giovedì 31 luglio 2008

Il partito dei pompieri

C’è in Italia un “partito” che dalla secolare tradizione culturale che contraddistingue la nostra penisola ha tratto alcune verità “ideologiche” vincenti come il vecchio detto “in media re est veritas”. Così oggi su Il Corriere della Sera Massimo Franco ci ammonisce ad essere per così dire più realisti del re riguardo all’Europa. Nell’epoca di Internet e dei viaggi low cost è difficile raccontare fiabe. Sappiamo benissimo quanto precario sia negli altri paesi l’equilibrio tra Europa ed interessi interni, non solo nella testa di chi governa ma anche e soprattutto della gente – come bocciature ancora recenti insegnano. Dare a noi italiani, da sempre geneticamente esterofili lezioni su cosa sia o cosa non sia conveniente come atteggiamento nei riguardi dell’Europa è quantomeno cosa politicamente scorretta. Ma noi italiani siamo bravi a piangerci addosso, a farci venire sensi di colpa per questioni futili o inesistenti. Per questo siamo diventati i giullari del mondo - se questa sensazione ha un senso e non è solo altra paranoia strumentalizzata dalla politica dei rema contro. Sarebbe ora di buttare nel cestino o nel cesso una volta per tutte quel “ma anche”, che ci caratterizza così bene tanto da essere stato sfruttato recentemente dalla comicità di sinistra come spot elettorale pro-Veltroni. Si dice una cosa ma anche subito dopo quantomeno la si smorza la si addolcisce, si fa una cosa ma anche subito qualcosa per raffreddarne gli effetti. Non c’è una congiura europea contro l’Italia, c’è però un luogo comune che imperversa e che gli sfascisti nostrani alimentano, per cui se vai in Austria sei il solito italiano casinista, in Francia il giudizio è più o meno lo stesso e così via in tutta l’Europa. Calarsi le brache serve soltanto a consolidare il giudizio. Dobbiamo smetterla in Europa di fare i bambini che si vergognano dei propri “genitori”. Dobbiamo smetterla di considerarci l’ombelico del mondo – non siamo ragazzine che sculettano per richiamare l’attenzione: siamo un Paese che ha una grande storia e dignità che va per la sua strada con la testa alta e non ha nulla, chiunque lo guidi, che gli suggerisca o lo costringa a procedere sgattaiolando nei cantoni delle case. Una convinzione che manca. Una mancanza nazionale ben peggiore e grave di un estemporaneo “insulto” all’inno di Mameli. Comunque leggiamoci l’articolo:

I CONTRASTI CON L’ITALIA
IN DIFESA DELL’EUROPA

Un tempo si diceva che gli italiani erano europeisti ma non europei. Adesso, sembrerebbe che il nostro amore per il Vecchio Continente si stia progressivamente raffreddando; e che le istituzioni di Bruxelles e Strasburgo, alle quali si guardava come fonte di sostegno e perfino di identità, siano diventate distanti e ostili: il sospetto dichiarato del governo è che stiano congiurando contro il Bel Paese berlusconiano.
Il risultato è una sorta di braccio di ferro permanente fra Roma e Ue. Si tratti di Parlamento, Commissione o Consiglio d’Europa, che pure non ha legami istituzionali con i primi due e si occupa di diritti umani, lo scontro è garantito.
Da quando il centrodestra è tornato al potere in Italia, sta calando una coltre di diffidenza reciproca alimentata dai primi provvedimenti in materia di immigrazione e di sicurezza.
In passato, anche con la coalizione di Romano Prodi, i scontrasti si consumavano in prevalenza sui temi economici.
Ora si registrano su un piano più delicato e scivoloso perché mettono in discussione il livello di democrazia del nostro Paese.
A volte, le critiche riflettono un buon tasso di pregiudizio. Vengono suggerite e gonfiate da alcuni settori della sinistra, che brandiscono l`antiberlusconismo come una bandiera della libertà. Ma liquidare il problema così sarebbe miope.
Anche perché le reazioni indignate del governo italiano alla reprimenda del Consiglio d’Europa sul trattamento riservato ai rom si sono indirizzate subito ai «burocrati di Bruxelles». Che si tratti della Corte europea dei diritti dell’uomo, della Commissione o del Parlamento, evidentemente basta la parola «Europa» a far scattare nella maggioranza una reazione che finisce per risultare pregiudiziale almeno quanto alcune delle critiche rivolte al governo di Roma. E come se l’Italia fosse convinta di essere diventata una sorta di capro espiatorio continentale.
Forse nelle file dell’opposizione qualcuno vede in questo pericoloso avvitamento una prospettiva da incoraggiare: la quarantena italiana sarebbe la conferma del «male» rappresentato dal Cavaliere.
E chissà, magari un calcolo simile viene fatto anche in settori della maggioranza: si pensa che fomentare l’ostilità contro l’Europa serva a costruire un’identità conflittuale con un potere sovranazionale ritenuto incombente e impopolare. Ma di tensione in tensione, si perde la dimensione europea dei problemi. Si pratica un’autarchia legislativa che ha come unico referente e giudice il consenso elettorale.
Il risultato è che lo status di Paese «sorvegliato speciale» viene alimentato proprio dal modo sbrigativo col quale è rifiutato dal governo italiano.
Pochi sembrano consapevoli che uno scontro del genere può delegittimare l’Europa; ma indebolisce soprattutto l’Italia, non riducendo ma dilatando la percezione di una nostra «anomalia». Per questo, conviene ancorarsi all’Ue nonostante le difficoltà vistose; e tentare di ricucire strappi politici e insieme culturali, figli di stereotipi inaccettabili ma anche di scelte discutibili che non si possono difendere solo con l’idea del complotto antiitaliano. Altrimenti, si risponde ad un’immagine falsata dell’Italia con luoghi comuni speculari.

Il vecchio picconatore e il comunismo

Riporto qui dalle rassegne stampa odierne la lettera di Francesco Cossiga pubblicata da Il Riformista, un gustoso testo, che definirei letterario, del presidente emerito sempre fedele alla sua sottile socratica ironia serenamente polemica sulla quotidianità, che il giornale coglie e non manca di sottolineare nel sottotitolo: "Caro Ferrero, tanti auguri per l`incarico. Non possiamo stare senza comunisti". Ecco il testo:

Caro Ferrero, mi congratulo con te per la tua elezione a segretario di Rifondazione Comunista e ti auguro, e mi auguro!, che tu riesca nel disegno tuo e di altri tuoi compagni di ricostituire una sinistra che renda attuale la tradizione, le idealità, l'esperienza e la passione politiche del Partito comunista italiano in fedeltà all'ideologia marxista-leninista.
Vi sarà certamente chi, ma sicuramente non tu, si meraviglierà per questa mia lettera e soprattutto per questi miei auguri, che io non solo formulo a te, ché potrebbe anche essere un semplice atto di cortesia, ma come cittadino della comune Repubblica e come democratico, io formulo a me stesso.
Come più volte ho detto e scritto, io credo che non vi sia e non si possa "fare politica", e quindi governare democraticamente uno Stato che è stato pensato e vuole essere democratico, senza partiti e senza un chiaro riferimento culturale a quelle che in Europa sono state e sono le grandi culture politiche: quella conservatrice democratica, penso al partito conservatore di Winston Churchill, e al conservatorismo antifascista e "resistenziale" di Charles De Gaulle, quella liberale, quella cristiano-democratica, quella socialdemocratica e laburista, e infine quella comunista, e per quanto riguarda il nostro Paese, nella specificità del pensiero gramsciano e dell'iniziativa politica, il partito nuovo di Palmiro Togliatti e il partito nazionale e europeo di Enrico Berlinguer, forza determinante della Resistenza, della costruzione dello Stato democratico e della sua difesa da tentazioni golpiste, anche isolando le sue sparute frange estremiste velleitariamente "rivoluzionarie", e combattendo duramente la sovversione di sinistra e l'eversione di destra.
In una stagione politica e di pensiero, o meglio, salvo qualche eccezione, di "non pensiero": tra un Partito democratico - per il quale io ho peraltro votato pur non comprendendo in realtà per che cosa mai votassi - strano coacervo di "profughi democristiani", di cattolici integralisti, di socialisti allo sbando e di "comunisti non comunisti", che si rifanno al pensiero kennedyano-clintoniano-obamaniano - e il Popolo delle Libertà, in cui convivono ex democristiani, socialisti, liberali e "missini convertiti", io credo che ci sia bisogno di un partito che si rifaccia al comunismo di Togliatti e Berlinguer e anche di un partito "nuovo" di carattere cattolico e liberale riformista.
Ho stima per Nichi Vendola, un cattolico progressista che si richiama a quel "populismo sociale pugliese" che accomunava Di Vittorio e Tatarella. Da anni sono amico di Fausto Bertinotti che stimo, ma non ho mai compreso la sua "deriva" ambientalista e pacifista e di rifiuto teorico della violenza, come se con il pacifismo e senza violenza ci sarebbe mai potuta essere la Rivoluzione americana, la Rivoluzione francese e la Rivoluzione d`Ottobre, la Guerra Patriottica da Ovest ad Est e la Resistenza contro il nazi-fascismo, perfino da parte di militari, laici e sacerdoti cattolici e protestanti tedeschi! Ho deplorato che un iniquo sistema elettorale abbia tenuto fuori del Parlamento la così detta "sinistra radicale" e ho considerato ciò anche pericoloso, in quanto solo una sinistra comunista può essere punto di riferimento istituzionale e "metabolizzare" in senso democratico il "movimentismo" che esiste, volgendolo alla "politica" e distogliendolo da un`utopica "violenza rivoluzionaria", e rifare del sindacato, oggi quasi solo lobby impiegatizia e di pensionati, oltre che di così detti quadri, un soggetto politicoculturale che tuteli i lavoratori ma faccia anche avanzare la democrazia nel nostro Paese. E spero che tu riesca a costituire un polo unico di comunisti democratici.
Spero parimenti e mi auguro che l'amico Massimo D'Alema riesca a portare il Partito democratico, compresa la sua componente della ex sinistra sociale e i cattolici democratici di derivazione sia comunista cattolica che "dossettiana" nel movimento socialdemocratico e quindi nell'Internazionale Socialista e nel Partito socialista europeo: l'era della Democrazia cristiana di De Gasperi, di Moro, di Fanfani e di Andreotti è definitivamente tramontata con la fine della Guerra Fredda e con il Concilio Vaticano II. Questo io affermo e auguro a te e ai tuoi compagni, da cattolico-liberale e quindi "liberal-riformista".

Federalismo contro lo sceriffo di Nottingham

Riprendo da "Il Sole 24 Ore" di oggi un articolo di Guido Tabellini sul federalismo. A parte le osservazioni sull’Ici, solo in parte condivisibili perché non bisogna dimenticare che l’imposta iniqua era ed è sugli immobili su cui è rimasta una seconda tassa sulla casa, visto che si paga anche l’IRPEF, l’articolo è interessante perché mette a nudo una realtà, ben nota particolarmente ai miei lettori brembiesi: l’irresponsabilità attuale degli amministratori locali di fronte alla pressione fiscale.

