera.

Dopo la piova

Guarda, dopo la piova,
el ciaro dela Luna
nele galuse dela strada…
Guarda le iozze dele gorne
che senza pie
le cori verso ’l marciapie…
e, veder in una iozza
due oci celesti
che me fissava…
La piova xè finida,
le galuse xè sugade,
resta solo le tue ociade
e quattro nuvoli nel ciel…


Er Vaiont de Roma

Sempre più evidente che Veltroni sindaco di Roma sarà ricordato come un altro forum romano, nel senso del buco, perché come ha detto il Silvio “se sono confermate le notizie, si tratterà di una bancarotta e gli amministratori di Roma saranno dei falliti che non potranno continuare a governare. Non c'è nessuna città d'Europa che ha lasciato un deficit di 16 mila miliardi di vecchie lire. Spero che quello che appare non sia vero. Non sapremmo come riparare”. Una situazione descritta come “drammatica”, “tragica” e, tanto per gradire, “allucinante”. Un disastro, una frana, er Vaiont de Roma. Un film apocalittico come adesso va di moda. Ma, questo a parte, Veltroni e il pidi appaiono sempre più soli tant’è che per rimediare alla depressione della solitudine il leader del loft ha lanciato il richiamo della piazza [“militanti di tutta Italia unitevi, che ve costa, i treni sono già pagati”] per settembre, quando farà un po’ più fresco. Ma la disamministrazione di Veltroni è solo un esempio delle molte disamministrazioni di sinistra tenute in piedi in Italia ancora da uno zoccolo duro, che ancora come il coro muto della Butterfly intona qualcosa che ricorda bandiera rossa o l’internazionale, qualunque cosa facciano e in qualunque modo sperperino i soldi della gente. Il vento però sta cambiando alla svelta. La disfatta elettorale nelle amministrative recenti in Sicilia e Sardegna ne è una testimonianza.
E non è poi così forzoso l’aggancio con quanto sta succedendo, ancora, in queste ore a Napoli. Il sindaco Rosa Russo Iervolino, in una conferenza stampa alla scadenza del termine previsto dal recente decreto legge in materia di rifiuti, ha annunciato che il nuovo termovalorizzatore destinato a smaltire i rifiuti di Napoli sarà realizzato nel quartiere di Agnano, alla periferia occidentale del capoluogo. Ha detto la Iervolino, facendo tra l’altro l'esempio dell'impianto di Vienna, “che è vicino all'ospedale, vicino all'università e in mezzo alle case” – come a dire “e, dunque, quale problema c’è?” -: “Il termovalorizzatore non è una apparecchiatura mortifera, ci è parso giusto scegliere un territorio che avesse alcune caratteristiche, e che cioè fosse facilmente accessibile, il cui terreno non fosse inquinato in modo da poter iniziare immediatamente i lavori e che consentisse per superficie la realizzazione del termovalorizzatore che però è di città, [non] un bestione che bruci l'immondizia di tutte le regioni. Vogliamo qualcosa che serve per Napoli e in questo senso abbiamo voluto dare una risposta precisa e puntuale a un obbligo che ci veniva dalla legge”. Cosa loro insomma. E a maggior ragione è duro, veramente duro, dare una spiegazione logica alle inadempienze finora “coltivate” e premiate dalla cittadinanza. Trasformatasi in agit-prop pro inceneritore, la Iervolino, dicono le cronache, ha annunciato anche la propria disponibilità a spiegare in prima persona, assieme al sindaco di Brescia e a quello di Vienna, la non pericolosità della presenza del termovalorizzatore ai cittadini nella municipalità in cui sarà realizzato l'impianto.
Attenzione, però, siamo a Fuorigrotta, e, dunque, fuochi d’artificio “festosi” già si preparano per accogliere la sindachessa: il presidente della municipalità, uno del suo stesso partito, Giuseppe Balzamo, in un incontro pubblico ha confermato la linea dura contro la decisione dell'amministrazione comunale. Ha detto: “Questa scelta distrugge un quartiere da decenni in attesa di rilancio. Erano state fatte promesse e anche avviate iniziative, come la privatizzazione delle terme per farle diventare cuore di un nuovo sviluppo turistico-congressuale, e ora si vanifica tutto. Ora, invece, hanno cambiato tutto. Ma la cittadinanza di Agnano ha il diritto-dovere di far sentire la sua voce, di reagire a questa imposizione che la metterebbe in ginocchi”. Insomma gli amministratori pidini hanno mantenuto il loro potere a qualunque livello garantendo la non-decisione sui problemi fondamentali con la filosofia del meglio non fare niente che non rischiare di scontentare qualcuno. Ed adesso si trovano a dover decidere e finalmente “fare”: un mestiere che non amano molto perché “lavorare” stanca, mentre muovere la bocca, mestiere in cui sono veri maestri, un po’ meno.

Premio Letterario Nazionale “Città di Trieste”

Ho ricevuto come commento nel blog “Messaggi in bottiglia” la comunicazione della prossima scadenza del Premio Letterario Nazionale “Città di Trieste”. Riporto qui (ritenendo più consono l’ambito) i dettagli del regolamento e l’invito a partecipare.

Il concorso, a tema libero, è suddiviso in tre sezioni:
-- sezione “Narrativa” – presentazione di un’opera completa inedita (romanzo);
-- sezione “Cinema” – presentazione di un soggetto cinematografico inedito di massimo 20 pagine carattere arial formato 14;
-- sezione “Teatro” – presentazione di un monologo, scrittura comica, etc. inedito di massimo 15 pagine carattere arial formato 14.
Al concorso possono partecipare gli autori italiani che hanno compiuto il 18° anno di età, con opere (massimo una per autore per ogni sezione) a tema libero inedite e scritte in lingua italiana. La partecipazione è gratuita.

Ogni opera (massimo una per autore per ogni sezione) dovrà pervenire in via telematica all'indirizzo di posta elettronica premio@ilportaleditrieste.it unitamente ad un documento (denominato dati autore) contenente i dati dell'autore (nome e cognome, luogo e data di nascita, indirizzo, recapito telefonico fisso o mobile, indirizzo e-mail ove posseduto, indicazione della sezione a cui l’opera è iscritta) e ad una breve presentazione dell'autore stesso (curriculum vitae anche informale). Inoltre è necessario inviare il documento liberatoria (scaricabile dal sito) che autorizza "Il Portale di Trieste" ad utilizzare il materiale per la pubblicazione sul sito (da inviare a mezzo fax dal lunedì al venerdì, dalle ore 08:30 alle 19:00 al numero 040661048) e la diffusione attraverso stampa, trasmissioni radiotelevisive e mostre di editoria. Gli autori, partecipando al concorso, consentono la pubblicazione e la diffusione delle opere inviate mediante tutti i mezzi che si renderanno disponibili ed in iniziative promozionali senza aver nulla a pretendere come diritto d’Autore. La partecipazione al Premio impegna all’accettazione di tutte le clausole del presente regolamento.
Le adesioni dovranno pervenire entro il 30.06.2008. Per le adesioni pervenute farà fede la data/ora di arrivo della mail.

Il concorso si svolgerà in due fasi:
I fase – Selezione
La Giuria (composta da un comitato tecnico) selezionerà, tra tutti i lavori pervenuti, le opere di ogni sezione che saranno ammesse alla fase finale del concorso in base al punteggio ottenuto.
II fase – Concorso
Nella seconda fase le opere verranno valutate dalla Giuria finale (composta dai rappresentanti di alcune case editrici italiane e da personaggi dello spettacolo e della letteratura) e verrà premiata quella ritenuta migliore di ogni sezione. Il giudizio della Giuria è insindacabile.

Ulteriori informazioni e comunicazioni sul premio si possono trovare all’interno delle pagine ufficiali del Premio sul sito internet www.ilportaleditrieste.it

Bar Sport Italia

L’Italia, paese di poeti, santi, navigatori e… imbecilli. Dopo qualche giorno riprendo le mie annotazioni, e come non ripartire dalle vicende calcistiche che hanno “scosso” la “nazione”. Un passo indietro, però… Mancini. La squallida vicenda del completamento dell’album di figurine di Moratti, cui neppure la vittoria di due (per non dire tre) scudetti ha guarito dalla sua maniacale insoddisfazione, se il nostro territorio non fosse sovraffollato anche dalla quarta categoria, avrebbe dovuto incontrare la riprovazione dei più. E invece la servile accondiscendenza di molti pennivendoli, cui non pareva vero levarsi di torno quella sorta di Mozart della panchina personificata nel Mancio in apoteosi della propria mediocrità di pensiero – la parafrasi “mediocri di tutto il mondo unitevi” è quanto mai sempre la più gettonata –, ha già relegato nell’angolo delle non notizie uno dei tanti segni dei tempi che stanno scuotendo lo Stivale e rivoltandolo come fosse un calzino. L’«urlo» del Mancio: mi cacci? caccia la grana! è stato uno dei tanti banzai che risuonano nell’italico territorio in molti campi portati dai nuovi venti che soffiano di questi tempi, come nel Sessantotto, contro i baroni d’oggi.
Al “partito” del Mancio s’è unito ieri Donadoni, che ha equiparato le sue dimissioni alla corazzata Potëmkin di Fracchia: una boiata pazzasca. Sinceramente, perché Donadoni dovrebbe dare le dimissioni? Perché fa rima? (Ma allora anche Berlusconi, Veltroni e tutti gli altri eoni della politica e via discorrendo). Per far posto a Lippi? Ma chi è Lippi? Uno che ha avuto un culo pazzesco e poi l’intelligenza altrettanto pazzesca di passare la mano ad un altro – il primo ingenuo che passava – per gli europei di calcio dove lui ed il suo puzzolente toscano si sarebbero giocati faccia, gloria e cv. Sinceramente ripresentare Lippi è come è stato ripresentare Prodi. Il Medioevo che ritorna. Il risultato si è visto; e i danni pure. Eppure c’è una lobby disgustosamente in gran spolvero dappertutto, giornali, tv, Biscardi, cessi pubblici. Lippi muove l’interesse di interessi forti nel calcio? Tanti sponsor non richiesti gettano almeno l’ombra del sospetto sulla sua candidatura. E sulla Lega… che succede? Perché tutto questo? Certo, neanche a me è piaciuto il calcio messo in campo da Donadoni. Ma in fin dei conti la nostra nazionale è stata l’unica delle grandi, o pronosticate tali, escluse dalle semifinali, che è uscita a testa alta, senza fare figure da cabaret. Per vincere bisogna segnare, purtroppo lo scopo del gioco è quello. E con quel Toni baloni che vendi limoni in piazza Goldoni al numero tre era ben difficile aprire la porta. Si può recriminare su qualche scelta, ma del senno del poi è piena la fossa delle Marianne. Gli italiani hanno sopportato per tanto tempo ct come Vicini, perché non fare altrettanto con Donadoni, lasciandoli naturalmente tutto il tempo necessario perché la sua serietà contagi un ambiente che di serietà avrebbe bisogno a iosa?
Con la questione della nazionale – dove vale il postulato che tutti gli italiani sono migliori commissari tecnici di quello designato per grazia di Dio o furor di popolo – si sposa bene la vicenda giudiziaria, nel senso dei processi stoppati per lasciare spazio, tempo e risorse a processi che non lascino impuniti gli autori di aberranti reati. È incredibile come tutti si sentano poco appagati dal proprio tran tran lavorativo quotidiano, quello per cui sono pagati, al punto da preferire al proprio il mestiere degli altri e spesso e volentieri ad invadere competenze e “scompetenze” che sono di altri. Il buon senso dice che il legislatore fa le leggi, il governo governa in attuazione di quelle leggi, il giudice quelle leggi, che gli piacciano o no, le fa rispettare. Ma oggi l’Italia dovunque è un gran bar sport della politica che pullula di commissari tecnici in pectore; e, dunque, perché meravigliarsi delle continue esternazioni di questo o quello che grida solo per farsi notare e magari rimediare una birra da qualche fanatico che gli si fa sponsor?
E non sono cronache da bar sport della politica le cronache riportate dai giornali “seri”, manco fossero la “rosa”? Basta leggerle. Un esempio: «“Siamo contrari all'aggravante di clandestinità e alla norma che sospende i processi. Ritiratela da questo decreto. Non è questione di antiberlusconismo, il dialogo deve avere principi e regole condivisi” dice Anna Finocchiaro, presidente del gruppo dei Democratici. L'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che non ha partecipato al voto, attacca “quelle lobby politico-eversive che sono l'Associazione nazionale magistrati e il Consiglio superiore della magistratura”. Rivendica l'approvazione del decreto Maurizio Gasparri: “Votiamo con orgoglio un provvedimento che dà più sicurezza gli italiani e più trasparenza alla giustizia” dice il capogruppo del Pdl.» (citazione tratta da un articolo d’apertura di Repubblica.it)

