lunedì 12 maggio 2008

La libertà di vivere serenamente

Lo scenario: l’appartamento al secondo piano di una palazzina di quattro piani del quartiere di Ponticelli a Napoli. “Le finestre erano tutte chiuse, forse la porta invece no, questo è un condominio familiare, e abbiamo sempre pensato che fosse sufficiente chiudere il cancello. Invece... Erano le 8.10 di sera, a un certo punto ho notato la porta aperta e sono andata immediatamente in cucina: il seggiolone a dondolo, dov'era mia figlia, era vuoto. Si è trattato di pochi secondi, la ragazza che aveva preso la bambina era ancora sul pianerottolo: l'ho bloccata, le ho strappato la piccola. Lei è scappata, e io ho urlato chiedendo aiuto a mio padre che vive al piano di sotto”. Il racconto è di Flora Martinelli, la madre ventisettenne che ha sorpreso ieri sera sulla porta di casa una sedicenne, nomade, che aveva cercato di rapire la sua bambina di sei mesi. E il nonno della bambina: “L'ho bloccata, a dire il vero le ho dato anche un paio di schiaffi, ma la ragazza si è divincolata e ha detto che ad aspettarla in strada c'era suo padre. Allora l'ho seguita, pensando di potermi confrontare con un uomo, ma era falso. Mi è sembrata ben vestita e parlava abbastanza bene l'italiano”. La fuga della sedicenne rom – dice il nonno – è stata impedita dal quartiere: “La gente è scesa in strada, ha sentito le nostre urla e non ha permesso che scappasse. A fermarla ci ha pensato poi la polizia”.
La reazione popolare è stata forte – ci raccontano le cronache, – tanto che la polizia ha dovuto sottrarre la giovane nomade alla furia degli abitanti del quartiere. Per timori di ritorsioni nei campi nomadi della zona, i luoghi sono stati sottoposti nella notte a vigilanza da parte delle volanti dell'Ufficio di prevenzione generale della questura. La sedicenne, si legge su Repubblica.it, si era allontanata da una comunità del Monte di Procida, alla quale era stata affidata il 26 aprile per un furto.
Non nascondiamoci dietro un dito. La frase della madre ancora sotto shock, riportata negli articoli: “Credo che siano cattivi, i rom devono andare via da qui” appare dalle cronache sacrosanta verità. Non una paura atavica del diverso, del non integrato. L’esodo dei rom dalla Romania, accentuato dall’ingresso nella Ue, è stato una manna per quel paese. si sono liberati finalmente in gran parte da un’etnia scomoda, problematica e culturalmente inadatta allo sviluppo, affidandone le sorti alla acritica solidarietà europeo-occidentale. E quanto sia acritica lo si legge nei giornali che fanno tendenza, che cercano di introdurre un cambiamento della società utile ai profitti degli interessi forti: massima apertura e nessun controllo, negazione delle comunità e delle tradizioni, esaltazione dell’individualità, dello spreco e del consumismo. E se la criminalità è il prezzo, poco importa, perché la criminalità genera profitti non solo ai criminali che la praticano.
Non è razzismo pretendere dai rom che non commettano reati: è una questione di libertà, di libertà di tutti. Libertà di lasciare una porta aperta, libertà di uscire da una stazione della metropolitana senza l’incubo di venire aggrediti, libertà di girare per le vie della città senza preoccupazioni, anche se queste sono poco frequentate o mal illuminate, libertà di andare al lavoro senza il problema di blindare la propria casa come fosse Fort Knox, libertà di fermarsi ad un semaforo senza venir importunati da improvvisati lavavetri o questuanti gestiti dal racket. Uno stato civile deve garantire queste libertà tanto quanto la libertà di parola e gli altri diritti fondamentali. Piaccia o non piaccia a certi intellettuali di tendenza.

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