Imposte trasparenti per misurare i politici

Secondo il Governo, l’attuazione del federalismo fiscale sarà l’occasione per ridurre finalmente le imposte che gravano su famiglie e imprese. Non è un’ipotesi irragionevole: in molti Paesi a struttura federale la spesa pubblica è complessivamente più bassa che negli Stati unitari allo stesso livello di sviluppo economico.
Eppure, in Italia sembra essere accaduto il contrario: negli ultimi anni la spesa dei governi locali è cresciuta più rapidamente di quella dell’amministrazione centrale. Ciò non è casuale, ma è il risultato di come è stato concepito finora il federalismo fiscale nel nostro Paese.
I governi locali hanno visto aumentare le loro responsabilità di spesa. Ma il finanziamento della spesa locale è sostanzialmente basato su trasferimenti statali, o su basi imponibili poco visibili agli elettori e sulle quali i governi locali hanno limitati margini di autonomia nella determinazione delle aliquote.
Questi rapporti finanziari tra centro e periferia hanno incentivi perversi: se i politici locali spendono di più, essi riscuotono maggiori consensi presso gli elettori perché, a torto o a ragione, i costi del finanziamento non sono percepiti a carico della comunità locale.
Il federalismo fiscale può diventare davvero l’occasione per facilitare il contenimento della spesa e delle imposte solo se riesce a cambiare radicalmente questi incentivi. Il politico locale deve subire un costo se non riesce a contenere la spesa.
Perché questo succeda, deve esservi un legame diretto e trasparente tra spesa e prelievo, e il ruolo dei trasferimenti statali deve essere quasi esclusivamente finalizzato alla perequazione tra Regioni ricche e povere.
I governi locali devono avere ampi margini nella scelta delle aliquote. E le basi imponibili locali devono essere il più possibile visibili ai cittadini e mobili sul territorio. La visibilità consente agli elettori di fare confronti tra amministrazioni più o meno efficienti; e la mobilità induce concorrenza fiscale e scoraggia un’amministrazione dal fissare aliquote più alte del vicino.
L’Ici era "odiosa" proprio perché ben visibile ai cittadini.
Per questo sopprimerla è stato un passo indietro. Occorrerà porvi rimedio con qualche altra imposta ben visibile e altrettanto "odiosa" sugli immobili locali. Ma il prelievo sugli immobili non può bastare a finanziare tutta la spesa locale.
Bisognerebbe riservare alle regioni una quota rilevante della base imponibile Irpef, che è ben visibile e mobile, su cui il governo regionale abbia piena autonomia nella scelta delle aliquote, e con modalità di prelievo e versamento che rendano trasparente la sua responsabilità.
Il federalismo fiscale ha due aspetti: il decentramento della spesa e l’autonomia finanziaria dei governi locali. Finora in Italia si è pensato solo al primo aspetto. Ma è il secondo che è di gran lunga il più importante.
A seconda di come sarà realizzato, la promessa di ridurre l’imposizione complessiva potrà essere mantenuta oppure no.
Se il Governo cercherà di rinforzare la concorrenza fiscale tra Regioni e se i governi locali dovranno finanziarsi con tributi "odiosi" ai cittadini, allora possiamo aver fiducia che scenderà la pressione fiscale.
Se invece sentiremo parlare di trasferimenti statali o di compartecipazione al gettito erariale per finanziare la spesa locale, allora sapremo che l’impegno di minori imposte sarà solo una promessa da marinaio.

Nessuno tocchi Caino ma è Abele che va salvaguardato

Diciamo tutta la verità, per favore. Molte ONG prosperano sulle disgrazie umanitarie e sulla violazione dei diritti umani: anche questo è un dato di fatto da portare nella discussione seguita al polverone sollevato dallo svedese Hammarberg con il suo “memorandum”. E, dunque, non possono essere giudicate parti neutre, testimoni neutri nelle vicende: esagerare situazioni e vicende aiuta, è buona pubblicità per la propria opera, per gli aiuti umanitari che si gestiscono, per incrementare la quantità di denaro che si gestisce. Non viviamo nell’utopia d’un mondo ideale dove il disinteresse sia il motore unico di tutto. Purtroppo. Le cronache più e più volte hanno dimostrato quanto non sia tutto oro ciò che luccica nel soccorso ai diseredati del mondo. E, dunque, sono fuori luogo osservazioni come quella della serissima agenzia missionaria MISNA, quando in un lancio accredita la documentazione raccolta frettolosamente, in gran parte da associazioni sicuramente non terze, nell’appendice del documento sulla base del fatto che “il Consiglio d’Europa, esterno alle istituzioni dell’Unione Europea, non soffre di compromessi o condizionamenti politici possibili in altre sedi istituzionali”.
Che senso ha una affermazione di tal genere? Nessuno. Il non essere una sede istituzionale “politica” non garantisce la verginità intellettuale. Anzi, è una situazione “fuori controllo”, e proprio per questo da prendere estremamente con le pinze, perché sulla normalità delle situazioni commissariati come quello di Hammarberg non hanno alcuna ragione d’esistere. E, dunque, alzare i toni nei rapporti giustifica ruolo e busta paga di molte persone. Non vi sono grilli parlanti disinteressati, diciamolo chiaro e una volta per tutte.
Perché lo stesso commissario del resto ha violato i diritti umani nel suo “memorandum”, quelli di tutto un popolo che fa della solidarietà da sempre una delle sue azioni quotidiane. Le parole gratuite di Hammarberg sono una offesa verso tutta la nostra popolazione e le nostre forze di polizia che da sempre hanno dimostrato grande senso umanitario verso gli immigrati, checché ne dica una piccola scriteriata minoranza di agit-prop nostrani, che creano la loro visibilità sul proprio sfascismo.
Signor Hammarberg, né la sua storia personale né il ruolo che oggi riveste può permetterle di criminalizzare una nazione che fa della solidarietà e dell’aiuto verso i diseredati una filosofia di vita, e che riceve spesso in cambio solo bastonate e paga per le sue aperture oggi con una crescente insicurezza che ha stravolto la vita della sua gente non solo nelle grandi città, ma anche nelle piccole comunità rurali dove la porta aperta (nel senso fisico) era una tradizione oggi sostituita da inferriate a tutte le finestre per la paura di ritrovarsi in casa malintenzionati, esperienza vissuta purtroppo da tanti. Oggi non sinti o rom o clandestini meritano l’apertura dei giornali, ma la gente comune che vive quotidianamente e fa fatica a sbarcare il lunario e che si trova esposta ad una crescente molestia. Certo esistono sinti e rom e immigrati clandestini, esistono i loro problemi che devono essere tenuti in considerazione da chi governa, e trovate soluzioni. Ed è quello che un governo finalmente sta cercando di fare. Ma non bisogna mai dimenticare che esiste anche Abele. E piaccia o non piaccia è Abele che deve essere salvaguardato.

Dipietrismo la malattia infantile del veltronismo

Ancora dalle rassegne stampa di ieri un intervento sull’edizione milanese di Libero di Davide Giacalone sull’implosione e la disgregazione della cosiddetta sinistra italiana: una presentazione realistica della situazione politica di quell’area senza idee spendibili nell’oggi che ormai si aggrappa al mero antiberlusconismo per sopravvivere e vegetare.

Perfino Napolitano ha capito che Walter ormai è alle corde

Il Quirinale pre-feriale continua ad invitare al dialogo istituzionale. A sinistra dovrebbero ascoltarlo, perché l`alternativa è il massacro settario. Osservino quel che succede a Rifondazione comunista, che ha avuto un capo, Bertinotti, che non era stato comunista (al contrario di tanti che lo sono ancora e s`affannano a negarlo) e adesso, per rivoltarsi contro la linea istituzionale e filogovernativa di quel capo, se ne sono scelti un altro, Ferrero, che fu l’unico ad essere ministro, con Prodi.
Sembrerebbe la condotta di un’accolita alticcia, ma la logica c’è, ed è tutta interna allo scontro nella sinistra.
Veltroni lo risolse scegliendo la rottura, destinando le forze minori alla cancellazione dal Parlamento e quella da lui guidata a trovare una posizione politica utile a gestire l’opposizione.
II giocattolo, però, gli si è subito rotto in mano, anche per suoi errori gravi. Ora si ritrova a gestire l’impossibile, da una parte sostenendo di non volere demonizzare l’avversario, dall’altra correndo appresso a tutti quelli che non fanno altro.
Se Veltroni fosse ancora in grado di far politica, Napolitano non sentirebbe il bisogno di quei richiami, perché sarebbe evidente non solo l’interesse a collaborare, ma a sollecitare e spingere una riforma istituzionale che dia un assetto diverso allo Stato, avvicini l’Italia al semipresidenzialismo e corregga in senso autenticamente maggioritario il sistema elettorale.
Usando l’uninominale, per dire, si ottiene: a. di cancellare le forze minori, senza radicamento locale; b. di favorire le alleanze fra forze omogenee; c. di cancellare la pessima realtà dei parlamentari nominati e da nessuno votati.
Ma Veltroni è fermo, indipietrito, assente.
Così andando le cose la sinistra si frantumerà in gruppuscoli, seguendo un’antica vocazione, ed il Partito democratico oscillerà fra il richiamarli all’alleanza antiberlusconiana e lo schiacciarli acconsentendo ad una soglia di sbarramento per le europee.
Incapace di usare la sconfitta elettorale per gestire la creazione di un partito nuovo e la definizione di un programma adeguato ai tempi, la sinistra perde l'ennesimo appuntamento con la storia e vive per sé ed in sé, regolando conti di cui non importa niente a nessuno. Anche a questo si deve la debolezza del riformismo italiano.

mercoledì 30 luglio 2008

Le armi improprie della sinistra

Riporto la parte finale dell'intervento del ministro Maroni ieri alla Camera dei Deputati. Maroni ha illustrato l'Informativa urgente del Governo sull’estensione all’intero territorio nazionale della dichiarazione dello stato di emergenza per l’eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari, deliberata dal Consiglio dei ministri in data 25 luglio 2008. La parte contiene il duro giudizio sullo sfascismo nazionale e sulla performance attuata dallo svedese Hammarberg con il suo rapporto ricco di inesattezze.