venerdì 20 giugno 2008

Fresco di stampa

Sergio Fumich
Dopo l’8 Settembre 1943 in Istria
GOVERNO POPOLARE E RAPPRESAGLIA NAZISTA

Il Litorale Libri, 56 pagine, formato 6" x 9". Acquistabile su Lulu.com.

Il libro propone con aggiunte e alcune modifiche il testo della conferenza tenuta presso l'Archivio storico di Lodi in occasione delle manifestazioni per la "Giornata del ricordo" 2008, organizzate dal Comune di Lodi e dall'Istituto Lodigiano per la Storia della Resistenza e dell'età contemporanea.
Sull’evento aveva scritto Matteo Brunello (Il Cittadino del 20 febbraio 2008): «La furia concitata di quei giorni, con l’esercito italiano in fuga, i bombardamenti tedeschi, l’ondata di violenza che culminò nelle foibe. Poche settimane raccontate attraverso articoli di stampa e documenti dell’epoca, per offrire uno spaccato storico di ciò che furono i primi “infoibamenti” in Istria. E a parte “l’assurda contabilità delle vittime”, su cui peraltro esistono versioni discordanti, un giudizio è per Sergio Fumich chiaro: “Non si può parlare di pulizia etnica”. Nonostante le autorevoli parole del Capo dello Stato Napolitano, per il relatore scelto da comune di Lodi e Istituto Lodigiano per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea su quel periodo è necessaria maggiore obiettività: “Le foibe sono state una terribile tragedia della nostra storia. Ma è necessario raccontare quegli eventi senza esagerare quanto accaduto, altrimenti si rischia di non rendere onore ai morti”.
Intervenuto lunedì sera [18 febbraio 2008] all’Archivio storico, per celebrare la ricorrenza della Giornata del Ricordo, lo scrittore Fumich (originario di Trieste e residente ora nel Lodigiano) ha con grande scrupolo descritto gli episodi accaduti in terra istriana dopo quel tragico 8 settembre 1943. Quindi il terribile effetto domino di un vuoto di potere che è divenuto presto causa di barbari delitti: quella “confusione” indescrivibile con i soldati in festa per la gioia di tornare alle proprie case, le città sotto i bombardamenti tedeschi e le rappresaglie naziste, mentre i comitati partigiani si liberavano dei prigionieri gettandoli nelle cavità carsiche. Un quadro di grande drammaticità e complessità, che affonda le proprie radici nel periodo precedente: “Non si possono negare infatti le responsabilità del fascismo, non si può negare l’intolleranza nazionale, segnata talora da vero e proprio razzismo” che il regime inflisse a quei territori, ha evidenziato Fumich. Per poi seguire passo a passo gli eventi che insanguinarono quelle località, corredati da letture di brani tratti dal quotidiano di Trieste e alcuni testi sull’argomento. Un concentrato di aggrovigliati intrecci che continua ancora a far discutere a distanza di mezzo secolo e a dividere gli storici e i commentatori.»

mercoledì 18 giugno 2008

Tutta la Slovenia nell'Euroregione, guardando anche alla Lombardia e alla Baviera

Riprendo da “Il Piccolo” del 12 giugno l’articolo “Tutta la Slovenia entrerà nell'Euroregione, la svolta di Lubiana con Tondo dopo lo stop di Illy. «Ma i tempi non sono definiti»”; un articolo che propone un’ampia percorribile prospettiva sulla realizzazione dell’Euroregione. L’articolo, di Ciro Esposito, ha come occhiello “Il governatore incontra il ministro degli Esteri Rupel. Meno summit e pressing su Roma e Bruxelles, più collaborazione su progetti concreti”. questo il testo:

Lubiana - L'Euroregione, o meglio il Gect (gruppo europeo di collaborazione territoriale), deve essere aperto al coinvolgimento di tutto il territorio sloveno. Renzo Tondo viene incontro alle esigenze espresse dalla vicina Repubblica modificando quello che era stato il pensiero di Illy che voleva accelerare il processo giuridico dell'Euroregione. Dopo i colloqui di ieri Rupel è stato perentorio.
«Nell'Euroregione entrerà tutta la Slovenia, anche se i tempi non sono ancora definiti». Tondo è d'accordo su questa impostazione che muta lo scenario. Il problema della presenza di uno Stato (la Slovenia appunto) in una costruzione giuridica fatta tutta da Regioni (Carinzia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Contee Istriana e Litoraneo-montana) aveva spinto Illy a pensare a un coinvoglimento soltanto delle aree slovene di confine o addirittura a un'esclusione, almeno in un primo tempo, di Lubiana per accelerare il percorso costitutivo.
Ora l'aggregazione, che potrebbe coinvolgere anche la Lombardia e la Baviera, si può concretizzare secondo un'idea lanciata da Tondo sin dalla sua campagna elettorale e ribadita poi a più riprese nel primo mese di governo del Friuli Venezia Giulia. «Vogliamo costruire la cosiddetta Euroregione della concretezza puntando a trasferire i concetti nei fatti», ha sempre detto il governatore del Friuli Venezia Giulia. Tradotto: al di là dell'idea di creare una macroregione transfrontaliera l'importante è che si intensifichi la cooperazione tra aree limitrofe e che si gettino le basi per un costante confronto su progetti comuni. Insomma meno summit e pressing su Roma e Bruxelles e più incontri bilaterali su azioni utili per lo sviluppo del territorio e per allestire servizi migliori (vedi sanità) per i cittadini dell'area. E per fare questo, come è emerso nell'incontro di ieri, non si può fare a meno della collaborazione della Repubblica Slovena.
Su questa strategia come «condizione essenziale per avvicinare concretamente la comunità all'Europa» si è materializzato l'accordo verbale tra il presidente Renzo Tondo e il ministro Rupel. Ieri inoltre mentre il ministro sloveno ha trasferito a Tondo l'invito del presidente del Consiglio, Janez Jansa, per un incontro da fissare entro i prossimi mesi, sempre in Slovenia, il governatore del Friuli Venezia Giulia ha auspicato la presenza di Rupel in regione in occasione della visita del responsabile della Farnesina, Franco Frattini, prevista entro l'estate.

L'orecchio del grande fratello

Un aggiunta al post di ieri che riportava alcuni brani di Carpinteri e Faraguna. Un frammento, sempre tratto dallo stesso libro, su una questione di sempre e sempre attuale: le intercettazioni.

Cimici spia

- Mi tante volte co' telefono sento un "clic", ma no so che interesse che i gavessi a scoltarme a mi.
- Come che no iera soto el Fascio? Iera, iera: che i lo scoltava anche a lu, co' el parlava cola Petaci... Che po' la Petaci mi go sempre dito che no i gavessi dovesto...
- Durante la guera se telefonava: " la ga Crema Nivea? Bon la me salvi un paco de un chilo". Ma come cossa che fazevo con un chilo de Crema Nivea? Iera buro, mona!

E visto che questi son giorni di maturità...

La nuova maturità

- Mi no go fato la matura perchè iera guera... Ma no che mi iero in guera! No iera matura perchè iera guera. Tuti contenti noi come mone! Sa: gioventù.
- Ma no, mama, che i fioi doverà far de novo 'sta matura nova. Intanto perchè no i ga fato ancora gnanche quela vecia, mama. Ma, mama, te sa quanti anni che ga Ondina e, no parlemo, Ucio? "Che grandi!" disi la Débegnac ogni volta che la li intiva per le scale, ma i xe pici, mama!
- "I esami no finiscono mai!"... Chi gaveva dito? Mussolini o Pepino De Filippo?
- Mi no me andava matematica. Grego iero bravo, insoma braveto. Italian no parlemo, ma matematica per mi iera arabo. Po' cola piada in cul, ma son passà.
- I quiz i se ga inventà adesso. Come in television: copiastronzi!
- Tre volte nela polvere, tre volte sul altar! Fu vera gloria? Ai pòstumi l'ardua sentenza nui... A memoria i ne la fazeva studiar. Ogi inveze i muli no sa gnanche l'Inno de Mameli...
- Mio fio xe cagà. Comunque colpa sua.
- Iero ala zena dei quaranta anni dela matura, ciò. Te dovevi veder la Lele! Te se ricordi la Lele? Un figon. Bon, uno sfascio.

E, infine, dedicata a Veltroni...

L'asinello di Prodi

- El professor de tedesco me diseva sempre: "Du bist ein grosser Esel", ma po' el me ga dà sei.
- I mussi co' xe in amor xe una roba incredibile!

martedì 17 giugno 2008

Cosa dirà la gente?

Lino Carpinteri e Mariano Faraguna, giornalisti e scrittori, entrambi nati a Trieste nel 1924, per anni hanno dilettato con il loro umorismo i triestini sia col settimanale “La Cittadella” che in Rai con la più che trentennale rubrica “El Campanon”. I brani sotto riportati sono tratti dal libro “Cosa dirà la gente?” (Mgs Press, 1999). I temi sono quelli di attualità ambientale, il pericolo atomico, l’effetto serra e la Ferriera di Servola.

