venerdì 16 maggio 2008

Lerner, rom e la sinistra in estinzione

Lerner ama andare controcorrente. Non a caso la sua trasmissione si chiama “L’infedele”. Un vezzo intellettuale pienamente “borghese” che lo caratterizza e che è stato giornalisticamente la sua fortuna, quanto banalmente scontato il suo percorso politico, da Lotta Continua al Partito democratico. Oggi con un suo commento su Repubblica.it prova a fare la morale sulla questione scabrosa dei nomadi cacciati dai campi abusivi, degli arresti di massa di irregolari e quant’altro turba la coscienza naso-arricciosa di chi abita in loft e attici qua e là in questo paese. « Chi si oppone è fuori dal popolo. Più precisamente, appartiene alla casta dei privilegiati che ignorano il disagio delle periferie. Ti senti buono, superiore? Allora ospitali nel tuo attico! L'accusa, e l'irrisione, risuonano ormai fin dentro al Partito democratico.», scrive nel mentre in un altro articolo sullo stesso giornale online si legge: «… i nomadi del campo "Casilino 900", 650 persone tra macedoni, kosovari, … Da due mesi vivono senza acqua né elettricità, dopo che il Comune ha tagliato gli allacci abusivi. Le condizioni igieniche sono disastrose: ci sono solo bagni chimici su un tappeto di rifiuti. I bambini giocano scalzi tra le baracche. … i residenti della zona sono esasperati: "Rubano e sporcano, appestano l'aria con il fumo dei falò che accendono per estrarre il rame dai cavi rubati".». Tutti noi abbiamo visto in televisione quella carovana di poveracci che abbandonava il campo scortata dalla polizia. Uno spettacolo di disumanità in tutti i sensi. Ma opporsi, porre ostacoli, parole, ad un risanamento della situazione – mi domando – non è una sorta di inconsapevole volontà di perpetuare la disumanità dei campi?
Sempre il secondo articolo citato, tentando forse consapevolmente un elogio del capo del governo ombra, ci dice: « Da 3 anni, l'accampamento di Castel Romano è un paese di 800 persone, gli ex sfollati di Vicolo Savini. Uno dei successi dell'ex sindaco Veltroni: un verminaio quotidiano di microcriminalità e proteste al centro di Roma è diventato un polo universitario, e gli "zingari" sono stati accompagnati fuori città senza scontri, senza violenze.». Intendiamoci, il “verminaio quotidiano di microcriminalità e proteste” è stato solo spostato in altra zona, dove era meno evidente, meno disturbava la “Roma del cinema” di Veltroni. “Dove sono finiti tutti i progetti di integrazione?” si chiede uno degli abitanti del campo, ma c’è da chiedersi se siano mai esistiti, i progetti.
E l’ipocrisia è palpabile quando si porta a sostegno del comune senso di pietà frasi come questa d’una donna del campo: “Ci stanno perseguitando, i miei figli sono cresciuti qui e se ci cacciano e torniamo al nostro paese dobbiamo ricominciare tutto dall'inizio”. Ma è vita questa? Non nascondiamoci dietro un dito. Vero è che ciascuno può decidere di vivere nel degrado e di espedienti e delinquenza seppure di piccolo cabotaggio, e ritenerlo il migliore dei paradisi, ma almeno, per favore, non prendiamoci in giro. Sempre nel citato articolo si legge: «… nel campo attrezzato di via Salone, controllato dalle telecamere e da un presidio "h24" [dello] stesso reparto dei vigili [che hanno fatto il blitz] il bilancio è di una cinquantina di fermi per irregolarità nei documenti, e di qualche furgone rubato. Ma i vigili sospettano che alligni il racket della prostituzione minorile, e dicono che i rom cedono il subaffitto delle baracche a disperati di ogni etnia: "Anche italiani, a 25 euro a notte per una casa mobile".»
Dal reale all’immaginario, ad altre paure che si possono usare a contrasto. Lerner sposta l’orizzonte su un altro piano a lui più congeniale. E da intellettuale di maniera cede alla tentazione del paventare una riproposta dello «stereotipo della colpa collettiva di un popolo, giustificandola sulla base di una presunta indole genetica, etnica. Quando gli speaker dei telegiornali annunciano la nomina di "Commissari per i rom", sarebbe obbligatorio ricordare che simili denominazioni sono bandite nella democrazia italiana dal 1945. Il precetto biblico dell'immedesimazione - "In ogni generazione ciascuno deve considerare se stesso come se fosse uscito dall'Egitto" - dovrebbe suggerirci un esercizio: sostituire mentalmente, nei titoli di giornale, la parola "rom" con la parola "ebrei", o "italiani".» Per una “cautela salutare”, dice Lerner, “senza che ciò limiti la necessaria azione preventiva e repressiva”. Certo, tentare un commento qui aprirebbe uno spazio incolmabile per un post che volesse affrontarlo. Butto solo lì l’osservazione che certi argomenti è meglio non usarli impropriamente. Proprio qualche giorno m’è capitato di rilevare l’uso, come argomento a difesa dei rom, delle persecuzioni naziste patite dagli zingari, un eccidio meno famoso. Ma il paradosso era che quell’uso era fatto da chi in altri momenti ed in altre situazioni ha auspicato e auspica la cancellazione dello Stato di Israele.
