sabato 31 maggio 2008

Chiaiano non è Genova

Se non si registrasse un forte senso di responsabilità da parte delle forze d’opposizione presenti in Parlamento, si potrebbero catalogare certi segnali come l’incubo ricorrente, periodico di quel rigurgito dell’antiberlusconismo nato dopo il 1994 come una sorta di rigetto verso chi, estraneo alla politica, osava sfidare la gioiosa macchina da guerra post-comunista, che ormai si considerava l’highlander vincitore, e riproposto come una “vendetta” nel 2001 a Genova. Il 2006 come il 1996, il 2008 come il 2001? Ciò che non torna nella prospettiva è, come dicevo, l’atteggiamento responsabile delle forze d’opposizione parlamentari. Per fortuna dell’Italia.
Tuttavia domani a Chiaiano ci sarà un raduno del partito dello sfascio, del movimento sfascista che fedele al “tanto peggio tanto meglio” non arriccia il naso nello schierarsi fianco a fianco con la camorra. Lì sul problema dei rifiuti, altrove magari col racket dell’immigrazione clandestina. Intanto, nonostante gli appelli, anche del presidente della Repubblica, sono continuati i roghi della spazzatura, oltre quaranta cumuli di immondizia dati alle fiamme, nella notte tra Napoli e provincia, a Casoria, Afragola, Giugliano e Secondigliano.
Vorrei capire, se quella di Chiaiano è solo protesta degli abitanti preoccupati di possibili effetti negativi dell’impianto di una discarica nella cava, cosa ci faranno lì domani i comitati “No Dal Molin di Vicenza” e “No Tav della Val di Susa”. Adesso che la sinistra massimalista è fuori dai giochi della politica nazionale “che conta”, l’impressione è che si vogliano creare situazioni per “ottenere” la repressione delle forze incaricate di garantire l’ordine pubblico e la sicurezza delle istituzioni. Per gridare alla dittatura ed allo Stato fascista.
Ma Chiaiano non è Genova. Se allora il movimento no global aveva simpatie era perché appariva un movimento pacifista credibile che si preoccupava di un progresso sostenibile e a misura del debole, dell’ultimo. Molta acqua è passata sotto i ponti nel frattempo e la prospettiva si è dimostrata per i più una illusione vuota. Soprattutto i due anni passati al governo dalla sinistra radicale che si diceva interprete di quelle aspirazioni hanno mostrato tutti i limiti e la vera faccia di quel “partito” dei no, incapace di proposte concrete, condivisibili e dunque percorribili. La protesta per la protesta e basta.
Dicevo prima di segnali. Una sorta di segnali di fumo che si alzano dai media che affiancano i militanti del partito sfascista. Si constata una sorta di rinascita di una TeleKabul, e un fiorire di agit-prop nella carta stampata o virtuale, che rilanciano anche la più infondata notizia se può aiutare a minare la credibilità della maggioranza o dell’opposizione responsabile. Un’azione sfascista finalizzata ad affondare il governo Berlusconi, come dopo il 1994 e nel 2001, o quantomeno a mettergli sulla strada quanti più ostacoli possibili. Perché, se ne deduce, il governo Berlusconi, al contrario del vecchio centrosinistra, è evidentemente scomodo per gli interessi della lobby o delle lobbies che nascostamente tirano i fili dello sfascismo nazionale non per fare il bene del Paese, della gente, ma per ingrassare con mano libera alle sue spalle.

"Quanta vita" di Salvatore Ritrovato

Salvatore Ritrovato (San Giovanni Rotondo, 1967) ha pubblicato con Book Editore nel 1997 la plaquette di poesia “Quanta vita” (Isbn 88-7232-256-1). Ha scritto Andrea Bollini nella postfazione: «Come ogni altro libro di poesia, prima o poi anche questo si troverà ad affrontare l’umidità, le acque, il fuoco, i mercati e l’assalto dei parassiti. Non ho paura per lui: perché questo libro è stato costruito come l’arca che porta in salvo la poesia sopravvissuta. È per questo che qui si parla di navi e di mari: senza questa nautica dell’anima, minuziosamente descritta nelle fiocine, negli strani personaggi, nei viaggi guidati dalle mappe dei significati e delle immagini (dove la longitudine è la Storia e la latitudine è l’anima personale), nelle favole che vi si intrecciano, sarebbe facile il naufragio o la deriva poetica...»

Ad Icarum salutatio

I.
Passano settimane di bonaccia
prima dell’ammaraggio
e Icaro, nel punto in cui è scomparso,
pare sentirlo, a volte,
quasi a due passi.
Ma un giorno si alza la brezza
tagliente dalle scogliere e le funeste
profezie dei rapaci cacciano
all’orizzonte un tiepido colore
di terriccio. Capita allora
un frammento delle sue penne
sul ponte di coperta, scalpellato
come un coltello di diamante,
filato come un liccio, sanguinante.


II.
Saltato sulle rocce,
Icaro ha impalmato penne di cera
più forti e prepara avvitamenti
spericolati e capovolte.
Essere metà uccello di fuoco
e metà di vetro nell’atmosfera
caliginosa, lui lo sa,
non è per tutti. Noi infatti
proviamo a seguirlo e invece eccolo
dietro, da un punto scoccare
il suo messaggio, nel suo dialetto
isolano, arcaico, e confonderlo
tra i flutti, nella schiuma, indecifrabile,
e lui hai voglia a gesticolare!


III.
Conosco una donna che lo guardava
scegliere sempre quel posto
e sorseggiare (assorto
nel suo candore) un Porto
prima di alzare, attorno, gli occhi.
Anche oggi un’aria nera,
una poltiglia di fumo
che a me sembra inchiostro
e assottiglia i piccoli graffi
lasciati su questo tavolo.
“Qui sono anche le sue iniziali”,
io le mostro, “ma domani
anche tu le avrai dimenticate,
e leggerai solo la data, come sugli epitaffi”.

Come si fa a scrivere d’amore quando si vive nella rabbia? Un racconto di Antonio Naculostrich

Ho conosciuto Antonio Naculostrich nel forum di Lulu.com e da subito ho colto nella sua scrittura una spontanea immediatezza che, congiunta alla facilità di generare situazioni coinvolgenti sublimando il quotidiano, ti dà letture che valgono il loro tempo. Nell’intenzione di pubblicare il racconto che segue ho chiesto a Naculostrich tre righe di presentazione, e questo è quanto: «Antonio Naculostrich ha 35 anni. Antonio Naculostrich non sa chi è: questa è una citazione. Ahah... Antonio Naculostrich ha scritto un romanzo esilarante su di un'azienda para-statale che se pubblicato potrebbe essere il classico Best-seller, anzi il classico Long-seller. Ma visto che ciò non succederà, il racconto “Come si fa a scrivere d'amore quando si vive nella rabbia?” sarà molto probabilmente il suo ultimo racconto di narrativa. Naculostrich crede in Dio, in un Assoluto al di là però delle singole religioni. Ed ora ha deciso di studiare questo insondabile mistero. The end.»
Il racconto che segue, non è forse il migliore di quelli che finora ho letto. Tuttavia esprime bene la frustrazione vissuta da quanti sanno di avere il dono di una scrittura spontanea, fluente, ricca, desiderosa di farsi conoscere, leggere, un universo da trasmettere; e che si trovano di fronte alla muraglia quasi sempre invalicabile, eretta da modalità editoriali che escludono, rifiutano chi non ha agganci, chi non è personaggio dei media, chi non ha già un mercato. Che non danno futuro ad un sogno che affoga nella quotidianità. Una testimonianza, insomma, di un mestiere difficile, su cui riflettere.

Come si fa a scrivere d’amore quando si vive nella rabbia?

Ore 12. Un giorno lavorativo. Due scrittori dilettanti al pub.

