giovedì 6 novembre 2008

Gestire la TAV padana come l’emergenza rifiuti a Napoli

“«Sì alla Tav anche con la forza» Per il premier fermare i cantieri è contro la democrazia”, questo è l’argomento dell’articolo di Alessandro Arona e Marco Morino, oggi, su “Il Sole 24 Ore”.
Il premier Silvio Berlusconi minaccia di ricorrere alla forza pur di sbloccare le opere connesse al Corridoio 5, l’asse ferroviario europeo che dovrebbe attraversare l’intera Pianura padana da Torino a Trieste e proseguire fino a Kiev.
«Lo Stato - ha detto ieri il presidente del Consiglio all’inaugurazione di Eicma, il Salone del ciclo e motociclo di Milano - garantirà la possibilità di realizzare i trafori alpini del Corridoio 5 anche con l’uso della forza, così come ha fatto in Campania per l’emergenza rifiuti». Il Governo - ricorda Berlusconi - ha stanziato 16 miliardi per le grandi opere, «dopo che la sinistra aveva bloccato i nostri piani e i cantieri come il Frejus, per colpa di Rifondazione Comunista». Secondo Berlusconi una minoranza non può pretendere di fermare un cantiere, «perché questo non è espressione di democrazia, va contro ai cittadini, ai viaggiatori e allo Stato».
Immediata la risposta dell’ex ministro delle Infrastrutture e leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro: «Invece che con l’uso della forza è necessario intervenire con l’uso della concertazione e individuare le risorse economiche, ma sappiamo bene che il dialogo non è tra i metodi dell’attuale Governo. E poi - prosegue Di Pietro - come pensa il presidente del Consiglio di garantire i lavori del Corridoio 5 senza avere investito alcun soldo in questo settore?».
Le parole di Berlusconi sull’uso della forza vanno interpretate come «una battuta per dimostrare quanto la Tav sia per noi un`opera prioritaria», chiarisce l’attuale ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli. «La forza pubblica non so, ma credo sia molto importante che gli investimenti nelle grandi opere ripartano». Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, commenta così le affermazioni di Berlusconi. «Ci sono molte opere già autorizzate - prosegue - e fondi pubblici e privati pronti a partire, che tuttavia sono bloccati per veti e pastoie burocratiche» .
I 16 miliardi di euro di cui parla Berlusconi sarebbero - secondo il ministero delle Infrastrutture - la somma di una serie di investimenti privati sulle autostrade, circa 9 miliardi di euro, più i 7 miliardi di euro della riprogrammazione dei fondi Fas (aree sottoutilizzate). Nel primo gruppo la Brescia-Milano (Brebemi), che vale 1,55 miliardi, e la Pedemontana lombarda, 4,1 miliardi, due project financing le cui convenzioni sono state approvate già nel 2007, firmate dall’allora ministro Di Pietro. Poi gli investimenti nelle convenzioni autostradali di Autocisa (la tratta Parma-Verona, 1,8 miliardi) e Brescia-Padova Spa (Valdastico sud e Valtrompia, in totale 1,65 miliardi), due convenzioni anch’esse firmate con Anas nel 2007, ma rese esecutive per legge dal Governo Berlusconi nel giugno scorso.
Il secondo "pacchetto" sono invece i fondi Fas 2007-2103, che il Governo Berlusconi ha deciso di riprogrammare nella parte nazionale, aumentando la quota per le grandi opere dai 4,8 miliardi del Governo Prodi a circa 7 miliardi. La delibera che spartisce questi 7 miliardi dovrebbe passare al Cipe entro novembre, con l’obbligo di destinare l’85% delle risorse al Sud. Si arriva in tutto a circa 16 miliardi di euro, confermando dunque che l’unico pacchetto di nuove risorse è quello del Fas. Sembra infatti sfumata l’ipotesi, per la quale spingevano sia il ministero delle Infrastrutture che il Cipe, di strappare a Tremonti nuove risorse per il fondo delle grandi opere, al momento vuoto.

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