«(…) Con la riespansione della dichiarazione di stato di emergenza su tutto il territorio nazionale il Governo ha, sostanzialmente, inteso proseguire il percorso già intrapreso negli anni passati, a partire dal 2002, per assicurare sempre più civili e dignitose condizioni di accoglienza ai cittadini extracomunitari.
Si tratta, in sostanza, di continuare a fare quanto i Governi italiani hanno fatto da sette anni a questa parte e che quest’anno si era sperato, invano, che si potesse limitare a tre sole regioni.
Su questa vicenda, nei giorni scorsi, si sono sviluppate polemiche: il Governo è stato accusato di essere composto da veri e propri mascalzoni; così facendo – si è detto – i prefetti potranno avere poteri particolari e il Governo alimenterà la paura dei cittadini.
Si è detto che è una decisione davvero abominevole; si è detto che questa, la proroga di un’ordinanza che c’è da sette anni, è la misura più razzista che un Governo occidentale avesse mai pensato; si è detto che è un provvedimento che non ha precedenti né giustificazioni e che è di eccezionale gravità.
Si è detto che lo stato di emergenza apre di fatto la caccia all’immigrato su tutto il territorio nazionale; che è un modo di avere le mani libere per espropriare gli organi preposti dalla legge dalle proprie funzioni: vale per il Parlamento e per tutti gli organi periferici. Sono affermazioni gravi, infondate, che sono anche molto singolari perché provengono da esponenti politici presenti in Parlamento, molti dei quali hanno avuto una precedente esperienza di governo proprio nel Governo Prodi, che ha approvato in sede di Consiglio dei ministri queste stesse ordinanze.
Mi risulta pertanto difficile da comprendere la ragione di queste polemiche; ma voglio replicare non con espressioni mie, ma con le parole che ha usato sull’edizione del Corriere della sera di domenica un esperto di cose politiche italiane, Angelo Panebianco: « Il Governo utilizza una norma vigente per dichiarare lo stato di emergenza di fronte all’afflusso dei clandestini. Dalla sinistra partono bordate: razzismo, xenofobia, autoritarismo, intollerabile clima emergenziale. Quella norma però è stata in passato utilizzata anche dal Governo Prodi. Come mai all’epoca nessuno fiatò ? Come mai nessuno di quelli che oggi strillano accusò quel Governo di razzismo e xenofobia ? Perché i “sacri principi” devono sempre essere piegati alle esigenze politiche del momento? Non è forse un modo per dimostrare che in quei principi, utili solo come armi da brandire contro l’avversario, in realtà, non si crede affatto?»
Le politiche per contrastare l’immigrazione clandestina e la criminalità definite da questo Governo sono contenute nel pacchetto sicurezza, che si compone di un decreto-legge, di un disegno di legge e di tre decreti legislativi. Il decreto-legge è stato recentemente approvato, è entrato in vigore, e come forse saprete questa mattina abbiamo cominciato a dare immediatamente attuazione a quel provvedimento con la firma mia e del Ministro della difesa Ignazio La Russa del decreto che prevede l’utilizzo di 3 mila militari. Immediatamente attuato! Intendo portare i tre schemi di decreti legislativi all’approvazione definitiva nel prossimo Consiglio dei ministri, venerdì prossimo, a seguito dei pareri formulati dalle competenti Commissioni parlamentari e anche delle osservazioni ricevute dall’UNICEF, un’organizzazione che non ha atteggiamenti pregiudiziali ma molto concretamente vuole tutelare, come noi vogliamo tutelare, la dignità umana in primo luogo dei tanti bambini senza nome, senza volto che ci sono nei campi nomadi italiani abusivi. In questi tre decreti sono contenute le norme che riguardano una disciplina più restrittiva sui ricongiungimenti familiari, sul riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato politico, nonché in materia di stabilimento dei cittadini comunitari.
Voglio in quest’Aula spendere due parole sulla questione che è stata resa nota oggi, la preoccupazione espressa dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg in un rapporto formulato dopo una visita in Italia. Abbiamo risposto a questo rapporto, il Governo ha risposto replicando punto per punto sulle contestazioni e sulle preoccupazioni e dimostrando che sono tutte totalmente infondate, quando il Commissario parla di mancato rispetto dei diritti umani. Ma respingo con indignazione l’affermazione del Commissario del Consiglio d’Europa secondo cui gli atti di violenza avvenuti in Italia ai danni dei campi nomadi sono avvenuti « senza che vi fosse un’effettiva protezione da parte delle forze dell’ordine che a loro volta hanno condotto raid violenti contro gli insediamenti». È una falsità clamorosa: la Polizia non ha mai fatto simili! Il commissario dica quali sono questi atti! Dica quali sono questi atti! La Polizia non ha mai tenuto comportamenti di questo genere.
In conclusione, il Governo ha la ferma volontà di proseguire nell’azione intrapresa di contrasto alla criminalità e all’immigrazione clandestina, con misure efficaci ed immediate, che garantiscano il diritto di ogni cittadino a vivere nella sua città e nel suo Paese in piena sicurezza, combattendo le situazioni di degrado sociale e umano, offrendo a chi viene dall’estero in Italia per lavorare e vivere onestamente gli strumenti e i mezzi per integrarsi pienamente nel tessuto sociale, ma esigendo al contempo il pieno rispetto della legge, delle nostre culture, del nostro sistema sociale.
Questi sono i principi fondamentali contenuti nel Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo, predisposto dalla Presidenza francese dell’Unione europea. I punti qualificanti di tale Patto sono: contrasto dell’immigrazione irregolare attraverso l’impegno degli Stati ad evitare le sanatorie generalizzate e quelle relative a settori lavorativi, ricorrendo invece a strumenti di legalizzazione caso per caso, e assicurando altresì l’allontanamento dall’Unione degli stranieri che vi soggiornano irregolarmente; organizzare l’immigrazione legale in funzione delle esigenze e della capacità di accoglienza di ogni Stato membro; proteggere meglio l’Europa migliorando il controllo delle sue frontiere esterne, in uno spirito di solidarietà, anche attraverso lo sviluppo delle capacità operative di Frontex e la mobilitazione di tutti i mezzi per garantire un controllo più rigoroso dei confini terrestri e marittimi europei; costruire un sistema comune europeo in materia di asilo (è un aspetto, questo, che reputo particolarmente importante); infine, promuovere la cooperazione per favorire lo sviluppo dei Paesi terzi. Su questi principi, e sulla linea della Presidenza francese, si riconosce pienamente il Governo italiano.»

L'Italia non è lo zerbino d'Europa

L'Italia non è lo zerbino d'Europa dove tutti possono pulirsi le scarpe dalla merda raccattata qua e là in giro per il continente. La vicenda Hammarberg deve insegnare che è ora che l'Italia alzi la voce, come titola il suo editoriale Il Tempo oggi a firma di Andrea Pamparana. Ecco il testo:

Mentre un commissario del Consiglio d'Europa (che nulla ha a che vedere con l'Unione Europea) si conquistava la sua fetta di notorietà accusando il Governo italiano di raid polizieschi contro i Rom e di pericolo xenofobo nel nostro Paese, un gruppo di pescatori italiani salvava a sud di Lampedusa, in acque libiche, l'ennesimo barcone con clandestini africani lasciati impunemente partire dalla Libia.
Altri sono sbarcati ieri a Lampedusa e subito accolti, rifocillati, trattati dai poliziotti con la consueta umanità.
Il commissario europeo poi ha dovuto precisare che c'era stato un equivoco sulla parola raid. Il ministro Maroni ha replicato sdegnato alla Camera, respingendo questa ridicola ma non nuova accusa.
A questo punto vorrei ricordare un paio di cose: la prima, se i barconi fossero arrivati in Spagna il governo di sinistra di Zapatero avrebbe usato, come sempre, i cannoni delle navi della marina militare. E se non erro il commissario appartiene ad uno di quei Paesi che fino a non molti anni fa trattava i muratori friulani e gli operai del nostro Sud come schiavi, in miserevoli condizioni di lavoro e di vita. Sarebbe ora che i nostri parlamentari europei e magari lo stesso ministro Frattini reagissero non più con sdegno e parole ancorché tuonanti, ma con fatti concreti. Talvolta si ha la sensazione che l'Italia sia considerata a Bruxelles come un anello debole dell'Europa, e non come uno dei tre, quattro grandi Paesi che dell'Unione europea sono il cardine economico e soprattutto culturale fondamentale.

Squallore e basta

Accuse dal sapore di speculazione politica contro il governo, è il titolo del commento di Carlo Fusi su Il Messaggero di oggi. Ecco tutto il testo:

L'uso dei soldati pergarantire la sicurezza è, secondo il Pd, una militarizzazione delle città. Per il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. invece, la risposta efficace contro le paure dei cittadini. Ogni misura si può discutere e criticare; resta il fatto che il giudizio vero lo devono dare loro, i cittadini appunto. Gran parte della campagna elettorale si è giocata sul tema della sicurezza: la risposta dei governo, che ha voluto ottemperare ad un impegno preso prima del voto, è adesso sotto gli occhi di tutti egli effetti si vedranno in breve tempo. Ma la verità è che aldilà delle iniziative concrete, la sicurezza è anche - e forse soprattutto questione di percezione, di atteggiamento.
È per questo che il tema dell'immigrazione, dei rom, degli sbarchi, solleva così tanta attenzione. Anche in Europa, come è giusto, visto che buona parte delle soluzioni possono essere definite solo in ambito comunitario. Solo che bisogna farlo con la mente sgombra da pregiudizi, senza preclusioni politiche. Quando il commissario per i Diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, sostiene (poi parzialmente corretto dal suo portavoce) che la polizia italiana ha effettuato raid violenti contro i campi nomadi, fa affermazioni assai gravi che, per un minimo di rispetto della verità, andrebbero quanto meno documentate.
Così non è avvenuto, e la risposta del ministro Roberto Maroni è stata durissima: si tratta di falsità clamorose e totalmente infondate. È doveroso che l'Europa monitori con attenzione un terreno così delicato; è altrettanto doveroso che prima di lanciare accuse del genere chi ne ha la responsabilità si accerti della loro fondatezza.
Il rispetto dei diritti, dei rom come di tutti gli altri cittadini, è un valore irrinunciabile: avvilirlo con allarmi che hanno il sapore di speculazioni politiche contro il governo che gli italiani hanno liberamente scelto, è la mossa più sbagliata possibile.

V come Veltroni, V come vergogna

Casilino 900, il campo della vergogna che Veltroni aveva dimenticato - questo il titolo di un articolo di oggi de Il Giornale, a firma di Massimo Malpica, che evidenzia l'ipocrisia dello sfascismo nostrano. Sottotitolo: Viaggio nell'accampamento rom che l'Ue ha «scoperto» dopo 40 anni e cresciuto nell'indifferenza dei sindaci di centrosinistra.

