domenica 9 novembre 2008

L’educazione di un presidente eletto

“Obama e Bush, un piano per l’Afghanistan” è un articolo di ieri di Alberto Flores D’Arcais su “Repubblica”. “Prima minaccia di Al Qaeda al nuovo presidente: “Convertiti e ritira le truppe”. È stato come non vi sia stato un maremoto di interventi almeno a commento di questo atto di “lesa maestà”. Già, quelli sono terroristi, e poi mica si presentano alle elezioni in Italia. E se non ci fossero, come si farebbe a dare adosso a Gasparri? Al di là delle facezie vediamo quanto ci racconta il giornalista da New York.

Afghanistan, Iran, Iraq, Al Qaeda. Nella giornata in cui le luci della ribalta erano tutte per l’economia Obama e il suo staff hanno lavorato nell’ombra anche all’altra grande sfida che attende la nuova amministrazione, la politica estera. Il presidente eletto ha ricevuto ieri il secondo briefing dell’Intelligence americana, un incontro durato quasi un’ora con Mike McConnell (direttore del National Intelligence) e con il capo del dipartimento analisi della Cia, Michael J. Morell. Era durato un’ora anche il primo briefing di giovedì, una lunghezza inusuale considerato che quello che i responsabili dell’Intelligence hanno ogni mattina con Bush alla Casa Bianca dura mezz’ora. Nella stanza protetta della sede del Fbi a Chicago McConnell ha illustrato al presidente-eletto la situazione nelle aree calde del mondo.
Afghanistan. Sarà uno dei punti di discussione nell’incontro allo Studio Ovale che Bush e Obama avranno lunedì pomeriggio. La Casa Bianca sta studiando un nuovo piano (anticipato dall’AssociatedPress) che prevede di aumentare di 20mila uomini il contingente Usa in Afghanistan, come richiesto dal generale David McKiernan. L’attuale presidente ha in mente di lasciare in eredità al suo successore una sorta di road map, che prevede l’aumento delle truppe, un ruolo più attivo dei militari afgani e una maggiore integrazione degli aiuti (sia militari che civili) tra Stati Uniti e i paesi alleati. Durante la campagna elettorale Obama ha più volte ripetuto che con lui alla Casa Bianca il focus della guerra al terrorismo sarebbe passato dall’Iraq ad Afghanistan e Pakistan. Dopo l’elezione di Obama i Taliban si sono dichiarati disponibili a «parlare» con la nuova amministrazione ma solo a condizione che ci sia un «ritiro totale» delle truppe americane, richiesta che Obama e i suoi consiglieri non sono disposti a prendere in considerazione.
Iran. Per la prima volta dalla rivoluzione khomeinista del 1979 un presidente iraniano si è complimentato per l’elezione di un presidente americano. Ieri Obama ha promesso una risposta: «Risponderò appropriatamente alla lettera che ho ricevuto dal presidente iraniano Ahmadinejad. Oggi dico solo quanto ho detto durante la campagna: un eventuale programma di sviluppo nucleare è inaccettabile».
Iraq. Nel settembre 2007 Obama aveva pubblicato il suo piano per «mettere fine responsabilmente alla guerra in Iraq» ed aveva promesso il ritiro dei soldati americani entro la fine del 2009. Il piano resta attuale (soprattutto considerate le necessità in Afghanistan), i leader iracheni, complimentandosi con Obama, hanno chiesto che venga fissata una «data certa» e gli «insurgents» sunniti hanno promesso «flessibilità». È possibile che anche con Obama alla Casa Bianca il ritiro venga però ritardato di qualche mese.
Al Qaeda. Proprio dall’Iraq arriva il primo messaggio audio di Al Qaeda, diffuso attraverso un sito web ed attribuito all’autoproclamato leader dello «Stato islamico dell’Iraq» Abu Omar Al Baghdadi. Rilanciato in poche righe dall’Associated Press e ignorato dai media americani è stato liquidato da una fonte del Pentagono come «la solita propaganda, Abu Omar è un attore che presta la voce ad Al Qaeda». Nel messaggio si chiede ad Obama «in nome dei miei fratelli in Iraq, Afghanistan, Somalia e Cecenia, ritirate le vostre forze e tornate a casa».

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