Le dichiarazioni fatte dal prefetto Antonio Manganelli, capo della Polizia, alle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato evidenziano che nel Nord e in particolare nel Nordest, relativamente ai reati di criminalità diffusa, “si toccano picchi del 60-70 per cento” di reati commessi da immigrati clandestini. L’incidenza dell’immigrazione clandestina sulla insicurezza dei cittadini in tali regioni è con tutta evidenza pesantissima. E, dunque, si può salutare con favore iniziative a livello comunale come la “intensificazione dei controlli per prevenire furti, atti di vandalismo e aggressioni” messa in atto a Milano da Riccardo De Corato, vice sindaco della giunta Moratti e assessore alla sicurezza, con una serie di interventi attuati su tram e bus dalla polizia locale nei confronti degli stranieri trovati senza documenti. Le persone controllate e riscontrate prive di documenti sono state portate subito in Questura, “evitando così le solite «fughe dei portoghesi»” a bordo di cellulari o con un pulmino fornito dall'Atm, come ha spiegato De Corato, che fa sapere che “i controlli continueranno nelle prossime settimane a cadenza regolare. In questi tre giorni gli agenti hanno fermato 33 clandestini, di cui 2 con ordine di espulsione”. Ieri Letizia Moratti aveva ribadito la linea della fermezza: “Abbiamo l'esigenza di dare sicurezza ai cittadini attraverso misure di ordine pubblico”. Una linea che come conferma De Corato trova il favore dei milanesi: “Sono molti i cittadini che hanno dimostrato di apprezzare l'intervento dei vigili, chiamando i miei uffici per ringraziare la Polizia Municipale ed esprimere soddisfazione”.
C’è chi a Milano naturalmente rema contro, come Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell'Arci, per cui “questa cosa aumenterà di molto la sensazione di persecuzione che hanno gli stranieri”, o Alfio Nicotra, segretario del Prc Lombardia, che non esita a chiamare “raid” il controllo dei documenti, che è normale e legittimo, e si mostra convinto che in questo modo “si sta aumentando l'odio”. L’impressione, come ho altrove detto, è che, al contrario, proprio una tale difesa, “comunque” e a priori, dell’irregolare, come quella portata avanti dalle frange estreme della sinistra, finisca per fare il vero male, coinvolgendo nel problema anche chi non c’entra per niente e cioè l’immigrato regolare che si è integrato, vive e lavora come un qualunque altro cittadino. Un minimo di riflessione da parte di esponenti di certe forze dovrebbe far loro comprendere che è stato proprio questo uno dei motivi, se non il motivo cardine, della loro rovinosa sconfitta in termini di consenso elettorale.
Ma torniamo alle dichiarazioni di Manganelli, che ha parlato di una situazione di “indulto quotidiano”, in cui “tutti parlano ma nessuno fa”: «Tutti conoscono questa situazione, tutti ne parlano ma negli ultimi anni nessuno ha fatto niente. La certezza della pena, che trova il consenso unanime della politica, della magistratura, dell'opinione pubblica è quanto di più incerto esista: meglio una pena blanda oggi che non la promessa di un castigo futuro che non arriva mai. Non gioco a fare il giurista né voglio entrare nelle prerogative del Parlamento, ma quella che abbiamo oggi è una situazione vergognosa. [Situazione vissuta dalle forze dell'ordine tutti i giorni] quando arrestiamo qualcuno per uno dei reati di cosiddetta criminalità diffusa e scopriamo che quel qualcuno nell'ultimo semestre era stato già arrestato altre tre o quattro volte per lo stesso tipo di reato. [Dal primo gennaio a oggi] sono stati fermati 10.500 immigrati clandestini, per i quali è stata avviata la procedura di espulsione: ma solo 2.400 di loro hanno trovato posto nei Centri di permanenza temporanea. È un dato che io trovo inquietante, perché significa che oltre 8 mila clandestini sono stati “perdonati” sul campo essendosi visti consegnare un foglietto su cui c'è scritto “devi andar via”, che equivale a niente».
E per Manganelli vanno smascherati alcuni luoghi comuni sulla clandestinità: «La maggior parte degli immigrati clandestini entra in Italia non attraverso gli sbarchi ma con un visto turistico. Solo il 10 per cento dei clandestini entra nel nostro paese attraverso gli sbarchi a Lampedusa, mentre il 65-70 per cento arriva regolarmente e poi si intrattiene irregolarmente. Il 70 per cento di quei crimini commessi nel nord est da irregolari è compiuta proprio da chi arriva con visto turistico e poi rimane clandestinamente sul nostro territorio».
