sabato 31 maggio 2008

"Quanta vita" di Salvatore Ritrovato

Salvatore Ritrovato (San Giovanni Rotondo, 1967) ha pubblicato con Book Editore nel 1997 la plaquette di poesia “Quanta vita” (Isbn 88-7232-256-1). Ha scritto Andrea Bollini nella postfazione: «Come ogni altro libro di poesia, prima o poi anche questo si troverà ad affrontare l’umidità, le acque, il fuoco, i mercati e l’assalto dei parassiti. Non ho paura per lui: perché questo libro è stato costruito come l’arca che porta in salvo la poesia sopravvissuta. È per questo che qui si parla di navi e di mari: senza questa nautica dell’anima, minuziosamente descritta nelle fiocine, negli strani personaggi, nei viaggi guidati dalle mappe dei significati e delle immagini (dove la longitudine è la Storia e la latitudine è l’anima personale), nelle favole che vi si intrecciano, sarebbe facile il naufragio o la deriva poetica...»

Ad Icarum salutatio

I.
Passano settimane di bonaccia
prima dell’ammaraggio
e Icaro, nel punto in cui è scomparso,
pare sentirlo, a volte,
quasi a due passi.
Ma un giorno si alza la brezza
tagliente dalle scogliere e le funeste
profezie dei rapaci cacciano
all’orizzonte un tiepido colore
di terriccio. Capita allora
un frammento delle sue penne
sul ponte di coperta, scalpellato
come un coltello di diamante,
filato come un liccio, sanguinante.


II.
Saltato sulle rocce,
Icaro ha impalmato penne di cera
più forti e prepara avvitamenti
spericolati e capovolte.
Essere metà uccello di fuoco
e metà di vetro nell’atmosfera
caliginosa, lui lo sa,
non è per tutti. Noi infatti
proviamo a seguirlo e invece eccolo
dietro, da un punto scoccare
il suo messaggio, nel suo dialetto
isolano, arcaico, e confonderlo
tra i flutti, nella schiuma, indecifrabile,
e lui hai voglia a gesticolare!


III.
Conosco una donna che lo guardava
scegliere sempre quel posto
e sorseggiare (assorto
nel suo candore) un Porto
prima di alzare, attorno, gli occhi.
Anche oggi un’aria nera,
una poltiglia di fumo
che a me sembra inchiostro
e assottiglia i piccoli graffi
lasciati su questo tavolo.
“Qui sono anche le sue iniziali”,
io le mostro, “ma domani
anche tu le avrai dimenticate,
e leggerai solo la data, come sugli epitaffi”.

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