Tiberio Crivellaro è nato in provincia di Padova nel 1955. Ha pubblicato la sua prima raccolta (“Per lingue peregrino”, Calusca Ed.) nel 1991, cui sono seguite altre sillogi poetiche che hanno ottenuto numerosi importanti riconoscimenti. È fra i traduttori dell’antologia “Poeti latini tradotti da scrittori italiani contemporanei”, edita da Bompiani nel 1993 con la cura di Vincenzo Guarracino. Socio fondatore del centro culturale “Biblio” di Padova, è presente in numerose riviste di poesia e culturali.
“Scomparsa delle lucciole”, pubblicata da Book Editore nel 1998 (Isbn 88-7232-299-5), è la raccolta da cui traggo le due liriche riportate più sotto. Ha scritto in una nota Roberto Sanesi: “Il contesto complessivo è notturno, di metafora al buio costruita e agita dallo stesso andirivieni linguistico tenuto sul confine. Citando, sembra di poter dire che Crivellaro fruga nel suo “intimo rovaio”, per rimettere “all’ombra infanzie”, proprio mentre dispone la scrittura a emergere al contrario, con voce propria. Quasi ascoltandone i suoni da quella condizione di buio e distanza che sa bene non essere solitudine, meno che mai finitezza, ma anzi un brulicare ancora informe”.
Al crepuscolo le luci primalbe
Al crepuscolo le luci primalbe
si spogliavano di lamini sapor carminio.
Fatica di paese illuminare il passo,
farfalle come brinastelle,
bimbi accorati nel mar fanghiglia
taciturno d’acqua che appena fermenta,
respira al passaggio dei processionanti
alla loro testa conducente l’abbondio nero.
Sul ricamo mormorío mariano
l’oscillare delle nottiluche,
coltri di luna porporina
che accompagnavano baluginanti
ricognizioni grottesche di corpi;
maschere reverenti
contradditorie nella voglia severamente ritenuta
di riso
E le piante in mischia
… E le piante in mischia,
la brina tagliente, l’aria albedine,
marine stese vapori cobalto
o girasoli serrati inginocchiati
che insorgevano con recitato rumore…
Tutte le cose terrene addormentate
riprendevano trescare rianimatamente,
a respirare vita
che rifioriva dopo la pausa notturna.
La tenebrità si smorzava nell’aurora
i colori si scaldavano al rifulgere,
esistenze dapprincipio disamene
vedevano esseri inanimi rieccitarsi.
Tutte le cose riprendevano a temprarsi avidamente
abbeverate dal raggio illune trasmesso ad onde corte.
“Scomparsa delle lucciole”, pubblicata da Book Editore nel 1998 (Isbn 88-7232-299-5), è la raccolta da cui traggo le due liriche riportate più sotto. Ha scritto in una nota Roberto Sanesi: “Il contesto complessivo è notturno, di metafora al buio costruita e agita dallo stesso andirivieni linguistico tenuto sul confine. Citando, sembra di poter dire che Crivellaro fruga nel suo “intimo rovaio”, per rimettere “all’ombra infanzie”, proprio mentre dispone la scrittura a emergere al contrario, con voce propria. Quasi ascoltandone i suoni da quella condizione di buio e distanza che sa bene non essere solitudine, meno che mai finitezza, ma anzi un brulicare ancora informe”.
Al crepuscolo le luci primalbe
Al crepuscolo le luci primalbe
si spogliavano di lamini sapor carminio.
Fatica di paese illuminare il passo,
farfalle come brinastelle,
bimbi accorati nel mar fanghiglia
taciturno d’acqua che appena fermenta,
respira al passaggio dei processionanti
alla loro testa conducente l’abbondio nero.
Sul ricamo mormorío mariano
l’oscillare delle nottiluche,
coltri di luna porporina
che accompagnavano baluginanti
ricognizioni grottesche di corpi;
maschere reverenti
contradditorie nella voglia severamente ritenuta
di riso
E le piante in mischia
… E le piante in mischia,
la brina tagliente, l’aria albedine,
marine stese vapori cobalto
o girasoli serrati inginocchiati
che insorgevano con recitato rumore…
Tutte le cose terrene addormentate
riprendevano trescare rianimatamente,
a respirare vita
che rifioriva dopo la pausa notturna.
La tenebrità si smorzava nell’aurora
i colori si scaldavano al rifulgere,
esistenze dapprincipio disamene
vedevano esseri inanimi rieccitarsi.
Tutte le cose riprendevano a temprarsi avidamente
abbeverate dal raggio illune trasmesso ad onde corte.
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