Qualche giornale online ha creduto di fare lo scoop dell’horror nelle coscienze degli italiani, mostrando così, ma non c’era bisogno di riprove, la scarsa conoscenza degli editorialisti e di molte penne per pochi intimi degli umori reali della gente della strada. Ci raccontano, dunque che Niccolò Ghedini, “il più ascoltato consigliere di Berlusconi sulle grane della giustizia e della sicurezza”, avrebbe preparato 40 articoli di legge che avrebbe fatto circolare tra i nuovi ministri in vista della prima riunione dell'Esecutivo subito dopo la fiducia. Destinatari privilegiati il ministro dell'Interno Roberto Maroni e quello della Giustizia Angelino Alfano. Poche righe di testo, ma pesantissime che prevedono l’accusa d'immigrazione clandestina, e quindi l’immediata espulsione, di chiunque si trovi in Italia illegalmente, violando le norme della legge Bossi-Fini. La finalità quella di eliminare dall’ordinamento qualsiasi procedura complessa che ritardi e alla fine di fatto impedisca di espellere chi non ha né documenti né titoli per soggiornare in Italia, e soprattutto quella di bloccare i clandestini che tentano di raggiungere le nostre coste con i barconi. Ma il tutto avrebbe le caratteristiche di una più vasta e definita manovra anticrimine che contempla aumenti di pena per i reati di grave allarme sociale, blocco dei benefici ai detenuti e processi per direttissima.
La normativa andrebbe a colpire reati quali minacce alle persone, scippi, violazione di domicilio, furti e rapine in appartamento, danneggiamenti, maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale su donne e bambini. Per le violenze sugli handicappati e sugli over 70 sarebbe prevista una circostanza aggravante. Comparirebbe nel codice anche un nuovo reato, la rapina in abitazione, punita da 4 a 20 anni. L'introduzione fraudolenta in una casa passerebbe da una pena minima di 1 anno a 2 anni, lo stesso per il furto, mentre la rapina andrebbe da 4 anni e mezzo a 6. Anche per guida in stato di ebbrezza sarebbe contemplato l'arresto facoltativo in flagranza.
Un giro di vite molto duro, che avrebbe conseguenze importanti, non solo l'impossibilità di accedere ai benefici carcerari, ma anche lo stop alla sospensione condizionale della pena. L'aumento delle pene minime inoltre impedirebbe di poter fruire di agevolazioni come l'affidamento in prova ai servizi sociali grazie al quale oggi non va neppure in carcere chi ha avuto una pena inferiore ai tre anni. Vi sarebbe anche un altro aspetto sul fronte giudiziario di un certo interesse per evitare aberrazioni cui la cronaca ci ha abituato anche negli ultimi giorni: il rito direttissimo non sarebbe più facoltativo, ma il pubblico ministero dovrebbe necessariamente farvi ricorso di fronte a una confessione dell'arrestato. Se ci si trova di fronte a una prova evidente di colpevolezza, poi, si salterebbe l'udienza preliminare per andare al giudizio immediato.
Bene così, dunque, se così è: è semplicemente quanto si aspetta la gente da un governo serio, oggi. Niente di più. Va detto e ridetto fino alla nausea. Ghedini, ci dicono le stesse fonti, sta lavorando fitto per raccogliere un pieno consenso e andare diritto verso il decreto legge, perché, come ha spiegato a più di un interlocutore, “la gente ci chiede risposte concrete e immediate contro la criminalità”. Appunto, tanto per ribadirlo qui ancora una volta.
La normativa andrebbe a colpire reati quali minacce alle persone, scippi, violazione di domicilio, furti e rapine in appartamento, danneggiamenti, maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale su donne e bambini. Per le violenze sugli handicappati e sugli over 70 sarebbe prevista una circostanza aggravante. Comparirebbe nel codice anche un nuovo reato, la rapina in abitazione, punita da 4 a 20 anni. L'introduzione fraudolenta in una casa passerebbe da una pena minima di 1 anno a 2 anni, lo stesso per il furto, mentre la rapina andrebbe da 4 anni e mezzo a 6. Anche per guida in stato di ebbrezza sarebbe contemplato l'arresto facoltativo in flagranza.
Un giro di vite molto duro, che avrebbe conseguenze importanti, non solo l'impossibilità di accedere ai benefici carcerari, ma anche lo stop alla sospensione condizionale della pena. L'aumento delle pene minime inoltre impedirebbe di poter fruire di agevolazioni come l'affidamento in prova ai servizi sociali grazie al quale oggi non va neppure in carcere chi ha avuto una pena inferiore ai tre anni. Vi sarebbe anche un altro aspetto sul fronte giudiziario di un certo interesse per evitare aberrazioni cui la cronaca ci ha abituato anche negli ultimi giorni: il rito direttissimo non sarebbe più facoltativo, ma il pubblico ministero dovrebbe necessariamente farvi ricorso di fronte a una confessione dell'arrestato. Se ci si trova di fronte a una prova evidente di colpevolezza, poi, si salterebbe l'udienza preliminare per andare al giudizio immediato.
Bene così, dunque, se così è: è semplicemente quanto si aspetta la gente da un governo serio, oggi. Niente di più. Va detto e ridetto fino alla nausea. Ghedini, ci dicono le stesse fonti, sta lavorando fitto per raccogliere un pieno consenso e andare diritto verso il decreto legge, perché, come ha spiegato a più di un interlocutore, “la gente ci chiede risposte concrete e immediate contro la criminalità”. Appunto, tanto per ribadirlo qui ancora una volta.
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