giovedì 8 maggio 2008

La metafora dello jedi di Arcore

Con l’incarico affidato a Berlusconi esce definitivamente di scena la marmaglia magna magna chic & freak del governo Prodi. Tutta una serie di personaggi mitologici, da Pecoraro Scanio a Fioroni, a Ferrero, a Bersani, a Bianchi, Di Pietro, Bindi, Rutelli e chi già più si ricorda gli altri, sono, dunque, nomi, geroglifici sui papiri archiviati della politica italiana, materia per archeologi dell’horror nostrano di cui il masochismo italiano ama nutrirsi. E che Berlusconi riesca o non riesca a combinare qualcosa di buono, alla fin fine preoccupa poco, perché s’è comunque aperta una nuova era dove i politici in provetta confezionati alle Frattocchie o i loro cloni successivi hanno mostrato la cifra di supponenza, di spocchia, di finta supremazia culturale, per dirla con una parola sola che oggi fa tendenza, di casta, reale, palpabile, di cui sono intrisi, quasi una sorta di imprinting, che si concreta simbolo, più che nello slogan mancato “si può fare”, nel sorriso di Veltroni con cui è stata tappezzata mezza Italia.
Il dream è rimasto un dream da party per pochi intimi nel loft romano. Già oggi D’Alema, uomo come fu Andreotti per tutte le stagioni, dice: “Adesso abbiamo una nuova grande sfida davanti: costruire il Pd. Svanita l'illusione del partito leggero, senza strutture e senza iscritti, ora c'è il problema di costruire un partito moderno in grado di mettere radici nella società contemporanea”. Che significa in una parola che è tempo che l’allegra compagnia degli amici di Veltroni, lui compreso, si faccia da parte. Che si radunino pure “attorno al caminetto” a giocare a Risiko ma che non disturbino più il manovratore. No government no party insomma. Una condanna.
Perché, va detto, i seguaci del “si può fare”, vecchi e nuovi che siano, che per una cattiva lettura dei tempi da parte delle redazioni inflazionano il video, ogni volta che esternano, esternano presunzione e supponenza, quasi che il risultato del voto fosse uno scherzo: ostentano la loro superiorità di intellighenzia cultural-politica senza rendersi conto che così facendo aumentano l’avversione della gente che ha gridato e continua a gridare che il meraviglioso abito che offrono all’Italia non esiste, insomma per girarla che Veltroni è nudo, che il Pd è nudo. Il mago di Oz ha finito con l’incantare se stesso. Ma la quotidianità italiana non è un film, la società italiana continua la sua evoluzione senza curarsi dei sognatori, perché in un’epoca di globalizzazione non ne ha il tempo. Chiede concretezza, non sogni o intellettualismi o voli pindarici. Non è facile da comprendere per chi per troppo tempo è rimasto sul bordo di uno stagno a bearsi della propria immagine.
Non stupisce, dunque, che si sollevi grande meraviglia riguardo alla lista di governo: «Stavolta il Cavaliere non ci ha stupito con effetti speciali. Non ha neanche provato a mettere insieme un “dream team”», scrive oggi qualcuno riprendendo temi già sentiti ieri sera. “Non ci sono sorprese nella gerarchia dei ministri né invenzioni nella distribuzione degli incarichi. Non ci sono grandi personalità della politica né brillanti innesti dalla società civile. C'è un uomo solo al comando”. Non comprendendone a pieno i motivi si riprova la falsariga dell’uomo del destino, oggi cavaliere jedi, lo Jedi di Arcore che ha capito qual è il “lato oscuro della forza”. Ma attenti agli aggettivi. Berlusconi nell’immaginario di Giannini, è il Cancelliere, l'Oscuro Signore dei Sith, colui che si proclamerà Imperatore Galattico. E dunque, avendo capito “la tensione della legislatura che sta per cominciare”, cioè che “a dispetto della luna di miele post-elettorale, avrà qualche difficoltà a smerciare prebende sociali e sgravi fiscali con un ciclo economico a crescita zero”, se “dovrà inevitabilmente gestire un problema di consenso reale dentro il Paese, stavolta preferisce evitare qualunque dissenso potenziale dentro il governo”. Non un consesso, dunque, di primedonne, di hollywoodiani cavalieri jedi, ma tanti fidi palafrenieri e un Dart Fener, alias Giulio Tremonti.
Una tal metafora implica anche l’altra faccia della medaglia: vedere in Veltroni un possibile Luke Skywalker e in una Finocchiaro una Leila Organa. Giannini mi perdoni, ma ce ne vuole di fantasia per un tal scenario: nel senso che se nel entourage di Veltroni si pensa di sconfiggere “la Morte nera” con governi ombra o quant’altro, stante, comunque, lo si voglia o no, il gran rifiuto della gente di dare credibilità agli eredi di Prodi, si rischia realmente il ridicolo, interessi forti o no alle spalle. E a poco giova rispolverare discorsi triti e ritriti e venticelli: « Nel confronto delicato con i contribuenti, come nello scontro avvelenato con i magistrati, non c'è spazio per personalità autonome, o esterne all'inner circle del Cavaliere. Anche a costo di scelte francamente fiacche e discutibili, com'è appunto quella di Alfano. Probabilmente non sa niente di Csm e di snellimento del processo civile, anche se evidentemente deve sapere molto delle urgenze processuali del suo "principale"».
Ed avanzare quindi l’idea che « la sensazione (…) è che stavolta l'uomo di Arcore, solo al comando, vorrà davvero provare ad incarnare un'era di "bipolarismo morbido", inedita per il Paese, e di "populismo mite", inconsueta per il leader» e che «il governo che da oggi comincerà la sua navigazione rispecchierà queste intenzioni. Oscillerà tra surplace e fine tuning. Qualche strappetto riformatore qua e là (soprattutto sul federalismo e sulla Pubblica amministrazione) e per il resto un po' di benevola "manutenzione" (soprattutto sui conti pubblici e sulle tasse)» significa soltanto palesare la speranza di chi sostiene le spese dell’inchiostro, che nulla di nuovo accada per riproporre tra cinque anni la minestra stantia riscaldata del veltronismo che tanto sa di borghese e casto [da casta] “salotto buono”.

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