“È ora di licenziarli” titola l’editoriale di oggi di Vittorio Feltri su “Libero”, riferito ai piloti in sciopero dell’Alitalia. Una minoranza di irresponsabili corporativi cui non interessa nulla la sorte degli altri lavoratori.
Se questi sono i risultati sarebbe stato meglio prendere l’ultima fornitura di carburante, cospargere Alitalia e darle fuoco anziché tentare di salvarla da un fallimento comunque solo rinviato. Infatti il personale, tanto per non smentirsi e rimanere nella tradizione, pur non avendo ancora cominciato a lavorare per la nuova società, la Cai, è già in sciopero, il primo di una serie destinata a concludersi con un patatrac aziendale.
La storia della compagnia (italiana nella forma e congolese nella sostanza) è paradigmatica dei costume nazionale in campo imprenditoriale. Lungi da me l`idea di ricostruirla in ogni fase; sarebbe troppo rischioso per le coronarie dei lettori. È sufficiente ricordare che quindici anni fa Alitalia era in stato comatoso e invece di migliorare è peggiorata. Bisognava portare i libri in tribunale e farla subito finita imitando il comportamento di molti altri Paesi europei. I quali chiusero le aziende decotte e le riaprirono solo dopo aver fatto piazza pulita delle scorie.
Noi non ce la sentimmo di licenziare i dipendenti in esubero né di razionalizzare i costi. Preferimmo tirare a campare mungendo denaro dalla tetta pubblica. Tutti gli anni si creavano buchi nel bilancio e tutti gli anni il Tesoro li tappava. Ma questo è niente in confronto al resto. I cervelli della politica in combutta con i dirigenti della compagnia, guardandosi dal sospendere il turnover per sgonfiare gli organici, hanno sistematicamente assunto - a fini clientelari - migliaia di persone non solo inutili ma anche dannose.
Nonostante ciò l’impresa ha tagliato voli e servizi retrocedendo in serie B. Il personale è sempre stato convinto che in ogni caso lo stipendio sarebbe piovuto dal cielo in eterno per volontà divina. Dal suo punto di vista aveva ragione: lo Stato non ha mai cacciato nessuno e non ha dato segnali, in un secolo, di mutare indirizzo. D’altronde negli anni Settanta già imperversava Aquila selvaggia - la corporazione dei piloti - il cui maggiore impegno era impedire il decollo degli aerei. Si divertiva un mondo a incrociare le braccia mentre negli scali si ammassavano migliaia di passeggeri in preda a crisi di nervi.
Una delle principali attività delle redazioni da tempo immemorabile è quella di comporre titoli, possibilmente evitando ripetizioni, sull’agitazione degli addetti ai voli e al personale di terra. A un certo punto gli utenti (clienti è un termine sconosciuto nel pubblico trasporto) si erano abituati così bene alle fermate dei dipendenti che, spesso, telefonavano stupiti ai giornali e domandavano: che strano, come mai oggi non date notizia di scioperi negli aeroporti? Cos’è successo di grave? Pensavano a uno scherzo dei cronisti.
Finalmente all’inizio del 2008 sembrava la volta buona: la compagnia va a ramengo. Ma questo era proprio uno scherzo. Purtroppo il fallimento era soltanto un sogno. Prodi e Padoa-Schioppa intendevano rifilare il bidone alato ad Air France. Erano disposti a sbolognarlo gratis pur di disfarsene. E i transalpini ci avevano illusi di accettare il regalo intraprendendo un lungo negoziato con i sindacati i quali, chissà poi perché, hanno l’ultima parola in qualsiasi faccenda.
Quando il miracolo pareva avverarsi, cioè la svendita, Cgil, Cisl, Uil e roba simile fecero marcia indietro: non ci stiamo, non se ne fa niente. I francesi non rilanciarono e ripararono nel loro Paese con la soddisfazione tipica di chi sia scampato a un pericolo mortale.
Nel frattempo Berlusconi, rinciucchito dalla campagna elettorale, si lasciò sfuggire di bocca una cazzata colossale: Alitalia la sistemo io. Sul momento sperai che egli progettasse di distruggerla facendola bombardare dal suo amico Bush che di bombardamenti s’intende. Mi sbagliavo. Il Cavaliere, ormai travolto dai sondaggi che lo davano trionfatore alle urne, ignaro che le cazzate sono come le ciliegie (una tira l’altra) si abbandonò a una promessa ancora più vincolante della prima: metto insieme una cordata di imprenditori e in quattro e quattr’otto risolvo il problema.