Energia nucleare pulita

– Ma questo no xe sincrotrone? O sì?
– Ma dài, mama, cossa te vardi Piero Angela, varda pitosto Derick, che ‘sto ultimo iera belissimo… un vecio, ma belissimo…
– E Marconi, mona, cossa te credi ti che iera Marconi? Un diletante… Che ga intuido e ga avù cul…
– Uh, figùrite… apena che i la farà, salterà su i Verdi e i dirà: “Nooo, xe inquinante, no se devi, no se pol, guai far!”.
– No, idrogeno xe Acca… Acca Due O, difati, xe l’acqua.
– Tuto progredissi, caro mio. Una volta, presempio, in tuti i cessi iera carta de giornal. Adesso xe dieci piani di morbidezza…
– Ma no l’atomo fugente… l’attimo… Sta zita co’ no te sa…


Chernobyl, pioggia nucleare

– Ma fall-out xe più che black-out?
– Figùrite, se nasseva in America, el casoto: i verdi, le marce dela pace… Dio che meschinità!
– Mi no digo, pol suceder. Però contar, contar subito, orca!
– Ma cossa Zichipachi? Zichichi, quel atomico sicilian! Zichipachi xe Zikipaki, Zikipù…
– Fermi ga inventà le centrali atomiche. Che Mussolini lo ga mandà via del’Italia. Che stupido, che con lu el podeva vinzer la guera…


L’effetto serra

– Ma no sera, sempia: serra!... Semo noi triestini che disemo sera, anzi sàra… bona sàra! efeto sera sarà che anche Trieste finirà soto acqua…
– Xe tuto per via del’Atlantide, no, scusa, del Antartide che se squaia… Per cossa xe andà a fondo el Titanic? Per l’iceberg che se gaveva molà, zà quela volta, pènsite! E alora perché adesso i fa tanto casìn?...
– Pezo de tuto per el gas de scarico xe i motorini, perché lori brusa oio… e in più i sorpassa a destra… e sul marciapìe! E a mi, perché per zinque minuti davanti dela farmacia…
– Ben: co’ Trieste andarà soto acqua no sarà più i problemi de Trieste, almeno no quei…
– Sì, mama, domani! Xe roba de secoli, sa, ’sta roba!... E po’ ti, mama, te sta in quarto pian…
– Natural che Trieste andarà soto… Piazza Granda cossa sarà? Un metro sul livelo del mar… E el sindaco gaverà el cul in acqua. Chi sa chi che sarà sindaco quela volta…


Sincrotone a Basovizza

– Ma sincrotone xe più o meno de protosincrotone?
– Ma no Aria di ricerca! Area di ricerca! Area come l’area del triangolo retangolo, sempia!
–Ma no Salèm! Salàm iera quel del Centro de Fisica! Abdul Salàm. Salèm iera podesta soto el fassio, ma una bravissima persona. Enrico Paolo Salèm! El ga messo i semafori.
– Ma no, mama, cossa ghe entra Dio, mama. Uno pol benissimo creder che tuto vien del atomo senza tocar Dio. Perché chi ga creà l’atomo? Dio. Comunque parleremo, se te vol, mama de ’ste robe, ma no per telefono…
– cossa che xe el sincrotrone? Xe semplicissimo: xe un acceleratore di particellule.

Timori per la Ferriera

– Me ricordo co’ iero picio, col scuro el ciel iera rosso, e nono diseva: “No, no, xe la Feriera…”
– Iera una volta una canzon che diseva “suona campana suona”, vien giù la sera, ma non ritorna l’uomo dalla Ferriera…”. Ah, no: quela iera la miniera… O no? Ben indiferente feriera o miniera, xe che qua i ne frega ogni giorno qualcossa…
– El pan de Servola! Coss’ che no iera una volta el pan de Servola!
– Cossa che i fa in Feriera? El fero, i fa, ah, mona!
– El mal xe – me spiegava un che sa – che se i la distuda, dopo ghe vol mesi per tornar a impizarla.
– El Due andava a Servola, che adesso inveze el Due xe el tram de Opcina, fin che no i ne lo cava…
– Mi me fa impression co’ i mostra in tivù el fero che i squaia. Te se imagini meter un dito dentro?

lunedì 16 giugno 2008

Se lo sfascismo tracima

Quanto segue è la lettera del presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi al presidente del Senato Schifani, inviata oggi a seguito delle polemiche sollevate da parte dell'opposizione ed amplificate dal megafono della solita stampa sfascista. Mi sembra giusto riportarla, e contribuire così a divulgarla, perché ritengo che di fronte ad una informazione che si autousa come strumento politico di propri interessi, lontani dalle necessità della gente di questo Paese, sia necessaria una rivolta morale di tutti gli spiriti liberi che dica finalmente un "basta" forte e netto. Un passo che ciascuno di noi deve fare per garantire la democrazia in Italia. Perché stiamo attenti: tra sfascismo e fascismo c'è solo una piccola "s" di differenza. Continuare per un antiberlusconismo viscerale, senza alcun evidente motivo d'interesse generale, a mettere i bastoni fra le ruote, sperando in una rivincita nonostante il continuo verdetto elettorale negativo, significa semplicemente disprezzare, al di là dell'etichettatura, le scelte democratiche di tutta una nazione. E il disprezzo della democrazia, il disconoscimento delle scelte democratiche dei cittadini, in Italia, è ben definito da un solo termine, ben noto a tutti. In questa epoca dove i termini destra e sinistra non hanno più senso, quel termine, fascismo, mantiene la sua sostanziale validità. Chi impedisce una corretta vita democratica nel paese, sia che si qualifichi di destra, sia che si qualifichi di sinistra, è un fascista, punto.

Caro Presidente,

come Le è noto stamane i relatori Senatori Berselli e Vizzini, hanno presentato al cosiddetto “decreto sicurezza” un emendamento volto a stabilire criteri di priorità per la trattazione dei processi più urgenti e che destano particolare allarme sociale.
In tale emendamento si statuisce la assoluta necessità di offrire priorità di trattazione da parte dell’Autorità Giudiziaria ai reati più recenti, anche in relazione alle modifiche operate in tema di giudizio direttissimo e di giudizio immediato.
Questa sospensione di un anno consentirà alla magistratura di occuparsi dei reati più urgenti e nel frattempo al Governo e al Parlamento di porre in essere le riforme strutturali necessarie per imprimere una effettiva accelerazione dei processi penali, pur nel pieno rispetto delle garanzie costituzionali.
I miei legali mi hanno informato che tale previsione normativa sarebbe applicabile ad uno fra i molti fantasiosi processi che magistrati di estrema sinistra hanno intentato contro di me per fini di lotta politica.
Ho quindi preso visione della situazione processuale ed ho potuto constatare che si tratta dell’ennesimo stupefacente tentativo di un sostituto procuratore milanese di utilizzare la giustizia a fini mediatici e politici, in ciò supportato da un Tribunale anch’esso politicizzato e supinamente adagiato sulla tesi accusatoria.
Proprio oggi, infatti, mi è stato reso noto, e ciò sarà oggetto di una mia immediata dichiarazione di ricusazione, che la presidente di tale collegio ha ripetutamente e pubblicamente assunto posizioni di netto e violento contrasto con il Governo che ho avuto l’onore di guidare dal 2001 al 2006, accusandomi espressamente e per iscritto di aver determinato atti legislativi a me favorevoli, che fra l’altro oggi si troverebbe a poter disapplicare.
Quindi, ancora una volta, secondo l’opposizione l’emendamento presentato dai due relatori, che è un provvedimento di legge a favore di tutta la collettività e che consentirà di offrire ai cittadini una risposta forte per i reati più gravi e più recenti, non dovrebbe essere approvato solo perché si applicherebbe anche ad un processo nel quale sono ingiustamente e incredibilmente coinvolto.
Questa è davvero una situazione che non ha eguali nel mondo occidentale.
Sono quindi assolutamente convinto, dopo essere stato aggredito con infiniti processi e migliaia di udienze che mi hanno gravato di enormi costi umani ed economici, che sia indispensabile introdurre anche nel nostro Paese quella norma di civiltà giuridica e di equilibrato assetto dei poteri che tutela le alte cariche dello Stato e degli organi costituzionali, sospendendo i processi e la relativa prescrizione, per la loro durata in carica. Questa norma è già stata riconosciuta come condivisibile in termini di principio anche dalla nostra Corte Costituzionale.
La informo quindi che proporrò al Consiglio dei Ministri di esprimere parere favorevole sull’emendamento in oggetto e di presentare un disegno di legge per evitare che si possa continuare ad utilizzare la giustizia contro chi è impegnato ai più alti livelli istituzionali nel servizio dello Stato.
Cordialmente

Silvio Berlusconi

16 Giugno 2008

"Versi in triestin" di Piero Lucano

Piero Lucano (Trieste, 1878 – 1972), pittore, ha lasciato due libri, “Dialoghetti” (Zigiotti, Trieste 1950) e “Versi in triestin” (Tip. Moderna, Trieste 1967). Da questo secondo sono tratte le tre poesie che seguono.

Fiori e mule

Capriziosa te son, come una rosa
Che a tuti ghe regala una sua foia,
Cussì che un fià a la volta la se spoia
Fin che sul ramo no la ga che spini.

Più muli che te guardi, più te perdi
I petali; ziveta pur ma un falo
Te fa, e te diventi un boton zalo
Invezi de restar ’na margherita.

E ti, superba e stramba, un’orchidea
Te par, piena de aria e de pretese,
Trucada e fina, una cocot francese
Bela fin che te vol ma tropo cara.

Ti ’nvezi, che te par una violeta
Mastruzada in un libro, bianca e suta,
Co te me guardi cussì dolze e muta
Te giuro, te me piasi più de tute.


Torna subito

Pina, son stufo de spetarte, torna
Subito qua; l’estate xe finida,
No voio che la bora te strapazi
I bei cavei de oro e la tua pele.

A casa, la tua casa, el bon odor
Xe za sparido, tuto par che pianzi
E mi, de qua e de là, giro guardando
Solo le robe che me par più tue:

L’armer, el specio, el petine, la zipria;
Dopro solo i tui piati e i tui biceri,
Son stanco, son inquieto, dormo poco
E solo a l’alba trovo un fià de pase,

Quando vado lavarme in gabineto
E vedo bianco e lustro el bel oval
Che tute le matine te profumi
Co le gambete tue color de rosa.


El corteo

Son stado stamatina a un funeral;
Iera un caro ’ssai bel, tuto intaiado,
Quatro ferai con fiame de cristal,
Veludo, nastri e fiori su la cassa.

Taseva tuti ma ognidun sul muso
Gaveva scrita qualche ofesa al morto:
«El ga finì de tormentar la gente,
El iera falso, avaro sempre in torto».

Nissun pianzeva, anzi, una parente:
«Un cotoler, la brontolava, el iera;
Cussì per mi no xe restado gnente».