Ciò che interessa in realtà a Lerner però è altra questione che fa sospettare strumentale il sacrosanto biasimo iniziale per gli eccessi e le commistioni della rivolta popolare, con cui apre il suo commento. Ed in fin dei conti lo palesa a chiari toni: « La categoria "sicurezza" non è neutrale. Ne sa qualcosa il centrosinistra sconfitto alle elezioni, e solo degli ingenui possono credere che se Prodi, Amato o Veltroni avessero cavalcato l'allarme sociale con gli stessi argomenti della destra il risultato sarebbe stato diverso.». Una categoria, dunque, la sicurezza, che si identifica con la destra, una sorta di imprinting esclusivo quanto a credibilità. E non è il degrado delle periferie ad interessare, ma altro degrado, nella sua logica, imprescindibile: « Qualora il nuovo governo applichi con coerenza la politica di sicurezza annunciata, è prevedibile che nel giro di pochi anni il numero dei detenuti raddoppi, o triplichi in Italia. Scelta legittima, anche se la sua efficacia è discutibile. Quel che resta inaccettabile è il degrado civile, autorizzato o tollerato con l'alibi della volontà popolare.». Questione di ottica, il concetto di degrado. Una nomade con un bimbo al collo che chiede sdraiata in una stazione del metrò l’elemosina, o ragazzini che guizzano nel traffico con la mano aperta tesa non è degrado civile, forse colore metropolitano. Degrado civile è cercare di porre un freno ad una situazione che si è fatta esplosiva – nelle città come nei piccoli paesini dove un tempo non c’erano sbarre alle finestre e le porte erano sempre aperte.
Ciò che interessa a Lerner è altra questione: «Da più parti si spiega l'inadeguatezza della sinistra a governare le società occidentali con la sua penitenziale vocazione "buonista". È un argomento usato di recente da Raffaele Simone nel suo "Mostro Mite" (Garzanti), salvo poi trarne una previsione imbarazzante: la cultura di sinistra col tempo sarebbe destinata a essere inclusa, digerita dalla destra. Discutere un futuro lontano può essere ozioso, ma è utile invece riscontrare l'approdo a scelte comuni là dove meno te l'aspetteresti: per esempio sulla pratica delle ronde a presidio del territorio.». Una questione politica, la sopravvivenza della sinistra, ergo la sua sopravvivenza come intellettuale di sinistra con ciò che significa in termini di privilegi. Non è un caso che alla schiacciante vittoria del centrodestra si sia registrata una levata di scudi degli intellettuali “più intellettuali” della sinistra. Quelli che fondano il loro potere “mediatico” sulla perpetuazione della cosiddetta “cultura di sinistra”, che non si fonda certo sulla condivisione popolare, da questo punto di vista massa di “analfabeti”, ma trova sostegno in altri e alti strati sociali per la sua intrinseca deterrenza al cambiamento. E lo iato e la iattura del distacco dal popolo, anche dal popolo della sinistra che era l’alibi del proprio “potere” d’opinione, lo si legge tra le righe quando Lerner parla della questione ronde dicendo tra l’altro: «Nel capoluogo ligure [Savona], per giustificare la proposta, è stata addirittura evocata l'esperienza del 1974, quando squadre antifasciste pattugliarono la città dopo una serie di bombe "nere". Il richiamo ai servizi d'ordine sindacali o di partito è suggestivo, quasi si potesse favorire così un ritorno di partecipazione e militanza che la politica non sa più offrire.». Si noti la nostalgica chiosa finale. E ci si rifà per il sostegno delle proprie rimostranze a uomini dell’altro schieramento, come Giuseppe Pisanu. Si invocano altre voci e altre ancora. Se no, come si fa a dire che «Il silenzio, al contrario, confermerebbe solo l'irresponsabilità di una classe dirigente che ha già cavalcato gli stupri in chiave etnica durante la campagna elettorale.». “Una classe dirigente irresponsabile”, il messaggio, insomma, che si vuol alla fine trasmettere.

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