venerdì 8 ottobre 2010

Il bersaglio

Scriveva giovedì 7 Nicola Porro in un suo commento su Il Giornale, evidenziando come per l'opposizione il problema non sia in realtà la legge elettorale, ma Berlusconi, e come sia proprio lui il bersaglio di tutta l'operazione: «L'attuale legge elettorale è chiaramente una schifezza. Come a detta di molti lo era la precedente, il Matarellum. E come lo era evidentemente quella che gli italiani hanno cancellato con i forconi grazie ai referendum di Mario Segni. Le leggi elettorali in Italia sono come gli abiti del sarto: con il passare del tempo diventano stretti, inadeguati. Se non vogliamo prenderci per i fondelli c'è un solo sistema, molto soggettivo, per definire una buona legge elettorale in Italia: sono ottime quelle regole del gioco che ci permettono di giocare. Il punto è che ogni giocatore ha la sua prospettiva, i suoi voti e le sue diverse convenienze». Il punto è tutto qua. Come osserva Porro: «Dal punto di vista logico una legge elettorale si muove in un pendolo tra stabilità e rappresentanza. Nel mezzo centinaia di piccoli accorgimenti tecnici possono favorire gli interessi degli uni e degli altri».
Porro nella sua nota evidenzia alcune questioni sulle quali è buona cosa riflettere, cominciando dall'anomalia italiana rispetto al resto dell'occidente democratico ed in particolare del mondo anglosassone. Il vicedirettore del Giornale fa alcuni esempi: «In Inghilterra i liberali hanno recentemente conquistato un mucchio di voti: non a sufficienza per governare, ma indispensabili per eleggere un premier. Nessuno ha chiesto di cambiare le regole del gioco: i partiti si sono adeguati alle regole». Secondo esempio: «Negli Stati Uniti neanche il caos che ha portato alla vittoria di George W. Bush, ha portato alla modifica del complesso sistema elettorale. E tanto meno lo richiede quel grande centro che secondo i sondaggi a stelle e strisce cresce di giorno in giorno fino a toccare punte del 30 per cento». Inghilterra, America... già ma noi siamo italiani e così è che oggi tutti, tranne Silvio Berlusconi e la Lega, chiedono il superamento dell'attuale legge elettorale. Dice Porro: «La questione è diventata talmente vitale che si potrebbe creare un'assurda coalizione di volonterosi che non si sa in virtù di quale improvvisa forza (se non la comune antipatia per il Cav) troverebbe un accordo sulla liquida materia elettorale». Del resto, aggiunge Porro, i motivi per buttare nel cestino la «porcata» di Calderoli sono molti, dalla facoltà non data agli elettori di indicare nominativamente chi eleggere, al premio di maggioranza che molti contestano.
Ricorda Porro nel suo pezzo che «l'attuale sistema elettorale non è stato realizzato un secolo fa: ma votato esattamente dagli stessi partecipanti del Parlamento di oggi. A cambiare il Mattarellum (la legge che nacque sulle macerie dei referendum Segni) fu la Casa della Libertà, che oltre a Lega e Forza Italia, aveva al suo interno anche Alleanza Nazionale e Udc. Cosa ha fatto cambiare idea ai rappresentanti finiani e di Casini se non la circostanza di non essere oggi più alleati con Berlusconi?», in tutta evidenza. E Porro aggiunge scoprendo il punto dolente d'ogni opposizione presente e futura: «Fuor di ogni ipocrisia si dica dunque la verità: cambiamo questa brutta legge elettorale che abbiamo contribuito a votare in modo tale da ridurre il peso della coalizione berlusconiana alle prossime elezioni. Poche palle, please». Papale papale: «La nuova legge non sarà in questa prospettiva migliore, ma solo Berlusconi free», sottolinea Porro, ma è cosa evidente a ogni benpensante a fronte della questione così come viene posta oggi dall'opposizione e dai futuristi in quanto tali.
Porro ricorda infine qualcosa che in questi giorni non si sente proprio ricordare: «Un tentativo di modificare il Porcellum c'è stato: i referendum del professor Guzzetta. Un po' come quelli di Segni avrebbero rimesso in discussione l'impianto della legge. Pensate un po' da Franceschini, all'epoca numero uno del Pd, a D'Alema, a Brunetta e Prestigiacomo erano tutti d'accordo nel referendum. Che spostava il premio di maggioranza al partito più votato e aboliva le candidature multiple. Eppure solo il 25 per cento degli italiani andò a votare: una percentuale così bassa da annullare l'esito della consultazione». Un'altra palla che si sente spesso da chi vorrebbe di nuovo la gente con i forconi in piazza è così svelata. Osserva Porro: «Anche qui fuori di ipocrisia. Se oggi qualcuno dice che il tema della legge elettorale è tema sentito e fondamentale del sentire del paese, deve farsi quattro calcoli con l'entusiasmo scarsissimo, con cui, fu celebrato il referendum solo un paio di anni fa». Insomma, in giro c'è chi propaganda bugie sapendo di mentire e confidando sulla distrazione degli italiani e su militanti ciechi e sordi ad ogni ragione.
Regolamentare la materia elettorale significa decidere un insieme di regole che possono fondarsi su infinite soluzioni, che possono variare dal favorire la massima rappresentatività col proporzionale perfetto al puntare sulla massima stabilità con il premio di maggioranza. Bisogna, però fare i conti con la realtà. Dice a conclusione del suo commento Porro: «Difficile pensare che un Parlamento da Fini a D'Alema riesca a mettersi d'accordo sul dettaglio delle regole». Già, ed è evidente pure che «su una cosa possono trovare un accordo: come far fuori Berlusconi». Quindi? «Ma allora ditelo e non prendiamoci per i fondelli». Ottimo invito, ma l'onestà intellettuale purtroppo non è merce che ha un mercato oggi.

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