– E quindi tu affermi che la letteratura dovrebbe avere un fine sociale, parlare d’amore in tutti i sensi ma che, essendo costretto a vivere nella rabbia, ciò non ti è possibile: per scrivere d’amore bisogna prima essere in pace con se stessi. Ma avendo poco tempo per attuarlo, la rabbia rimane, anzi si alimenta, e per sfogarti scrivi di casini, odio, guerra di classe, scontri ideologici, litigi, eccetera, eccetera? – chiuse domandando Dante Spini, aspirante scrittore, e tracannò mezza birra media tutta d’un sorso.
La precisazione dell’amico Antonio Naculostrich non si fece attendere:
– Certo. E la cosa più grave è sapere che si potrebbe riuscire a scrivere d’Amore, ma per riuscirci sufficientemente con cognizione di causa, serve molto studio ed applicazione, precisione nel dettaglio, ma non avendo tempo, è più facile scrivere di tette e culi a mandolino. offrendo comunque “poesia” e inserendo nei testi allegorie sempre con un fine sociale, ma non potendo scendere nel profondo della vita: l’inconscio. Si è costretti a descrivere gli orrori del mondo, perché quando si scrive di vita reale in modo semplice è più incisivo raccontare la parte negativa dell’animo umano. I biscotti e le torte della nonna se non ben supportate da ragionamenti difficili, anche se descritti con semplicità, non attirano, fanno dormire. Il lettore si fermerebbe dopo poche righe. E i ragionamenti cosiddetti difficili per essere compresi hanno bisogno di tempo. Il tempo che io non ho, e quando l’ho sono gli orrori del mondo oramai ad essermi entrati dentro. E se provo a scrivere di biscotti ecco che subito m’appare l’immagine del ladro che entra in casa, accoltella la nonna alla gola e inzuppa i biscotti nel sangue.
– Dio mio Nac, ma che ti sei bevuto prima di arrivare qui?
– Solo un litro di Primitivo: 13 gradi. Oggi sono incazzato per non poter scrivere d’amore. E le birre e il Primitivo diventano la mia salvezza. Tu qui, davanti a me, chiacchiere, risate, è sempre amore, solo che non è descritto, è vissuto.
– Certo Nac che la vena poetica ed aulica non ti manca di certo, perché non torni a scrivere in rima? – chiese Dante che cominciava a sentirsi bene. Da pochi minuti era in compagnia di Naculostrich. ma sentiva già tutta l’energia positiva effondersi tutt’attorno dalla possente figura di Antonio Naculostrich detto Nac per gli amici. Era felice. C’era un Sole splendido e da una finestra un largo raggio attraversava il tavolino inondando i loro volti di giallo suadente. Nac osservò il sodo culo ondeggiante della bella cameriera appena assunta da Johnny, il barista italo-inglese, che aveva comprato da circa un anno il pub “Di giorno e di sera con bacco in compagnia”.
Nac riprese il discorso ma circumnavigò un po’ prima di tornare al vitale tema della sua vita: la scrittura.
– …poi caro Dante, oggi per me è festa, un giorno di ferie, ogni tanto occorre riposarsi. Sono qui con te, tranquillo, oggi non mi va di sedermi al tavolino per scrivere. Meglio osservare quelle chiappe suadenti: lì, è tutto l’amore del mondo! Per descrivere il marcio del mondo ho bisogno di vedere pelle liscia come le pesche noci. E lei chissà cosa nasconde sotto quella divisina da cameriera-schiava? Intanto discuto con te dei limiti degli scrittori che non hanno tempo libero per lavorare. Ed allora il loro lavoro viene visto dagli altri come hobby. Devi prenderlo come un hobby, uno svago: sono in troppi quelli che provano a pubblicare, ma pochissimi a riuscirci. Ecco, questa, più o meno, è la classica frase tipo che ti propinano quanti non comprendono il tuo dramma. Se fosse un hobby non saresti teso, triste, affranto e incazzato per non essere riuscito a pubblicare. Non malediresti la sveglia che la mattina ti ricorda che se non ti alzi, fai tardi, e timbri in ritardo e dopo sono cazzi acidi. Dolci non di sicuro. E di sicuro nemmeno profumati. Anche perché, di solito, lui, lo scrittore tipo che non riesce a sfondare, è quello che non ha agganci: che lavora nelle fabbriche di notte, che non ha potuto studiare oltre le scuole dell’obbligo, che il padre prendeva a cinghiate ancora all’inizio del terzo millennio. Lui il classico uomo medio, che per arrivare a fine mese deve sacrificare tutta la sua Vita, tutta la sua felicità, per nulla, solo per un tozzo di pane e di solito pure raffermo. E che quindi non conosce nessuno nel mondo editoriale, nessuno che possa scoprire il suo talento. Poi ci sono gli “apparenti” casi. Scrivi l’unica cosa che pensi sia una emerita cagata e tac… ti pubblicano proprio quella quando meno ci pensavi e se sei fortunato e il mercato risponde, sei dentro, diventi un grande scrittore e magari non lo sei e magari chi lo è non ha nemmeno il culo del caso apparente. E rimane a morire piano piano dentro un freddo e polveroso capannone. Settimana dopo settimana: uno dei più grandi drammi dei dipendenti. Se ti arrendi il tempo non è più percepito come minuti, ore, giorni, ma come settimane, ma non è sentito come molti pensano. Non aspetti il venerdì per essere poi contento che “domani è sabato e dopodomani domenica: evviva!”… No, ahimé lo scrittore mancato pensa: “oggi è sabato, domani domenica, siamo vicini vicini al lunedì ed IO NON HO SCRITTO UN CAZZO E QUANDO HO TEMPO NON SCRIVO UNA EMERITA SEGA, perché sono troppo stanco, avendo pensato per giorni che anche se scrivo la mia VOCE rimane silenziosa, rimarrà per sempre dentro un cassetto oscuro”…
– Ma così affermando Nac, stai dicendo che lo scrittore mancato scrive – o meglio scriveva – solo in funzione di un’eventuale pubblicazione, successo…
– NO… NO! Sembra così, ma non è così… egli/io o chi sia, tende a non scrivere più per via della stanchezza fisica che abbinata alla stanchezza psicologica o psichica che dir si voglia, ti abbatte, come un toro lo è dopo una corrida estenuante: se vinto è inerme al suolo: tutta la sua portentosa forza è volata via. E la polvere comincia a coprirlo: minuscoli granelli alzati dal vento sporcano il suo mantello lucente che comincia a opacizzarsi a poco a poco… prima che il matador gli strappi via le orecchie come vile trofeo. Ecco tu sei lo scrittore schiacciato dai fax, dalle telefonate, dalle mail, dai colleghi, dalla macchinetta dei caffè a 30 cent, dal cesso sporcato da altri, su cui metti la carta igienica prima di sederti e la fai tutta, in silenzio, in quel piccolo attimo in cui tutto sembra di nuovo vivo, tutto sembra di nuovo possibile. Ma poi ti suona il telefono cellulare e hai la carta in mano, stavi pulendo l’ultimo brandello di cacca e nulla, anche al cesso, ti chiamano per lavoro. E tu non hai spento il telefono nemmeno per quei pochi minuti. Troppa paura che qualcuno ti potesse chiamare per qualche emergenza, disastro, terremoto, vulcano, uragano … stop: si torna al lavoro!

venerdì 30 maggio 2008

Chi discrimina chi

L’on. Isabella Bertolini del Popolo della libertà ha presentato nella seduta del 21 maggio scorso alla Camera dei deputati un’interrogazione a risposta scritta, 4-00143, indirizzata al Ministro dell’interno ed al Ministro dell’economia e delle finanze, in cui segnala una possibile discriminazione dei cittadini italiani a favore dei rom “accampati alle porte di Torino”. Vista l’attualità dell’argomento la riporto di seguito.

«Per sapere – premesso che:
l’ex ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, lo scorso autunno ha indetto un bando per sperimentare interventi finalizzati a contenere l’emergenza dei campi rom nelle quattro aree metropolitane più colpite da questo problema: Torino, Milano, Roma e Napoli;
nel capoluogo piemontese la giunta, guidata da Sergio Chiamparino, ha approvato il 13 maggio scorso una delibera con la quale si destinano oltre 750.000 euro per trovare un tetto alle famiglie rom che sono accampate alle porte di Torino;
il privato che accetta di fare un contratto ad una famiglia rom riceve un contributo da 300 a 500 euro a seconda della durata e del tipo di contratto concesso, paga una Ici ridotta, ha uno sconto dell’Irpef ed è garantito in caso di sfratto per morosità;
gli inquilini invece sono aiutati con un bonus di 1.600 euro una tantum e con l’intermediazione di un tecnico in caso di conflitti che potrebbero sorgere con i locatari;
tale provvedimento rischia di rappresentare una discriminazione a svantaggio dei cittadini italiani rispetto ai rom;
questo tipo di intervento, secondo l’interrogante, può peraltro incoraggiare le famiglie rom ad approfittare dei 1.600 euro messi a loro disposizione senza poi assolvere agli obblighi di pagamento dell’affitto e rispetto ai locatori –:
se i ministri siano a conoscenza di quanto rappresentato in premessa;
se non intendano riconsiderare la destinazione del finanziamento inserito nella finanziaria 2007 di cui in premessa ed, in particolare, se non intendano prevedere agevolazioni destinate ad incentivare la realizzazione di politiche abitative per tutte quelle famiglie italiane in gravi difficoltà economiche, per le quali la casa è una spesa eccessiva ed insostenibile.»

Isabella Bertolini è nata a Modena il 21 luglio 1963, ha una laurea in giurisprudenza; è avvocato penalista. È stata eletta nella circoscrizione XI (Emilia-Romagna) nella lista del Popolo della libertà. Fa parte della I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni).

Ventimila tonnellate di rifiuti radioattivi made in Italy

Il nucleare è ritornato di nuovo di attualità. Uno dei problemi che rimangono in Italia del “vecchio nucleare”, sconfitto a suo tempo da un referendum popolare, è quello delle scorie. Nella seduta del 20 maggio scorso alla Camera dei Deputati, l’on. Dario Ginefra ha presentato l’interrogazione a risposta scritta (4-00136) indirizzata al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ed al Ministro dell’economia e delle finanze, che qui viene riportata:
« Per sapere – premesso che:
nel marzo 2008, una società dello Utah, la « Energy Solutions Inc. » di Salt Lake City, ha chiesto i permessi per importare negli Usa 20.000 tonnellate di rifiuti radioattivi dall’Italia;
la domanda è stata inoltrata alla United States Nuclear Regulatory Commission (altresì detta NRC), vale a dire la commissione governativa americana atta alla regolamentazione nucleare;
si tratterebbe di trasportare metalli contaminati, grafite, materia risultante da attività di asciugatura (come legno, carta e plastica), liquidi (come fluidi acquosi e a base organica) e resine a scambio ionico, trattate e non trattate, tra le quali resine speciali usate, ad esempio, nel trattamento di scarichi radioattivi;
il volume totale stimato del materiale da trasportare dovrebbe essere approssimativamente pari a 1.000.000 di piedi cubici, equivalenti a 28.316,84 metri cubi;
il trasporto dovrebbe avvenire via mare e i porti d’arrivo potrebbero essere New Orleans e Charleston (South Carolina), all’arrivo la « Energy Solutions Inc. » provvederebbe a trasferire il materiale nucleare italiano nel suo impianto del Tennessee (ad Oak Ridge) per riprocessarlo e, ultimata questa attività di trasformazione, la società si propone di stoccare circa 1.600 tonnellate di scorie in un suo deposito specializzato che si trova nello Utah, presso Tooele County;
secondo la copia originale della richiesta presentata dalla « Energy Solutions Inc. » alla NRC, vi sono due domande d’autorizzazione: una che concerne l’import, l’altra, invece, che riguarda l’esportazione in Italia sulla quale è scritto che nel nostro Paese verrebbero rispediti « i rifiuti radioattivi che non possono essere sistemati nello Utah »;
secondo il suddetto documento si parla di una quantità che « approssimativamente » potrebbe raggiungere le « 1.000 tonnellate di rifiuti contaminati radioattivamente » ed è importante precisare che il deposito dello Utah è autorizzato ad accogliere soltanto scorie a bassa radioattività;
sia per quanto riguarda l’import, che per ciò che concerne l’export, il referente italiano indicato dalla « Energy Solutions Inc. » è la « Sogin » (Società Gestione Impianti Nucleari), una S.p.a. che per unico socio ha il Ministero dell’economia e delle finanze ed è stata incaricata dallo Stato di smantellare, in sicurezza, il patrimonio radioattivo italiano;
la « Energy Solutions Inc. » specifica alla NRC anche da quali « fornitori » arriverà il materiale radioattivo: dalle quattro centrali atomiche di Trino (in Piemonte), Caorso (Emilia Romagna), Garigliano (Campania) e Latina (Lazio), e dagli impianti in via di smantellamento di Saluggia e Bosco Marengo (entrambi in Piemonte), da quello di Casaccia (in provincia di Roma) e, infine, da quello di Trisaia, nel territorio di Rotondella (Matera);
prima di dare il suo fondamentale assenso all’import-export della « Energy Solutions Inc. », la NRC ha dovuto avviare una fase di « informazione e ascolto » della popolazione, la quale ha reagito mobilitandosi con cortei, picchettaggi, manifestazioni, petizioni, contestando sia l’importazione in sé, sia alcuni aspetti dell’operazione e mostrandosi contraria alla presenza delle suddette navi nei porti americani, al fatto che il materiale debba attraversare i confini del paese a bordo di tir o treni e, soprattutto, alla decisione che tale materiale radioattivo italiano sia stoccato in territorio americano;
nei giorni scorsi si è riunito il Northwest Intestate Low-Level Waste Compact (NWIC), un organo intergovernativo che, dal 1981, si occupa di rifiuti a bassa radioattività e tutela dei cittadini, all’ordine del giorno c’è la domanda della « Energy Solutions Inc. » e il governatore dello Utah, Jon Huntsman, ha già dato mandato al suo rappresentante di bocciare la richiesta di stoccare nel suo territorio i rifiuti italiani, e stando al regolamento, se manca l’autorizzazione dello Stato che deve accogliere le scorie, nulla si può fare;
la « Energy Solutions Inc. » insiste nella sua richiesta e i suoi funzionari hanno affermato che soltanto la NRC ha voce in capitolo quando si tratta di importazione di rifiuti e che si aspetta per il prossimo giugno la risposta se concedere o no il suo nulla osta;
essendo stati interrogati a tale proposito i vertici della « Sogin », in un primo momento l’azienda, attraverso i suoi portavoce, non ha confermato d’aver stipulato un accordo per l’export radioattivo con « Energy Solutions Inc. », successivamente, invece, la risposta è stata un no comment –:
quale atteggiamento intenda tenere il Ministro rispetto ad una tale situazione di cui non è stata data notizia, se non in maniera superficiale, alla popolazione italiana, e, soprattutto, cosa accadrà delle mille tonnellate di rifiuti nucleari che la società « Sogin » si impegna, secondo contratto, a riportare in Italia.»

