Al tempo de la defonta, ghe iera una volta una dimostrazion in piaza, e la fola iera assai numerosa. Una guardia de publica sicureza zercava de far andar la gente, contra el muro, per lassar libero el passagio. In nome de la lege! la zigava, indrìo, indrìo! E la sburtava tuti.
Uno de la fola, ch’el iera propio fracà contra una colona, el ghe fa: Come la vol che vado indrìo, no la vedi che ghe xe la colona?
Ah, sì – ghe rispondi la guardia – ben, anca colona indrìo, in nome de la lege!
La storiella è tratta dal libro di Gianni Pinguentini “Fiabe – Leggende – Barzellette triestine”, pubblicato da Eugenio Borsatti Editore (Trieste, 1955). È una delle tante versioni sullo stesso tema. Mio padre raccontava quella di un plotone di reclute cui viene ordinato di indietreggiare di tre passi, ma dietro a loro vi era un muro che impediva l’ordine, ed anche lì la frase “storica”: Muro o no muro tre passi indrìo!
I triestini spesso si facevano beffe dei funzionari dell’impero asburgico. Certo è che a quel tempo l’amministrazione pubblica non era assenteista ed era attenta ai cittadini che ad essa si rivolgevano. Si poteva anche ridere, ma si rideva “sul sicuro”. Oggi i nostri comici non fanno altro che mettere a nudo disfunzioni e malanni. Tiriamoci su con un’altra, dalla stessa fonte, per non morire di tristezza, tanto per essere in tema.
Un frate predicava in cesa per la quaresima, e el ricordava tuti i pecati comessi in carneval. El se scaiava contra i vizi, come quel de la gola e de la superbia, el diseva che bisogna far penitenza, no solo dei propi pecati ma anca de quei dei altri.
Bisogna prima de tuto esser umili, el diseva. El terminava infin, disendo:
Fratelli ricordatevi, tutti dobbiamo morire, forse anch’io, che vi parlo!
Uno de la fola, ch’el iera propio fracà contra una colona, el ghe fa: Come la vol che vado indrìo, no la vedi che ghe xe la colona?
Ah, sì – ghe rispondi la guardia – ben, anca colona indrìo, in nome de la lege!
La storiella è tratta dal libro di Gianni Pinguentini “Fiabe – Leggende – Barzellette triestine”, pubblicato da Eugenio Borsatti Editore (Trieste, 1955). È una delle tante versioni sullo stesso tema. Mio padre raccontava quella di un plotone di reclute cui viene ordinato di indietreggiare di tre passi, ma dietro a loro vi era un muro che impediva l’ordine, ed anche lì la frase “storica”: Muro o no muro tre passi indrìo!
I triestini spesso si facevano beffe dei funzionari dell’impero asburgico. Certo è che a quel tempo l’amministrazione pubblica non era assenteista ed era attenta ai cittadini che ad essa si rivolgevano. Si poteva anche ridere, ma si rideva “sul sicuro”. Oggi i nostri comici non fanno altro che mettere a nudo disfunzioni e malanni. Tiriamoci su con un’altra, dalla stessa fonte, per non morire di tristezza, tanto per essere in tema.
Un frate predicava in cesa per la quaresima, e el ricordava tuti i pecati comessi in carneval. El se scaiava contra i vizi, come quel de la gola e de la superbia, el diseva che bisogna far penitenza, no solo dei propi pecati ma anca de quei dei altri.
Bisogna prima de tuto esser umili, el diseva. El terminava infin, disendo:
Fratelli ricordatevi, tutti dobbiamo morire, forse anch’io, che vi parlo!
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