Mi, solo mi, coi oci sgionfi e rossi,
Pianzevo, perché dentro in quela cassa
Vedevo la mia pele e i mii ossi.

domenica 15 giugno 2008

"MoRtedison (tutti assolti)", Tam Tam Libri, 2001

In questi giorni di ripetute morti sul lavoro mi è venuto tra le mani mentre riordinavo uno scaffale della mia biblioteca il libro “MoRtedison (Tutti assolti)” edito da Tam Tam Libri nel 2001 come inserto di Gaia ecologia, nonviolenza, tecnologie appropriate, rivista trimestrale diretta da Michele Boato e Gianfranco Zavalloni. Il libricino mi è stato a suo tempo inviato da Ferruccio Brugnaro, come si vede dalla dedica sull’indice che elenca anche gli altri poeti che, oltre a Brugnaro, hanno partecipato alla raccolta: Michele Boato, Jack Hirschman, Antonella Barina, Anna Lombardo.

Scrive Francesco Moisio: «Gli amici avvocati ci hanno spiegato la “ragione giuridica” che sottostà alle assoluzioni per le morti al Petrolchimico, ci hanno anticipato i motivi in forza dei quali si opporranno a tale sentenza. In alcuni di noi si sono rafforzate antiche convinzioni sulla Legge, il Diritto, la Giustizia in questa società; in altri, forse, lo sgomento si è stemperato, lasciando luogo a considerazioni individuali sulla relatività della giustizia umana. È rimasta l’offesa. Brucia, assieme al ricordo di quei volti segnati dal male, di quelle voci dal respiro corto e affaticato, di quelle figure lentamente uccise dalla chimica in anni sul luogo di lavoro, deformate dalla chimica che cura e devasta. Brucia l’offesa per queste figure – uomini- che i “cinici sacerdoti del profitto”, come dice bene Michele Boato, vorrebbero far scomparire in una nebbia di parole. (…) La voce del poeta è debole – lo sappiamo – contro i potenti del profitto e la loro giustizia, ma, a volte, vale nel tempo a conservare una fiamma di indignazione e di impegno che restituisce alla storia il dolore di quelle morti negate, a noi la forza di credere e di operare per un mondo diverso e migliore.»
Dall’opuscolo traggo due poesie. La prima poesia è di Ferruccio Brugnaro.

Non riesco, non riesco

Basta, Brugnaro, basta
con i reparti
i fumi
le intossicazioni
basta
con i malati
i morti
basta
basta.
Brugnaro, basta
con l’emarginazione
le fabbriche
lo sfruttamento
i disoccupati
i drogati, le carceri
basta
basta.
Una grande voce
dal vuoto
mi riempie
di gelo.
Non riesco
credetemi
non riesco a schiacciare
questa vista
a chiudere
queste orbite
a buttare via queste orecchie
anime gentili
non riesco a vendere
questo cuore
non riesco a vendere
queste mani
non riesco proprio
a sputare
su questo nostro sangue.
Bestie indefinibili
mostruose dentiere
questa roba spaccata
che mi porto dentro
che ci portiamo dentro
che vuole fiorire
non sarà eliminabile
fino al giorno del fiore
fino al principio
e al tempo
del fiore.


La seconda poesia è di Antonella Barina.

Dal ponte

Stamattina Marghera è pallida
la faccia d’un uomo sbattuto
incoronata da un’aureola rosa
Non diresti quel che è
ma piuttosto un porto del Nord
Grandi spazi dove
ogni cosa si perde

Marghera adesso ch’è buio
è un portale di luce
Dietro il vetro appannato
acqua nera nell’acqua
silenziosa e distante
nel battere della pioggia

Oggi invece il cielo è nitido
e vedo ogni piolo
d’ogni scala d’ogni impianto
e di fronte ogni albero
delle Montagne Incantate
com’è nelle antiche mappe della laguna.

Marghera controluce
Scherzi di fumo
disegnati da un bambino
Alberelli radi
perché non sa disegnare
le foglie
che non crescono

Oggi non la guardo
So che è oltre il vetro
ma mi prende pigrizia
Lei sa
che non la guardo
apposta

È lì quieta
di foschia azzurrognola
Immota l’acqua
rispecchia rade luci
tagli profondi
come occhi di Pierrot
Da lontano
vista dietro alle reti da pesca
la diresti un porto antico
e sicuro

Nella nebbia
là dietro
invisibile
io so che ci sei
ancora
e ancora
e ancora

Perfino Marghera
sembra bella stanotte
una striscia di luci
e la corriera
lascia dietro di sé
una scia bianca
di falena

Nuvole basse
color grigio ferro
t’incombono sopra
Conto radi fili d’erba
Nera nave
ti esce
dal ventre

E oggi infine ti vedo
e non mi dici niente
Soltanto tubi
e ferro
e acciaio
e fondi di serbatoio
ossidati
e vuoti

Splende il sole

sabato 14 giugno 2008

"Momenti sparsi" di Vincenzo Bendinelli

Vincenzo Bendinelli, pittore, nato a Maderno del Garda nel 1931, pubblicò nel 1969 per le Edizioni della Flora di Milano il libro di poesie “Momenti sparsi” che contiene anche dodici suoi disegni. Ha scritto Enotrio Mastrolonardo nella prefazione: «I doni di Bendinelli vengono dal cuore, dall’anima, dall’intelligenza. Sono emozioni provocate dalla vita, sensazioni colte di fronte allo spettacolo mutevole e perenne della natura, pensieri nati dopo attenta riflessione sui problemi esistenziali, ch’egli traduce con semplicità, senza faticose elaborazioni letterarie e senza tecnicismi verbali, in parole comuni e in immagini chiare aperte alla comprensione e alla meditazione di tutti, cui una spontanea vena poetica conferisce scorrevolezza e armonia.»

Passeggiata

Cammino
nei prati
verdi
ma sono triste
perché il sole
non mi scalda
oggi
e non accende
la mia speranza.
Un canto
di passeri
giulivi
tra rami
appassiti di noia
si perde
contro la collina
senza nessun ricordo.


I ricordi

I ricordi
rimangono ancorati
nella mente;
hanno radici profonde.
Mani di gioia
e di tristezza,
mani implacabili
che non ti danno tregua.
Tutto ti scorre nel cuore
e l’immagine d’un gigante
sbiadito,
senza un limite
tra bello e brutto,
barcolla nel silenzio
dello spazio.


In questa notte fredda

In questa notte fredda
ritrovo l’inverno
con i suoi cristalli.
Dal mio balcone
ascolto la città;
larve si muovono
tra scheletri di sogni
senza meta:
come me.
Il brulichio che sale
e che mi entra
deve pur servire
a qualche cosa:
Dio! Siamo in una mano
chiusa!

venerdì 13 giugno 2008

"Stazioni di quieto esilio" di Maurizio Meschia

Maurizio Meschia (Milano, 1952) ha pubblicato con Book Editore nel 2004, nella collezione di poesia “Tabula” curata da Massimo Scrignòli, il libro di poesie “Stazioni di quieto esilio”. Un libro che conferma la maturità espressiva del percorso in poesia dell’autore. Riporto qui tre liriche tratte dal libro.

Tempo

Nella pietra di Gerusalemme
o tra chiamate di Borsa
è il grande assente.
La flemma di impeccabili artigiani
su quadranti ha inventato movimenti
vicini al meccanismo universale.
Perché l’uomo ha bisogno di misure,
di dominare il relativo sua condanna
che lo dispera o lo blandisce onnipotente.
L’alfa e l’omega sono verità parziali
del libro che consola dell’enigma.


L’ora blu

È l’ora che non ha ora. È il momento
che ti si forma un suono.
Atterra un’ala dal vuoto di colore
per far che l’io ci salga e si spaesi.
Da un infinito di secondi spesi
ritorna a terra un piccolo pensiero,
un segno che non c’era,
di cui si va perdendo già ogni traccia.


Passaggio a livello

Uno spaccato di ferrovia
apre un cielo vibrato e la malinconia
per cui c’è vita, alta trionfa.
Chiaro dicembre, che voglia di sereno
e che paura piccola nell’intimo s’intana.
La via smarrita in fondo via non era
se nella sera melodiosa lo straniero
che ti abitava intona una preghiera.

giovedì 12 giugno 2008

"Alfabeto del mare" di Angelo Lippo

La rivista "portofranco" nel 1992 ha pubblicato come supplemento al numero 14 la plaquette “Alfabeto del mare” di Angelo Lippo. Scrive l’autore in una nota: «La vita incalza. Fra gli interstizi degli anni vissuti, ad un tratto senti la necessità di “riannodare” le fila, di chiederti il perché di certe scelte e/o di altre esclusioni. Non un bilancio, ma una spinta a “chiarirsi”, nel rapporto con la parola, con un linguaggio che è sempre stato avaro di clamori, e quando è apparso in pubblico, alle stampe, è stato soltanto perché era forte il vento dell’anima. Di versi ne abbiamo scritti tanti, tantissimi; in maggioranza strappati, cestinati, rifiutati perché per dirla con la Cvetaeva per essere “ottimi critici” bisogna essere almeno “buoni poeti. Nel carniere però sono rimasti segnali, indicazioni, che chissà per quale fortuità abbiamo lasciato depositare (…). Questi testi per un oscuro destino sono quell’inedito rimasto tra le pieghe delle vicende e che, oggi, trova la sua realtà nel disegno “storico” di una vita spesa al servizio della poesia».
Ecco alcune liriche tratte dalla plaquette.

Sera al mio paese

Sera di pioggia al mio paese antico,
dove la luna s’indugiava blanda
nei campi opimi di grano,
dove buie strade, nel silenzio amico,
narravano la storia del nostro amore.

Nell’onda cadenzata del ticchettio
vorrei cogliervi tutte, o mie nel tempo
aride voci lontane
smarrite lungo l’erto cammino,
e ricomporvi in musica, parole
sopra uno stelo eterno di vita.

E nella sera antica d’ombre si rifugia,
quando d’un tremolio il melograno
fruscia, là, tra quelle rustiche mura,
l’inquieto mio spirito, talvolta, e l’eco
della sua voce m’è dolce e amara pena.


Le lenzuola dell’infanzia

Ho morsicato anch’io il mio frutto,
ma in silenzio come soltanto gli uomini
della mia terra sanno fare.

Quando ho acceso la luce
ai piedi ho raccolto
le lenzuola dilacerate dell’infanzia.


Pescatore di sillabe

Pescatore di sillabe
mi scruto fino in fondo.
Agli altri la gioia di svuotare
carnieri zeppi di selvaggina.
Paziente come un minatore
per questo mi detesto.

mercoledì 11 giugno 2008

Tre poeti croati dell'Ottocento

Oggi presento qui alcune liriche di autori slavi, tratte dal libro “Poesie d’amore dell’Ottocento e del primo novecento”, pubblicato dal Club degli Editori nel 1970.
Parto con una poesia del poeta croato Vladimir Vidrić (1875-1909).

