sabato 3 maggio 2008

Veltrusconi un'ipotesi inesistente

Guardavo oggi un sondaggio di IPSOS Public Affairs per conto delle Edizioni Condè Nast., pubblicato sul settimanale Vanity Fair del 17 aprile 2008, realizzato il 09/04/2008, con un campione casuale rappresentativo dell’universo di riferimento realizzato attraverso campionamento per quote di genere, età, livello di scolarità, area geografica di residenza, dimensione del comune di residenza, ed effettuato tramite 800 interviste telefoniche, e relativo ad un universo costituito da popolazione residente in Italia, di 18 anni ed oltre, di entrambi i sessi, appartenenti a qualsiasi condizione sociale, residenti in famiglie con telefono (fonte: annuario Istat 2007). La questione posta era questa: “Indipendentemente dal fatto che a vincere sia Veltroni o Berlusconi, immagini che dalle elezioni del 13 e 14 aprile, emerga un chiaro vincitore, con una solida maggioranza tanto alla camera come al senato. A suo parere in questo caso il nuovo governo dovrebbe…?”.
Le due scelte, oltre all’ovvia possibilità di non scegliere, riguardavano il coinvolgimento del principale partito di opposizione nelle scelte importanti e nelle questioni delicate, oppure il governare e decidere da soli in qualsiasi questione. La prima risposta (il coinvolgimento) ha ottenuto il consenso del 62% del campione, la seconda risposta (governare e decidere da soli) il 30%. Non ha risposto l’8%. Forse contando sull’inciucio prospettato comunque dal placet del campione, i post-prodiani hanno insistito tanto con la manfrina del “una camera all’opposizione” e continuano ancora a pretendere dai vincitori collaborazione, come se non fosse netto che rappresentano non solo una parte nettamente minoritaria dell’elettorato, ma che molto probabilmente gran parte del proprio voto, forse, di un “dialogo” subalterno con Berlusconi ne farebbe volentieri a meno. Elettorato che forse trova freak quell’invito pretenzioso di Veltroni di far “partecipare” il Silvio al tavolo del bridge nel loft al tepore del caminetto.
C’è da dire che il sondaggio è del 9 aprile, quando ancora non vi era sentore d’una disfatta megagalattica della sinistra italiana e del Pd, che per non perdere la faccia, dopo aver detto d’aver quasi raggiunto l’avversario, s’è pasciuto dei compagni ex compagni di merende ingrassati ed impigriti a Palazzo Chigi e dintorni. Dunque, l’invito all’inciucio è comprensibile in chi, all’oscuro dell’evento epocale che avrebbe provocato nell’urna qualche giorno più tardi, si prospettava come miglior futuro, o miglior male, almeno la collaborazione veltrusconiana.
Interessante il quesito opposto, cioè: “E se invece dalle elezioni non emergesse un chiaro vincitore e ci fosse un sostanziale pareggio, a questo punto cosa si dovrebbe fare...?”. Le possibilità di risposta erano le seguenti: “cambiare la legge elettorale e tornare subito al voto”, oppure “la coalizione che ha ottenuto più voti dovrebbe comunque governare cercando l'appoggio di altri partiti al senato”, o infine “fare un governo formato dai due principali partiti”. Non ha risposto l’11% del campione, mentre il 47% si è dichiarato per il rifaccimento della legge ed il ritorno al voto, il 24% per il “tirare innanzi” comunque, e solo il 18% si è schierato a favore dell’inciucio. Il dato è interessante perché il veltrusconismo tanto paventato era in realtà minoritario nel Paese. Un po’ di più erano quanti suggerivano il vecchio buonsenso democristiano prima repubblica ed infine quasi la metà era per il masochismo di una nuova elezione in tempi stretti, realizzata l’ennesima pastetta elettorale.
Ma, e chiudo, una corretta lettura del dato dà ragione a quanti dicono che la legge elettorale va bene così com’è, visto che ha prodotto un buon risultato, anzi un risultato al di là di ogni aspettativa, realizzando di fatto in Parlamento una sorta di bipartitismo, che era quanto si desiderava. E, dunque, amen. Ma il referendum? Penso che basti, per aggirarlo, reintrodurre la preferenza.

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