Dario Ginefra è nato a Bari il 16 giugno 1967. Laurea in giurisprudenza; avvocato lavorista è stato eletto nella circoscrizione XXI (Puglia) nella lista del Partito democratico. È componente della VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione).

Ministero dei beni o degli "sprechi" culturali?

Già in precedenti post ho dato conto di atti di controllo svolti da parlamentari della nuova legislatura. Particolarmente atti di interesse generale o di grande attualità oppure riguardanti i territori del Lombardo-Veneto o del Litorale. Da questo post introduco l’innovazione di fornire anche qualche informazione sul presentatore o i presentatori del documento.

Il documento riportato in questo post è stato presentato nella seduta del 20 maggio 2008 alla Camera dei deputati dall’on. Marco Zacchera del Popolo della libertà.
Marco Zacchera è nato a Verbania il 10 ottobre 1951, ha conseguito la laurea in economia aziendale e una seconda laurea in storia delle civiltà. È dottore commercialista revisore contabile. È stato eletto nella circoscrizione II (Piemonte 2). Scrive nel suo sito: «Prima e dopo il diventare “bocconiano”, laureato in economia aziendale, come lavori ho fatto un po’ di tutto, dal giornalista al pescatore professionista, dall’assicuratore a gestire alberghi ed aziende visto che sono poi diventato dottore commercialista e revisore contabile». Ed in politica: «Ho cominciato da ragazzino nel “Fronte della Gioventù” e poi nel MSI-DN. Nel ’94 la mia prima candidatura al Parlamento sostenuta da oltre 110.000 piemontesi, che mi hanno spedito a Montecitorio. Subito dopo Gianfranco Fini mi ha messo a fare anche il dirigente di partito e sono stato l’ultimo responsabile del Dipartimento Organizzazione del MSI-DN prima della fondazione di Alleanza Nazionale. Mi hanno poi rieletto nel 1996 e nel 2001 nel collegio uninominale piemontese di Verbania-Domodossola, dove AN e la Casa delle Libertà hanno quasi sempre conquistato la più alta percentuale regionale. In quegli anni ho diretto il Dipartimento Enti Locali e, dal 1992, sono il responsabile del Dipartimento Politica estera di AN e mi occupo soprattutto degli italiani che vivono all’estero».
Ma veniamo al documento, che mette in evidenza sconsideratezze in termini di spesa del precedente ministro Rutelli attuate trascurando tutta la gestione emergenziale napoletana e le inefficienze in merito del governo Prodi, della Regione e del sindaco di Napoli. Si tratta dell’interrogazione a risposta scritta 4-00126, rivolta al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali:
«Per sapere – premesso che:
è nota la situazione di massimo degrado del comune di Napoli in merito alla gestione dei rifiuti, che ha purtroppo portato la città all’attenzione del mondo intero in chiave del tutto negativa;
il sindaco di Napoli, onorevole Rosa Russo Jervolino, ha ribadito – come d’altronde è pubblica notizia – che da oltre un anno la situazione andava sempre più peggiorando, che era stata più volte segnalata al Governo e che comunque la gestione dei rifiuti cittadini è da tempo immemorabile oggetto di proteste e difficoltà;
in quest’ottica apparirebbe evidente che – se si vuole doverosamente portare il nome di Napoli nel mondo per avviare verso il capoluogo partenopeo eventi di importanza e rilancio di immagine – prima di tutto vanno risolti i problemi fondamentali della città, o tutto verrebbe ad essere vanificato in un inutile spreco;
ma mentre la Regione Campania ed il Comune di Napoli sembrano incapaci di gestire numerosissime questioni legate alle diverse emergenze cittadine – che, si ripete, apparirebbero prioritarie – ecco che vengono spesi dal Ministero dei beni culturali ben 5.000.000 (cinque milioni) di euro per la sola partecipazione di Napoli al « Forum Universale delle Culture » che si è svolto a Monterrey, in Messico, nell’autunno del 2007. Tutto ciò per « creare immagine » e in vista di cercare di fare affidare alla città l’edizione del 2013 del « Forum » che ovviamente ancora non si sa a quale città potrà essere assegnata –:
se il Governo non ritenga che prima di procedere a finanziare altre spese di tale importanza non sarebbe opportuno provvedere a risolvere i problemi più basilari della città;
se, anche sulla base degli atti depositati presso il ministero, risulti:
a) perché quindi il Ministero dei beni culturali abbia speso tale somma senza prima accertarsi che i predetti servizi essenziali cittadini fossero stati correttamente affrontati, ben comprendendo che ogni sforzo per dare « immagine » alla città sarebbero altrimenti soldi sprecati;
b) quanto sia ad oggi effettivamente costato l’evento di Monterrey e quali altre spese il Governo abbia intrapreso in vista dell’eventuale appuntamento a Napoli del 2013;
c) se risultino altre spese affrontate dal Comune di Napoli o dalla Regione Campania o da altri enti pubblici per promuovere tale evento;
alla luce dei recenti fatti, quali chanches si ritenga possa avere Napoli di essere prescelta per il « Forum Universale delle culture » del 2013.»

Manganelli sui clandestini

Le dichiarazioni fatte dal prefetto Antonio Manganelli, capo della Polizia, alle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato evidenziano che nel Nord e in particolare nel Nordest, relativamente ai reati di criminalità diffusa, “si toccano picchi del 60-70 per cento” di reati commessi da immigrati clandestini. L’incidenza dell’immigrazione clandestina sulla insicurezza dei cittadini in tali regioni è con tutta evidenza pesantissima. E, dunque, si può salutare con favore iniziative a livello comunale come la “intensificazione dei controlli per prevenire furti, atti di vandalismo e aggressioni” messa in atto a Milano da Riccardo De Corato, vice sindaco della giunta Moratti e assessore alla sicurezza, con una serie di interventi attuati su tram e bus dalla polizia locale nei confronti degli stranieri trovati senza documenti. Le persone controllate e riscontrate prive di documenti sono state portate subito in Questura, “evitando così le solite «fughe dei portoghesi»” a bordo di cellulari o con un pulmino fornito dall'Atm, come ha spiegato De Corato, che fa sapere che “i controlli continueranno nelle prossime settimane a cadenza regolare. In questi tre giorni gli agenti hanno fermato 33 clandestini, di cui 2 con ordine di espulsione”. Ieri Letizia Moratti aveva ribadito la linea della fermezza: “Abbiamo l'esigenza di dare sicurezza ai cittadini attraverso misure di ordine pubblico”. Una linea che come conferma De Corato trova il favore dei milanesi: “Sono molti i cittadini che hanno dimostrato di apprezzare l'intervento dei vigili, chiamando i miei uffici per ringraziare la Polizia Municipale ed esprimere soddisfazione”.
C’è chi a Milano naturalmente rema contro, come Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell'Arci, per cui “questa cosa aumenterà di molto la sensazione di persecuzione che hanno gli stranieri”, o Alfio Nicotra, segretario del Prc Lombardia, che non esita a chiamare “raid” il controllo dei documenti, che è normale e legittimo, e si mostra convinto che in questo modo “si sta aumentando l'odio”. L’impressione, come ho altrove detto, è che, al contrario, proprio una tale difesa, “comunque” e a priori, dell’irregolare, come quella portata avanti dalle frange estreme della sinistra, finisca per fare il vero male, coinvolgendo nel problema anche chi non c’entra per niente e cioè l’immigrato regolare che si è integrato, vive e lavora come un qualunque altro cittadino. Un minimo di riflessione da parte di esponenti di certe forze dovrebbe far loro comprendere che è stato proprio questo uno dei motivi, se non il motivo cardine, della loro rovinosa sconfitta in termini di consenso elettorale.
Ma torniamo alle dichiarazioni di Manganelli, che ha parlato di una situazione di “indulto quotidiano”, in cui “tutti parlano ma nessuno fa”: «Tutti conoscono questa situazione, tutti ne parlano ma negli ultimi anni nessuno ha fatto niente. La certezza della pena, che trova il consenso unanime della politica, della magistratura, dell'opinione pubblica è quanto di più incerto esista: meglio una pena blanda oggi che non la promessa di un castigo futuro che non arriva mai. Non gioco a fare il giurista né voglio entrare nelle prerogative del Parlamento, ma quella che abbiamo oggi è una situazione vergognosa. [Situazione vissuta dalle forze dell'ordine tutti i giorni] quando arrestiamo qualcuno per uno dei reati di cosiddetta criminalità diffusa e scopriamo che quel qualcuno nell'ultimo semestre era stato già arrestato altre tre o quattro volte per lo stesso tipo di reato. [Dal primo gennaio a oggi] sono stati fermati 10.500 immigrati clandestini, per i quali è stata avviata la procedura di espulsione: ma solo 2.400 di loro hanno trovato posto nei Centri di permanenza temporanea. È un dato che io trovo inquietante, perché significa che oltre 8 mila clandestini sono stati “perdonati” sul campo essendosi visti consegnare un foglietto su cui c'è scritto “devi andar via”, che equivale a niente».
E per Manganelli vanno smascherati alcuni luoghi comuni sulla clandestinità: «La maggior parte degli immigrati clandestini entra in Italia non attraverso gli sbarchi ma con un visto turistico. Solo il 10 per cento dei clandestini entra nel nostro paese attraverso gli sbarchi a Lampedusa, mentre il 65-70 per cento arriva regolarmente e poi si intrattiene irregolarmente. Il 70 per cento di quei crimini commessi nel nord est da irregolari è compiuta proprio da chi arriva con visto turistico e poi rimane clandestinamente sul nostro territorio».
E, dunque, per contrastare la clandestinità secondo Manganelli «occorre non solo il contrasto all'ingresso, ma il controllo della permanenza sul territorio dei clandestini». Iniziative come quelle milanesi, per capirci. Ma secondo Manganelli le forze dell'ordine oggi non sarebbero in grado di contrastare il fenomeno per un problema oggettivo: «Noi, occorre dirlo, rinunciamo in partenza alla possibilità di contrasto dell'immigrazione clandestina per mancanza di posti nei luoghi deputati alle espulsioni. La carenza di posti nei Cpt porta anche ad un ulteriore dato statistico: per molti di quelli che vengono fermati il posto non viene neanche richiesto. Inoltre i costi per il trasferimento di un immigrato sono significativi». Le iniziative in tal senso del ministro Maroni trovano proprio in queste considerazioni la loro sostanza. Per Manganelli, per innalzare il livello di sicurezza nel paese, occorre procedere a «un adeguato finanziamento e risorse per le forze di polizia», fermo restando che «La madre di tutte le soluzioni è quella di stipulare accordi bilaterali con i Paesi dai quali provengono gli stranieri irregolari».
Il buon senso dice che al problema dell’immigrazione clandestina difficilmente si porrà fine. Ciò che conta è ridurlo ai minimi termini in modo da eliminare alla radice la sua valenza di pericolo sociale. La finta solidarietà e la tolleranza “comunque” non aiutano in tal senso. E, dunque, forse non è un caso che essa sia sostenuta dai fautori storici del “tanto peggio tanto meglio”.