Due bambini giocano su un lenzuolo-amaca steso tra due alberi, tra lastre di cemento, schegge di legno, piatti di plastica. Una donna allatta il suo bimbo mentre gli altri cinque figli si inseguono correndo nel fango sotto il telo di plastica che fa da tenda di fronte alla piccola roulotte dove abitano tutti.
«Cosa ci manca? Niente, solo acqua e luce», dice sorridente, come se vivere così fosse una cosa da niente. Eccolo il campo della discordia e della vergogna, il Casilino 900, cresciuto e ingrassato male - sotto le ultime amministrazioni di centrosinistra. Col risultato che, per il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Thomas Hammarberg, il Casilino 900 è una «baraccopoli», non un campo d'accoglienza. Esiste da 40
anni, questo megainsediamento degradato ma «semiregolare» , come viene definito con un'ardita acrobazia verbale. Rutelli, costretto a fine '99 a sgomberare il vicino e decennale Casilino 700 ormai fuori controllo, qui non è intervenuto.
Né Veltroni ha saputo sbrogliare questa matassa, preferendo un mantenimento dello status quo, ammantato di «solidarismo».
Ora la patata bollente ce l'ha Alemanno, che cerca una strada diversa dalla politica dei campi, e del degrado. «Ogni tanto le ruspe spingevano l'immondizia lontano dagli ingressi, poi l'intervento di "bonifica" era finito», racconta ridacchiando un nomade dell'ex Jugoslavia, «da più di 20 anni residente qui», dice mostrando la carta d'identità con l'indirizzo: via Casilina, 900. Un luogo in cui le condizioni di vita sono «inaccettabilmente basse», scrive incredulo Hammarberg. Difficile non dar ragione al commissario svedese.
Sterrati circondati da lamiere e rottami di macchine del vicino sfasciacarrozze, pozze di fango, rifiuti, assi di legno chiodate, roulotte fatiscenti dove abitano decine di persone. Qui «vivono» 650 esseri umani, più di un terzo dei quali sono bambini. Molti sono nati qui, e qui sono cresciuti, con una visione del mondo e della quotidianità che è difficile persino da comprendere.
Parabole satellitari e piscine gonfiabili sono solo improbabili metafore di una «vita normale» che a pochi minuti dal centro della capitale sembra lontanissima. La luce manca da sei mesi, l'acqua da dieci anni. «Abbiamo solo una fontana per tutti», spiega sotto una pergola di edera, tra una decina di persone sedute Klej, arrivato dal Montenegro. Qui ha passato 27 anni della sua vita, insieme alla moglie ha messo al mondo otto figli.
«Vanno tutti a scuola», giura, «l'integrazione la vogliamo». I rapporti con i romani del quartiere però sono conflittuali. Una donna si alza in piedi e agita le mani, facendo risuonare i grandi bracciali d`oro.
«Dicono che bruciamo le gomme, e qualche volta in passato è vero che c`erano fuochi e fumo, ogni comunità ha buoni e cattivi. Ma i roghi di questi giorni per me sono fatti apposta per mettere in cattiva luce noi e l'esperimento della "casa di tutti"». La «Savorengo Ker», uno chalet in legno a due piani autocostruito che vorrebbe essere una proposta alternativa e più dignitosa ai container. Per Alemanno l'esperimento è interessante, ma non va bene che l'università RomaTre l'abbia tirata su abusivamente.
Di certo gli sguardi compiaciuti di molti verso quella casa qualcosa dicono. «Non so chi sia felice di vivere nelle nostre condizioni», attacca Hassimi Bairam, uno dei portavoce del campo. «Abbiamo capito che il destino di questo campo è segnato, va bene così. Ma se dobbiamo trasferirci meglio avere case che baracche, meglio un villaggio di un campo».
Più avanti c'è il settore di kosovari e macedoni, fuggiti dalla guerra una decina d'anni fa. Quello che dicono è una condanna delle politiche sui rom di Roma e dell'Italia.
«C'è gente che è felice di vivere così, ma per me è assurdo. Io ho fatto le Olimpiadi del 1984 a Los Angeles come pugile, fino a dieci anni fa avevo una casa vera, un indirizzo mio, una vita dignitosa», sospira Giorgio, 45 anni, gli ultimi nove al Casilino 900: «Ora vivo in una capanna di legno, i miei tre figli crescono tra i rifiuti. Sono ospite in Italia, voglio rispettare le regole, lavorare, comprare una casa "di muro". I miei amici in Germania o in Francia sono stati messi in condizione di integrarsi, chi non voleva è stato allontanato, ma lì i campi non esistono. Qui, invece, purtroppo sì. Ci hanno dimenticati per anni in questa terra di nessuno».

Eurosfascismo

Continuo con una sorta di piccola rassegna stampa sulla vicenda Hammarberg. Di seguito troveranno posto nel blog alcuni articoli di oggi dalla stampa italiana, che mettono in evidenza come la questione non sia altro che una delle tante squallide operazioni contro ogni tentativo di ridare un minimo di futuro vivibile a questo Paese. Per primo un articolo di oggi de La Padania a firma Alessandro Montanari.

PARLA MARONI E PER LA SINISTRA È KO TECNICO
Costretto a difendersi dalle critiche dell`opposizione, il ministro va al contrattacco e sbaraglia il campo
ROMA - Roberto Maroni entra nell`Aula della Camera con le stimmate del ministro "razzista", che apre "la caccia agli immigrati", che tratta come criminali i bambini rom e che trasforma l`Italia in un Paese in stato d`assedio. Poi, però, quando ne esce, il castello di accuse è crollato sotto il peso di argomentazioni che la sinistra ha molta difficoltà a confutare.
Come negare, infatti, che lo stato d`emergenza sull`immigrazione è stato prorogato ininterrottamente dal 2002: cinque volte dal ministro Beppe Pisanu e due - perché solo due anni è durato l`Esecutivo guidato da Romano Prodi - dal ministro Giuliano Amato? E fatto cadere il primo mattoncino del domino propagandistico, cadono inevitabilmente anche tutti gli altri. L`estensione a tutto il territorio nazionale dello stato d`emergenza era la prassi, prima che Prodi lo limitasse a tre sole regioni; e non è affatto un provvedimento che permette di aprire «la caccia agli immigrati» quanto piuttosto di gestirne meglio il flusso: in poche parole di accogliere decentemente, e nel rispetto delle regole, gli immigrati. Maroni citai cinque milioni di curo che, in passato, si sono potuti stanziare, proprio grazie alla decretazione dello stato di emergenza, a favore delle amministrazioni locali e i 350 mila euro messi a disposizione dei rifugiati rimasti fuori dalle strutture preposte.
Solo due esempi, tra i tanti citati dal ministro, che aiutano a capire a cosa si riferisca Roberto Cota quando in Aula si richiama alla «doppia morale della sinistra», ossia all`inossidabile vizio ideologico per cui quando una cosa la fa il Governo di sinistra ha un senso umanitario e quando invece la stessa cosa la fa il Governo di destra ha un senso xenofobo.
Come l`ormai stucchevole "questione rom". Chi usò questo riferimento di natura etnica nei suoi provvedimenti fu il Governo Prodi. Con il Governo retto da Silvio Berlusconi, invece, negli atti predisposti dal Viminale, si è sempre e solo parlato di campi nomadi, senza alcun riferimento all`etnia. Però il "razzista" è Maroni...
Disarmata la propaganda ideologica, il ministro del Carroccio non ha più nessuna difficoltà a convincere delle proprie ragioni chi davvero si occupa o studia i problemi dell`immigrazione.
Che non c`è nulla da temere l`ha già capito l`Unicef e ora sembra averlo capito anche la Santa Sede. E pazienza se in Europa e in giro per il mondo c`è chi ancora chi crede che l`Italia sia quella cosa descritta sui giornali di sinistra e s`immagina, come il carneade commissario per i Diritti umani del Consiglio d`Europa Thomas Hammarberg, che il Viminale autorizzi la polizia ad effettuare raid nei campi nomadi.
Maroni respinge con indignazione l`accusa e sfida: «II Commissario dica quando ciò sarebbe avvenuto».
Insomma, l`imputato si difende brillantemente - non per niente è avvocato - e alla fine trasforma quello che doveva essere un processo politico in un trionfo politico personale. Come leggere, sennò, le dichiarazioni rilasciate in Aula dallo stesso Popolo della Libertà, che assicura fedeltà assoluta al ministro leghista e, nel farlo, accenna anche al reato di clandestinità? Ma l`opposizione deve pur sempre fare il suo mestiere.
C`è un palco e bisogna recitare la propria parte. Anche se il copione non è più credibile e sarebbe meglio riscriverlo.
Marco Minniti, che era vice di Giuliano Amato e ora di Maroni è il ministro ombra, alza i toni ma non appare troppo convinto del fatto suo quando vibra l`attacco sui tagli della Finanziaria e sulle critiche europee. L`impressione del ko tecnico, però, si ha quando viene rilanciato il ritornello buono per tutte le stagioni: «Ci state isolando dall`Europa». Quale Europa? Certo non quella zapateriana, che sugli immigrati non ha esitato a sparare. E nemmeno quella dove il reato di immigrazione clandestina esiste da anni...
Così, disinnescati tutti gli ordigni mediatici della sinistra, per la verità ben poco efficaci fa un effetto davvero straniante, se non addirittura comico, ascoltare il capogruppo dell`Italia dei Valori, il dipietrista Massimo Donadi esprimere il seguente concetto assai astruso: «Lo stato di emergenza decretato dal vostro Governo è un buon provvedimento, però non serve a niente». Oppure dare, a un ministro dell`Interno che in ventiquattro ore ha firmato il patto per Brescia, il patto per Roma, sbloccato l`invio di 3 mila militari nella città e affrontato l`Aula - questo consiglio:
«Si rimbocchi le maniche, signor ministro, perché fino adesso non ha fatto assolutamente niente». Mah...

Lo svedese delirante

Errori, bugie e improvvisazioni. Tutte le bufale spacciate per verità - così titola il quotidiano Il Giornale oggi un articolo che smaschera le fandonie del rapporto del celeberrimo e celebrato svedese, scaldasedie dei "diritti umani", Thomas Hammarberg. L'articolo è di Giacomo Susca e ritengo utile il trascriverlo qui per contribuire a svergognare una operazione di discredito alimentata dallo sfascismo nazionale che non mostra più pudori di sorta.

