venerdì 7 novembre 2008

Martino: In gioco c’è la libertà dell’Occidente

“C`è poco da ridere, la libertà è a rischio”, è il titolo di un intervento in controtendenza di Antonio Martino oggi su “Libero”. Scrive:
C’è qualcosa di irreale nell’entusiasmo col quale la stampa di sinistra, l’opinione pubblica francese, tedesca e cinese, leader sudamericani hanno accolto l’elezione di Barack Obama. Cosa hanno in comune tutte queste persone? L’antiamericanismo, l’avversione viscerale per gli Stati Uniti. Evidentemente sono convinti che Obama sia meno “americano” dei suoi predecessori e che la sua presidenza renderà meno “americana” l’America.
Questa repentina conversione alla passione per gli Stati Uniti di quanti in passato hanno coerentemente sostenuto quelle opinioni e tenuti quei comportamenti è profondamente preoccupante. E se avessero ragione, se Obama tradisse davvero la storica missione degli Usa di baluardo della libertà nel mondo? Se vuole, Obama può farlo senza ostacoli. Il tradizionale sistema di pesi e contrappesi tipico della democrazia americana con le elezioni del 4 novembre è saltato. L’ostruzionismo parlamentare non è più possibile date le dimensioni della vittoria dei democratici. Non bastasse, all’interno della rappresentanza dei democratici in Congresso prevale la sinistra, i democratici moderati sono una minoranza. Il potere corrompe sempre, diceva Lord Acton, il potere assoluto corrompe in modo assoluto. Obama ed i democratici di sinistra dispongono di un potere senza limiti, possono fare ciò che vogliono. Fossero anche angeli onniscienti, ci sarebbe di che esserne terrorizzati.
So già cosa obietterebbero in molti: l’America è troppo robusta perché ci si debba preoccupare del suo futuro. Faremmo bene a riflettere su una grande intuizione di David Hume: «Raramente le libertà si perdono tutte in una volta». ll grande filosofo aveva capito che il vero nemico non è tanto il dittatore che abolisce in un colpo le libertà, ma la graduale, impercettibile erosione delle libertà.
Obama si è molto sbilanciato in favore di una politica protezionistica e non è detto che ponga in essere quanto ha minacciato, ma potrebbe farlo e sarebbe disastroso. Quell’errore è stato già commesso in Usa nel 1930: all’indomani di una grave crisi finanziaria si introdussero alte tariffe doganali, per ritorsione gli altri Paesi fecero altrettanto sui prodotti americani e si innescò una spirale che fece crollare il commercio internazionale. La Grande Depressione portò il tasso di disoccupazione oltre il 25% per ben 10 anni. Tornando ad Obama, vedo poco di cui essere entusiasti, a parte l’elezione del primo americano di colore, ed anche quello per un liberale non è necessariamente un fatto positivo: contano i valori della persona, non il colore della pelle.

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