Squallore "Internazionale"

Ieri, grosso modo un quarto d’ora prima delle 20 il sito del F.C. Internazionale di Milano diffondeva il seguente comunicato: «F.C. Internazionale ha comunicato al signor Roberto Mancini il suo esonero dall'incarico di allenatore responsabile della prima squadra, in particolare in ragione delle dichiarazioni rese dal tecnico all'esito dell'incontro Inter-Liverpool dello scorso 11 marzo 2008, di quanto ne è seguito, sino ai fatti più recentemente emersi nelle cronache giornalistiche.»
Il peggiore degli addii commentava un giornale online. Senza ringraziamenti, dopo 4 anni in cui Mancini ha regalato 7 trofei alla causa nerazzurra (3 scudetti e 4 coppe), di cui l'ultimo vinto appena dieci giorni fa. Un palmares di tutto rispetto negli anni magrissimi della miseranda gestione Moratti. Anzi come i dati sui risultati conseguiti dalla squadra in campo (vittorie, pareggi, sconfitte) dimostrano, Mancini è stato il miglior allenatore dell’Inter di tutta la sua storia.
Ma che il ricchissimo Moratti sia nella realtà delle cose un poveraccio lo dimostra lo stesso scarno e squallido comunicato là dove fonda la decisione sullo sfogo di Mancini seguito alla sua delusione della nuova uscita prematura dalla Champions, in cui aveva prospettato le dimissioni a fine stagione, nonché il caso intercettazioni che nella settimana prima della sfida di Parma avevano interessato il tecnico [incolpevole] e alcuni giocatori [incolpevoli].
Certo, Moratti è il padrone dell’Inter e ne può disporre come vuole, anche, per assurdo, fare di tutto perché l’unico primato che resta alla squadra – il fatto di non essere mai retrocessa in serie B – venga meno. Resta, comunque, una verità vera che una squadra vive perché riesce a focalizzare l’attenzione e l’entusiasmo di tifosi disposti a spendere per seguirla e sostenerla. A renderla qualcosa di diverso da una slot-machine. E Moratti in questi anni ha fatto di tutto per rompere il giocattolo, e questa volta, almeno per quanto mi riguarda, riuscendovi. Sinceramente non posso più ammettere che la grande Inter sia oggi in mani così cafone seppure siano mani di Mida. Con i soldi non si compra tutto, una verità universale.
Dicono che il comunicato di Moratti sia quasi certamente il primo atto di una causa giudiziaria e che se la risposta di Mancini sarà agli stessi livelli, tra i due saranno fuochi d'artificio. L’Inter, come ricordavo, non è mai scesa in serie B, ma mai come ora è scesa così in basso, senza speranza di risalita. Anche una auspicata conseguente [per vergogna] uscita di scena di Moratti non servirebbe a riguadagnare ciò che oggi la società ha perso definitivamente: la faccia.

Di cosa stiamo parlando?

Ieri la Camera ha approvato il decreto legge sugli obblighi comunitari con 282 sì, 250 no e quattro astenuti. Erano presenti nell’aula di Montecitorio 536 deputati su 630. Le opposizioni ovviamente hanno votato contro, Udc compresa, dopo la cessazione dell'ostruzionismo del Pd e di Idv causato dal cosiddetto emendamento “salva Rete4” a seguito del passo indietro dell'esecutivo sulla contestata norma sulle frequenze tv. È andata finalmente in porto, dunque, l’approvazione del decreto dell'8 aprile del governo Prodi, perché ciò era in discussione, che permette di attuare una serie di obblighi comunitari pena sanzioni europee.
La minoranza ex centrosinistra, che col proprio comportamento in aula, metteva a rischio uno degli ultimi provvedimenti del governo di cui faceva parte fino a poco più di un mese fa, aveva salutato con esultanza il senso di responsabilità del governo, che aveva tolto di mezzo il motivo del contendere per permettere al decreto Prodi l’approvazione con il passaggio a Palazzo Madama nei tempi previsti per evitarne la scadenza. Un’esultanza per poco o niente, che la stampa sfascista, che punta sulla credulità della gente (nonostante il risultato elettorale abbia dimostrato che infinocchiarla non è poi così facile), non ha subito mancato di evidenziare, sottolineando con paroloni la “comune battaglia” dell’opposizione.
Basterebbero a commento affermazioni come quelle di Bonaiuti, portavoce del governo: “Hanno sollevato un polverone solo per dimostrare che esistono ancora”, per classificare la guerriglia parlamentare messa in atto dal Pd e da Di Pietro. Proprio quest’ultimo si è rivolto, durante la propria dichiarazione di voto e dopo che l’emendamento era stato riformulato, ironicamente a Berlusconi non presente in aula dicendo: “Signor presidente del Consiglio, mi rivolgo a lei anche se è assente. Le dico che 'nun se po' fà. Non si possono usare le istituzioni per farsi emanare le leggi di cui si ha bisogno a scopi privati”. Anche se, sarà un caso, proprio con l’astensione di 6 parlamentari del suo partito passava un emendamento sulla convenzione Anas-Autostrade, anch'essa contestata dal centrosinistra, che aveva fatto fibrillare per la seconda volta la tenuta della maggioranza. Il risultato fa naturalmente gongolare Veltroni, che lo saluta così: “L'opposizione alla prima prova ha ottenuto un risultato importante che testimonia come la legislatura sarà molto aperta dal punto di vista parlamentare”. E lasciamolo gongolare, anche se da subito il sottosegretario Romani aveva gelato l'entusiasmo dell'opposizione davanti alle telecamere: “Non capisco perché l'opposizione canti vittoria. Siccome il tempo stringe ed è urgente approvare il decreto, abbiamo dato loro quello che volevano perché è più importante il decreto”. Ed aveva aggiunto, ed è ciò che conta per capire: “Quella frase che abbiamo tolto è già presente nella Gasparri”. Vero, e, dunque, Rete4 è sempre salva ed Europa 7 non avrà le sue frequenze. Cioè non è cambiato assolutamente nulla rispetto alla prima formulazione dell’emendamento. Di cosa stiamo allora parlando?
Ritorno sulle parole di Bonaiuti: “Alla sinistra è stato spiegato che l'emendamento non era per salvare Rete4 e loro hanno sollevato un polverone solo per dimostrare che esistono ancora. Ora che l'emendamento è stato riformulato, devono prendere atto che non c'era alcun interesse nascosto del governo”. Fosse o non fosse così, chi c’è andato di mezzo è la fauna selvatica protetta consegnata, come è stato detto in altro post, alle doppiette dell’Arcicaccia.

giovedì 29 maggio 2008

El tram de Opcina


La trenovia Trieste-Opicina fu inaugurata il 9 settembre 1902 ed il giorno successivo iniziò il servizio pubblico da Piazza Caserma, quella che ora è Piazza Oberdan, al capolinea attuale di Opicina. La trenovia era gestita dalla Società delle Piccole Ferrovie, che, per favorire i commerci, attivò nel 1906 il prolungamento fino alla stazione ferroviaria – ma l’ingegner Geiringer, ideatore della linea, aveva il sogno di estendere la linea verso Sesana ed oltre. Nel tratto più ripido, tra Piazza Scorcola e Vetta Scorcola vi era un impianto a cremagliera con due vagoncini di spinta, impianto che fu sostituito nel 1928 da un impianto a fune e due carri di spinta posti alle due estremità della fune. Fra il 1935 e il 1936 entrano in servizio 5 nuove motrici acarrelli, più ampie, con sedili più comodi e una buona illuminazione che permetteva ai viaggiatori di leggere anche durante le corse serali. Altre 2 motrici a carrelli entrarono in servizio nel 1942.
Negli anni Sessanta il primo cambio di gestione con il passaggio, nel 1961, al Comune di Trieste(III Ripartizione - Servizio comunale trenovia). Nel 1970 subentra l’ACEGAT (Azienda Comunale Elettricità Gas Acqua e Tranvie); nel 1976 l’ACT (Azienda Consorziale Trasporti), divisasi dall’ACEGAT, che attua un’ampia ristrutturazione della linea con l'installazione di una nuova cabina di manovra. Nel 2001 la gestione passa a Trieste Trasporti S.P.A.


La pendenza media è del 5% mentre nel tratto a fune è dei 26%. Lo scartamento è di 1000 mm.

La linea tranviaria Trieste - Opicina collega il centro della città con la frazione di Villa Opicina, con un percorso di 5175 metri. Buona parte del tracciato viene percorso in aderenza naturale, conl’eccezione del tratto ove la pendenza è tale che si ricorre all'ausilio di una funicolare terrestre.

La vettura tramviaria n. 407, intorno al 1944, che durante l’ultima corsa trasporta solo militari tedeschi, in prossimità della curva di Conconello, subì un attentato saltando su una mina posta sul binario. Pur riportando notevoli danni al telaio in prossimità della parte centrale, fu raddrizzata e riparata negli allestimenti, consentendole così di riprendere il servizio di linea entro poco tempo.

