Il tamtam insistente di questi tempi sulla necessità della modifica della legge elettorale in realtà nasconde altre necessità, diverse per i diversi sostenitori della riforma. Se ne discute oggi, perché nel 1993, sull'onda di tangentopoli una battaglia referendaria, sostenuta particolarmente da chi vedeva in essa, allora come oggi, una possibilità di stabilirsi saldamente al potere, affossò la vecchia legge elettorale, che se non aveva garantito la certezza di un governo per tutta la legislatura, permetteva almeno al Parlamento un ruolo centrale nell'attività legislativa e di controllo dell'esecutivo. I sostenitori del maggioritario dicono che quello sciagurato referendum «tracciava la giusta direzione per un nuovo sistema elettorale che attribuiva agli elettori il potere di scegliere i loro parlamentari». Ma non dicono che esso ha portato ad un regime bipolare tanto esiziale per il nostro paese, che allontanando i cittadini dalla politica, o meglio allontanando la politica dai reali bisogni dei cittadini, alla fine ne causerà la dissoluzione.
Modificata una volta la legge secondo i propri bisogni, la strada per i partiti di adattamento dello strumento alle proprie esigenze è stata spalancata.
Secondo i sostenitori della modifica il fattaccio non sarebbe avvenuto già nel 1993, ma nel 2005 quando la coalizione Berlusconi-Bossi l'affossò e la rimpiazzò con una nuova legge. Dicono: «La legge elettorale varata da Berlusconi toglie ai cittadini il diritto di scegliere i parlamentari e lo trasferisce alle oligarchie dei partiti, attraverso lo strumento delle liste bloccate. Il risultato è un Parlamento composto da signorsì, la cui rielezione dipende non dalla volontà dei cittadini, bensì da interessi organizzati che hanno il potere di alterare le regole democratiche a proprio beneficio. Non sorprende che la legge sia stata definita una "porcata" subito dopo che era stata varata dal suo stesso ideatore, il ministro Calderoli».
Poiché per lo più il tamtam proviene da sinistra, si dimentica, va evidenziato, di dire che proprio quella legge iniqua, quella «porcata» così definita anche dal suo ideatore, il leghista Calderoli, che favorirebbe sfacciatamente la sopravvivenza di Berlusconi, perché questo è il motivo di fondo, ebbe alla sua prima applicazione la «sventura» di far vincere Romano Prodi e la sua esiziale armata Brancaleone dell'Unione. Veltroni successivamente ha dimostrato che senza l'impossibile Unione non si può conquistare il potere, né con né senza gioiose macchine da guerra, in un'Italia che ha scelto il centrodestra a guidarla e dà fiducia all'odiato nemico, l'«ottavo nano», l'uomo di Arcore, il Cavaliere Nero, Berlusconi insomma. E, dunque, se lo strumento non permette al momento Prodi di sorta, va sostituito con altro, che almeno offra una chance tarpando le ali all'avversario e alle sue televisioni. Insomma il referendum del 1993 ha aperto la strada a leggi truffa nel nome del diritto del cittadino di scegliersi, giustamente, chi lo rappresenta.
Ma è proprio l'ultimo «parvenu» del cambiamento che a Mirabello ha evidenziato la cifra dell'ipocrisia della questione dicendo: «La sovranità popolare significa che le elettrici e gli elettori devono avere il diritto di scegliere i propri parlamentari, perché è vergognoso che ci sia una lista prendere o lasciare». Davvero? Ma mi dica l'on. presidente Fini dove sta l'oltraggio? Se il partito, cui tendenzialmente darei il voto, mi presenta una lista di impresentabili, mica mi ritrovo una pistola alla tempia in cabina elettorale che mi obbliga a votarla; posso non votarla e votare un'altra lista che mi dà maggiore affidamento quanto a candidati, oppure posso non votare affatto, o se voglio mandare istericamente a fare in culo tutti quanti annullando la scheda. Perché nel caso che si sponsorizza di questi tempi così animatamente, non è che io possa votare il mio vicino di casa; posso solo scegliere, se non sono fan di qualcuno, al più il meno peggio in una lista comunque fabbricata dal partito, e se si andasse all'uninominale non mi si dica che la pagliacciata delle primarie risolverebbe. La lista «prendere o lasciare», quanto a Fini, non sta bene perché non ha ancora deciso se tagliare o no il cordone ombelicale con i suoi ex colonnelli. Perché ritrovarsi, poi, fuori lista per ritorsione postuma, non è cosa furba da accettare.
La verità è che chi ha un progetto serio ed una reale volontà di mettersi al servizio del paese, non ha il problema di nascondersi dietro una falsa priorità qual è quella, contrabbandata tale, della legge elettorale, che oltretutto serve a nascondere la propria nullità politica. E lo dicono anche, che l'obiettivo è un altro: «Mobilitiamoci ora che è stata formata una forte coalizione per cambiare la legge elettorale, altrimenti il rischio è di andare nuovamente alle elezioni con la "legge porcata" e di ritrovarci altri 5 anni di governo Berlusconi, mettendo così definitivamente in pericolo la nostra democrazia». Già, l'obiettivo è solo uno, impedire a Berlusconi di vincere ancora. E, così come è stato fatto per il referendum costituzionale, mobilitare la gente su falsi obiettivi - è stato allora dimostrato - è estremamente vantaggioso.
L'aver modificato nel 1993 l'allora legge elettorale è stato un fallimento. Questa è la realtà delle cose, l'unica verità che può essere propagandata. Un ritorno al proporzionale è però impossibile, perché proprio chi oggi maggiormente fa la voce grossa sulla modifica della legge elettorale sa che, se quella fosse la legge, come partito si dissolverebbe in un batter d'occhio. Non scherziamo, dunque, sulla democrazia, quella vera e se si vuole sconfiggere Berlusconi si dia veramente mano ad un progetto che metta realmente il cittadino al centro e lo Stato al suo servizio.
Nessun commento:
Posta un commento