Quadretto pompeiano

Là nella valle, dove i lauri stormiscono
e scorrono le acque d’argento,
battono i cuori… Neri satiri
un rubicondo montone rosolano.

Sotto un lucente ceppo si leva la fiamma,
fremono i rami roventi,
sul petto del satiro cela la donna
le guance amorose.

E tutt’intorno saltellano i satiri
e con le corna si battono,
anfore portano, anfore trascinano
e bevono il vino melato.

E incoronati di vite selvatica
levano un folle baccano.
Battono i cuori. Dal bosco leggiadro
le bianche ninfe danno risposta.


Proseguo con una lirica del poeta croato Antun Gustav Matoš (1873-1914).

La tomba della baiadera

Viandante, su questo colle senza nome
si dan convegno le bianche fate;
questa fossa abbandonata
ricopre ceneri d’ali umane.

Quando in mezzo a te ella viveva,
o terra, come ogni ombra,
nemmen tu l’avvertivi,
tanto lieve era il suo piede.

Solo il grillo, maestro nero,
stridendo un prestissimo
or è il suo kapellmeister;

sulla tomba intanto la chiara luna,
gialla ballerina, lieve danza
un suo pianissimo.

E chiudo con una poesia del poeta croato Petar Preradović (1818-1872).

Il morto amore

Ove sotterrar, amore mio, ti posso,
or che esalasti l’ultimo respiro?
Nel mio cuor non troveresti pace,
poiché la pace tu gliel’hai rapita.

S’io ti calo nella terra nera,
nella terra non ti dissolverai,
la fata marina i tuoi tesori
muterà in preziose perle.

La gente avida verrebbe allora
a scavarti di sotterra,
dal mar ti sottrarrebbe
a far di te empio mercato.

Ma tu spicca il volo, i miei sospiri
al ciel t’innalzino, stella sii,
e sul mio dolor risplendi:
là non ti raggiungerà nessuno.

martedì 10 giugno 2008

Il paradiso Krško

Ieri, la Sezione di fisica ambientale dell'Arpa Friuli Venezia Giulia, l’Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, che ha concluso il monitoraggio straordinario sul particolato atmosferico allo scopo di evidenziare l'eventuale presenza di radionuclidi artificiali gamma emettitori, ha reso noto che le analisi dell'aria e degli alimenti effettuate nella regione hanno dato risultati normali e non vi alcuna traccia di radioattività. L’Arpa, dopo due ulteriori misure di spettrometria gamma effettuate il 7 e l'8 giugno, prosegue il monitoraggio di routine. L’allarme causato dal guasto, ormai riparato, alla centrale nucleare di Krško, in Slovenia è del tutto rientrato.
Il governo ha avanzato la proposta di una commissione bilaterale italo-slovena formata da tecnici, ingegneri ed esperti di energia nucleare per far piena luce sul guasto registrato mercoledì scorso nella centrale di Krško. L'eventuale via libera della Slovenia alla formazione della commissione bilaterale, consentirebbe ai tecnici italiani dell’Apat di effettuare ispezioni, assieme ai colleghi sloveni, all'interno dell'impianto gestito dalla Nek. I sopralluoghi avrebbero la doppia funzione di accertare la natura del guasto che ha provocato la perdita di liquido refrigerante e di acquisire ulteriori informazioni sulle tecnologie, le apparecchiature e i protocolli di sicurezza utilizzati a Krško, dati che andrebbero ad aggiungersi a quelli già forniti all'Italia e agli altri Paesi dell'Unione dall'Agenzia internazionale per l'energia nucleare.
Sabato Il Piccolo online ha pubblicato un articolo di Maddalena Rebecca che riportava un colloquio avuto con Rado Polh, 54 anni, che lavora come tecnico alla centrale nucleare di Krško da ben 28 anni, e che ha collaborato alla costruzione del reattore. E dal 1983, dall’entrata in funzione ufficiale dell’impianto, vigila sul suo corretto funzionamento. Ma prima di riportare in sintesi le cose dette dal tecnico, riporto la testimonianza raccolta dalla giornalista di una giovane, laureata a Lubiana in Economia dello Sviluppo sostenibile, per quel giusto dovuto d’un contraltare: «Associazioni ambientaliste o partiti simili ai vostri Verdi qui a Krško non esistono. La gente si lamenta ma non ha alcuna voglia di impegnarsi attivamente. È come se tutti fossero rassegnati o disinteressati. Le proteste, quando avvengono, sono opera di attivisti stranieri. Qualche anno fa sono arrivati per esempio degli austriaci che si sono incatenati alle rotaie del centro per chiedere lo smantellamento della centrale. La gente del posto li ha guardati, ha dato loro ragione, ma poi non ha mosso un dito. E il Comune non aiuta certo a sensibilizzare sui temi dell’ambiente o a creare percorsi di aggregazione. All’amministrazione municipale interessa solo intascare i soldi che il governo destina alle popolazioni della zona come risarcimento per i disagi legati alla presenza della centrale. E se la politica si comporta così, è facile anche capire perchè la società civile non riesca a farsi sentire».
Ecco cosa invece ha detto il Polh, che, tra l’altro, lavora nella zona secondaria, proprio dove si è verificata la fuoriuscita di liquido refrigerante, con turni di otto ore, compresi quelli notturni che iniziano alle 22, ed ogni sette giorni di lavoro, ha diritto ad una giornata e mezza di riposo. Innanzitutto su come sono trattati i 600 dipendenti della centrale: «Vede come sono abbronzato in faccia? È perché sono appena tornato da due settimane di mare a Strugnano, completamente pagate dall’azienda. Tutti i dipendenti della Nek vengono mandati in vacanza una volta l’anno e hanno anche la possibilità di scegliere la località di villeggiatura. Si può andare a sciare sul Monte Kanin o a Rogla, fare passeggiate sulle colline di Povec, oppure dedicarsi ai fanghi e alle saune alle terme di Rogaška Slatina. Altrimenti, si fa come me e si va in spiaggia». Il prezzo del rischio? «Niente di tutto questo. L’azienda non ci vuole assolutamente comprare. Semplicemente pensa alla nostra salute. La Nek sa che le persone in vacanza si rilassano e che se al loro ritorno in azienda stanno bene, faranno meno assenza per malattia. Tutto qui». I benefit: «Se hai bisogno di comprar casa o di ristrutturare l’appartamento ti fanno un prestito che puoi restituire con calma. E se sei affaticato, hai diritto a buoni sconto per i fare i trattamenti che ti servono. La Nek, insomma, si prende cura di noi come dovrebbero fare tutte le aziende. Le fabbriche degli altri Paesi europei dovrebbero prendere la centrale di Krško come modello». “Fedeltà” del dipendente? «Lei adesso pensa che io parli in questo modo per non andar contro ai miei “padroni”. Ma le cose non stanno così e sa perché? Io mi trovo in una situazione che mi consentirebbe tranquillamente di criticare la Nek, se solo lo volessi. Il 12 luglio infatti andrò in pensione. In base alle indicazioni emesse da una commissione medica istituita dal governo io, in virtù del mio impiego alla centrale nucleare, ho diritto ad abbandonare il lavoro con 7 anni di anticipo rispetto alla data prevista. Capisce? Sono nelle condizioni di lanciare ogni tipo di accusa senza rischiare niente. Ma non lo faccio perchè sono sinceramente, autenticamente convinto di quello che dico. La nostra è un’azienda valida e seria, a cui i dipendenti stanno davvero a cuore. Lei può anche non credermi, ma le cose stanno davvero così». Come mai allora l’incidente? «Intanto parlare di incidente non è corretto. Io so bene cos’è successo. Quello è il mio reparto e sono stato tra i primi ad arrivare nel punto in cui è verificata la perdita di liquido. La perdita è stata provocata dal semplice logoramento della giuntura di una valvola e non da chissà quale difetto strutturale. Tutto poi è stato gestito in maniera perfetta. Nessuno ha perso la testa e non ci sono state scene di panico. Gli indicatori hanno immediatamente rilevato l’anomalia e subito sono iniziate le procedure per lo spegnimento graduale del reattore. Alle 20 eravamo già tutti fuori e già stasera [venerdì scorso] inizieremo a riparare la valvola. Quanto alla mancata comunicazione ai residenti, è vero non sono stati avvisati e questo è stato un errore. Alla fine ad informare dell’accaduto è stata l’Unione Europea e non la Slovenia. Posso assicurare però che se l’incidente fosse stato davvero serio, l’allarme sarebbe scattato tempestivamente». Sulla presenza a Krško di tante donne infertili e di un’incidenza di tumori superiore alla media: «Sì, è vero, questi problemi effettivamente esistono. Nessuno però è in grado di dire se siano collegati alla centrale. Io so solo che i controlli sulle radiazioni vengono fatti con regolarità. Ci sono esperti di Vienna e degli Stati Uniti che effettuano periodicamente le verifiche e non sono mai stati registrati pericoli. Anche all’interno della centrale, poi, esiste una commissione medica che monitora i dipendenti. Ogni anno ognuno di noi viene sottoposto ad un visita accurata. E i tecnici che lavorano nella zona primaria, quella dove il rischio di entrare in contatto con le radiazioni è più alto, prima della fine di ogni turno passano una specie di “check point” per controllare che tutto sia nella norma. Insomma noi ci sentiamo davvero sicuri». La mensa della centrale: «Siamo trattati come in hotel. Tutti noi mangiamo al lavoro senza alcuna preoccupazione perché sappiamo di non correre rischi. Voglio che lo scriva. Io non ho mai avuto paura in 28 anni di lavoro. Si ha paura solo di ciò che non si conosce. E noi conosciamo alla perfezione l’impianto e ci fidiamo della tecnologia delle apparecchiature».
La figlia stagista in centrale, dice: «Io in centrale andrei a lavorarci subito. Ho già fatto uno stage in amministrazione e, se mi offrissero un impiego stabile, non ci penserei un attimo. Del resto perché dovrei rifiutare. Mio papà ci è stato per 28 anni senza aver mai problemi. Chi dice di aver paura, non sa di cosa parla».
Chiudo dicendo che Rado Polh non è l’unico a pensarla così. Ho, a suo tempo, riscontrato la stessa sicurezza in un mio cugino che con la moglie ha lavorato alla costruzione della centrale: la mano sul fuoco.

