Alla fine, dunque, com’era da aspettarsi, l'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, conclusa l'istruttoria avviata sulla diffusione, tramite il sito web dell'Agenzia delle entrate, dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi dei contribuenti italiani, ha ribadito che la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi del 2005 sul sito dell'Agenzia delle entrate è illegittima e contrasta con la normativa in materia di privacy. È stata l’ultima “viscata” insomma del governo Prodi, la cui scadenza definitiva è tra poche ore.
Secondo quanto stabilito dal Collegio, composto da Francesco Pizzetti, Giuseppe Chiaravalloti, Mauro Paissan e Giuseppe Fortunato, l’Agenzia delle entrate dovrà far cessare definitivamente l’indiscriminata consultabilità, tramite il sito, dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi per l’anno 2005. Vediamone i motivi.
Innanzitutto, ha rilevato l’Autorità, «la decisione dell’Agenzia contrasta con la normativa in materia. In primo luogo, perché il Dpr n.600/1973 stabilisce che al direttore dell’Agenzia delle entrate spetta solo il compito di fissare annualmente le modalità di formazione degli elenchi delle dichiarazioni dei redditi, non le modalità della loro pubblicazione, che rimangono prerogativa del legislatore. Attualmente, per le dichiarazioni ai fini dell’imposta sui redditi, la legge prevede unicamente la distribuzione degli elenchi ai soli uffici territoriali dell’Agenzia e la loro trasmissione ai soli comuni interessati e sempre con riferimento ai contribuenti residenti nei singoli ambiti territoriali». Inoltre, «l’inserimento dei dati in Internet appare di per sé non proporzionato rispetto alla finalità della conoscibilità di questi dati».
Riguardo alla rete, l’Autorità evidenzia i problemi che già in un post precedente avevo sottolineato: «L’uso di uno strumento come Internet rende indispensabili rigorose garanzie a tutela dei cittadini. L’immissione in rete generalizzata e non protetta dei dati di tutti i contribuenti italiani (non sono stati previsti “filtri” per la consultazione on line) da parte dell’Agenzia delle entrate ha comportato una serie di conseguenze: la centralizzazione della consultazione a livello nazionale ha consentito, in poche ore, a numerosissimi utenti, non solo in Italia ma in ogni parte del mondo, di accedere a innumerevoli dati, di estrarne copia, di formare archivi, modificare ed elaborare i dati stessi, di creare liste di profilazione e immettere ulteriormente dati in circolazione, ponendo a rischio la loro stessa esattezza. Tale modalità ha, inoltre, dilatato senza limiti il periodo di conoscibilità di dati che la legge stabilisce invece in un anno».
L’Autorità ha anche evidenziato che non era stato chiesto al Garante il parere preventivo prescritto per legge e «ha altresì specificato che va ritenuta illecita anche l’eventuale ulteriore diffusione dei dati dei contribuenti da parte di chiunque li abbia acquisiti, anche indirettamente, dal sito Internet dell’Agenzia. Tale ulteriore diffusione può esporre a conseguenze di carattere civile e penale». Ovviamente «resta fermo il diritto-dovere dei mezzi di informazione di rendere noti i dati delle posizioni di persone che, per il ruolo svolto, sono o possono essere di sicuro interesse pubblico, purché tali dati vengano estratti secondo le modalità attualmente previste dalla legge».
L’Autorità ha sottolineato «che, qualora il Parlamento e il Governo intendessero porre mano ad una revisione della normativa alla luce del mutato scenario tecnologico, si porrà l’esigenza di individuare, sentita l’Autorità, soluzioni che consentano un giusto equilibrio tra forme proporzionate di conoscenza dei dati dei contribuenti e la tutela dei diritti degli interessati».
Infine il Garante ha stabilito «di contestare all’Agenzia, con separato provvedimento, l’assenza di un’idonea informativa ai contribuenti riguardo alla forma adottata per la diffusione dei loro dati, anche al fine di determinare la relativa sanzione amministrativa». E per dare la massima conoscibilità al provvedimento «e anche per consentire a tutti di avere maggiore consapevolezza che la ulteriore messa in circolazione dei dati è un fatto illecito che può avere anche rilevanza penale», l’Autorità ha disposto la pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale.