Con il mutare delle esigenze di trasporto e l'ammodernamento del materiale rotabile e dell'impianto fisso, il tempo di percorrenza da capolinea a capolinea è diminuito dagli iniziali 40' con vetture a due assi, agli attuali 28' con vetture a carrelli. Attualmente le vetture in servizio di linea sono ridotte a tre con un unico punto di incrocio previsto alla fermata di Conconello.


L'arrivo e la fermata all'Obelisco.




Lo Šoht non è Auschwitz

«Oltre a Auschwitz pensiamo sia doveroso organizzare all' estero un viaggio a Berlino per visitare il muro, in Italia a Trieste per vedere le foibe di Basovizza. E a Roma nel municipio XII una visita al quartiere Giuliano-Dalmata». “Per vedere [sic!] le foibe di Basovizza”, così una nota della Federazione romana di Azione Sociale a proposito della volontà espressa dal sindaco di Roma Gianni Alemanno di continuare l' esperienza dei viaggi degli studenti ad Auschwitz avviata da Walter Veltroni. In verità a Basovizza vi è più di una cavità, ma quella che interessa ai romani è il pozzo della miniera. Un viaggio a Trieste è utile per la città, porta qualche soldo, e forse sul famoso “monumento” qualcuno ha pensato al possibile ritorno nel momento di fare l’investimento necessario per l’attuale sistemazione. Non voglio qui aprire il contenzioso sul fatto che lo Šoht sia o no una “foiba” nel senso che tale parola ha assunto negli anni quaranta. Mi sembra che forse a visitare l’abisso Plutone si potrebbe avere maggiore soddisfazione o ci si potrebbe recare magari altrove, che ne so, a Vinež in Istria ad esempio, giunto per avere la certezza certa di aver visitato un luogo dove fu vissuta realmente quella lontana esperienza. A Trieste si potrebbe visitare la Risiera che per molti ebrei fu l’anticamera di Auschwitz, ma per molti sloveni, croati e italiani fu il capolinea della loro vita.

Non usare gli immigrati regolari per invocare tolleranza verso i clandestini

La notizia è di ieri, i cittadini stranieri residenti in Italia a fine 2007 erano, secondo il rapporto annuale dell’Istat, 3,5 milioni, il 5,8 per cento dei residenti. L’anno scorso in Italia sono arrivati oltre 454.000 stranieri, 300.000 dei quali romeni. Secondo i dati Istat la metà degli stranieri residenti in Italia provengono dall'Est Europeo.
Riguardo la questione sicurezza, l’Istat ci dice, come era ovvio attendersi, che gli immigrati regolari presentano un tasso di devianza del 2 per cento, di poco superiore a quello dei cittadini italiani. Il problema dell’immigrazione, dunque, va sottolineato ancora una volta per i più tardi di comprendonio – leggi i tanti agit-prop sinistri o più in generale sfascisti – non sta qui. Appare inutile se non controproducente tirare dentro la questione gli immigrati regolari che lavorano, pagano le tasse e si sono integrati tra gli “autoctoni”, con lo scopo di difendere l’indifendibile, cioè l’immigrato irregolare, il clandestino, che spesso e volentieri per sopravvivere crea situazioni di insicurezza tra i cittadini immigrati regolari compresi. L’Istat dice che l'80 per cento dei denunciati stranieri per reati contro la proprietà (soprattutto borseggio, furto di automobile o in appartamento) sono irregolari. E quanto alla percezione dell’insicurezza secondo l’Istat se “nell'opinione pubblica è diffusa la percezione di un aumento del senso di insicurezza dei cittadini, più che dalla gravità dei reati (ad esempio gli omicidi che rappresentano eventi relativamente rari) questo dipende dalla loro diffusione e visibilità”.
Nel suo rapporto l’Istat analizza anche la percezione del problema sicurezza dei cittadini italiani dal 1993: la quota di famiglie che percepiscono un rischio di criminalità elevato ha toccato un minimo nel 2003, per poi crescere e arrivare al 35 per cento tra il 2006 e il 2007. L'aumento massimo, del 10 per cento, dal 1993 si è registrato nel Nord-Est. Se si considera solo l'anno scorso, l'incremento più forte si è registrato nel Nord-Ovest, dove la quota di famiglie “preoccupate” è passata dal 33 al 38,4 per cento. E lo dico ai miei lettori di Brembio che per nostra sfortuna negli ultimi due anni in molti hanno vissuto “in casa” situazioni di insicurezza.
Ma vediamo qual è la situazione generale della presenza straniera in Italia. Poco meno della metà degli stranieri residenti è assorbita da cinque differenti cittadinanze: Romania (circa 640.000), Albania (oltre 400.000), Marocco (circa 370.000), Cina (circa 160.000) e Ucraina (135.000). L'età media degli stranieri residenti in Italia è compresa tra i 18 e i 39 anni. Gli immigrati risiedono prevalentemente nelle regioni del Nord e del Centro del Paese: il 36,3 per cento nel Nord-Ovest, il 27,3 per cento nel Nord-Est, il 24,8 per cento nel Centro e l'11,65 per cento nel Mezzogiorno. Uno straniero su quattro è residente in Lombardia, mentre proporzioni superiori al 10 per cento del totale degli stranieri residenti si registrano in Veneto, Emilia-Romagna e Lazio. Altissimo il tasso di migrazione interna degli immigrati regolari: nel 2007 si è spostato in un'altra provincia, prevalentemente del Nord, il 60 per cento dei residenti.
Gli analisti dell'Istat hanno anche indagato sugli effetti della regolarizzazione del 2002, quando tramite la legge Bossi-Fini sono state sanate 316.000 posizioni irregolari e attraverso la 222/02 sono stati regolarizzati altri 330.000 immigrati. A distanza di cinque anni risultavano regolarmente stabilizzati in Italia il 78 per cento dei “regolarizzati” nel 2002. Appare evidente che una presenza regolarizzata porti effetti positivi per il Paese. Questo significa che lo Stato deve fare ogni sforzo per ridurre al minimo la presenza indesiderata di clandestini sul territorio nazionale, usando ogni mezzo possibile anche il più duro che non leda comunque la dignità umana. Il governo attuale ha cominciato un percorso in tal senso che deve essere portato avanti con fermezza, in modo da propagandare dovunque il messaggio che l’Italia è solidale con gli immigrati regolari, ma è contro l’immigrato clandestino ed è nemico “senza se senza ma” dell’immigrato clandestino che delinque.

"L'oro unto" di Norma Stramucci

Norma Stramucci (Recanati, 1957) ha pubblicato con Edizioni Tracce nel 1995 il libro di poesie “L’oro unto”. Scrive Massimo Raffaeli in una nota: «C’è uno spazio recludo, appena violato da tagli di luce calante, un perimetro di usuali esperienze, minime peripezie, domestiche; e c’è un privato repertorio di oggetti che quel filo di luce elettrizza, sfiorandoli, o smarrisce, sbadatamente trascurandoli. Presenze vicarie, cui è affidato l’alternarsi di euforia e depressione, percettibili come inopinate epifanie o piccoli sinistri autodafé. Oggetti che possono scampare oppure perdere ma dal cui reticolo non è lecito trascendere. Lo sguardo che ne insegue, più spesso ne indovina, la luminosità, il biancore, si sprigiona dal margine, vigila al margine, offeso e ancora irrequieto. Lì si definisce, in quel limite ingombro ed opaco prende identità, connettendosi a una voce, la parola di Norma Stramucci. Che si dà dissimulata negli oggetti, quasi per sottrazione, nel perfetto pudore di chi ancora si sente “uno spino di troppo”.»

Da “L’oro unto”


È un velo di tulle il manto della vita
dolce quanto quello
di una sposa che si spoglia.
E tutto è bianco ciò che non dura.


Un giorno appena sveglia ho visto
la vita come un mare, e nessuno a camminarci.
La voglia di restare un po’ sopra le cose
mi ci aveva condotta. Come un gabbiano
che sa fermarsi a pelo d’acqua
e rimanere asciutto, ogni tanto.


È l’erba del mio paese che non si vede
oggi che pure c’è da stare contenti:
i passeri hanno trovato la ciotola del cane,
sulla neve.


Vedo il cielo nel lavandino
fra i nuvoli del detersivo.
È il solo posto dove
io che non ho nemmeno un pozzo e uno stagno,
ho potuto mettere la luna.
E scivola la mano
sul panno che voglio bianco.


Quando è mattina, una per una
svaniscono le stelle:
a guardare bene vedresti
l’ultima nella mia tazza di latte,
lago tranquillo di porcellana sbiadito.

mercoledì 28 maggio 2008

Scritte del tempo corrente


Due scritte “emblematiche”, di mani diverse (quella nera sotto evidentemente di destra antislava, quella bianca sopra di sinistra apocalittica, ma con una punta (sotto) di "dubbio" anti-extracomunitario) raccolte a Trieste nella parte alta di Scala Santa. Scala Santa è una salita che con una pendenza molto ripida, fino al 23%, porta da Roiano all’Obelisco. Un luogo strano e non molto frequentato per lanciare interrogativi politici epocali. Ma tant’è: un lettore lo hanno trovato. Ed anche un divulgatore, ovviamente.


Assenti per forza maggiore

Resto ancora sulla seduta della Camera dei deputati di ieri. Tra i primi adempimenti dell’assemblea la comunicazione dei deputati in missione da ieri. Questo l’elenco: Albonetti, Aprea, Barbi, Bongiorno, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Crosetto, Donadi, Fallica, Fitto, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Meloni, Menia, Miccichè, Milanato, Molgora, Nirenstein, Palumbo, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Tremonti, Urso, Valducci, Vegas e Vito. Ieri complessivamente risultavano in missione 55 deputati. Come si osserva subito scorrendo l’elenco sono per la maggior parte o ministri del governo o sottosegretari. Tra di essi lo stesso ministro Vito presente in aula non con il cappello di deputato ma col berretto di ministro della Repubblica. Osservo la cosa perché mi sento di sottolineare il fatto che col doppio ruolo parlamentare-membro del governo, la funzione legislativa viene spesso e volentieri trascurata. Non a caso nel precedente governo era stata attuata una sorta di incompatibilità tra le due funzioni con le dimissioni “forzate” da parlamentare di gran parte dei membri del governo, per ragioni di forza maggiore, in quanto la necessità del governo Prodi di avere una maggioranza sempre e comunque era una questione vitale. Le diverse funzioni governative sono coperte per legge da sessanta persone. Se questi sono parlamentari, il lavoro legislativo viene privato di una “manodopera” costituita da sessanta persone per un tempo notevole. Certamente con maggioranze ampie come l’attuale inconvenienti non dovrebbero esserci, ma non vi è certezza certa come ieri è stato dimostrato.
Nei comuni al di sopra di una certa dimensione la funzione di assessore è incompatibile con quella di consigliere comunale, nel senso che se essa viene assunta, automaticamente si sostituisce il consigliere. Nel caso del governo è una questione costituzionale, nel senso che la Costituzione dovrebbe essere cambiata per avere una norma analoga. Certo si potrebbe comunque operare come già aveva fatto il governo Prodi, in modo da distinguere se non altro le due funzioni di controllore e di controllato. Con buona probabilità si rimetterà tra non molto mano alla Costituzione anche per modificare la struttura del Parlamento e la sua organizzazione. Forse sarebbe il caso di pensarci.