Non l’avesse mai detto. Difatti gli è toccato l’ingrato compito di mantenere la parola L’impressione iniziale fu che lui ci avesse azzeccato. Ma in fondo al cuore avevo un timore: sei sindacati hanno spaventato Air France figuriamoci se non costringeranno la Cai alla ritirata. Come sia andata a finire lo sapete. Alcune sigle hanno firmato quasi subito, altre hanno tentennato, altre ancora si sono fatte pregare, un tiremmolla esasperante.
Anche i piloti - la maggioranza - dopo lunga resistenza hanno pronunciato un bel sì.
Tutto a posto? Era solamente una sceneggiata.
Adesso siamo ancora in piena bagarre. Si proclamano scioperi à gogo a cui varie categorie aderiranno entusiasticamente, decise come sono a non rinunciare ai privilegi di cui godono. Un’arma ce l’hanno. Senza piloti, assistenti eccetera gli aerei stanno a terra. E poiché Berlusconi suppongono - non può perdere la faccia sarà obbligato a calare le brache, lui e la sua cordata ingenua e sprovveduta. Sono io stesso terrorizzato da questa che è più di una ipotesi.
L’unico consiglio non richiesto che sento di dargli è il seguente. Molli l’osso e lasci che la canea si azzuffi per spolparlo. Tanto non c’è più niente da ingoiare. È stato un errore confidare nel buon senso di gente che non ne ha mai avuto; sarebbe una follia o forse un suicidio insistere. Quand’anche i signorini dell’aria (fritta) dovessero venire a Canossa non sarebbe un ripensamento definitivo. Per un motivo semplice. Se Alitalia accendesse i motori col consenso generale dei lavoratori, fatalmente li spegnerebbe subito dopo facendo ripiombare nel caos l’azienda.
Perché il personale medita di riaprire una vertenza appresso all’altra e farà ogni sforzo per spremere la compagnia così come ha fatto, impunemente, in passato. Sente profumo di quattrini e per ottenerne quanti ne arraffava prima è pronta alla battaglia. Che farà allora la Cai? Se non allenterà i cordoni della borsa, non volerà. Con due aggravanti: polemiche alimentate dall’opposizione e proteste degli utenti. Se li allenterà sarà schiacciata da costi insostenibili, antieconomici e tali da affossare l`impresa. Cavaliere ci liberi da questa ossessione: scarichi piloti e non piloti. Si cerchino un altro lavoro. Una lezione per loro e quelli come loro. Che sono tanti.
Se questi sono i risultati sarebbe stato meglio prendere l’ultima fornitura di carburante, cospargere Alitalia e darle fuoco anziché tentare di salvarla da un fallimento comunque solo rinviato. Infatti il personale, tanto per non smentirsi e rimanere nella tradizione, pur non avendo ancora cominciato a lavorare per la nuova società, la Cai, è già in sciopero, il primo di una serie destinata a concludersi con un patatrac aziendale.
La storia della compagnia (italiana nella forma e congolese nella sostanza) è paradigmatica dei costume nazionale in campo imprenditoriale. Lungi da me l`idea di ricostruirla in ogni fase; sarebbe troppo rischioso per le coronarie dei lettori. È sufficiente ricordare che quindici anni fa Alitalia era in stato comatoso e invece di migliorare è peggiorata. Bisognava portare i libri in tribunale e farla subito finita imitando il comportamento di molti altri Paesi europei. I quali chiusero le aziende decotte e le riaprirono solo dopo aver fatto piazza pulita delle scorie.
Noi non ce la sentimmo di licenziare i dipendenti in esubero né di razionalizzare i costi. Preferimmo tirare a campare mungendo denaro dalla tetta pubblica. Tutti gli anni si creavano buchi nel bilancio e tutti gli anni il Tesoro li tappava. Ma questo è niente in confronto al resto. I cervelli della politica in combutta con i dirigenti della compagnia, guardandosi dal sospendere il turnover per sgonfiare gli organici, hanno sistematicamente assunto - a fini clientelari - migliaia di persone non solo inutili ma anche dannose.
Nonostante ciò l’impresa ha tagliato voli e servizi retrocedendo in serie B. Il personale è sempre stato convinto che in ogni caso lo stipendio sarebbe piovuto dal cielo in eterno per volontà divina. Dal suo punto di vista aveva ragione: lo Stato non ha mai cacciato nessuno e non ha dato segnali, in un secolo, di mutare indirizzo. D’altronde negli anni Settanta già imperversava Aquila selvaggia - la corporazione dei piloti - il cui maggiore impegno era impedire il decollo degli aerei. Si divertiva un mondo a incrociare le braccia mentre negli scali si ammassavano migliaia di passeggeri in preda a crisi di nervi.