Vicenda, insomma, chiusa. Certo, i dati continueranno “eternamente” a girare nella rete, con tutta probabilità nonostante la “voce grossa” in maniera “impunita”, ma soprattutto incontrollata, nel senso che la loro veridicità non è garantita da nessuno. Come riparazione del guasto soprattutto questo aspetto, la loro veridicità compromessa, andrebbe fatto sottolineare da tutti gli operatori dell’informazione globale.
Secondo quanto stabilito dal Collegio, composto da Francesco Pizzetti, Giuseppe Chiaravalloti, Mauro Paissan e Giuseppe Fortunato, l’Agenzia delle entrate dovrà far cessare definitivamente l’indiscriminata consultabilità, tramite il sito, dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi per l’anno 2005. Vediamone i motivi.
Innanzitutto, ha rilevato l’Autorità, «la decisione dell’Agenzia contrasta con la normativa in materia. In primo luogo, perché il Dpr n.600/1973 stabilisce che al direttore dell’Agenzia delle entrate spetta solo il compito di fissare annualmente le modalità di formazione degli elenchi delle dichiarazioni dei redditi, non le modalità della loro pubblicazione, che rimangono prerogativa del legislatore. Attualmente, per le dichiarazioni ai fini dell’imposta sui redditi, la legge prevede unicamente la distribuzione degli elenchi ai soli uffici territoriali dell’Agenzia e la loro trasmissione ai soli comuni interessati e sempre con riferimento ai contribuenti residenti nei singoli ambiti territoriali». Inoltre, «l’inserimento dei dati in Internet appare di per sé non proporzionato rispetto alla finalità della conoscibilità di questi dati».
Riguardo alla rete, l’Autorità evidenzia i problemi che già in un post precedente avevo sottolineato: «L’uso di uno strumento come Internet rende indispensabili rigorose garanzie a tutela dei cittadini. L’immissione in rete generalizzata e non protetta dei dati di tutti i contribuenti italiani (non sono stati previsti “filtri” per la consultazione on line) da parte dell’Agenzia delle entrate ha comportato una serie di conseguenze: la centralizzazione della consultazione a livello nazionale ha consentito, in poche ore, a numerosissimi utenti, non solo in Italia ma in ogni parte del mondo, di accedere a innumerevoli dati, di estrarne copia, di formare archivi, modificare ed elaborare i dati stessi, di creare liste di profilazione e immettere ulteriormente dati in circolazione, ponendo a rischio la loro stessa esattezza. Tale modalità ha, inoltre, dilatato senza limiti il periodo di conoscibilità di dati che la legge stabilisce invece in un anno».
L’Autorità ha anche evidenziato che non era stato chiesto al Garante il parere preventivo prescritto per legge e «ha altresì specificato che va ritenuta illecita anche l’eventuale ulteriore diffusione dei dati dei contribuenti da parte di chiunque li abbia acquisiti, anche indirettamente, dal sito Internet dell’Agenzia. Tale ulteriore diffusione può esporre a conseguenze di carattere civile e penale». Ovviamente «resta fermo il diritto-dovere dei mezzi di informazione di rendere noti i dati delle posizioni di persone che, per il ruolo svolto, sono o possono essere di sicuro interesse pubblico, purché tali dati vengano estratti secondo le modalità attualmente previste dalla legge».
L’Autorità ha sottolineato «che, qualora il Parlamento e il Governo intendessero porre mano ad una revisione della normativa alla luce del mutato scenario tecnologico, si porrà l’esigenza di individuare, sentita l’Autorità, soluzioni che consentano un giusto equilibrio tra forme proporzionate di conoscenza dei dati dei contribuenti e la tutela dei diritti degli interessati».
Infine il Garante ha stabilito «di contestare all’Agenzia, con separato provvedimento, l’assenza di un’idonea informativa ai contribuenti riguardo alla forma adottata per la diffusione dei loro dati, anche al fine di determinare la relativa sanzione amministrativa». E per dare la massima conoscibilità al provvedimento «e anche per consentire a tutti di avere maggiore consapevolezza che la ulteriore messa in circolazione dei dati è un fatto illecito che può avere anche rilevanza penale», l’Autorità ha disposto la pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale.
Vicenda, insomma, chiusa. Certo, i dati continueranno “eternamente” a girare nella rete, con tutta probabilità nonostante la “voce grossa” in maniera “impunita”, ma soprattutto incontrollata, nel senso che la loro veridicità non è garantita da nessuno. Come riparazione del guasto soprattutto questo aspetto, la loro veridicità compromessa, andrebbe fatto sottolineare da tutti gli operatori dell’informazione globale.
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