Aperta l'arcicaccia al governo

La giornata parlamentare di ieri, alla Camera dei deputati, ha offerto numerosi spunti per un commento o, meglio una serie di commenti, che seguiranno a questo primo. Il “fenomeno” straordinario che è avvenuto, dalla valenza di un’apparizione d’un qualche santo o simili, come si sa, è la bocciatura da parte dell’aula per pochi voti di un emendamento proposto dalla maggioranza al governo. Come sempre a farne le spese sono stati i più deboli e i senza voce in capitolo, in questo caso la fauna avicola protetta. Come la signora Longari dell’arcinoto aneddoto televisivo anche la maggioranza è caduta su un uccello.
Immediatamente TeleKabul ha dato la notizia come se a poche sedute dal voto che ha dato a Berlusconi una fortissima maggioranza in entrambi i rami del Parlamento fosse accaduta una catastrofe tale negli appartamenti del potere politico capace di resuscitare tutti gli zombi rimasti fuori da Montecitorio e da Palazzo Madama. Soprattutto legando il fatto con la questione ReteQuattro. Non solo non è così, ma le modalità con cui a sinistra si è vissuta la vicenda ha mostrato una volta di più perché l’Italia tutta abbia deciso di liquidare dei morti viventi, quali sono i partitini della sinistra massimalista ed i verdi, e di non dare il proprio consenso ai Fassino di turno (Fassino che, en passant, sempre ieri a Ballarò non si può dire abbia proprio aiutato, come in altre recenti occasioni televisive, la causa di Veltroni).
La buccia di banana è stato questo emendamento, votato immediatamente dopo quello sulla parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, l’8.01, passato con 256 sì, 3 no e 203 astenuti, l’8. 02. del Governo:
Dopo l’articolo 8, aggiungere il seguente:
ART. 8-bis. – (Modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la tutela della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio in attuazione della direttiva 79/409/CEE. Parere motivato nell’ambito della procedura d’infrazionen. 2006/2131). – 1. Alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1:
1) dopo il comma 2, è aggiunto il seguente: « 2-bis. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano si adoperano, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, per mantenere o adeguare le popolazioni della fauna selvatica ad un livello corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative e, comunque, evitando, nell’adottare i provvedimenti di competenza, il deterioramento della situazione attuale »;
2) è aggiunto, in fine, il seguente comma: « 7-bis. Il Ministro per le politiche comunitarie, di concerto con i Ministri interessati, trasmette alla Commissione Europea tutte le informazioni a questa utili al fine di coordinare le ricerche e i lavori riguardanti la protezione, la gestione e la utilizzazione della fauna selvatica, nonché quelle sull’applicazione pratica della presente legge »;
b) all’articolo 18, comma 2, il primo periodo è sostituito dal seguente: « I termini di cui al comma 1 possono essere modificati per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali, anche al fine di garantire la tutela delle specie nel periodo di nidificazione e durante le fasi di riproduzione e di dipendenza e, nei confronti delle specie migratrici, durante il periodo di riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione »;
c) all’articolo 20, comma 3, sono aggiunte, in fine, le parole: « e previa consultazione della Commissione Europea »;
d) all’articolo 21, comma 1:
1) alla lettera o), sono aggiunte, in fine, le parole: « ; distruggere o danneggiare deliberatamente nidi e uova, nonché disturbare deliberatamente le specie protette di uccelli »;
2) alla lettera bb), dopo le parole: « detenere per vendere » sono aggiunte le seguenti: « , trasportare per vendere ».
Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali Elio Vito si è lamentato successivamente alla votazione per l’atteggiamento dell’opposizione apparentemente incoerente: “Signor Presidente, la mia esperienza parlamentare mi permette di affermare che tante ne abbiamo viste nelle Aule e tante continueremo a vederne. È dunque legittimo, naturalmente, che l'opposizione esulti, essendo in condizioni di minoranza, ed è giusto che la maggioranza serri le fila quando lo ritenga. Tuttavia, signor Presidente, ritengo di essere abituato - anche per il ruolo che ho l'onore di ricoprire - a cercare di attenermi sempre al merito delle questioni, del quale riconosco che legittimamente, a volte, la politica ci costringe invece a non tenere conto. Pertanto, nel merito della questione, l'articolo aggiuntivo 8.02 del Governo, bocciato con grande sorpresa da parte del Governo - in quanto relativo a procedure di infrazione di cui si era già occupato il precedente Governo, e sulle quali si era attivato anche il Ministro Bonino - faceva riferimento ad una procedura di infrazione che investe il nostro Paese dall'anno scorso. In particolare, la proposta emendativa interveniva puntualmente sulla procedura di infrazione, che riguardava - e riguarda - questioni che mai avremmo immaginato divenissero oggetto di opposizione politica, quali la distruzione ed il danneggiamento deliberato dei nidi e delle uova e il divieto di disturbare deliberatamente le specie di uccelli protetti”.
Ma la maggioranza non aveva fatto i conti con la lobby a guida diessina che si raggruppa attorno all’Arcicaccia, come si evince dalla successiva replica di un esponente dell’opposizione. Certo, se si possono prendere due piccioni con una fava tanto di guadagnato. E così è avvenuto. Ma ciò che contava per la lobby in questione era mettere i bastoni fra le ruote del provvedimento per tentare di riaprire la discussione sulla legge riguardante la caccia. Ha detto Angelo Zucchi: “Signor Presidente, con tutto il rispetto, non sarà l'onorevole Vito a dirci cosa abbiamo bocciato. Sappiamo bene che l'articolo aggiuntivo 8.02 del Governo che toccava la legge n. 157 del 1992 - nota come legge sulla caccia - serviva a porre rimedio ai procedimenti di infrazione aperti in ambito europeo. Tuttavia, si tratta di una legge complessa, che tiene insieme interventi e interessi per alcuni versi anche confliggenti: quelli del mondo ambientalista, del mondo delle associazioni venatorie e delle regioni (le quali devono poi esercitare un ruolo fattivo sulla regolamentazione della caccia); pertanto quello che chiedevamo (e che io avrei chiesto se avessi potuto intervenire) è che una legge così complicata - approvata nel 1992 in un Parlamento che, quando discute di caccia, in genere si divide - potesse essere approfondita all'interno delle Commissioni di merito, ossia la Commissione ambiente e la Commissione agricoltura. Peraltro, la legge n. 157 del 1992, all'articolo 35, prevede che il Ministro delle politiche agricole faccia il punto della situazione. Ora, prima di toccare una legge così sensibile, sarebbe bene fare il punto. Noi chiedevamo ciò, e chiedevamo che questa norma di recepimento fosse rinviata alla legge comunitaria, perché non consideravamo la questione così urgente da essere affrontata senza ascoltare tutto il mondo interessato. Pertanto, abbiamo riaperto una discussione della quale, a nostro avviso, saranno liete sia le associazioni ambientaliste sia quelle venatorie, perché si potranno confrontare su questo tema, e anche il ruolo del Parlamento, da questo punto di vista, viene, come dire, esercitato con più franchezza e fermezza, perché potremo esprimerci nelle Commissioni di merito”.
Angelo Zucchi, partito democratico, sindaco di Siziano dal 1995 al 2004, consigliere provinciale dei DS dal 2001 al 2006, assessore comunale a Pavia dal giugno 2005 ad aprile 2006 e segretario provinciale dei Democratici di Sinistra dal 2001 all’autunno 2006, eletto deputato una prima volta nelle liste dell'Ulivo nel 2006 e rieletto nella Circoscrizione Lombardia 3 quest’anno, è nella lista nera lombarda della LAV, assieme a Maria Stella Gelmini, Viviana Beccalossi, Guido Galperti e Valerio Carrara. È tra quelli che lo scorso anno in concomitanza con il IX Ccongresso dell’Arcicaccia, che si è svolto a Roma lo scorso anno il 20 e il 21 luglio, ha inviato un messaggio di riconoscimento all’associazione, in cui diceva: “Con l’Arcicaccia abbiamo lavorato in completa sintonia anche sui temi più complessi”.
Per concludere, che fosse un trabocchetto ad hoc su materia d’interesse per la parte diessina arcicaccista dell’opposizione appare evidente dal momento che tra le due votazioni (quella positiva per il governo relativa all’emendamento 8.01 con 462 presenti, quella immediatamente successiva negativa con 481 presenti) non vi è stata discussione e non vi è stato un calo, ma un aumento delle presenze in aula e semplicemente il rovesciamento sul no di 200 delle precedenti 203 astensioni. La maggioranza, insomma, ha fatto i conti con lo spirito antianimalista dell’opposizione represso in passato per calcolo politico dovendo misurarsi con compagni di viaggio di maggiore civiltà quanto a rispetto della biodiversità. Ed è uscita impallinata dalle doppiette sanguinolente di massacratori di indifesi uccellini "travestiti" da parlamentari. Sic et simpliciter.

martedì 27 maggio 2008

Immigrazione e decisione

Monsignor Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, ha osservato che chiese e parrocchie in Italia non possono essere disponibili ad un utilizzo delle proprie strutture, di sale parrocchiali, da parte di comunità musulmane, pur con tutto il rispetto che nutrono verso le loro esigenze di culto. Viene ricordato, infatti, che in base alle consuetudini dell'Islam, quando un terreno viene utilizzato per la preghiera dei fedeli di Maometto, non è più disponibile per altre religioni: “Quando un parroco presta i locali della parrocchia deve sapere che in quel momento aliena quello spazio alla religione cattolica e lo affida per sempre all'Islam. Le moschee non sono un luogo di culto, ma luoghi di preghiera e di formazione”. La Conferenza episcopale italiana ha deciso, dunque, di elaborare un documento per definire la posizione della Chiesa cattolica sulla questione della costruzione delle moschee in Italia.
Questa una prima notizia odierna sulla questione dell’immigrazione e della integrazione. La seconda viene dal Viminale dove c’è stata una riunione fra i ministri dell'Interno e della Difesa. Uno dei risultati del vertice è che strutture militari non più in uso potrebbero essere utilizzate per la realizzazione di nuovi centri di identificazione ed espulsione per immigrati, come si chiamano correttamente ora gli ex cpt, centri di permanenza temporanea. Allo scopo è stato deciso di istituire un gruppo di lavoro tra i due ministeri, Interno e Difesa, che procederà all'individuazione dei siti ritenuti più idonei ad ospitare le nuove strutture, la cui necessità è determinata dall’allungamento del tempo di permanenza nelle strutture da 60 giorni a 180 giorni e dall'introduzione del reato di immigrazione clandestina prevista dal disegno di legge presentato al Parlamento. Secondo Maroni sarebbero necessarie altre dieci strutture da affiancare ai 10 “cie” operativi: Bari-Palese (196 posti), Bologna (95), Caltanissetta (96), Lamezia Terme (75), Gradisca d'Isonzo (136), Milano (112), Modena (60), Roma (300), Torino (92), Trapani (57).
Un nuovo segnale che qualcosa finalmente si muove, e in maniera intelligente.

