In serata, è arrivato un comunicato dell'ambasciata libica a Roma che, di fatto, ha chiuso lo scontro con il nostro Paese: “Dopo una serie di contatti ad alto livello e dopo un colloquio diretto fra Calderoli e l'ambasciatore libico a Roma Hafed Gaddur, consideriamo chiuso il caso: il ministro Calderoli ha ripetuto il suo pentimento per il caso del 2006. Saif Gheddafi accoglie con soddisfazione il chiarimento della autorità italiane”.
Le agenzie ci avevano raccontato in giornata che il ministero degli Interni di Tripoli aveva fatto sapere ieri notte, dopo la nomina a ministro di Roberto Calderoli, di non voler più collaborare nella protezione delle coste italiane dall'ondata di immigrati illegali dall'Africa “perché Roma e altri paesi dell'Unione europea non hanno messo in atto l'appoggio promesso”. Addirittura, secondo le informazioni di un quotidiano on-line specializzato in petrolio, Gheddafi sarebbe stato pronto anche a ritorsioni nel campo petrolifero, bloccando i contratti con l'Eni siglati lo scorso 16 ottobre, con la possibilità di arrivare addirittura a una possibile nazionalizzazione di tutte le attività dell'azienda petrolifera italiana.
Talis filius talis pater, per dirla fuori dai denti secondo la cronologia degli eventi. Il leader libico Muhammar Gheddafi faceva, dunque, la voce grossa dopo l'avvertimento lanciato dal figlio e delfino della nuova “monarchia” libica, Saif el Islam, il 2 maggio, quando aveva dichiarato che le relazioni fra Tripoli e Roma sarebbero peggiorate decisamente se Calderoli avesse fatto parte del nuovo esecutivo italiano.
Che Calderoli sia una metafora vivente, non c’è ombra di dubbio. Tuttavia, fuori dai denti va detto che allora, quando due anni fa il ministro Calderoli si presentò al Tg1 mostrando una t-shirt con una delle vignette con la caricatura del Profeta Maometto, mentre il mondo musulmano era in fiamme per le vignette “blasfeme” pubblicate da un giornale danese – facendo così un gesto fermo, e da un certo punto di vista coraggioso, contemporaneamente di opposizione alle ingerenze fondamentaliste in casa nostra e di disconoscimento di un certo becero solidarismo nostrano senza se senza ma, che non contribuisce a porre la questione dello “scontro di civiltà” su un giusto livello di equilibrio, – giudicata la sua una bravata idiota, colpevolmente non fu sufficientemente sostenuto, causa l’arricciamento del naso da parte dei chic & freak che contano nell’intellighenzia di questo paese. La responsabilità di ciò che successe nei giorni successivi andava allora con forza rimandata al vero committente. Una folla di cittadini libici assaltò allora il consolato italiano a Bengasi, incendiandolo; per proteggere il personale italiano, come andava fatto, la polizia libica sparò sui dimostranti, arrivando ad uccidere ufficialmente 11 persone, che secondo valutazioni fatte successivamente sarebbero invece almeno una trentina.
Nel comunicato di qualche giorno fa Saif Gheddafi era arrivato a definire Calderoli "assassino", per aver provocato indirettamente gli scontri di Bengasi. Faccia tosta? Si sa, tutto è lecito non solo, come si dice, in amore, ma anche quando si batte cassa. E, parole del nuovo comunicato libico, non occorreva oggi grande acume per concretare ciò che si specifica da sé: “La Libia è impegnata negli sforzi per respingere l'afflusso di immigrati illegali verso l'Italia, esaurendo le sue risorse materiali e spendendo una grande quantità di denaro per proteggere le coste italiane dall'ondata di immigrati clandestini. Adesso la Libia non sarà più responsabile della protezione delle coste italiane dagli immigrati illegali, poiché la parte italiana non ha rispettato l'impegno nel dare appoggio alla Libia”.
