mercoledì 21 maggio 2008

Cala il sipario sul processo Cogne

Un telegramma. Dopo circa 4 ore di camera di consiglio, i giudici della Cassazione hanno accolto la richiesta del sostituto procuratore generale, confermando la condanna a 16 anni comminata dalla corte d'assise d'appello (in primo grado i giudici avevano deciso per 30 anni di reclusione con rito abbreviato) ad Anna Maria Franzoni, ritenuta così definitivamente colpevole di aver ucciso il figlioletto Samuele il 30 gennaio 2002. Contro la Franzoni è stato già spiccato un ordine di cattura.
La questione è, dunque, chiusa. La stampa ha megafonato le dichiarazioni dei difensori: “Speravamo molto in un esito differente ma la battaglia non finisce qui. Ci sono ancora strumenti giudiziari che possiamo utilizzare: nel corso del procedimento Cogne-bis (per calunnia e frode processuale contro l'imputata, i consulenti e l'avvocato Taormina) sarà possibile intervenire per la ricerca effettiva della verità”; la speranza, dice il proverbio, è l’ultima a morire. Ma soprattutto quella sconcertante fatta dall’avvocato Taormina, quello vero, non quello esagerato dalla satira televisiva: “Se ne va in carcere un'innocente. Questo è un paese nel quale non c'è giustizia. La prova della colpevolezza della Franzoni manca. Anna Maria è stata condannata solo perché non si è trovato un altro colpevole”.
Ognuno può pensarla come vuole. Personalmente, anche se non è piacevole salutare l’entrata in carcere di qualcuno, è finita nell’unico modo in cui poteva finire, secondo giustizia.

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