Ha vinto il "lato oscuro"

Fin da quando, ragazzino, uno dei miei fratelli mi portò allo stadio a vedere Triestina-Inter, sono neroazzurro. E, dunque, come tifoso ho “vissuto” tutte le follie della squadra milanese, da quelle meravigliose che ai tempi della grande Inter significavano vittoria, a quelle successive infelici, fino agli ultimi tre anni quando grazie a Mancini ha ricominciato a vincere. Grazie ai soldi di Moratti, direte voi. Ma non mi sembra questa una tesi percorribile perché i soldi di Moratti c’erano anche quando l’Inter non vinceva e si cambiavano continuamente gli allenatori.
Oggi, in venti minuti si è deciso un divorzio che fa capire che ha vinto ancora una volta il “lato oscuro dell’Inter” per parafrasare un celebre film. Se si va sul sito neroazzurro e si guarda nell’archivio, si troverà che Roberto Mancini è stato il migliore, quanto a risultati sul campo, dei 55 allenatori che l’Inter ha avuto dal 1909, Herrera compreso. Siamo, dunque, al paradosso. Un’altra follia di Moratti. Non meraviglia: ogni squadra ha il presidente che si “merita”, una squadra pazza un presidente...

Quando le foibe sono un pretesto

Ieri il prorettore vicario dell’Università La Sapienza di Roma, Luigi Frati, aveva revocato l'autorizzazione concessa dal preside della facoltà di Lettere e Filosofia a una conferenza sulle Foibe, di cui ho detto in un precedente post, ed alla quale avrebbe partecipato Roberto Fiore, segretario nazionale di Forza Nuova. Rinvio al post citato il commento sull’evento e sul fatto che l’università lo avesse autorizzato. Qui annoto soltanto quanto è successo oggi all’Università, gli scontri tra Collettivi e Forza Nuova, riguardo ai quali il prorettore dell'ateneo Luigi Frati ha commentato: “Sono fatti di una enorme inciviltà. Uno la può pensare come vuole politicamente, ma non si può aggredire qualcuno solo perché attacca dei manifesti. A questo punto, ritengo di aver fatto bene a revocare la manifestazione”.
Sono chiari gli effetti degli scontri: 7 feriti, di cui quattro sono stati portati al Policlinico Umberto I. “Si tratta di codici gialli”, hanno fatto sapere dall'ufficio stampa dell'ospedale: “Uno ha una spalla lussata, altri hanno ferite alla testa, non profonde. Sembra che abbiano subito delle sprangate”. Dei quattro portati al Policlinico, due appartengono a Forza Nuova e due ai Collettivi di sinistra. Sono stati dimessi nel pomeriggio con prognosi da 5 a 20 giorni. Non altrettanto chiare le modalità che hanno portato i giovani a venire alle mani. Secondo le ricostruzioni degli investigatori un gruppo di giovani di sinistra stava strappando i manifesti di protesta appesi all'università da Fn contro l'annullamento del convegno sulle foibe. I militanti di destra non avrebbero risposto subito alla provocazione. La rissa sarebbe scoppiata all'arrivo di una macchina carica di altri militanti di Fn armati di spranghe e coltelli. Il tutto si è consumato in una decina di minuti, coinvolgendo una ventina di militanti antifascisti e un gruppo di cinque giovani di estrema destra.
Gli studenti dei Collettivi nel pomeriggio hanno organizzato una conferenza stampa. “È stata un'aggressione a freddo, non erano studenti perché avevano sicuramente più di trent'anni”, hanno affermato e chiesto le dimissioni immediate del preside Guido Pescosolido, che aveva autorizzato il convegno sulle foibe.
Il commento è banale. È evidente l’uso strumentale fatto dall’estrema destra extraparlamentare di usare le foibe per la solita propaganda revanscista vetero-fascista. Che non vi fosse un intento “storico” reale appare evidente dal tipo di reazione al ritiro dell’autorizzazione. Va detto che chiunque può esprimere il proprio pensiero su qualunque questione, tuttavia chi deve concedere strutture pubbliche che sono di tutti dovrebbe prestare maggiore attenzione alle richieste e vigilare che col pretesto, ad esempio come nel caso particolare, di discutere su accadimenti storici, non si copra altri intendimenti che con l’istituzione università e con la ricerca storica hanno nulla a che fare. E particolarmente chi opera in ambiti giovanili dovrebbe tenere conto delle parole del presidente del Consiglio comunale di Roma, adattandole al contesto: “Esistono tensioni. La politica ne deve prendere atto contribuendo ad abbassare i toni e a stemperare le polemiche”.

"I tornanti" di Jole Parini

Jole Parini, nata a Napoli, ma milanese d’adozione, ha pubblicato con Edizioni Tracce nel 1995 la plaquette di poesie “I tornanti”. Ha scritto Ubaldo Giacomucci nella postfazione: “... la caratteristica principale di questa silloge è forse il particolare tessuto linguistico, formato sia da termini semplici, immediati, a volte tratti dalla vita quotidiana, che da termini tipici della lirica novecentesca. L’Autrice riesce così a conciliare la forza lirica ed evocativa dell’espressione poetica con la tensione esistenziale e con il desiderio di comunicare al lettore la propria visione del mondo”.

Delicati lumi di giardino

1
la luna schiarisce
in delicati lumi di giardino
ombre sulla terrazza
e dita come gigli
brividi di luna
il desiderio
solo come l’amore
tra mente e cuore

2
parole stormiscono in
opposta riva
ombre esiliano pini
oh se potessi
placare la sera
e l’acqua silenziosa di stelle
al primo volto del tuo albeggiare
e domani usciranno le vele


Dunque

come è andata tutto sommato

abbiamo immaginato rose alla
finestra ombre di grate
al nostro interno mani
fedeli d’ulivo e di baci
forse abbiamo avuto questo e
tanto spazio per una città bianca
che lacera l’inquietudine con
vessilli tricolori
ci si chiede cosa abbiamo fatto
ora prima di andarcene di fretta
vogliamo sapere il resto per ciò
non calcoliamo più le risposte
sono come aiuole senza memoria
possiamo disamare i nostri gesti
sognare
da zampilli d’affetto
una nuova tormentata nudità

lunedì 26 maggio 2008

Unica verità o fandonia unica?

Sfrontatezza di Forza Nuova che si autoproclama depositaria dell’«unica verità» sulle foibe. «Foibe, l'unica verità contro il negazionismo dei collettivi antifascisti» è il convegno organizzato da Forza Nuova e da Lotta Universitaria nella facoltà di Lettere della Sapienza di Roma, al quale ha preannunciato la sua presenza il segretario nazionale del partito di estrema destra extraparlamentare Roberto Fiore.
Gli studenti del Laboratorio per l’Autoformazione di Lettere hanno fatto sapere con una nota la loro opinione in merito: «Riteniamo gravissimo e inaccettabile che l’università abbia dato l’autorizzazione a un convegno organizzato da esponenti di estrema destra, soprattutto in un momento in cui la città vive il problema di una pericolosa deriva neofascista e xenofoba».
Gli studenti della Sapienza hanno distribuito un appello da far firmare anche ai docenti, per chiedere di opporsi con fermezza alla presenza di Forza Nuova nelle aule dell’Università La Sapienza, sostenendo la richiesta rivolta al rettore e al preside di ritirare l’autorizzazione del convegno.
La notizia ci conferma che le foibe, insomma, per la destra rimasta fuori dalle aule parlamentari rimane una bolla speculativa di identificazione politica, nonostante studi storici abbiano confutato tutti gli aspetti più macroscopicamente falsati in chiave revanscista anti-comunista e anti-slava. L’«unica verità» è che Forza Nuova e l’altra destra estrema extraparlamentare rimangono portatori acritici di una propaganda costruita in concomitanza dell’operazione «Istrien» di repressione e rappresaglia compiuta dalle SS in Istria per riprendere il controllo del territorio dopo che, con l’abbandono delle armi seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943 da parte dei soldati italiani, si era instaurato un governo popolare. Propaganda ripresa ancor più virulmente durante e dopo i quaranta giorni di occupazione jugoslava di Trieste nel 1945. Il titolo del convegno, insomma, potrebbe essere così parafrasato: “Foibe, la fandonia unica contro il negazionismo”.
Ci scherzo, ma purtroppo l’atteggiamento delle forze estreme della destra, come quello di associazioni, che occhieggiano alla destra profonda e che sopravvivono anche per il contributo di fondi pubblici, non aiuta a ristabilire nelle coscienze la “verità” su quegli eventi che hanno interessato nel ’43 e nel ’45 i territori al confine orientale. Anzi si usano, appunto, ferite ancora non rimarginate per le proprie mire politiche o lobbistiche, aiutati in quest’ultimo caso anche da prese di posizione infelici e storicamente sbagliate di istituzioni dello Stato. Il giorno in cui le vicende delle foibe saranno solo oggetto di speculazione storica sarà un giorno felice. E ai morti di quel periodo verrà data finalmente pace e rispetto come meritano, qualunque fosse la loro idea politica, il ruolo o la nazionalità.

Un ponte divide Trieste


Sul Canale di Ponterosso a Trieste è stata realizzata una struttura provvisoria, inaugurata a fine aprile, un ponte Bailey che collega via Trento con via Cassa di Risparmio. In città si è aperto un dibattito tra chi vorrebbe mantenere la struttura e chi no, ed è in atto una sorta di uno o più referendum sulla questione.




Se si vuole “arricchire” la città di una nuova “curiosità” che funga da interesse aggiunto per i turisti, il ponte andrebbe lasciato così com’è, rigoglioso di petunie. Ma forse se si vuole venire incontro ai pigri transitatori da una via all’altra delle due oggi congiunte, che altrimenti dovrebbero circumnavigare il canale fino ad uno dei due ponti in muratura alla sinistra o a destra, sarebbe il caso di sostituirlo con un manufatto più consono all’aspetto urbanistico circostante.



Sinceramente, però, non so quanto sia effettiva la necessità di un tale raccordo tra le due vie e forse impegnare i soldi per la costruzione in opere più utili non sarebbe un’idea peregrina. Forse sarebbe il caso di chiedere anche cosa ne pensa Joyce, che è “fissato” ad attraversare il canale sul ponte di Ponterosso.