E come recita il copione dei peggiori film, al tentativo si accompagnavano le minacce: “Ci attendiamo un incremento quest'estate nel numero degli arrivi in Italia, via Libia, di immigrati clandestini provenienti dai paesi sub-sahariani, un fenomeno consueto in questo periodo dell'anno a causa delle migliori condizioni atmosferiche e del mare in genere più calmo”. Ma non basta, come s’è detto, ieri sera, la "Staffetta quotidiana", una pubblicazione on-line specializzata nel settore petrolifero, aveva rivelato che secondo fonti diplomatiche libiche potrebbero essere annunciati da Tripoli anche il blocco dei visti per l'ingresso degli italiani in Libia e la cancellazione dell'accordo strategico tra Eni e la compagnia di stato Noc, siglato il 16 ottobre scorso a Tripoli. L'intesa prevede, ci dicono, il prolungamento per 25 anni dei contratti petroliferi attuali e investimenti congiunti per 28 miliardi di euro in 10 anni. E non sarebbe esclusa, come gesto estremo, la nazionalizzazione delle attività dell'Eni in Libia.
Calderoli oggi ha ribadito le sue scuse: “Sono sinceramente rammaricato per le vittime degli scontri di Bengasi di qualche anno fa provocati da un'interpretazione non corretta - di cui rinnovo le scuse - di alcune mie dichiarazioni. Le relazioni tra Libia e Italia sono improntate al reciproco rispetto. Sono certo che saranno sempre più costruttive e mi adopererò personalmente perché ciò avvenga”.
E seppure Bossi, sulla questione immigrati clandestini che assaltano le nostre coste, sembrava non avere dubbi né peli sulla lingua: “Sono loro che li caricano sui barconi e ce li mandano”, Franco Frattini, neoministro degli Esteri – che ha ribadito: “Il presidente del Consiglio ha il diritto e il dovere di scegliere i suoi ministri, questo è un principio fondamentale della democrazia” – definiva “un problema serio e giusto” quello posto dalla Libia: “Non è un'emergenza, la Libia vuole cooperare con noi ed è giusto che l'Europa anzitutto e l'Italia lavorino” con la Libia. Ed in serata aggiungeva: “Daremo un messaggio chiaro: la Libia è un Paese amico e l'Italia si impegna affinché con l'Ue possano esserci iniziative di collaborazione che anche la Libia vuole”. A fine giornata fonti diplomatiche avevano fatto sapere che il governo italiano “non ha alcuna intenzione di ingigantire il caso con la Libia”, con la quale “vuole collaborare e cooperare” sul tema della lotta all'immigrazione clandestina. Le stesse fonti sottolineavano “le dichiarazioni concilianti”, arrivate dal premier (“Avremo modo di chiarire con le autorità libiche e tranquillizzare la situazione”) e dai ministri degli Esteri, degli Interni e dal ministro della Semplificazione. Dopo è arrivato il comunicato dell’ambasciata libica.
Le agenzie ci avevano raccontato in giornata che il ministero degli Interni di Tripoli aveva fatto sapere ieri notte, dopo la nomina a ministro di Roberto Calderoli, di non voler più collaborare nella protezione delle coste italiane dall'ondata di immigrati illegali dall'Africa “perché Roma e altri paesi dell'Unione europea non hanno messo in atto l'appoggio promesso”. Addirittura, secondo le informazioni di un quotidiano on-line specializzato in petrolio, Gheddafi sarebbe stato pronto anche a ritorsioni nel campo petrolifero, bloccando i contratti con l'Eni siglati lo scorso 16 ottobre, con la possibilità di arrivare addirittura a una possibile nazionalizzazione di tutte le attività dell'azienda petrolifera italiana.
Talis filius talis pater, per dirla fuori dai denti secondo la cronologia degli eventi. Il leader libico Muhammar Gheddafi faceva, dunque, la voce grossa dopo l'avvertimento lanciato dal figlio e delfino della nuova “monarchia” libica, Saif el Islam, il 2 maggio, quando aveva dichiarato che le relazioni fra Tripoli e Roma sarebbero peggiorate decisamente se Calderoli avesse fatto parte del nuovo esecutivo italiano.
Che Calderoli sia una metafora vivente, non c’è ombra di dubbio. Tuttavia, fuori dai denti va detto che allora, quando due anni fa il ministro Calderoli si presentò al Tg1 mostrando una t-shirt con una delle vignette con la caricatura del Profeta Maometto, mentre il mondo musulmano era in fiamme per le vignette “blasfeme” pubblicate da un giornale danese – facendo così un gesto fermo, e da un certo punto di vista coraggioso, contemporaneamente di opposizione alle ingerenze fondamentaliste in casa nostra e di disconoscimento di un certo becero solidarismo nostrano senza se senza ma, che non contribuisce a porre la questione dello “scontro di civiltà” su un giusto livello di equilibrio, – giudicata la sua una bravata idiota, colpevolmente non fu sufficientemente sostenuto, causa l’arricciamento del naso da parte dei chic & freak che contano nell’intellighenzia di questo paese. La responsabilità di ciò che successe nei giorni successivi andava allora con forza rimandata al vero committente. Una folla di cittadini libici assaltò allora il consolato italiano a Bengasi, incendiandolo; per proteggere il personale italiano, come andava fatto, la polizia libica sparò sui dimostranti, arrivando ad uccidere ufficialmente 11 persone, che secondo valutazioni fatte successivamente sarebbero invece almeno una trentina.
