
Scrive Ghignoli nella nota al testo: «Benjamín Prado tenta e riesce a far comunicare oggetti ed individui con lo sguardo del ricordo, di quel “pasado vivo” così caro al “Juan de Mairena” di Antonio Machado. Quel particolare sguardo che sa attraversare l’oscurità, che sa fermarsi sulle onde, che sa cogliere il silenzio ombroso di un giardino e sa che “alla fine della poesia c’è la morte”.»
Indizi
Nel roseto s’affacciano le unghie del leopardo.
Sulle foglie cadute
si sentono volare ancora i colombi morti.
L’orologio scava un pozzo nell’uomo addormentato.
Questo è ciò che ho conosciuto
quella notte, nell’osservare casa mia.
Ho visto la cenere,
il muschio.
Ho visto il coltello ossidato.
Il corpo che si cancella nel lisciare il lenzuolo
il fiore che sprofonda nelle isole della muffa
la goccia di sangue che cresce nella ciliegia.
Questo è ciò che ho imparato
quella notte:
ho visto che il colore rosso
aspettava le dita di una donna ferita;
ho visto la stella di mare
sotterrata sul palmo di una mano;
il rettile sulle uve.
È stato allora,
quando il vento
soffiò dal giardino il suo cancro verde;
quando nella tazza rotta erano passati cento anni;
quando la mia pelle è stata un fiume della luna.
Quella notte,
nell’osservare casa mia.
Quella notte in cui cercai risposte
come il silenzio cerca uomini addormentati
dove provare la morte.
Nessun commento:
Posta un commento