"Il guardiano oscuro" di Lydia Esposito Maffeo

Lydia Esposito Maffeo (Napoli, 1949), insegnante, collaboratrice a giornali, si è interessata di letteratura e di inchieste sul mondo della scuola. Ha presieduto l’associazione culturale “Controcampo”, che opera per la riscoperta dei valori delle donne pioniere e protagoniste nei vari campi dell’arte.
Per le Edizioni Tracce ha pubblicato nel 1995 il libro di poesie “Il guardiano oscuro”. Una silloge compatta e rigorosa, espressa con un linguaggio quotidiano e comunicativo, e con uno stile coerente, di grande sintesi e di grande originalità. Una “narrazione minimale” che si esprime nei modi e nelle forme della poesia contemporanea, e che ne esprime compiutamente il fascino, grazie anche ad una scrittura densa di metafore.

Come ogni nascita, come ogni morte

Al limitare della vita
andavano e venivano
bisbigli domestici
e domestiche in affanno,
tiepido acciottolio,
vaghissimi odori,
un lontano interrotto ciabattare.


Se respiro
si abbassa il petto,
va via qualcosa.
Vorrei prenderla
per riconoscerla,
per cadere insieme
nelle strade dove la vita
s’inabissa senza consumarsi.
Vorrei vegliare i miei sonni
e vedere come dormo
cosa esce e cosa entra
in me del popoloso
dramma del giorno.


Come vorrei vivere
tutta intera la mia vita
e poi salpare per un’altra,
ma col rimpianto dei miei vecchi giorni,
con ancora sulla pelle
l’oltraggio e la fatica,
l’onore delle mie piccole mani nervose,
il naso puntiglioso
a cercare il sorriso,
l’abbraccio, ancora.

domenica 25 maggio 2008

"dis/abitato" di Andrea Pieroni

Andrea Pieroni (Lucca, 1967), laureato in farmacia, ricercatore universitario, ha pubblicato nel 1995 con le Edizioni Tracce la plaquette di poesia “dis/abitato. Poesie 1989-1994”. È il periodo – quello di scrittura delle poesie raccolte nel libro – in cui si trasferisce a Pisa e poi a Firenze, per lasciare dapprima l’Italia per il Belgio e poi per la Germania.
Pieroni ha raccolto successi in concorsi letterari in Italia ed in Germania e sue poesie sono state pubblicate in raccolte antologiche.

la mia vita

la mia vita
nei paesi della luce bassa
bassi
nelle nebbie che mi tenevano compagnia
qualche settimana fa

poi la pioggia fine d’oggi
un secolo
che mi guardo attorno
dai pachidermi polverosi
di carbone
nelle stazioni fredde del mattino
che non respirano

o nei metrò vuoti delle sette
la vita già rintanata
tra patè e cicoria
la birra che risveglia gli affogati delle dieci
senza neve come poche settimane fa

gelo su questa nebbia confusa
sui volti interrogativi enigmatici

seguo solo lo stano cadenzare
e trangugio patatine fritte
la mia vita lontana
dalle parole che so
confusione e umanità condivise
echi lontani di fermento
e che non divido
angoli bui del mondo
la luce che non mi è mancata
mai troppo
inseguito dalle cose da sbrigare
nella mia vita di qui


guardo fuori

guardo fuori
la luce
uccisa
dal nero delle nubi
(presto pioverà)

viaggio
che finisce

negli strani vagoni
verde cupo
trilingui

assonnati
e muti
si rimane seduti
la testa
che scoppia
di cose
annebbiate
nello walkman

c’è già neve
sui monti
(ed è appena settembre)

il treno dei ritorni

sabato 24 maggio 2008

Trieste. Romeni e altri sbandati ricattano e minacciano i commercianti del Silos

Un gruppo di negozianti della stazione delle autocorriere all'interno del Silos in piazza Libertà a Trieste si ribella ad una situazione in cui non riesce più a vivere e a lavorare con la tranquillità e serenità che dovrebbe essere un diritto di tutti dovunque nel Paese: “Una banda di romeni ci minaccia se non diamo loro dei soldi. Si accontentano di poco ma abbiamo paura che ci aggrediscano. Sono i finti invalidi, quelli che ogni giorno chiedono l'elemosina in città e poi alla sera appoggiano le stampelle al muro e camminano normalmente. Proprio ieri uno di loro ha fatto il gesto di passare con il dito sul collo, sotto la gola”. Questa la denuncia raccolta da Corrado Barbacini e riportata in un articolo del quotidiano triestino Il Piccolo.
Ieri mattina, racconta l’articolo, c'è stato l'ultimo episodio, quello che ha fatto scatenare la rabbia. Sarebbe stato chiesto una sorta di «pizzo» a un addetto alle pulizie. «Dammi un po' di soldi ogni giorno e ti lascio tranquillo, ti proteggo». Ma l'uomo, un cittadino ucraino in attesa regolarizzazione, ha risposto con un diniego. E così si è trovato lordato con escrementi fin nei lavandini uno dei servizi igienici che aveva appena pulito all'interno del Silos.
«Abbiamo chiamato sia la polizia che i carabinieri. Ma la verità è che possono fare ben poco. Li controllano e poi li lasciano andare. Poiché i rumeni sono cittadini comunitari non possono fare nulla, se non identificarli. Ieri sono arrivati anche gli agenti della polfer i cui uffici sono a pochi metri dal Silos. Hanno anche accompagnato in commissariato i rumeni che erano stati indicati. Ma poi tutto è finito in nulla», dice il titolare della tabaccheria e un altro commerciante: «Spesso quegli sbandati vengono all'interno dello spazio dei negozi. Sono aggressivi. Perdiamo clienti». E la barista: «Ogni mattina vengono nel locale, ordinano il caffè e poi quando si tratta di pagare se ne vanno. Salutano e non pagano. Ho paura che uno di loro prenda un coltello e mi aggredisca. A causa di zingari, rumeni e drogati ho perso la metà dei miei clienti abituali». Un’altra testimonianza, una commerciante: «Mi hanno detto che hanno minacciato l'addetto alle pulizie. Spero che non accada a me. Pago ben 1500 euro di affitto al mese per un negozio di 40 metri quadri e in questa somma dovrebbe anche essere compresa la sicurezza, ma invece il Silos è lasciato all'abbandono totale. Si guadagna sempre di meno e ora dopo i ladri che portano via denaro e sigarette arrivano anche gli sbandati. Parlano di turismo...».
Un agente della polfer conferma le testimonianze raccolte dal giornalista: «È vero, c'è un gruppo di sbandati. Ma non possiamo fare molto. La competenza del Silos è della questura e noi ci occupiamo della stazione ferroviaria e di quello che accade. Se ci chiamano interveniamo, ma non possiamo certo presidiare il Silos». E al giornalista “spiega che sono una trentina i senza casa, romeni, polacchi o slovacchi ma anche qualche italiano che si aggirano nella zona della stazione in cerca di riparo. Un tempo, fino a un anno fa, si rifugiavano all'interno della stazione, dormivano quando c'era freddo nelle sale d'aspetto, ma poi dopo la ristrutturazione la zona è diventata off-limits. Avevano trovato posto in un paio di vecchi vagoni ferroviari, ma tempo fa anche questi rifugi erano stati rimossi. Così avevano cercato un tetto nell'edificio abbandonato dell'ex Silos, vicino al garage. Ma i titolari dei negozi vicini avevano protestato e si erano rivolti al questore e al prefetto perché non volevano il dormitorio abusivo. Ora si sistemano in baracche di fortuna vicino al Silos, in prossimità degli sfiatatoi”.
Se sono senza casa, rimandarli a casa loro no? C’è il nuovo pacchetto sicurezza che dovrebbe risolvere il problema, in quanto prevede che anche i cittadini comunitari che non possono dimostrare mezzi di sussistenza devono essere allontanati dal paese. Se tale è la situazione di quei disperati che costituiscono con evidenza un problema di ordine pubblico, non resta che attendere con fiducia un intervento in tal senso.

Un decreto senza se e senza ma

Come già ho detto, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato oggi il decreto legge per fronteggiare la crisi dei rifiuti in Campania. Il decreto conferisce pieni poteri al sottosegretario per l'emergenza rifiuti Guido Bertolaso. Bertolaso potrà procedere ad espropri per pubblica utilità ed all'acquisizione di beni mobili funzionali alla “complessiva azione di gestione dei rifiuti”. Avrà l’assistenza della Forza pubblica e potrà chiedere l'impiego delle Forze armate per la vigilanza e l’approntamento dei cantieri e dei siti, oltre che per il trasporto dei rifiuti. Potrà infine disporre la precettazione di personale.
Il secondo importante aspetto del nuovo modo di affrontare la questione è il carcere per chi viola aree di interesse strategico ed aree di interesse strategico nazionale sono stati dichiarati i siti, le aree e gli impianti comunque connessi all'attività di gestione dei rifiuti. Chi, dunque, abusivamente cercherà di entrarci o creerà difficoltà a chi vi opera verrà punito col carcere, con l'arresto da tre mesi ad un anno. Sempre carcere fino ad un anno per chi intralcia il meccanismo di gestione dei rifiuti, atto considerato interruzione di pubblico servizio, o danneggia beni strumentali. E carcere fino a 5 anni per i promotori della protesta. Importantissimo elemento di normalizzazione, il decreto stabilisce lo scioglimento immediato dei comitati di protesta contro le discariche.
Sul fronte della raccolta differenziata, il decreto stabilisce l’obbligo alla raccolta differenziata, per un quantitativo pari al 25 per cento entro l'anno e 50 per cento entro il 2010. I comuni inadempienti saranno puniti con un aumento delle tariffe di smaltimento. Il sottosegretario potrà ricorrere anche a commissari ad acta. Dovranno essere avviate anche iniziative per disincentivare l'utilizzo di beni “usa e getta”. I ministeri dell'Ambiente e dell'Istruzione attueranno una campagna d'informazione sul territorio e nelle scuole.
Il sottosegretario Bertolaso è autorizzato alla realizzazione di un termovalorizzatore nel territorio del comune di Napoli, il cui sito dovrà essere individuato dal sindaco entro un mese. In caso di inadempienza interverrà il Governo. Il decreto consente di riprendere immediatamente i lavori per la realizzazione dell'impianto di Acerra, nel quale verranno smaltite anche le ecoballe già presenti sul territorio campano per un quantitativo massimo di 600mila tonnellate all'anno; e conferma anche la realizzazione degli impianti di Santa Maria La Fossa (Caserta) e Salerno.
Iniziative ferme e importanti. Ma ciò che conta è che finalmente si interviene “senza se e senza ma”.

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