Giovanni Radaelli (Lecco, 1958) ha pubblicato con la Casa Editrice Stefanoni di Lecco nel 1997 la plaquette “Nuda voce t’ascolto” da cui qui sotto ripropongo tre liriche. Scrive Giuseppe Leone nella introduzione critica al libro: «Conforme a … moderne soluzioni estetiche è il verso, personale ed elegante, grazie alla presenza frequentissima di sintagmi, che danno un ritmo cadenzato e uniforme alle unità metriche, poche volte spinte verso l’endecasillabo, solo qualche volta oltre. Anche lo stile del dialogo poetico, pur rimanendo fedele in tutte le liriche, al tradizionale colloquio fra l’io poetico e un “tu” (sovente muto interlocutore in Leopardi e montale), offre aspetti di novità assoluta, quando il poeta, nell’ultima poesia della raccolta, inverte l’ordine degli interlocutori, affidando al “tu” il compito di rivolgersi all’io. Ciò si verifica quando, per la prima volta, la voce non nasce dal poeta, ma dalla figlia, nuova coscienza dell’“isola” e trascendenza nella quale si tuffa il poeta».
X
Hai i colori del tramonto
riflessi sul tuo viso
di colomba insanguinata.
Osservi l’inquieto cromatismo
delle acque del mare
che si tingono dell’abisso
della notte incipiente.
Appaghi il tuo sguardo
nell’argenteo amplesso
dei pesci che abbracciano
l’acqua densa del novilunio.
Ed io preparo la terra che ci unisca,
senza che tu te ne accorga:
spiaggia, infine, per le tue onde.
XVI
Sei come il mare:
quando tocchi la pioggia
la confondi.
Te ne nutri felice,
ma dove rubi il tuo sale?
Sono come il fiume:
quando la pioggia mi tocca
mi trasforma.
E come pioggia entro nel mare,
divento sale.
XXVII
La voce di mia figlia
ripete la stessa melodia
di cui son fatte le stelle.
Contemplare l’infinito
nel breve volgersi
di una stagione della vita
con occhi che guardano lontano
è l’esercizio della più compiuta
solitudine.
È la certezza di sapere
su quali acque sorge
la propria isola.
X
Hai i colori del tramonto
riflessi sul tuo viso
di colomba insanguinata.
Osservi l’inquieto cromatismo
delle acque del mare
che si tingono dell’abisso
della notte incipiente.
Appaghi il tuo sguardo
nell’argenteo amplesso
dei pesci che abbracciano
l’acqua densa del novilunio.
Ed io preparo la terra che ci unisca,
senza che tu te ne accorga:
spiaggia, infine, per le tue onde.
XVI
Sei come il mare:
quando tocchi la pioggia
la confondi.
Te ne nutri felice,
ma dove rubi il tuo sale?
Sono come il fiume:
quando la pioggia mi tocca
mi trasforma.
E come pioggia entro nel mare,
divento sale.
XXVII
La voce di mia figlia
ripete la stessa melodia
di cui son fatte le stelle.
Contemplare l’infinito
nel breve volgersi
di una stagione della vita
con occhi che guardano lontano
è l’esercizio della più compiuta
solitudine.
È la certezza di sapere
su quali acque sorge
la propria isola.
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