Meeten Nasr (Pesaro), traduttore e saggista, vincitore del Premio Montale per l’inedito nel 1998, ha pubblicato nel 2001 presso Book Editore “Dizionario (1998-2000)” (Isbn 88-7232-390-8). Ha scritto in una nota Giampiero Neri: «Non conosco il significato del nome Meeten, se ne ha uno nella sua lingua originaria, come è molto probabile. Certo è che nella nostra lingua ricorda la parola “mite”, e mite è appunto Meeten Nasr, l’autore di questi versi, che sembra uscito da un campionario di figure d’altri tempi. Mite è anche la sua scrittura, che predilige il tono sommesso, colloquiale, il chiaro scuro, il disegno a matita appena abbozzato. Viaggiatore svagato e inconsapevole, consegna a queste pagine con un tratto “più sottile di un capello caduto sul foglio” quel che rimane dei suoi appunti di viaggio e lascia alla poesia il compito di renderli indimenticabili. Il lettore pensieroso ne sarà convinto facilmente, attratto in pari misura dalla sapienza della scrittura e dalla presenza del suo autore che, amichevole ed elusivo, ne anima la pagina.»
Pantelleria
a Klaus H.
Regna il vento di notte. L’alba leva
un cielo appena azzurro, un corrugato
grigio marino che col blu rivela
fosse abissali, matrici di vulcani.
Torre di nere pietre fra due zolle
della pangea, da Malta attendi il sole
che illumini i vigneti, i muri a secco,
i rosei stami dei capperi non colti.
Anch’io mi nutro di saggezza obliqua
nell’isola remota, senza tempo,
dove scirocco impazza a buon diritto
sullo zibibbo, quando dalle stelle
entra nei sesi un raggio che riscuote
i bimbi morti che Odisseo depose.
Tramonto a Pantelleria
Il sole è declinato senza il raggio
verde in cui speravo, anche se solo
siedo a questo tavolo del Trattu
volto a ponente. Avrei desiderato
d’essere meglio amato da te assente,
tu sempre lontana dal mio fianco
quando lotto con l’angelo e col tempo
che ora scorre in silenzio e già nasconde
la costa, il mare, i desideri. E rosso
è l’ultimo saluto a queste nubi
dell’astro che ora scalda le paludi
del topher di Cartagine. Ed è sera.
Pantelleria
a Klaus H.
Regna il vento di notte. L’alba leva
un cielo appena azzurro, un corrugato
grigio marino che col blu rivela
fosse abissali, matrici di vulcani.
Torre di nere pietre fra due zolle
della pangea, da Malta attendi il sole
che illumini i vigneti, i muri a secco,
i rosei stami dei capperi non colti.
Anch’io mi nutro di saggezza obliqua
nell’isola remota, senza tempo,
dove scirocco impazza a buon diritto
sullo zibibbo, quando dalle stelle
entra nei sesi un raggio che riscuote
i bimbi morti che Odisseo depose.
Tramonto a Pantelleria
Il sole è declinato senza il raggio
verde in cui speravo, anche se solo
siedo a questo tavolo del Trattu
volto a ponente. Avrei desiderato
d’essere meglio amato da te assente,
tu sempre lontana dal mio fianco
quando lotto con l’angelo e col tempo
che ora scorre in silenzio e già nasconde
la costa, il mare, i desideri. E rosso
è l’ultimo saluto a queste nubi
dell’astro che ora scalda le paludi
del topher di Cartagine. Ed è sera.
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