I sortilegi di nonna Caterina

Lukezi è un piccolo villaggio nei pressi di Pedena (Pićan) sulla strada che da Pisino (Pazin) porta a Fianona (Plomin).
Siamo nel centro dell'Istria, una terra povera e riarsa, sfruttata nei secoli dai tanti padroni che si sono succeduti nel possesso, i quali senza eccezione alcuna hanno sempre e solo cercato di ricavarne il massimo profitto possibile. Soltanto negli ultimi decenni le condizioni economiche di quelle popolazioni sono migliorate grazie ai riflessi della fiorente attività turistica sulla costa, ma il relativo benessere ha comportato inevitabilmente la perdita forse irrimediabile delle tradizioni e della storia delle comunità agricole di quei piccoli borghi e villaggi.
Ulteriori informazioni su Lukezi e i suoi abitanti si possono trovare in una delle appendici.
Le tradizioni e le curiosità, i ricordi riuniti in queste pagine sono stati raccolti dalla viva voce di mia madre, Anna Luches, nata a Lukezi il 28 gennaio 1919 e morta a Trieste il 25 luglio 1996.
I brani riportati sono parte di una serie di articoli pubblicati dal quotidiano “Il Cittadino” di Lodi nel marzo-aprile 1991, e ripubblicati nella rivista di poesia “Keraunia” nel numero 16, giugno 1994.
Sergio Fumich
32 pp. €6.50. Acquistabile online presso Lulu.com

lunedì 9 giugno 2008

Cresce la fiducia nel premier e nel governo

Nonostante il sensibile remare contro mediatico, cresce la fiducia in Berlusconi premier; fiducia che passa, “molta/abbastanza”, dal 53% di maggio al 59% di giugno, un discreto +6 che premia i primi provvedimenti, ma soprattutto il nuovo approccio verso i problemi, il fare invece del parlare [a vuoto]. Scendono di -7 punti percentuali gli scettici, “poca/nessuna”, dal 46% al 39%. Ma sale anche la fiducia complessiva nel governo guidato da Berlusconi, “molta/abbastanza” dal 49% al 55%, anche qui + 6. La sfiducia, “poca/nessuna” scende dal 47% al 42%, un significativo -5. Il sondaggio è stato effettuato il 6-7 Giugno 2008 da IPR Marketing - Dipartimento Opinione per Repubblica.it e pubblicato oggi, con un campione di 1.000 cittadini residenti in Italia, disaggregati per sesso, età ed area di residenza.
Prima di fare una carrellata del consenso “ottenuto” dai singoli ministri, vediamo i dati relativi alla fiducia sull’operato dei raggruppamenti politici presenti in Parlamento: il Popolo della libertà è l’unica forza che aumenta, passando dal 46% al 50%, +4, in calo tutti gli altri di un punto, Lega Nord dal 31% al 30%, Partito Democratico dal 38% al 36%, Italia dei Valori dal 46% al 45%, con l’eccezione dell’Udc che passa dal 22% al 18%, un -4.
Tornando al governo Berlusconi, il sondaggio raccoglie due tipi di valutazioni sui ministri, la fiducia e la notorietà. Di seguito riporto il dato sulla fiducia, elencando i ministri dapprima sulla base di una variazione di consenso verificata dall’8 maggio all’8 giugno, e poi, l’elenco completo ordinato sulla base del valore percentuale attuale.
Renato Brunetta (funzione pubblica) +16; Maurizio Sacconi (welfare) +7; Giulio Tremonti (economia) +6; Sandro Bondi (beni culturali) +4; Ignazio La Russa (difesa), Claudio Scajola (attività produttive) +3; Umberto Bossi (riforma federale), Elio Vito (rapporti con il Parlamento) +2; Altero Matteoli (infrastrutture e trasporti) +1; Raffaele Fitto (affari regionali) -1; Maria Stella Gelmini (istruzione, università, ricerca) -3; Giorgia Meloni (politiche giovanili) -6.
Questo, dunque, l’intero elenco [in parentesi quadre la percentuale di notorietà]:
Giulio Tremonti [94%] (economia) 62%; Renato Brunetta [51%] (funzione pubblica), Franco Frattini [74%] (esteri) 61%; Roberto Maroni [85%] (interno), Maurizio Sacconi [29%] (welfare) 60%; Giorgia Meloni [63%] (politiche giovanili) 56%; Angelino Alfano [37%] (giustizia) 54%; Stefania Prestigiacomo [83%] (ambiente), Ignazio La Russa [88%] (difesa), Claudio Scajola [71%] (attività produttive) 50%; Sandro Bondi [67%] (beni culturali) 48%; Altero Matteoli [44%] (infrastrutture e trasporti) 46%; Umberto Bossi [94%] (riforma federale) 45%; Andrea Ronchi [46%] (politiche comunitarie), Elio Vito [40%] (rapporti con il Parlamento) 42%; Raffaele Fitto [32%] (affari regionali) 41%; Luca Zaia [19%] (politiche agricole), Gianfranco Rotondi [43%] (attuazione del programma) 40%; Roberto Calderoli [88%] (semplificazione legislativa) 39%; Mara Carfagna [69%] (pari opportunità) 38%; Maria Stella Gelmini [35%] (istruzione, università, ricerca) 36%.

Chicche su rifiuti e sicurezza

Rifiuti. L'ultimo collaudo per la discarica di Savignano Irpino, in provincia di Avellino è in programma per domani pomeriggio. Con la sua apertura il sito affiancherà la discarica di Serre, unica discarica attualmente operativa. Intanto a Chiaiano, i carotaggi eseguiti nei giorni scorsi portano i tecnici del commissariato ad escludere il rischio di infiltrazioni nella cava, individuata per contenere circa settecento mila tonnellate di rifiuti. Secondo quanto viene pubblicato dalle agenzie, gli accertamenti segnalano la presenza di uno strato di pietra lavica utile a garantire l'impermeabilità del terreno. L’annuncio ufficiale della sua apertura potrebbe arrivare già domani, durante il tavolo tecnico previsto in prefettura a cui parteciperanno anche degli esperti nominati dalle comunità locali.

Sicurezza. Una sorprendente realtà emerge dalla diciottesima indagine Demos-Coop sul Capitale sociale degli italiani, focalizzata questa volta sul senso di sicurezza o, meglio, di insicurezza, in particolare dai dati che riguardano le cosiddette “zone rosse” del Centro Italia, regioni, cioè, dove la tradizione di sinistra è più radicata. In questi territori la cittadinanza sembra soffrire in modo particolare del problema della sicurezza. Il livello di allarme, la preoccupazione di subire un furto in casa o del mezzo di trasporto, di essere vittima di un'aggressione, di un borseggio oppure d’una truffa al bancomat, segna quote generalmente più alte di quanto viene registrato dall’indagine nelle altre regioni. Non solo, ma elevata, seppure inferiore alla media nazionale, è anche la quota di cittadini che condivide l'organizzazione di ronde come strumento di controllo e difesa del territorio, quota che comunque raggiunge il 56%. Lo straniero qui non preoccupa in quanto sfida all'integrità della cultura, dell'identità nazionale e del sentimento religioso, ma ancor più che nelle regioni del Nord, i nuovi arrivati vengono considerati per prima cosa come minaccia alla sicurezza dei cittadini (48%); nonostante i legami sociali nel territorio che, anche grazie alla piccola dimensione urbana, sono ancora forti – sono zone dove il 61%, contro una media nazionale del 56%, conosce tutti o quasi i propri vicini. Altro che, dunque, aree “a misura d'uomo”, “isole felici” della propaganda. Anche in quelle zone c’è un forte e netto sentimento di insicurezza, nonostante le forti rassicurazioni della sinistra che il problema è una fantasia gonfiata e cavalcata ad arte.

Alcuni numeri dell’indagine. Quasi 9 italiani su 10 ritengono che la criminalità in Italia sia aumentata, negli ultimi anni. Il 53% lo pensa, in rapporto alla zona di residenza. Il 23% degli italiani si dice “frequentemente” preoccupato di subire un furto in casa, il 20% di essere scippato, il 20% teme di essere derubato dell'auto o del motorino, il 19% ha paura di essere raggirato attraverso bancomat o carta di credito, il 14% teme di cadere vittima di aggressioni o di essere rapinato.
Due italiani su tre ritengono che gli altri [gli estranei], se gli si presentasse l'occasione, approfitterebbero della propria buona fede. Quasi un italiano su due guarda con inquietudine gli immigrati. Oltre il 75% degli italiani chiede di sgomberare campi nomadi e quartieri illegalmente occupati da stranieri.
Oltre il 90% chiede di aumentare la presenza dei poliziotti sulle strade e nei quartieri; il 90% chiede l'aumento della videosorveglianza nei luoghi pubblici. Oltre un terzo degli italiani contro la criminalità dilagante vede di buon occhio il difendersi da soli. Sempre per motivi di sicurezza quasi metà degli italiani è d'accordo nel consentire alle autorità pubbliche di “monitorare le transazioni bancarie e gli acquisti con carta di credito”. Oltre un quarto è disposto a concedere alle autorità di leggere le e-mail e di intercettare le telefonate. Oltre il 60% degli italiani vede con favore le ronde, dovunque, non solo al Nord, ma soprattutto nel Mezzogiorno.
Sarà un sondaggio, un sondaggio estremamente inquietante. Ma la sensazione, con buona pace di chi si ostina sulla carta stampata a irridere la questione, è concreta e rilevabile dovunque. E non è un caso che, secondo un altro sondaggio, la fiducia nel governo Berlusconi dopo i primi provvedimenti sia aumentata e la fiducia nel ministro Maroni permanga stabilmente alta.

La via federalista del Parlamento del Nord

Riunito a Vicenza domenica 2 marzo 2008, il Parlamento del Nord ha deliberato l’approvazione di una proposta programmatica, relativa alla promozione di un autentico ordinamento dello Stato di tipo federale, articolato in tre Euroregioni.
Riporto di seguito il testo della deliberazione.

RISOLUZIONE FEDERALISMO: EUROREGIONI E MACROREGIONI.