Nel comunicato di qualche giorno fa Saif Gheddafi era arrivato a definire Calderoli "assassino", per aver provocato indirettamente gli scontri di Bengasi. Faccia tosta? Si sa, tutto è lecito non solo, come si dice, in amore, ma anche quando si batte cassa. E, parole del nuovo comunicato libico, non occorreva oggi grande acume per concretare ciò che si specifica da sé: “La Libia è impegnata negli sforzi per respingere l'afflusso di immigrati illegali verso l'Italia, esaurendo le sue risorse materiali e spendendo una grande quantità di denaro per proteggere le coste italiane dall'ondata di immigrati clandestini. Adesso la Libia non sarà più responsabile della protezione delle coste italiane dagli immigrati illegali, poiché la parte italiana non ha rispettato l'impegno nel dare appoggio alla Libia”.
E come recita il copione dei peggiori film, al tentativo si accompagnavano le minacce: “Ci attendiamo un incremento quest'estate nel numero degli arrivi in Italia, via Libia, di immigrati clandestini provenienti dai paesi sub-sahariani, un fenomeno consueto in questo periodo dell'anno a causa delle migliori condizioni atmosferiche e del mare in genere più calmo”. Ma non basta, come s’è detto, ieri sera, la "Staffetta quotidiana", una pubblicazione on-line specializzata nel settore petrolifero, aveva rivelato che secondo fonti diplomatiche libiche potrebbero essere annunciati da Tripoli anche il blocco dei visti per l'ingresso degli italiani in Libia e la cancellazione dell'accordo strategico tra Eni e la compagnia di stato Noc, siglato il 16 ottobre scorso a Tripoli. L'intesa prevede, ci dicono, il prolungamento per 25 anni dei contratti petroliferi attuali e investimenti congiunti per 28 miliardi di euro in 10 anni. E non sarebbe esclusa, come gesto estremo, la nazionalizzazione delle attività dell'Eni in Libia.
Calderoli oggi ha ribadito le sue scuse: “Sono sinceramente rammaricato per le vittime degli scontri di Bengasi di qualche anno fa provocati da un'interpretazione non corretta - di cui rinnovo le scuse - di alcune mie dichiarazioni. Le relazioni tra Libia e Italia sono improntate al reciproco rispetto. Sono certo che saranno sempre più costruttive e mi adopererò personalmente perché ciò avvenga”.
E seppure Bossi, sulla questione immigrati clandestini che assaltano le nostre coste, sembrava non avere dubbi né peli sulla lingua: “Sono loro che li caricano sui barconi e ce li mandano”, Franco Frattini, neoministro degli Esteri – che ha ribadito: “Il presidente del Consiglio ha il diritto e il dovere di scegliere i suoi ministri, questo è un principio fondamentale della democrazia” – definiva “un problema serio e giusto” quello posto dalla Libia: “Non è un'emergenza, la Libia vuole cooperare con noi ed è giusto che l'Europa anzitutto e l'Italia lavorino” con la Libia. Ed in serata aggiungeva: “Daremo un messaggio chiaro: la Libia è un Paese amico e l'Italia si impegna affinché con l'Ue possano esserci iniziative di collaborazione che anche la Libia vuole”. A fine giornata fonti diplomatiche avevano fatto sapere che il governo italiano “non ha alcuna intenzione di ingigantire il caso con la Libia”, con la quale “vuole collaborare e cooperare” sul tema della lotta all'immigrazione clandestina. Le stesse fonti sottolineavano “le dichiarazioni concilianti”, arrivate dal premier (“Avremo modo di chiarire con le autorità libiche e tranquillizzare la situazione”) e dai ministri degli Esteri, degli Interni e dal ministro della Semplificazione. Dopo è arrivato il comunicato dell’ambasciata libica.
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