«Le forze dell'ordine capaci di compiere raid nei campi rom sparsi sul territorio, leggi adottate sulla scorta di pregiudizi razziali, prefetti dai superpoteri in contrasto con i principi dello Stato di diritto, pubblica sicurezza garantita col terrore poliziesco. Questa è l'Italia secondo il Consiglio d'Europa, parola di Thomas Hammarberg. Quadro immortalato nella relazione sui diritti umani delle popolazioni rom e sinti che vivono nel nostro Paese. Piena di incongruenze in materia legislativa, imprecisioni cronologiche, verità di parte, autentiche bufale e non pochi strafalcioni. Come quello che individua la povera Giovanna Reggiani, massacrata nei pressi della baraccopoli abusiva di Tor di Quinto a Roma da un romeno reo confesso, nella fantomatica «Giovana Grenga, del cui assassinio i giornali italiani hanno accusato senza prove un romeno». Dopotutto, tra le fonti «ufficiali» del documento si trova di tutto: dai siti indipendenti dell'associazionismo ai blog vagamente anarchici, alle preziose consulenze di una candidata rom nelle liste di Rifondazione comunista (non eletta) al Parlamento e qualche articolo di Repubblica.
Deve essere stata davvero una due-giorni intensa e illuminante per lo svedese commissario per i Diritti umani del Consiglio d'Europa. Quando il 19 giugno scorso Hammarberg è sbarcato per la prima volta in Italia, ha dichiarato appena sceso dall`aereo: «Sono venuto qui per farmi una mia opinione sulla situazione dei migranti e della minoranza rom nel vostro paese». Una visita lampo, dunque, «fitta» di incontri con il ministro dell'Interno Roberto Maroni, il presidente nonché il segretario dell`Associazione nazionale magistrati e soprattutto tante associazioni e Ong che difendono al causa dei rom, dall'Opera Nomadi alla Federazione Insieme. Compresa la partecipazione alla Giornata mondiale del Rifugiato ai Musei di San Salvatore in Lauro.
Tutto in meno 48 ore. Una puntatina «mordi e fuggi», ma quanto è bastato per giungere alla seguente conclusione: «Una politica in materia di immigrazione non può basarsi solo sulle preoccupazioni relative alla sicurezza pubblica. Le misure adottate al momento in Italia non rispettano i diritti umani e i principi umanitari e rischiano di appesantire il clima di xenofobia».
Da ieri il diario di viaggio del garante europeo dei rom e sinti è diventato un documento ufficiale, sebbene ancora sottoforma di bozza, inviata al governo con le relative raccomandazioni. E il testo contiene toni tanto allarmistici da mettere in discussione il rispetto della Convenzione europea dei diritti dell`uomo e delle libertà fondamentali del 1950.
LE PREMESSE E LE ACCUSE - Il commissario parte subito in quarta associando le manifestazioni popolari di protesta - come quelle di Roma, all`indomani dell`omicidio Reggiani da parte di Romulus Nicolae Mailat, o i roghi al campo nomadi di Ponticelli (Napoli), dopo il tentato rapimento di una bambina dì sei mesi ad opera di una zingara - ai provvedimenti normativi varati dal governo. Testualmente: «Episodi a volte molto violenti che rientrano nel quadro dell'adozione o della preparazione, in tempi relativamente brevi, di una legislazione che miri a introdurre ulteriori controlli alla libertà di movimento di rom e sinti, la criminalizzazione dell'immigrazione clandestina e ulteriori restrizioni ai richiedenti asilo». E ribadisce la condizione di rom e sinti in Italia, «vittime di una grave e cronica discriminazione, intanto le leggi che li riguardano sono preparate in un clima di pregiudizio xenofobo». Quindi l'attacco diretto alla società, nel punto in cui si mette in evidenza «l'uso di argomentazioni razziste nell`esercizio della politica, che sempre più spesso sceglie come obiettivo i cittadini extracomunitari, i musulmani e i rom, i quali necessitano di un disperato bisogno di protezione».
LE ISTITUZIONI NEL MIRINO - Nella nota del Consiglio d'Europa fa da spartiacque la data del 21 maggio scorso, giorno in cui il Viminale ha attribuito poteri speciali ai prefetti di Milano, Roma e Napoli per trova re soluzioni adeguate e condivise all'emergenza nomadi.
Apriti cielo. Secondo Hammarberg «instaurare lo Stato d`emergenza e conferire poteri più estesi ai "Commissari straordinari" non è il corretto approccio al fine di rispondere ai bisogni della popolazione».
Vorrà dire gli italiani? Ma no, certo: dei rom. Ma la vera «bomba» si trova al paragrafo 32 del documento.
Testuale: «Ci siamo soffermati sulle dimostrazioni antirom e sinti, in alcune occasioni violente e che si sono concluse con incendi appiccati negli insediamenti. Come è riportato dagli osservatori, i campi rom non sono stati efficacemente protetti dalla polizia italiana, che anzi ha compiuto al loro interno violenti "raid". Né sono state rese disponibili le conclusioni di eventuali inchieste aperte dalla autorità competenti a proposito di tali incidenti». Esplode la polemica.
Un tentativo di smentire, da Bruxelles, arriva. Troppo tardi.
Censurata da Hammarberg pure la partecipazione, diretta o indiretta, di forze politiche alle proteste dei cittadini così come l`immancabile responsabilità dei mezzi di comunicazione. L`Italia, insomma, piuttosto che sgomberare i fortini dell'illegalità e sottrarre i minori del racket dello sfruttamento dovrebbe preoccuparsi di tutelare i «diritti sociali» di tutti i rom, compreso «il diritto a un'abitazione decente».
LE «SVISTE» CLAMOROSE - Tanto inchiostro è sprecato nel chiedere alle autorità italiane di precisare all'Unione l'uso del termine «nomadi», che «non deve avere un significato discriminatorio e negativo nell'identificare le comunità rom, sinti e camminanti». Un appunto che Hammarberg avrebbe dovuto fare all'Opera Nomadi, che questa parola la porta nel nome, si direbbe senza intento persecutorio.
Ben più seria la gaffe sulle espulsioni. Il Consiglio d'Europa ammonisce l`Italia di voler piegare le politiche di pubblica sicurezza, contenute nel pacchetto Maroni, a vere e proprie «espulsioni collettive rivolte a una sola etnia». Strano che il Commissario ai Diritti umani dei cittadini europei ignori l'esistenza della Direttiva 20041381CE, recepita dall'ordinamento nazionale con il decreto legislativo n. 30 del 2007. Una norma che consente, nel pieno rispetto del Trattato, di allontanare dai confini di un paese membro gli immigrati comunitari che vivono di crimini o espedienti e non possono provvedere alla propria assistenza sanitaria. Hammarberg, inoltre, nel dossier insiste con la leggenda metropolitana del «reato penale di clandestinità», criticando la decisione del governo che «ha voluto introdurlo». Peccato che ormai anche i muri sanno che non si tratta di reato bensì di «aggravante».»

martedì 29 luglio 2008

Fuoco di paglia svedese

Personaggi come il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, non fanno bene all’Europa e a alle sue popolazioni. Gli “ultras” nella politica come nel calcio non aiutano ma sfasciano. Anche se Thomas Hammarberg sarà sicuramente, come recitava l’Antonio di Shakespeare, “un uomo d’onore”. E proprio, al contrario delle sue preoccupazioni, prese di posizione iperboliche come le sue, ingiustificate nei fatti e non certo giustificate da frettolose visite “guidate” in loco, sono potenziali irresponsabili “bombe” per provocare ulteriore xenofobia nel nostro paese. Il male dell’Italia è che, di norma, chi non è al timone rema contro. E chi rema contro trova facilmente all’estero allodole pronte a specchiarsi nelle fole che gli vengono raccontate, per darsi un passaggio sui media televisivi e della carta stampata – cosa che non guasta mai e giustifica il proprio ruolo.
Lo svedese Thomas Hammarberg non è il primo e non sarà l’ultimo “trombone” pronto a soffiare contro il tentativo di porre un argine alla questione dell’immigrazione selvaggia in Italia, paese di cui per altro forse non gli interessa granché, intento com’è stato in tutta la sua vita a ricercare sedie di prestigio nelle associazioni per i diritti umani ed in organismi internazionali. Perché risolvere la questione nel nostro paese significa ridistribuire più equamente il problema sul resto dell’Europa benestante e “benpensante”, e molto spesso pronta a difendere sì “i diritti umani”, ma in casa d’altri. Un po’ come la “morale” del gioco che si faceva nei festini della gioventù d’un tempo, quello del ballo della scopa: cercare di non farsi rifilare la scopa. La scopa ora ce l’ha l’Italia, e, dunque, pizza e mandolino ‘sta scopa se la tengano. Grazie.
E poiché non si pensi che la mia indignazione non sia meno meritevole d’attenzione dei vaffanculo di Beppe Grillo, questa in sintesi è una minima biografia del guru dei “diritti umani”. Gente mi sto scagliando contro un big.
Thomas Hammarberg è nato nel 1942 a Örnsköldsvik, Svezia, laureato in economia a Stoccolma. Un uomo che si è “costruito” sui problemi umanitari. È stato: segretario generale del Centro internazionale Olof Palme (2002-2005); ambasciatore e consigliere speciale del governo svedese per gli affari umanitari (1994-2002); rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Cambogia; rappresentante svedese in seno al gruppo di lavoro per i rifugiati nell’ambito del processo multilaterale di pace in Medio Oriente - coordinatore speciale per i programmi per i bambini per la gioventù; rappresentante personale del Primo ministro svedese per la preparazione della sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sui bambini del 2001; membro e vice-presidente del Comitato delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo (1992-97, 1994-97); membro del comitato tecnico consultivo per lo Studio delle Nazioni Unite sugli effetti sui bambini del conflitto armato (1994-96); rappresentante della Svezia durante le riunioni in ambito UNICEF, UNESCO e OIL.
In precedenza ancora ha lavorato come insegnante e giornalista in Svezia (1969-79). È stato presidente del Comitato Esecutivo Internazionale di Amnesty International (1976-79) e segretario generale (1980-86), nonché segretario generale svedese di Save the Children (1986-92), e consigliere speciale svedese Agenzia di Sviluppo, SIDA (1993-94). E potrei continuare ricordando partecipazioni accademiche e scritti o dettagliando meglio le sedie occupate.
L’indignazione mi coglie rabbiosa quando leggo di Soloni e libri stampati che pontificano da ben pagate sedie su cosa sarebbe meglio per risolvere i problemi da parte di chi sta cercando col fare di fare appunto qualcosa per rendere meno pesante una situazione da orlo dell’abisso che la gente comune, le galline di Renzo per capirci, vive quotidianamente. È nella mia natura, non so che farci.

A conclusione di questo sproloquio una AdnKronos dell’ultima ora:

SICUREZZA: PORTAVOCE HAMMARBERG A MARONI, MALINTESO SU 'RAID'
MONTANARI A ECONEWS, NESSUN INSULTO A POLIZIA ITALIANA

Roma, 29 lug. (Adnkronos) - "Credo che ci sia un malinteso sulla parola raid". Così il portavoce del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Thomas Hammarberg, Stefano Montanari, dai microfoni dell'Agenzia radiofonica Econews si indirizza al ministro dell'Interno, Roberto Maroni, sui presunti 'insulti' alla polizia italiana, spiegando poi che "il commissario non afferma che la polizia abbia compiuto dei raid con delle molotov o contro i rom, il rapporto fa riferimento a una serie di episodi di sgombero forzato di alcuni campi rom per cui il commissario è abbastanza preoccupato. Non c'è nessun insulto verso la polizia da parte del commissario".

Ed ancora per suggerire altra riflessione un articolo del maggio scorso, tratto da un sito di San Marino dove la cosa è presa con grandissima serietà:

[San Marino] - Quando è salito sul Titano ai primi di gennaio 2008, non aveva risparmiato critiche alla Repubblica di San Marino il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, che ha il compito di promuovere la sensibilizzazione ed il rispetto dei diritti umani nei quarantasette Paesi membri dell'Organizzazione.
Hammarberg, in particolare, aveva raccomandato la introduzione della figura del difensore civico.
Eppure ancora del difensore civico nemmeno l’ombra, nonostante le promesse governative.
Si leggeva nel programma del precedente governo (Partito dei Socialisti e dei Democratici, Alleanza Popolare e Sinistra Unita): “allo scopo di rafforzare la tutela della moralità nei comportamenti degli amministratori pubblici sarà valutata la possibilità di istituire la figura del Difensore Civico”.
Si legge nel programma del governo attuale (Psd, Ap, Su e Democratici di Centro): “allo scopo di rafforzare la tutela della moralità nei comportamenti degli amministratori pubblici sarà valutata la possibilità di istituire la figura del Difensore Civico.”
Eppure l’invito di Hammarberg è caduto nel vuoto. Così che il Commissario si è visto costretto a redarguire la Repubblica di San Marino ufficialmente nella sua relazione, con grande disonore per un paese che ama – giustamente – presentarsi come la più antica democrazia europea.
Nella relazione l’argomento viene concluso in questo modo: “le autorità sammarinesi hanno garantito che si sta prendendo in considerazione tale questione. Il Commissario accoglie con favore tale notizia, auspicando l’introduzione di una figura di vero Difensore Civico che abbia le competenze e l’autorità di promuovere e tutelare i diritti umani e che agisca in maniera indipendente dalle altre autorità”. (…)

Biciclette elettorali


Ho detto ai miei lettori brembiesi che il Consiglio comunale del 4 luglio scorso è stato interpretato dai capofila della maggioranza (sindaco, vicesindaco e assessore all'ambiente) come una biciclettata pre-elettorale, anche se manca ancora un anno alle elezioni - ma portarsi avanti non guasta. Ho anche citato un brano della cronaca pompieristica dell'articolista de Il Cittadino che ha assistito alla serata di "maldicenza" in piazza [visti i toni usati dal pubblico intervenuto ad interloquire con i rappresentanti della giunta e della maggioranza e più in generale con tutto il Consiglio comunale]. Molti dei miei lettori - m'han detto - si sono persi quella cronaca. Ed è un peccato. Il Cittadino come Il Piccolo è un giornale locale e lo scotto lo paga. Non è un caso che il nomignolo "Il bugiardello" sia comune ad entrambi, come penso a tutti i fogli locali che inevitabilmente si servono di fonti di cronaca locali e, dunque, di osservatori non estranei ai fatti ed agli eventi che vanno a raccontare. Ma è un errore quello di snobbare un foglio perché non lo si ritiene amico. Il Cittadino, poi, è sempre stato aperto ad ogni posizione e non a caso tiene una frequentatissima rubrica di lettere che a volte supera le due pagine dando spazio a chiunque abbia qualcosa da dire, segnalare, far pervenire ai diretti interessati e a tutto il popolo lodigiano. Rubrica forse più letta di molta cronaca.
Tornando al Consiglio del 4 luglio scorso, proprio per colmare una lacuna nei miei lettori brembiesi che si fossero persi l'articolo, lo riporto qui per intero. Buona lettura.