PRESO ATTO
che il processo di disgregazione e di dissoluzione dello Stato nazionale, come aveva preconizzato il professor Gianfranco Miglio, procede a ritmi sempre più rapidi ed è ormai giunto al capolinea, per effetto dell’erosione della propria prerogativa esclusiva — la sovranità — dal basso, vale a dire a causa delle crescenti istanze di autonomia delle politiche regionali, e dall’alto, vale a dire a causa della progressiva ingerenza delle politiche dell’Unione europea nell’ambito delle sfere di competenza delle singole statualità;
che l’euroregionalizzazione, intesa quale criterio di aggregazione e di organizzazione degli interessi e degli indirizzi politici regionali, s’è ormai affermata, oggi costituisce un dato di fatto e alimenta l’affermazione delle identità culturali territoriali;
che questi due soggetti istituzionali — regioni e Ue — trovano ormai ampi margini di dialogo politico senza la mediazione dello Stato centrale e anche una rappresentanza istituzionale nel Comitato delle Regioni d’Europa;
che i più recenti orientamenti politici dell’Ue sono finalizzati ad accordare progressivi margini di autonomia alle unità regionali interne ai singoli Stati ovvero a sviluppare la cooperazione interregionale, bilaterale e multilaterale, sia sul piano interno, sia sul piano internazionale, nei fatti archiviando il tradizionale ruolo di mediazione e di ingerenza dello Stato centrale (nella fattispecie, la cooperazione multilaterale risponde a criteri di omogeneità culturale, economica e sociale, com’è il caso delle Regioni del Nord);
che, sul piano interno, lo Stato ha abdicato alla propria sovranità in molte realtà regionali e in plurime circostanze (le così dette — e ormai quotidianamente all’ordine del giorno — ‘emergenze’: rifiuti, immigrazione ecc.);
che a partire dai primi anni Novanta — dallo studio della Fondazione Agnelli del 1992 e dall’elaborazione del progetto politico federale proposto dal professor Gianfranco Miglio — è sotto gli occhi di tutti la suddivisione del Paese in tre grandi unità regionali, omogenee e assai affini dal punto di vista economico, sociale e culturale, come recentemente riconosciuto, per esempio, dall’Osservatorio del Nord-Ovest (non certo tacciabile di ‘simpatie’ leghiste);
AUSPICA
la definitiva archiviazione del decentramento — per la verità piuttosto blando e, comunque, insoddisfacente — che ha caratterizzato e scandito la vita istituzionale del Paese nell’ultimo decennio, in favore di un autentico federalismo;
INDIVIDUA
nell’istituzione di una ‘camera’ delle regioni (il Senato federale della Repubblica), sul modello del Bundesrat tedesco, il momento decisivo del cammino verso il federalismo, cioè il grimaldello per far ‘saltare’ il sistema centralista:
-- i senatori saranno eletti da ogni Consiglio regionale al proprio interno (cinque senatori per le Regioni sino a un milione di abitanti, sette per quelle fino a tre milioni, nove per quelle fino a cinque milioni, dieci per quelle fino a sette milioni, dodici per quelle con più di dodici milioni di abitanti) e dal Consiglio delle autonomie locali tra i componenti dei Consigli dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane (un senatore per le Regioni sino a un milione di abitanti, due
per quelle con più di un milione di abitanti);
-- saranno altresì soppresse le Prefetture, simbolo dello Stato centralista di matrice napoleonica;
PROPONE
la suddivisione del territorio della Repubblica italiana in tre Euroregioni, che rappresentano la più funzionale articolazione territoriale sulla quale fondare il nuovo Stato federale. Le prerogative e le funzioni di ogni Consiglio euroregionale e di ogni Governo euroregionale, nei loro rapporti con il Governo federale della Repubblica e con l’Ue, sono demandate alla necessaria e radicale riforma costituzionale — che si configura, dunque, come un vero e proprio patto federale — connessa a questo progetto;
riforma che dovrà ispirarsi al riconoscimento e all’istituzionalizzazione della ‘diversità’ economica, sociale e culturale, alle quali lo Stato federale garantirà adeguata tutela ed espressione, delle euroregioni, a esse accordando una sovranità esclusiva, vale a dire la libertà, intesa come autonomia e autogoverno, in termini di potere legislativo, amministrativo, giudiziario. Le tre euroregioni, così federate, saranno rappresentate dal Senato federale.

Solo il federalismo salverà l'Italia

Ogni discorso sul federalismo nel nostro paese, rischia spesso di essere un parlare tra sordi. Questo per una sorta di vizio originale dovuto al fatto che l’Italia dall’unità savoiarda in avanti è un’unica entità territoriale e che, dunque, il processo federalista deve risultare di fatto un processo di restaurazione in parte delle divisioni territoriali precedenti, almeno virtuale. È un processo, se volete, inverso al normale processo di federazione tra entità territoriali.
In generale, per federalismo si intende un'organizzazione di stati o di altri enti territoriali che si associano per conferire ad un'organizzazione sovranazionale, lo Stato federale, delle competenze e quindi dei poteri, rinunciando alla propria sovranità nazionale su di esse. Alcune organizzazioni autonome, cioè, si federano ritenendo più utile delegare alcuni dei propri compiti ad un'altra organizzazione, che se ne occupa per tutte le associate, nella convinzione che una struttura più grande possa svolgere meglio dei compiti, come la politica estera, la difesa o la gestione dell'economia. Per avere chiara la questione basti pensare all’Unione europea e al processo di integrazione degli stati europei.
Sostituire in Italia all’attuale organizzazione statuale centralista, seppure dopo la riforma del 2001 preveda una devoluzione regionalista, una organizzazione statuale federalista non è cosa semplice e dovrà necessariamente richiedere un intervento pesante di modifica costituzionale sull’organizzazione dello stato. Pertanto, in genere da noi il termine federalismo viene spesso usato impropriamente per rivendicare una maggiore autonomia delle Regioni, o di gruppi di Regioni, come potrebbe essere la Padania preconizzata dalla Lega Nord. Si tende a confondere cioè nei discorsi spesso un primo passo, quello della devoluzione, con l’obiettivo finale, e cioè lo smembramento territoriale in tre-cinque regioni ed la loro riaggregazione in una entità federale, non mancando di tenere d’occhio la possibilità di aggregazioni extranazionali, le euroregioni, previste dal processo di unificazione europea.
Per capire meglio, va sottolineato che la nostra repubblica finora è stata basata sul regionalismo, cioè su un sistema che prevede limitate autonomie delle Regioni, mentre allo Stato compete tutto quanto non è esplicitamente delegato alle Regioni. Il processo fondativo attualmente in atto è un processo di devoluzione, cioè un processo di riduzione delle competenze dello Stato e la loro contemporanea attribuzione alle Regioni e agli enti locali. La legge costituzionale 3/2001 è stato il primo provvedimento preso nella direzione della devoluzione. La legge ha ampliato i compiti delle Regioni, prevedendo un limitato ambito di competenze statali, quali, ad esempio, la politica estera, la difesa, la moneta, l’ordine pubblico, la previdenza. La riforma costituzionale bocciata esizialmente dal referendum, prevedeva ambiti esclusivi di competenza delle Regioni, come la scuola, la sanità, la polizia locale; e ridisegnava l'impostazione delle istituzioni statali, a cominciare dal Parlamento, nel cui ambito era previsto un Senato federale.
Il prossimo passo necessario, dunque, è quello di rimettere mano alla proposta di riforma bocciata strumentalmente con il referendum e portarla ad effetto e dare il via, contemporaneamente, al cosiddetto federalismo fiscale. Stiamo attenti, che anche l’uso del termine “federalismo” in quest’ultima etichetta è improprio. Federalismo fiscale è semplicemente la tendenza a spostare la tassazione dei cittadini dal centro alla periferia, cioè passare dai tributi pagati allo Stato, i tributi erariali, a quelli pagati alle Regioni, Province e Comuni, i tributi locali. Il vantaggio per i cittadini consiste semplicemente in un controllo più diretto sull'utilizzo dei tributi. Tuttavia resterebbe comunque il fatto che operando in un’ottica non federalista, ma centralista, l'intervento dello Stato resterebbe pesante per necessità vere o presunte di redistribuzione delle risorse in modo da superare troppo marcate differenze territoriali o settoriali indipendentemente dalla causa [spesso politica] scatenante la diversità o l’arretratezza, come già oggi avviene direttamente. Si pensi all’antico leit-motiv della questione meridionale o alla sanità del Lazio o al degrado attuale della Campania. Certo, è auspicabile che l’introduzione del cosiddetto “federalismo fiscale” sia accompagnato da una razionalizzazione del sistema impositivo con l’eliminazione o l’accorpamento di tutta una serie di balzelli in un’unica imposta da versare localmente. Un segno di intelligenza, ma anche di civiltà. Ma, al di là, dei reali benefici per le tasche dei cittadini, minimi se non si passa da una tassazione afinalizzata ad una tassazione di scopo, ciò che conta del provvedimento è che introdurrebbe un nuovo modo di considerare le cose, bottom-up, piuttosto che top-down, premessa necessaria nella nostra anomalia, per creare le condizioni “filosofiche” nel pensiero comune per il passaggio ad una realtà federale. Se si vuole uno slogan, ben venga ogni cosa che ci faccia avanzare di qualche metro in direzione del federalismo reale, perché come Catone il censore, quello del “Carthago delenda est” è utile continuare a ripetere che solo il federalismo salverà questo Paese.

domenica 8 giugno 2008

Controinformazione Foibe

In una società dell’informazione come la nostra attuale, dove il rumore di fondo è assordante e la spazzatura infinita, ha facile gioco la disinformazione, soprattutto quando essa si presenta come un tamtam insistente, propagato consapevolmente dai media sempre in spasmodica cerca di pulp per attirare l’audience. Può, dunque, sembrare una sorta di "mission impossible" ogni tentativo di presentare, oggi, i fatti che accaddero al confine orientale italiano – dalla fine della Grande Guerra, quando il Regno d’Italia occupò quei territori, per la gran parte austriaci da secoli, al secondo dopoguerra quando l’Istria passò definitivamente sotto la sovranità jugoslava – secondo un’ottica che si imponga come linea guida la massima aderenza possibile al reale svolgersi degli eventi.
Il libro cerca di farlo portando all'attenzione del lettore fatti, avvenimenti taciuti, considerazioni e opinioni, talvolta anche marginali, che possano permettere al lettore di farsi un quadro libero da condizionamenti propagandistici e più vicino al reale svolgersi degli eventi in quelle terre dopo l'8 settembre 1943 e nell'immediato dopoguerra.

Sergio Fumich, Controinformazione Foibe
CreateSpace, 2008.
ISBN 978-1-4348-9208-9
p. 132, $15.00
acquistabile online con la carta di credito presso Amazon.com.