Una delle principali attività delle redazioni da tempo immemorabile è quella di comporre titoli, possibilmente evitando ripetizioni, sull’agitazione degli addetti ai voli e al personale di terra. A un certo punto gli utenti (clienti è un termine sconosciuto nel pubblico trasporto) si erano abituati così bene alle fermate dei dipendenti che, spesso, telefonavano stupiti ai giornali e domandavano: che strano, come mai oggi non date notizia di scioperi negli aeroporti? Cos’è successo di grave? Pensavano a uno scherzo dei cronisti.
Finalmente all’inizio del 2008 sembrava la volta buona: la compagnia va a ramengo. Ma questo era proprio uno scherzo. Purtroppo il fallimento era soltanto un sogno. Prodi e Padoa-Schioppa intendevano rifilare il bidone alato ad Air France. Erano disposti a sbolognarlo gratis pur di disfarsene. E i transalpini ci avevano illusi di accettare il regalo intraprendendo un lungo negoziato con i sindacati i quali, chissà poi perché, hanno l’ultima parola in qualsiasi faccenda.
Quando il miracolo pareva avverarsi, cioè la svendita, Cgil, Cisl, Uil e roba simile fecero marcia indietro: non ci stiamo, non se ne fa niente. I francesi non rilanciarono e ripararono nel loro Paese con la soddisfazione tipica di chi sia scampato a un pericolo mortale.
Nel frattempo Berlusconi, rinciucchito dalla campagna elettorale, si lasciò sfuggire di bocca una cazzata colossale: Alitalia la sistemo io. Sul momento sperai che egli progettasse di distruggerla facendola bombardare dal suo amico Bush che di bombardamenti s’intende. Mi sbagliavo. Il Cavaliere, ormai travolto dai sondaggi che lo davano trionfatore alle urne, ignaro che le cazzate sono come le ciliegie (una tira l’altra) si abbandonò a una promessa ancora più vincolante della prima: metto insieme una cordata di imprenditori e in quattro e quattr’otto risolvo il problema.
Non l’avesse mai detto. Difatti gli è toccato l’ingrato compito di mantenere la parola L’impressione iniziale fu che lui ci avesse azzeccato. Ma in fondo al cuore avevo un timore: sei sindacati hanno spaventato Air France figuriamoci se non costringeranno la Cai alla ritirata. Come sia andata a finire lo sapete. Alcune sigle hanno firmato quasi subito, altre hanno tentennato, altre ancora si sono fatte pregare, un tiremmolla esasperante.
Anche i piloti - la maggioranza - dopo lunga resistenza hanno pronunciato un bel sì.
Tutto a posto? Era solamente una sceneggiata.
Adesso siamo ancora in piena bagarre. Si proclamano scioperi à gogo a cui varie categorie aderiranno entusiasticamente, decise come sono a non rinunciare ai privilegi di cui godono. Un’arma ce l’hanno. Senza piloti, assistenti eccetera gli aerei stanno a terra. E poiché Berlusconi suppongono - non può perdere la faccia sarà obbligato a calare le brache, lui e la sua cordata ingenua e sprovveduta. Sono io stesso terrorizzato da questa che è più di una ipotesi.
L’unico consiglio non richiesto che sento di dargli è il seguente. Molli l’osso e lasci che la canea si azzuffi per spolparlo. Tanto non c’è più niente da ingoiare. È stato un errore confidare nel buon senso di gente che non ne ha mai avuto; sarebbe una follia o forse un suicidio insistere. Quand’anche i signorini dell’aria (fritta) dovessero venire a Canossa non sarebbe un ripensamento definitivo. Per un motivo semplice. Se Alitalia accendesse i motori col consenso generale dei lavoratori, fatalmente li spegnerebbe subito dopo facendo ripiombare nel caos l’azienda.
Perché il personale medita di riaprire una vertenza appresso all’altra e farà ogni sforzo per spremere la compagnia così come ha fatto, impunemente, in passato. Sente profumo di quattrini e per ottenerne quanti ne arraffava prima è pronta alla battaglia. Che farà allora la Cai? Se non allenterà i cordoni della borsa, non volerà. Con due aggravanti: polemiche alimentate dall’opposizione e proteste degli utenti. Se li allenterà sarà schiacciata da costi insostenibili, antieconomici e tali da affossare l`impresa. Cavaliere ci liberi da questa ossessione: scarichi piloti e non piloti. Si cerchino un altro lavoro. Una lezione per loro e quelli come loro. Che sono tanti.
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