Giuseppe Sozzi ha l’appoggio del Pd. Alla seduta aperta di venerdì sera scintille sulle case Peep
Il sindaco di Brembio si ricandiderà
Annuncio ufficiale al consiglio in piazza, caccia alle alleanze

Brembio Ultimo consiglio comunale dedicato al rendiconto, quello del 2007, e ultima assemblea aperta in piazza: per tutti i consiglieri diventa occasione per un bilancio di mandato, e il sindaco Giuseppe Sozzi annuncia con un anno d’anticipo di ricandidarsi, «appoggiato dal Partito democratico, ma senza preclusioni verso nessuno, a patto di condividere contenuto e modalità del programma».
Il giro di commenti rispetto ai conti pubblici del 2007, che presentano un avanzo d’amministrazione di 57 mila euro, diventa occasione per un bilancio di quattro anni. «Al di là del programma, che abbiamo attuato praticamente in tutto, sono soddisfatto dell’approccio che ha avuto quest’amministrazione, nell’apertura alla gente e nell’idea di comunità, e anche per i rapporti con le minoranze, che hanno mostrato spirito di responsabilità e collaborazione, pur nel rispetto dei ruoli e nella libertà di critica - ha detto il primo cittadino Sozzi -. Ringrazio la maggioranza, sempre coesa, e annuncio che tra un anno mi ripresenterò alle elezioni con l’appoggio del Pd e insieme a chi ci vorrà stare, condividendo contenuto e modalità del programma. Ho un progetto di comunità che deve ancora essere sviluppato, e trovo giusto che con le votazioni la gente possa giudicare me e l’amministrazione per quanto fatto».
Negativo invece il giudizio delle minoranze al consuntivo 2007, e anche all’intero mandato, valutato come «un continuo navigare a vista, senza capacità di progettazione né lungimiranza», secondo il consigliere Sergio Fumich.
L’assemblea cittadina si è tenuta in piazza e nella modalità aperta: prima della votazione di ogni punto, il sindaco chiedeva se ci fossero interventi degli spettatori, nel qual caso tecnicamente sospendeva la seduta per dare la parola. Una modalità di confronto non senza rischio di qualche fuori programma, come accaduto venerdì sera: la prevista votazione della convenzione con la cooperativa assegnataria dell’area di edilizia economica e popolare è stata rimandata infatti su richiesta delle minoranze, che si lamentavano dello scarso tempo avuto per esaminarla. A quel punto proprio dal pubblico è arrivata la richiesta di intervenire, con una vivace ma civile protesta di alcuni soci della cooperativa che lamentavano le eccessive lungaggini nell’approvazione e in particolare l’atteggiamento della minoranza. Alla fine tutto è comunque rimasto sotto controllo.
Andrea Bagatta

Per chi voglia sapere cosa il consigliere capogruppo Sergio Fumich ha detto nella dichiarazione di voto congiunta di tutta la minoranza consiliare, può leggere l'intera dichiarazione pubblicata in questo blog.

PEEP, l'allegato alla convenzione


Ancora un briciolo d'informazione per i miei lettori brembiesi. La convenzione riguardante il PEEP di Via Ada Negri aveva in allegato il documento contenente i "Criteri per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi", che qui riporto per completezza.
«I prezzi massimi che le cooperative si obbligano ad applicare per la cessione degli alloggi che saranno edificati sull'area oggetto di questa convenzione misurati nella effettiva consistenza commerciale di uso corrente, non dovranno superare i seguenti limiti:
- per gli alloggi in palazzina a due piani, con aree di pertinenza comuni, composte da due o più abitazioni euro 1.300,00 (milletrecento/00) per metro quadrato;
- per abitazioni in edifici abbinati o a schiera, su due piani, dotate di aree di competenza esclusive e recintate euro 1.400,00 (millequattrocento/00) per metro quadrato;
- per abitazioni su un unico piano abbinate o a schiera euro 1.500,00 (millecinquecento/00) per metro quadrato;
- per ogni autorimessa euro 800,00 (ottocento/00) al metro quadrato;
- per superfici accessorie come portici, pianerottoli esterni, disimpegni e scale comuni con pianerottoli, sottotetti accessibili, ecc. euro 400,00 (quattrocento/00) al metro quadrato;
- per ogni metro quadrato di terreno pertinenziale urbanizzato, recintato, coperto o scoperto che sia, pavimentato o a verde, euro 86,00 (ottantasei/00) al metro quadrato.
I canoni di locazione non dovranno superare il 4% (quattro per cento) del valore desunto dai prezzi fissati per la cessione degli alloggi. Il loro adeguamento sarà calcolato secondo le indicazioni previste dalle vigenti disposizioni in materia di locazione degli immobili urbani ad uso abitazione.»

Haiku dell'altra estate

L'haiku è un metro poetico che si diffuse nella letteratura giapponese nel periodo innovatore di Yedo, che inizia nel 1603 e nel quale si assiste alla rinascita dell'attività letteraria che penetra in tutte le classi sociali. L'haiku è costituito da tre versi di complessive diciassette sillabe disposte secondo lo schema tradizionale 5-7-5. Nelle composizioni del quaderno spesso l'autore supera la rigidità formale là dove essa risulterebbe una inutile restrizione alla libertà del verso. Ne esce un discorso poetico efficace che non sfigura al confronto con le sue composizioni più lunghe.
Il mio e-book può essere scaricato dal sito Lulu.com al costo di 3 euro.
Il libro contiene tra gli altri la piccola raccolta "Haiku dell'altra estate", che sono stati più volte tradotti e pubblicati da riviste e foglietti di poesia brasiliani. In questo mese il blog:
Todas as edições da Revista, desde o número inicial, de janeiro de 1992.
che ripubblica tutti i numeri della rivista ha pubblicato il numero 9 che contiene la traduzione di quella piccola raccolta, che qui riproduco.

Número 9
LITERATURA – Revista do Escritor Brasileiro– Número 9 – Ano IV – Dezembro/1995
Editores: Nilto Maciel, Emanuel Medeiros Vieira e João Carlos Taveira
Sergio Fumich(*)
HAICAIS DO OUTRO VERAO

Pranto de folhas
e inesperada noite,
mas volta o sonho.

São doze e dez,
no silêncio da praça
sombras se escondem.

Sete degraus,
o chamado do trem
além do muro.

Dormem ao sol
as vias dos telhados,
pássaros, passos.

Silentes nuvens,
lua, graveto estala
sob o calçado.

Quieta à janela,
entre réstias de sombra
escoa o dia.

Arcos de sombra,
vento, jogos com o sol
às escondidas.

Toldado o céu
sobre a fonte, a moeda,
a água se encrespa.

Três as janelas...
Figuras se arruinam,
cega prisão.

(Tradução de José Jeronymo Rivera)

* Sergio Fumich é poeta e editor de (Keraunia – Rivista bimestrale di Poesia), em Brembio, Itália.

lunedì 28 luglio 2008

Un PEEP che viene da lontano (III)