In tutta sincerità

In tutta sincerità non riesco proprio ad entusiasmarmi per i comizi politici dei magistrati. Un magistrato – dice il buon senso – dovrebbe occuparsi di amministrare la giustizia, non di sovrapporsi al legislatore. Preferirei che lo zelo, mostrato nelle reazioni contro il nemico politico di turno, fosse piuttosto indirizzato verso l’applicazione della legge e nel garantire le finalità della giustizia.
In tutta sincerità non riesco proprio ad entusiasmarmi per le arringhe dei giornalisti pubblici ministeri. Un giornalista – dice il buon senso – dovrebbe occuparsi di esporre fatti, accadimenti: chi, come, dove, quando, perché. Preferirei che lo zelo, buttato nero su bianco contro il nemico politico di turno, fosse piuttosto usato per informare cercando di alterare la realtà delle cose il meno possibile, sforzandosi di annullare la propria influenza di osservatore sul fatto, lasciando all’intelligenza del lettore il giudizio.
Dico questo di fronte alle mille e mille critiche ed opposizioni di merito e non merito che si alzano ogniqualvolta Berlusconi apre la bocca per preannunciare questo o quel provvedimento. Prima ancora cioè che il provvedimento si materializzi sulla carta, prima ancora di conoscerne gli aspetti, di vederne gli effetti e di giudicarlo di conseguenza dai fatti. Così, in maniera preventiva, perché – sembra – tutto ciò che Berlusconi proponga sia il male che si palesa. Ne prendo un esempio da un articolo oggi di D’Avanzo, peraltro – va riconosciuto – molto intelligente. Dice il giornalista ad un certo punto riferendosi all’annuncio di una legge anti-intercettazioni: «I “giovani” di Confindustria possono anche spellarsi le mani all'annuncio che le intercettazioni saranno legittime soltanto per mafia e terrorismo, ma chi lo spiega poi ai risparmiatori, ai prigionieri della sanità del Mezzogiorno, alle imprese escluse dal mercato con l'abuso (per fare qualche esempio) che cancellare le intercettazioni per insider trading, corruzione, concussione diventa di fatto depenalizzare quei reati e inaugurare una “giustizia dei forti” e “un diritto del privilegio”?». Suona giusto, ma è un affair interno alla casta. Non mi cambia la vita, né la cambia a milioni di cittadini. Il malaffare c’è e comunque, le intercettazioni non lo eliminano; se c’è qualcuno che fa affermazioni simili mente sapendo di mentire. L’orecchio del “grande fratello” ha altre finalità, diverse dal fare l’interesse collettivo. Ha le finalità di uno stato di polizia così caro a chi si è formato con gli insegnamenti della sinistra culturale e intellettuale della prima repubblica, ed oggi occupa le poltrone dei manipolatori, dei burattinai che reggono i fili del teatrino della politica, dell’economia, della giustizia. Ha finalità di autoconservazione, per etichettarla con una parola sola.
In tutta sincerità, nel 1994, non ho salutato con gioia la discesa in campo del Cavaliere. Mentirei se negassi di aver scritto un libretto dal titolo “Il nome del garofano” dove si saluta con una sorta di litania le dimissioni del primo Berlusconi. Mentirei se negassi di aver salutato con soddisfazione il cambio a Palazzo Chigi nel 2006, contando sulla ventata di “nuovo” che pareva portare il centrosinistra. Ma proprio per aver oggi la pietra di paragone del governo Prodi, del governo della sinistra che ancora mancava, posso permettermi senza pentimenti l’iperbole del dire che è di gran lunga meglio un Berlusconi al governo del Paese, che qualunque altro di quella cricca – destra, centro, sinistra – che oggi si etichetta col termine “casta”. Innanzitutto per il fatto che Berlusconi è ricco di suo, e non ha bisogno di nascondere la mano dietro la schiena. In secondo luogo, proprio per il fatto che può aver tutto comunque, la sola cosa che lo può danneggiare è il perdere la faccia davanti ad una nazione intera. Berlusconi è ormai un “eletto” a passare alla storia, la storia che si ricorda, e vuole essere tramandato ai posteri come un buon padre ed un risanatore di un paese a rotoli sull’orlo della catastrofe. Piaccia o non piaccia ai detrattori, cioè, è “costretto” a fare bene il suo compito. E già questo dovrebbe essere un motivo per rispettare sul tram Italia il cartello “Non disturbare il manovratore” [per il gusto di disturbarlo].
In tutta sincerità provo un senso di disgusto, di nausea quando leggo o vedo e ascolto in Tv le diatribe strumentali dei mille padri Zappata, dei mille che sanno far tacere le donne, star fermi i bambini e correre i vecchi. Che criticano a priori, preventivamente, comunque, senza neppure sforzarsi di leggere i progetti, non ancora scritti: il paradosso dell’opposizione per l’opposizione. Il governo di una nazione non dovrebbe essere un campionato di calcio, gli ambiti politici non dovrebbero essere bar dove chi la spara più grossa contro il vincente, attira l’attenzione. Ma forse un motivo c’è per tutto questo ed è il vero motivo. Semplicemente, per quanto ci sforziamo, non siamo una nazione, siamo galline di Renzo, gente ammassata assieme, che altro non sa fare se non litigare, in balia del dominatore di turno, oggi la casta, ieri Napoleone o gli spagnoli o prima prima ancora qualche barbaro venuto da chissà dove.
Oggi l’Italia ha un’occasione unica e irripetibile per togliersi in qualche modo dall’orlo del baratro sul qual si trova. Intanto togliamoci dall’orlo dell’abisso, discuteremo poi, con tranquillità e per tutto il tempo necessario, del sesso degli angeli.

Il momento di abolire tasse infami

Ciò che si avverte oggi dai titoli e dagli incipit degli articoli dei giornali è che nessuno se la sente di prevedere quando e a che prezzo si arresterà la corsa senza freni del petrolio. Basti un dato: il mondo consuma oggi 83 degli 86 milioni di barili che è in grado di produrre ogni giorno e la domanda asiatica di greggio è sempre più forte. La bolletta energetica italiana sarà quest'anno di 75 miliardi, cioè 25 in più dell'anno scorso; e l’esborso è mitigato solo dal supereuro che ammortizza i rialzi del costo del barile.
Ma restiamo a noi. Le nostre bollette di luce e gas saliranno quest'anno di 255 euro. Il pieno di una automobile a benzina costa 76 euro contro i 66 di un anno fa, il gasolio 76 euro contro i 59 sempre di un anno fa. Le associazioni dei consumatori stimano un esborso complessivo (riscaldamento ed extra compresi) di circa 1.255 euro a famiglia. Dati allarmanti.
Ieri qualcuno mi ha detto che un politico deve pensare in grande, che non ha senso perdere delle mezz’ore dietro pochi euro, quando i problemi che ti passano sulla testa sono talmente grossi in termini di numeri (e di interessi) che rendono risibile i piccoli sforzi per migliorare o alleggerire le questioni del quotidiano. Certo, difficilmente, nel piccolo, si può operare per modificare la speculazione sull’energia che ciclicamente si ripresenta nel mondo, o per una guerra o per l’ingresso di nuove realtà nel mercato mondiale. Ma nel piccolo si può operare per mitigarne gli effetti. È solo buon senso e volontà finalmente di tagliare il superfluo e assurdità, e perché no anche infamie.
L’esempio più facile sono le accise, costruite sfruttando la sensibilità dei cittadini a fronte di calamità, e poi passato il momento di solidarietà non tolte perché troppo comode per ingrassare classe politica e clientele attraverso gli sprechi del pubblico – che troppo spesso è privato di qualcuno. Accise che oltretutto sono, per il loro meccanismo, anche una tassa sull’aumento del prezzo del petrolio, e, dunque, infami. Come in molti altri ambiti le tasse o l’iva sulle tasse. Ma l’interesse vero della classe politica è quello di tener leggero il peso delle loro scelte sui cittadini? No, non pare, a Roma – come dice la Lega – ma anche nelle amministrazioni locali dove spesso non si governa col principio del buon padre di famiglia. Certo, è immancabile che ci assalga un senso di impotenza di fronte alla casta politica che con la sindacatocrazia – sindacati dei “lavoratori” e dei “padroni” – nel mondo del lavoro si spartisce la torta Italia. Il club del “magna magna”, di cui ogni giorno si hanno dovunque testimonianze.
Non a caso quando qualche iniziativa viene presa nel verso giusto, qualche piccola cosa viene fatta nella via sacrosanta di non far pagare al cittadino scelte o congiunture, c’è sempre l’autorevole “idiota” di turno che si alza a pontificare che la scelta è sbagliata, che non andava fatto, che si poteva fare altro, blablà, blablà, tutto per ritardare, rimandare, per non concludere. Sulla carta stampata in questi giorni si sono letti rimproveri sull’abolizione dell’Ici sulla prima casa: ma come? si abolisce una tassa “federale”? L’Ici è una tassa infame, introdotta pensando di fare cosa gradita a quanti gridavano nelle piazze che la proprietà è un furto, idioti portati con i pullman da multiregionali che vivono ed ingrassano illudendo i poveri cristi. La proprietà degli altri, certo. Perché l’Ici, poiché già si paga l’Irpef sui redditi delle case (esclusa la prima), è una tassa di possesso, di proprietà, una tassa “comunista” che va in molti casi a coprire localmente sprechi, spesso “loschi”, e cattedrali nel deserto o piramidi personali. Facili perché tanto, come sempre, paga Pantalone.
Berlusconi ha fatto una prima cosa giusta, ma incompleta. Con la riforma fiscale federalista il balzello “federale” come tanti altri balzelli locali deve essere assorbito in un’unica tassa sul reddito, altrimenti la riforma è solo il cambio del manovratore d’un carrozzone che viaggia sempre sugli stessi binari. Ma anche una riforma fiscale federalista “light” sarebbe già un primo passo comunque auspicabile: una volta aperta la strada, buon senso e intelligenza politica possono fare il resto. Discorsi dei prossimi mesi, anche perché già avviarsi sul sentierino del federalismo fiscale significa affrontare problemi di non poco conto, che per essere completamente ed “intelligentemente” risolti richiedono una riforma costituzionale ben più pesante di quella che si ventila, proprio per il fatto anomalo tutto italiano che i Comuni dipendono dallo stato centrale e non dalle Regioni.
Segnalo, intanto, tornando al discorso di apertura che due balzelli potrebbero essere immediatamente tolti, alleggerendo così l’oppressione sulle famiglie italiane. Il primo, di cui già si è parlato in campagna elettorale, è la tassa di possesso degli autoveicoli, che per una buona maggioranza è una tassa sul lavoro. Già con questa abolizione le famiglie recupererebbero qualcosa dell’aumento del rincaro dei carburanti. E l’altro è il canone televisivo, la più assurda delle tasse. Assurda perché non esiste un reale servizio come contropartita. Per favore, non ditemi che il “question time” o le trasmissioni parlamentari mandate in ore impossibili o trasmissioni deliranti come Annozero siano servizio pubblico. Il servizio pubblico per cui ci viene “estorto” il canone. Oltretutto, da quando “faccio” il pensionato, ho realizzato che il canone è anche una tassa sulle casalinghe, sui bambini e sui pensionati appunto; coloro insomma che maggiormente usufruiscono del “passatempo” televisione. Abolizione della tassa automobilistica e del canone televisivo, già da soli, compenserebbero le famiglie per il caro-petrolio. Silvio, pensaci.

sabato 7 giugno 2008

El muss strigado

Sempre dal libro di Gianni Pinguentini, “Fiabe – Leggende – Barzellette triestine” (Eugenio Borsatti Editore, Trieste 1955), trascrivo una breve fiaba, “El muss strigado”, che sembra una metafora della politica italiana che ha creato il moloc dell’antipolitica.

El muss strigado

Iera una volta un contadin, un poco ciapà de fumo. Una matina, come al solito, el va in stala per cior el muss e andar in campagna. Ma, tira e para, sburta e zuca, el muss no voleva andar fora. El contadin el pensa: Qua ghe devi esser qualche strigamento. El prova ancora, doprando anca el baston, ma el muss più testardo che mai no’l vol saverghene de andarghe drio. Alora el contadin va a ciamar el veterinario e el ghe disi: Sior dotor, la vegni a visitarlo lei, perchè el mio muss oel xe strigà o el xe assai malà.
El veterinario va, e el vedi subito dove che xe la strigarìa: No vedè, basual de omo, che el muss xe ligado?
El vilan el se ga dà alora un pugno int’ela fronte, ma el ga dovù pagarghe la visita al dotor. Po, el se ga vendicà, dàndoghe al muss tute le bastonade che el se meritava lu’.

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