E, dunque, per contrastare la clandestinità secondo Manganelli «occorre non solo il contrasto all'ingresso, ma il controllo della permanenza sul territorio dei clandestini». Iniziative come quelle milanesi, per capirci. Ma secondo Manganelli le forze dell'ordine oggi non sarebbero in grado di contrastare il fenomeno per un problema oggettivo: «Noi, occorre dirlo, rinunciamo in partenza alla possibilità di contrasto dell'immigrazione clandestina per mancanza di posti nei luoghi deputati alle espulsioni. La carenza di posti nei Cpt porta anche ad un ulteriore dato statistico: per molti di quelli che vengono fermati il posto non viene neanche richiesto. Inoltre i costi per il trasferimento di un immigrato sono significativi». Le iniziative in tal senso del ministro Maroni trovano proprio in queste considerazioni la loro sostanza. Per Manganelli, per innalzare il livello di sicurezza nel paese, occorre procedere a «un adeguato finanziamento e risorse per le forze di polizia», fermo restando che «La madre di tutte le soluzioni è quella di stipulare accordi bilaterali con i Paesi dai quali provengono gli stranieri irregolari».
Il buon senso dice che al problema dell’immigrazione clandestina difficilmente si porrà fine. Ciò che conta è ridurlo ai minimi termini in modo da eliminare alla radice la sua valenza di pericolo sociale. La finta solidarietà e la tolleranza “comunque” non aiutano in tal senso. E, dunque, forse non è un caso che essa sia sostenuta dai fautori storici del “tanto peggio tanto meglio”.
Ma torniamo alle dichiarazioni di Manganelli, che ha parlato di una situazione di “indulto quotidiano”, in cui “tutti parlano ma nessuno fa”: «Tutti conoscono questa situazione, tutti ne parlano ma negli ultimi anni nessuno ha fatto niente. La certezza della pena, che trova il consenso unanime della politica, della magistratura, dell'opinione pubblica è quanto di più incerto esista: meglio una pena blanda oggi che non la promessa di un castigo futuro che non arriva mai. Non gioco a fare il giurista né voglio entrare nelle prerogative del Parlamento, ma quella che abbiamo oggi è una situazione vergognosa. [Situazione vissuta dalle forze dell'ordine tutti i giorni] quando arrestiamo qualcuno per uno dei reati di cosiddetta criminalità diffusa e scopriamo che quel qualcuno nell'ultimo semestre era stato già arrestato altre tre o quattro volte per lo stesso tipo di reato. [Dal primo gennaio a oggi] sono stati fermati 10.500 immigrati clandestini, per i quali è stata avviata la procedura di espulsione: ma solo 2.400 di loro hanno trovato posto nei Centri di permanenza temporanea. È un dato che io trovo inquietante, perché significa che oltre 8 mila clandestini sono stati “perdonati” sul campo essendosi visti consegnare un foglietto su cui c'è scritto “devi andar via”, che equivale a niente».
E per Manganelli vanno smascherati alcuni luoghi comuni sulla clandestinità: «La maggior parte degli immigrati clandestini entra in Italia non attraverso gli sbarchi ma con un visto turistico. Solo il 10 per cento dei clandestini entra nel nostro paese attraverso gli sbarchi a Lampedusa, mentre il 65-70 per cento arriva regolarmente e poi si intrattiene irregolarmente. Il 70 per cento di quei crimini commessi nel nord est da irregolari è compiuta proprio da chi arriva con visto turistico e poi rimane clandestinamente sul nostro territorio».
E, dunque, per contrastare la clandestinità secondo Manganelli «occorre non solo il contrasto all'ingresso, ma il controllo della permanenza sul territorio dei clandestini». Iniziative come quelle milanesi, per capirci. Ma secondo Manganelli le forze dell'ordine oggi non sarebbero in grado di contrastare il fenomeno per un problema oggettivo: «Noi, occorre dirlo, rinunciamo in partenza alla possibilità di contrasto dell'immigrazione clandestina per mancanza di posti nei luoghi deputati alle espulsioni. La carenza di posti nei Cpt porta anche ad un ulteriore dato statistico: per molti di quelli che vengono fermati il posto non viene neanche richiesto. Inoltre i costi per il trasferimento di un immigrato sono significativi». Le iniziative in tal senso del ministro Maroni trovano proprio in queste considerazioni la loro sostanza. Per Manganelli, per innalzare il livello di sicurezza nel paese, occorre procedere a «un adeguato finanziamento e risorse per le forze di polizia», fermo restando che «La madre di tutte le soluzioni è quella di stipulare accordi bilaterali con i Paesi dai quali provengono gli stranieri irregolari».
Il buon senso dice che al problema dell’immigrazione clandestina difficilmente si porrà fine. Ciò che conta è ridurlo ai minimi termini in modo da eliminare alla radice la sua valenza di pericolo sociale. La finta solidarietà e la tolleranza “comunque” non aiutano in tal senso. E, dunque, forse non è un caso che essa sia sostenuta dai fautori storici del “tanto peggio tanto meglio”.
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