Brembio. PEEP, terza puntata, dedicata ai miei lettori brembiesi. È tutto molto curioso, lo svolgersi degli eventi, la stesura dei documenti, le parole che si divertono a ribalzare per una piazza amplificate da un microfono. Una serata, quella del 4 luglio, da ricordare per gli elettori brembiesi; forse da far disperdere nei meandri del dimenticatoio da parte di altri. A maggior ragione da parte di chi ha usato quella adunata come palco d’un assaggio del primo comizio elettorale. Curioso l’ordine del giorno che al punto 6, quello rinviato, recitava “Esame e approvazione modifica alla convenzione stipulata con la Coop G. Fanin” e non come successivamente - come avevo suggerito nella Conferenza dei Capigruppo del 19 luglio - appariva nell’ordine del giorno dell’ultimo Consiglio, quello del 26 luglio, sabato scorso: “Esame e approvazione modifiche alla convenzione del P.E.E.P di Via Ada Negri”. Scherzi d’una notte d’inizio estate, tanto per parafrasare.
Scherzi, sogni, incubi, lapsus. Sì, forse lapsus, lapsus freudiani: quel punto messo all’ordine del giorno, i gustosi refusi della convenzione portata ad approvazione nell’ultimo Consiglio. Un lapsus è qualcosa di curioso che solletica soprattutto la fantasia di chi ascolta, o legge: certo, nulla più. Perché, poi, si dovrebbe dubitare che le cose non siano state fatte bene? Forse, sì, in modo un po' troppo superficiale… Perché?
La minoranza compatta - ricordo - rappresentata in Consiglio dai due capigruppo dei due gruppi di minoranza, è uscita dall’aula al momento del voto, dopo aver chiesto l’invio degli atti al difensore civico che per Statuto è l’organo di controllo, intendendo con questo gesto indicare di non voler assolutamente legittimare, neppure con il voto contrario, quanto stava avvenendo. Ma prima di fare questo si è presa la briga di sottolineare l’opportunità di alcuni emendamenti alla bozza di convenzione post-bando in discussione. E cioè di modificare l’articolo 8 nell’ultimo comma là dove si dava alle cooperative la responsabilità del collaudo e non solo il pagamento delle sue spese prima di consegnare le opere d’urbanizzazione al Comune, e là dove si autorizzava “comunque” le due cooperative a spartirsi il lotto unico previsto dal bando. Almeno la decenza di togliere quel “comunque”, insomma. Ed un terzo emendamento a garanzia dei soci assegnatari che non era molto capito da gran parte della maggioranza fors’anche per le obiezioni sulla sua effettiva efficacia.
Ma nel documento in discussione vi erano tanti lapsus, fratelli di quel punto all’ordine del giorno ricordato più su, che chiamarli errori materiali appare un eufemismo, da suggerire per decenza, cosa però di difficile accadimento, un nuovo passaggio in Consiglio, se, così com’era presentato, quello di sabato era legittimo per quella sede.
Ricordiamo che la convenzione nella stesura presentata in Consiglio appare un atto tra il Comune e le due Cooperative, non tra Comune ed un’entità che le rappresenti come un tutt’uno. Ciò che importa per la convenzione [a posteriori del bando] è che il progetto da approvare sia complessivo, poi… “Le due cooperative assegnatarie sono [comunque] autorizzate, una volta approvato il progetto complessivo dell’intervento, a dividersi l’area assegnata in due lotti anche se con diverse superfici, in modo che una realizzi l’intervento sul mappale 767 e l’altra sui mappali 768-772”. La convenzione oltre che nell’incipit anche nel seguito tratta come due entità distinte le due associate, eccettuato un unico caso. Ma che dire dei lapsus-refusi che imperversano. Superficialità? Si ha l’impressione che la Giunta e la maggioranza non abbiano proprio letto il documento con la necessaria attenzione. Così già nell’ultimo capoverso della premessa: “Tutto ciò premesso ritenuto e considerato quale parte integrante del presente atto, le parti convengono quanto segue, con riserva dell’esecutività di legge per quanto riguarda il Comune e in modo fin d’ora definitivo ed impegnativo per la Cooperativa, che si obbliga anche per i suoi successori ed aventi causa a qualsiasi titolo”. “Cooperativa”, come? Un errore materiale, concediamolo, il wordprocessor è più indulgente della buona vecchia penna d’un tempo. Gli errori si fanno perché si correggono con meno fatica.
Ma che dire dell’articolo 3, che recita: “Il possesso verrà trasferito alla Cooperativa con la esecutività della presente convenzione”. A quale cooperativa, visto che si usa il singolare. Suvvia! altro errore materiale. E l’articolo 8 che inizia così: “La Cooperativa nei confronti del Comune si obbliga:…”. Trascuratezza, certo. Dopo l’assegnazione si è andati a modificare la convenzione del 1999 solo nelle parti che interessavano, correggendo sì una grossa svista quale la mancanza, in uno dei tanti passaggi, della durata della concessione in diritto di superficie, ma inserendo altre cose come la possibilità del passaggio da diritto di superficie a diritto di proprietà che in precedenza non c’era, tanto che lo stesso bando recitava: “Il lotto di terreno verrà assegnato in diritto di superficie.”
Va detto che se non si è corretto l’incipit dell’articolo 8 si è intervenuti però sugli ultimi due capoversi (uno dei quali e quello del collaudo eseguito “a cura e spese” di cui si diceva) dove fa la sua comparsa il termine “Cooperative”.
Ma, cosa buffa, l’articolo 9 ripropone il ripetuto colpo si sonno, al secondo comma: “I termini di ultimazione dei lavori relativi agli edifici potranno essere prorogati, a richiesta della Cooperativa, …” eccetera eccetera.. E poi, si corregge l’inizio dell’articolo 10: “Per la violazione o l’inadempienza degli obblighi convenzionali assunti dalle Cooperative (…)”, e la lettera “g” del numero “1” del primo comma, quella della spartizione di cui si diceva, ma si lascia al singolare altra lettera e numero sempre costituenti il primo comma: la lettera “f” che recita “qualora la Cooperativa non provveda all’integrale pagamento del corrispettivo”; il numero 7: “È prevista l’applicazione alla Cooperativa di una pena pecuniaria compresa tra un minimo dell’1% e un massimo del 6% dell’importo delle opere eseguite “ eccetera, eccetera.
Si è posto mano infine, correggendolo, all’articolo 14, che specifica che le spese relative a questo pastrocchio, pardon all’atto, “sono a carico delle Cooperative”, all’art. 15 che specifica con l’elezione del domicilio che le parti sono chiaramente tre; all’articolo 16 che recitando “La risoluzione delle controversie relative all’interpretazione ed esecuzione della presente convenzione saranno rimesse alla decisione di un collegio arbitrale composto da tre membri da nominarsi in numero di uno per ciascuna delle parti ed un terzo del Presidente del Tribunale di Lodi in ricorso della parte più diligente e previo avviso dell’altra”, cioè in caso di inadempienze l’articolo indicherebbe che le due cooperative rispondano in solido.
Ciliegina sulla torta è comunque l’articolo 19 che recita: “La presente convenzione è fin d’ora vincolante per la Cooperativa e lo diverrà, per il Comune, ad intervenuta sua approvazione nelle forme di legge”.
Morale della favola: la gatta frettolosa fece i gattini ciechi.

Un PEEP che viene da lontano (II)

[Foto: Il Cittadino, quotidiano di Lodi]


Brembio. La vicenda PEEP atto secondo, per i miei lettori brembiesi. Il 31 ottobre 2007 scadeva il termine fissato dal bando per la presentazione delle domande di assegnazione dell’area. Entro tale data pervenivano le domande della Associazione della “Cooperativa Edilizia ACLI G. Fanin S.r.l. di Brembio con la Cooperativa Edilizia Solidarietà Lodi, ovviamente di Lodi, della Società Cooperativa Edilizia L’Orizzonte di Corbetta [Milano per capirci], e della Società Cooperativa San Marco di Lodi.
In data 6 novembre 2007 la Giunta comunale con delibera n. 94 nominava la Commissione giudicatrice nelle persone del geom. Giuseppe Spagliardi, funzionario del Comune responsabile dell’Area “Gestione del territorio”, del dr. Alberto Nantista, segretario comunale del Comune, del geom. Luca Arnaldi, tecnico comunale di Orio Litta e figlio dell’assessore ai Lavori Pubblici del nostro Comune.
La Commissione riunita il 13 novembre 2007 prendeva in esame le domande pervenute e constatava che tutte e tre le società concorrenti avevano presentato tutti i documenti richiesti. Provvedeva quindi all’attribuzione dei punteggi secondo quanto stabilito nel bando che forniva il seguente risultato: la Cooperativa di Brembio consociata con la Cooperativa Solidarietà di Lodi otteneva 16 punti, 14 la Cooperativa di Corbetta, 10 la Cooperativa San Marco di Lodi. Poiché l’associazione ammessa delle due cooperative permetteva di pareggiare il punteggio per la volumetria realizzata, giocava sul risultato finale la sede in Provincia di Lodi piuttosto che quella di Corbetta fuori provincia. Evidentemente. Dico evidentemente perché la perplessità sta nel fatto che per un “lotto unico” per una volumetria di mc 3.171 si sia ammesso il fatto che due entità distinte partecipassero come un unico soggetto. La perplessità sta non nel fatto in sé, che risulterà senz’altro legittimo se l’associazione operasse come un unico soggetto, quanto piuttosto sul fatto che così non sembra sia dal momento che la convenzione modificata post-bando indica una divisione del lotto in due distinte zone di competenza: art. 10, lettera g: “(…) Le due cooperative assegnatarie sono autorizzate, una volta approvato il progetto complessivo dell’intervento, a dividersi l’area assegnata in due lotti anche se con diverse superfici, in modo che una realizzi l’intervento sul mappale 767 e l’altra sui mappali 768-772”. Tutto suona formalmente corretto, ma ciò non basta a cancellare le perplessità, soprattutto perché la convenzione modificata post-bando come si dirà nella prossima puntata, non è tra il Comune e l’associazione delle due cooperative ma tra Comune e le cooperative come entità individuali [per non aggiungere di qualche intrigante errore materiale nel testo, ma questo è ovviamente pettegolezzo].
Ora, ripeto, le carte così come si presentano, possono dare adito a qualche perplessità e spazio a dietrologie di sapore politico che vengono da lontano, dai tempi in cui il mercato immobiliare a Brembio è stato “strozzato” da discusse e chiacchierate decisioni. Ciò che fa volare molto di più la fantasia è lo svolgersi del Consiglio comunale aperto in Piazza Matteotti, che ha messo a nudo grazie ad uno scomposto intervento del presidente della Cooperativa di Brembio quinte e giochi scenici, a cui peraltro hanno contribuito in arricchimenti generosamente il vicesindaco assessore esterno Giancarlo Rando e l’assessore Russo. Purtroppo nelle carte del Consiglio non c’è nulla di tutto ciò perché il bello di un Consiglio comunale aperto è che nel momento di un intervento del pubblico la seduta viene sospesa e, dunque, manca di tanto fiato la verbalizzazione. L’unica traccia scritta di quegli scombinati interventi, istruttivi e molto “edificanti”, è quella del cronista del Cittadino che ha annotato così: “L’assemblea cittadina si è tenuta in piazza e nella modalità aperta: prima della votazione di ogni punto, il sindaco chiedeva se ci fossero interventi degli spettatori, nel qual caso tecnicamente sospendeva la seduta per dare la parola. Una modalità di confronto non senza rischio di qualche fuori programma, come accaduto venerdì sera: la prevista votazione della convenzione con la cooperativa assegnataria dell’area di edilizia economica e popolare è stata rimandata infatti su richiesta delle minoranze, che si lamentavano dello scarso tempo avuto per esaminarla. A quel punto proprio dal pubblico è arrivata la richiesta di intervenire, con una vivace ma civile protesta di alcuni soci della cooperativa che lamentavano le eccessive lungaggini nell’approvazione e in particolare l’atteggiamento della minoranza. Alla fine tutto è comunque rimasto sotto controllo.”
Il cronista è stato molto bravo a “minimizzare” la cosa e soprattutto l’impeto vomitato (la “civile protesta”) contro la maggioranza trattata alla stregua di chi compie un tradimento perché permetteva alla minoranza di reclamare che il regolamento comunale fosse rispettato circa i tempi del deposito degli atti. Il voto di rinvio è stato unanime e va dato atto al Sindaco di aver fatto rispettare la decisione del Consiglio nonostante l’estemporaneo intervento del vicesindaco assessore esterno che pretendeva, senza titolo a farlo per Statuto e regolamento, che si ritornasse sulla decisione appena presa.
La speranza – di chi è fiducioso che il buon senso alla fine prevalga anche a Brembio – e che chi ha assistito a quel Consiglio comunale, che tra l’altro ha ospitato due spot elettorali con un anno d’anticipo del sindaco e dell’assessore Russo, rispettivamente PD e Rifondazione, rifletta se non sia veramente il caso di interrompere un “regime” amministrativo che si protrae da quasi quarant’anni: meglio cambiare, no? come diceva insomma uno spot televisivo. Credetemi, per il bene reale del paese sarebbe veramente ora. E lo dice chi con tutta probabilità chiuderà qui la propria decennale esperienza comunale.
Un'ultima annotazione a chiusura di questo post. Le due minoranze congiunte sono state costrette a far rettificare oltretutto il verbale del Consiglio relativamente a quel punto. Oltre a non contenere, come si è detto, nulla di quanto sopra come previsto dal regolamento, veniva riportata la richiesta fatta dal consigliere Botti a nome di entrambi i gruppi consiliari di minoranza non come tale ma come una sua estemporanea richiesta personale in contrasto non solo con l’intervento, ma anche con la annotazione di mano del verbalizzante. Altro spazio per illazioni e uccellini sussurranti suggerimenti [dato per scontato, e su questo non vi è dubbio alcuno, il fatto che chi ha redatto materialmente il documento non abbia possibilità di iniziative personali].
La rettifica richiesta dal sottoscritto a nome dei due gruppi di minoranza alla delibera del Consiglio Comunale n. 17 del 4 luglio 2008 è la seguente: “Il consigliere Giuseppe Botti a nome di tutta la minoranza consiliare rappresenta che la documentazione relativa al punto dell’ordine del giorno non è stata depositata nei termini previsti dal regolamento, pertanto chiede il rinvio del punto in oggetto”. Piaccia o non piaccia a qualcuno, questo in sintesi l’intervento del capogruppo di “Insieme per Brembio” anche a nome del gruppo “Brembio per le libertà per la pace”.

