giovedì 13 novembre 2008

Epifani, chi è costui?

Maria Teresa Meli ha firmato oggi sul “Corriere della Sera” il pezzo sotto riprodotto intitolato “Nel Pd sale il gelo dell’ala filo Cisl: «Il12 è uno sbaglio»

La prima reazione è uguale per tutti: sbaglia il governo a spaccare i sindacati e a tentare l’isolamento della Cgil. Premessa ovvia. A cui segue il resto. E il resto è che, seppur potrebbe apparentemente giovare al Pd, nessuno in quel partito si augura il bis del Cofferati stile 2002-2003. Anche se per un anno almeno così rischia di essere.
l vertici della Confindustria ne hanno parlato con i big del Pd e hanno espresso la loro convinzione: Guglielmo Epifani non firmerà niente, non può permetterselo, stretto com’è tra metalmeccanici e statali (che dopo i pensionati sono la parte più consistente dei suoi iscritti). Lascerà questa incombenza a chi gli succederà. Nel partito di Veltroni sono d’accordo con questa analisi. Uno sbocco, seppur non a brevissimo termine, potrebbe essere quello di candidare Epifani alle europee.
«Se ne è parlato», dice il ministro ombra Andrea Martella. «È un’ipotesi», conferma il coordinatore organizzativo del Pd Beppe Fioroni. Nel frattempo, però, bisogna affrontare la divisione del sindacato, cosa non facilissima.
«Occorre tornare all’unità», esorta Pierluigi Bersani. «C’è il rischio di una divaricazione pericolosa», gli fa eco Piero Fassino. Ma né l’uno né l’altro addebita la responsabilità della spaccatura a Bonanni e Angeletti che l’altra sera si sono attovagliati al tavolo del governo. «La linea dei duri e puri non è vincente», ammette Michele Ventura, ministro dalemiano del governo ombra. E a proposito di D’Alema chissà se era un caso la sua presenza, l’altro ieri, alla conferenza internazionale della Cisl.
Nel Pd, comunque, già ai tempi dell’Alitalia gli ex margheritini avevano fatto presente agli ex Ds che «bisogna tenere conto anche delle nostre posizioni che non si riconoscono in quelle della Cgil». E non che ora la situazione sia diversa. Fioroni, reduce da un colloquio con il segretario della Cisl Bonanni, dopo aver debitamente insultato il governo, osserva: «Non è che si può esaltare Obama e poi andare appresso a vecchi riti comunisti. Bisogna togliere le incrostazioni, la Cgil non è la cinghia di trasmissione del Pd e il suo leader non può fare come Giosuè e dire: "fermati sole". Un sindacato non fa politica ma deve fare i contratti. E questo è esattamente l’atteggiamento di Bonanni. Del resto, se il presidente del Consiglio ti invita è difficile non andarci perché un sindacato autonomo non ha governi amici o nemici».
E il 12 dicembre, al loro sciopero generale, gli uomini della Cgil non avranno al fianco il Pd (se si eccettuano le adesioni personali). «Ma siamo fuori di testa?», dice Fioroni a un compagno di partito che gli chiede se sia opportuno o meno scendere in piazza. Per Massimo Calearo, ex presidente di Federmeccanica, ora deputato del Pd, non ci sono dubbi: «La Cgil non è il sindacato, ma un sindacato». Come a dire: il Pd deve scindere le sue sorti da quelle dell’organizzazione di Epifani. Ed Enrico Letta è altrettanto determinato: «La divisione tra le confederazioni non si può evitare, è nelle cose, si può solo gestire, prendendo atto che noi e i sindacati siamo due cose diverse».
Già, il Pci non c’è più, il Pds nemmeno e anche i Ds sono scomparsi. Ora c’è il Pd il cui sindacato di riferimento non può più essere la Cgil. Toccherà ancora una volta a Walter Veltroni calarsi nei panni del paziente mediatore e tentare di evitare che la Cgil si faccia troppo male e che il solco tra l’organizzazione di Epifani e il Pd si allarghi ulteriormente.

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