domenica 27 luglio 2008

Un PEEP che viene da lontano (I)

Brembio. Ieri i due gruppi di minoranza consiliare sono usciti dall’aula delle adunanze dove era in corso il Consiglio Comunale rifiutandosi così di esprimere un voto sul punto all’ordine del giorno riguardante il PEEP in discussione e lasciando alla maggioranza tutta la responsabilità della decisione in merito alla variazione post-bando della convenzione con le cooperative aggregate dichiarate assegnatarie. La non partecipazione al voto è spiegata dal fatto che un voto negativo sarebbe comunque stato una legittimazione della “telenovela” che ha caratterizzato l’iter dell’intera vicenda.
Un PEEP nato sotto una cattiva stella quello di Via Ada Negri in discussione ieri in Consiglio comunale a Brembio. Sotto cattiva stella per le modalità con cui è stato formato il lotto di terreno destinato all’edificazione, stravolgendo urbanisticamente la destinazione ad uso pubblico delle aree cedute dalla lottizzazione chiamata a suo tempo “Residence 2000”, i cui “residenti” hanno tutte le ragioni di questo mondo per essere contrariati. In buona sostanza, parte dello spiazzo centrale di Via Ada Negri destinato a verde pubblico è stato trasformato in area destinata a parcheggio in modo da liberare l’area destinata originariamente a parcheggio per integrare il lotto finalizzato a PEEP. Il verde pubblico così “tagliato” in quella zona è stato spostato ad altra zona del paese individuando l’area nella zona di rispetto della provinciale per Livraga, dichiarando insomma area a verde pubblico un’area che per il vincolo già area verde era.
Tutto ciò sarà anche formalmente ineccepibile, ma mi si permetta di buttare lì l’aggettivo “esecrabile” quanto a sensibilità verso la cittadinanza ed in particolare nei riguardi degli abitanti di Via Ada Negri che si sono ritrovati una zona, nella parte pubblica, ben diversa da quella loro prospettata al momento dell’acquisto dei singoli lotti. Via Ada Negri… eh sì, la dimostrazione che la “poesia” non è patrimonio culturale di certe amministrazioni di questo Paese, che pur è paese di santi, poeti e navigatori.
“Costruito” l’appezzamento di terreno, bisognava procedere col bando in base alla legge 167/1962: questo, che riporto in questo primo post nella sua gran parte, per i miei lettori brembiesi ovviamente. In grassetto i passaggi più interessanti su cui fissare l’attenzione.

«Il Responsabile dell’Area “Gestione del Territorio”, in esecuzione della deliberazione di Giunta Comunale n. 76 del 4 settembre 2007 rende noto che l’Amministrazione Comunale intende procedere all’assegnazione delle aree che risultano edificabili all’interno del vigente Piano di Edilizia Economica e Popolare (legge 167/1962), in Via Ada Negri così contraddistinte:
Lotto “Unico”, superficie mq 3.377,27, volumetria mc 3.171,00.
Caratteristiche delle realizzazioni
Il lotto di terreno verrà assegnato in diritto di superficie. Le effettive superfici degli appezzamenti saranno definite con i frazionamenti, mentre rimarrà invariata la volumetria edificabile.
Il corrispettivo di cessione verrà quantificato in conformità a quanto stabilito nella delibera che il Consiglio Comunale assumerà per la “verifica quantità e qualità delle aree e dei fabbricati. Determinazione del prezzo di cessione per l’anno…” in vigore al momento della stipula della convenzione. A titolo meramente informativo, si porta a conoscenza che il prezzo per l’anno 2007 è di euro 41,00 (quarantuno).
La cessione verrà disciplinata da apposita convenzione da stipularsi in conformità allo schema approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 20 del 27 aprile 1999.
È vietato cedere o subappaltare il lotto assegnato ad operatore presente nella graduatoria redatta per il presente bando o ad operatore ad essa estraneo.
Gli edifici che ciascun operatore intende realizzare all’interno del lotto assegnato devono prevedere le seguenti particolarità:
- Essere costituiti da almeno quattro unità abitative;
- Prevedere unità abitative dimensionate per due persone nella quantità minima pari al 10% della volumetria assegnata;
- Utilizzare tutta la volumetria assegnata;
- L’architettura deve avere le caratteristiche per un armonico inserimento nell’ambiente urbano circostante.
È possibile, per motivi legati a fattori tecnici prevedere, in sede progettuale, la traslazione di una volumetria all’interno degli appezzamenti assegnati.
Si avverte che:
- sarà compito dell’operatore assegnatario realizzare direttamente, le opere di urbanizzazione primaria e secondaria sulla base del progetto che verrà approvato dalla Giunta Comunale con apposita deliberazione;
- l’onorario professionale per la progettazione e direzione lavori delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria di cui sopra è a carico dell’assegnatario, così come anche le spese sostenute per i frazionamenti catastali necessari.
Presentazione delle domande
(omissis)
Criteri per la redazione della graduatoria
Ai fini della redazione della graduatoria finale per l’assegnazione del lotto verranno valutati i seguenti titoli:
1. Cooperative edilizie che hanno sede nella Provincia di Lodi punti 4
2. Cooperative edilizie che non hanno sede nella Provincia di Lodi punti 2
3. Imprese edili che hanno sede nella Provincia di Lodi punti 2
4. Imprese edili che non hanno sede nella Provincia di Lodi punti 1
5. Operatori che hanno realizzato negli ultimi cinque anni (anno di rilascio della autorizzazione di abitabilità) interventi di Edilizia Economica Popolare:
Volumetria fino a mc 10.000 punti 2
Volumetria da 10.001 a mc 20.000 punti 4
Volumetria oltre i mc 20.001 punti 6
6. Cooperative Edilizie aventi soci, risultanti dal libro soci esistenti alla data del termine ultimo previsto dal bando per la prenotazione [presentazione, evidentemente un refuso, n.d.r.] delle domande, residenti a Brembio o che vi svolgono lavoro stabile, che hanno effettuato una prenotazione di alloggio mediante versamento di acconto documentabile nel termine sopra indicato punti 0,5 per ogni socio sino a punti 6 max
7. Imprese Edili che dimostrino di avere raccolto, nel termine ultimo previsto dal bando per la presentazione delle domande, prenotazione di alloggio mediante versamento di acconto documentabile nel termine sopra indicato, da parte di cittadini residenti a Brembio o che vi svolgono lavoro stabile punti 0,5 per ogni socio [prenotazione – evidentemente anche questo un “intrigante” refuso, n.d.r.] sino a punti 6 max
8. Quantità di soci, risultanti dal libro soci, che hanno residenza a Brembio titolo di preferenza.
Altre informazioni
(omissis)
Brembio, 22 settembre 2007
Firma del funzionario responsabile»

Ovviamente continua al prossimo post.

Di prossima distribuzione internazionale

Stanno per uscire in tutte le principali librerie online italiane ed internazionali:

Bandiere rosse come tramonti (libro)
(Isbn 978-1-4092-0659-0, 164 pagine, €10.50)

L'arte del patchwork è arte antica, ricorre in tutte le splendide forme della tessitura indiana, messicana, greca, nelle coperte che rallegravano le case dei coloni americani, si ritrova nelle forme avanzate dell'arte pittorica contemporanea e nell'esasperazione fotografica dell'elaborazione dei "texture", ma anche nella pop art e nelle arti figurative sperimentali. Anche le parole intessono pensieri, intrecciano emozioni, riproducono intensità e sfumature del sogno. Anche con le parole si possono realizzare patchwork, dove il discorso poetico si frammenta, si fa lucida impuntura di blocchi di immagini-linguaggio. Nei patchwork di Fumich, sulla sperimentazione verbale si innesta l'intento di un uso politico del discorso poetico mirante ad evidenziare la disumanizzazione, l'illogicità, l'alterazione continua della realtà attraverso i media perpetrata quotidianamente da questa civiltà dell'immagine e dell'apparenza cui l'uomo interessa solo in quanto veicolo di consumo.

Destinati alla polvere (libro)
(Isbn 978-1-4092-0663-7, 132 pagine, €10.50)
Il libro raccoglie "storie che non cercano eroi", tutte le poesie pubblicate dal 1995 al 2005. Lo si apre per leggervi una poesia o anche poche righe, quasi una boccata d'aria, una finestra aperta su un mondo che sta in equilibrio fra tensioni liriche ed elegiache pensosità.

La Terra del Vento (libro)
(Isbn 978-1-4092-0673-6, 152 pagine, €10.50)
Sono versi che chiedono di essere letti, e che appaiono in un primo tempo paradossalmente distanti dal Fumich scrittore di racconti. Infatti si ritrova nelle poesie una visione complementare a quella evocata dai racconti brevi e perciò rivelatrice. L'insistenza sui luoghi, sui ricordi d'infanzia, la ricerca dell'attimo come cifra dell'esistenza, la concezione delle «parole, stelle d'un mondo infinito», sono tutti elementi che confermano la nostra convinzione di un autore che propone la ricerca, anche dolorosa ed angosciante, come via di una sensatezza del vivere. (Dario Nicoli).

Oltre il punto di non ritorno (libro)
(Isbn 978-1-4092-0823-5, 88 pagine, €8.00)
"Oltre il punto di non ritorno" è una splendida dimostrazione di poesia totale, di idee, di memoria, di meditazione d'arte e di letteratura. Il poema è uno dei pochissimi testi moderni di autentico respiro poematico e, al tempo stesso, di continua intensità di immagini e di ritmo. (Giorgio Bárberi Squarotti)

Quaderno di traduzioni (libro)
(Isbn 978-1-4092-0825-9, 52 pagine, €7.00)

La plaquette contiene tutte le traduzioni effettuate dall'autore per la rivista di poesia Keraunia e altre traduzioni inedite.

Tutti i libri come i due e-book sotto elencati sono già disponibili presso il sito dell'editore e distributore internazionale Lulu.com.


Donne (e-book)
La celebrazione di un mondo "muto", promesso alla celebrazione dell'individualità, all'effimero, all'appiattimento al presente che è subito consumato, dimenticato. Ne emerge il ritratto disincantato della nostalgia, di un "responso" sulle donne che è responsabilità ritrovata.


Quaderno di haiku (e-book)
L'haiku è un metro poetico che si diffuse nella letteratura giapponese nel periodo innovatore di Yedo, che inizia nel 1603 e nel quale si assiste alla rinascita dell'attività letteraria che penetra in tutte le classi sociali. L'haiku è costituito da tre versi di complessive diciassette sillabe disposte secondo lo schema tradizionale 5-7-5. Nelle composizioni del quaderno spesso l'autore supera la rigidità formale là dove essa risulterebbe una inutile restrizione alla libertà del verso. Ne esce un discorso poetico efficace che non sfigura al confronto con le sue composizioni più lunghe.