«Fratelli padani, so di quella stupidaggine detta da Fini, che la Padania non esiste: come se noi non esistessimo. Però ognuno è libero di suicidarsi come vuole...». Così Bossi a Venezia ha dato la stura al suo discorso, sottolineando con questa semplice frase l'inadeguatezza politica del presidente della Camera a cogliere la realtà politica d'oggi. Decisamente out uno che vuol far rinascere oggi l'Msi, la sua eredità, anche se sotto mentite spoglie. Ma le parole tradiscono l'abito. E per completare il messaggio che la Padania è molto più reale dell'Italia unitariamente «fascista» di Fini, non solo nella mente della gente del Nord, Bossi spiega nella parte centrale del suo intervento: «Sappiamo bene che l'Europa è molto attenta alla Padania: l'Europa è in crisi perché subisce la crisi di tutti gli Stati-nazione, e dovrà ricostituirsi basandosi non tanto sugli Stati-nazione, che sono falliti, ma sui popoli. E primo fra tutti il popolo padano, un grande popolo di grandi lavoratori, che ha anche forza economica costruita dalla gente. Noi non troviamo i soldi sulle piante, come pensa qualcuno, ma nascono da anni e anni di lavoro. Se non ci fossimo noi, lo sapete bene, all'Italia non aprirebbero la porta in nessun Paese del mondo. Invece aprono la porta ovunque perché ci sono la Lombardia, il Veneto, il Piemonte... Popoli laboriosi, conosciuti per la loro onestà, per la loro forza lavoratrice, per il mantenimento della parola data». E ancora: «Se ci pensate, a Londra esiste Lombard Street, non c'è «Roma Street», o «Italia street», giusto per chiarirci. Quindi i grandi popoli che oggi si uniscono nella Padania chiedono e otterranno la libertà davanti al mondo, anche nel nostro Paese, perché sono guidati nei loro bisogni da una forza politica che ci crede, che ci ha creduto ieri e che ci crederà domani. Caro Fini, i padani esistono e sono una volontà di fede del passato, di oggi e di domani. Grazie, fratelli padani e un abbraccio a tutti».
Quanto a sé, Bossi, dopo aver detto «Questa volta, per la prima volta, ho capito che un po' il tempo passa, anche per me. Ero su in montagna l'altro giorno e mi mancava il fiato: per fortuna che c'era mio figlio che mi accompagnava lungo quella stradina tutta ciottoli e dissestata. E poi si sa che in montagna manca l'ossigeno. Ma andremo avanti fino alla fine. E poi, fortunatamente, con mia moglie Manuela ho tirato su una fila di figli, tutti leghisti: se esce uno, entra l'altro. La mia è famiglia leghista: non che io li obblighi, ma sentono di portare avanti la battaglia della libertà della Padania. Dopo di noi verranno i nostri figli, la battaglia non si fermerà mai. La lotta di grandi popoli per la libertà: arriveranno a bersaglio», più avanti al termine del discorso rassicura tutti: «Io, personalmente, andrò in pensione soltanto quando la Padania sarà libera e unita: un abbraccio, fratelli padani».
Quanto all'attuale obiettivo prioritario del partito, il federalismo, Bossi assicura: «Il Federalismo è pronto, la va a giorni, la va a ore!». Un risultato che sarà ottenuto perché «questo Governo ha sostenuto con forza le riforme istituzionali». E, dunque, dice al suo popolo: «Quindi preparatevi: tocca a voi, tocca a tutti i paesi della Padania fare ciascuno una grande festa nella piazza principale, perché questa è una riforma fondamentale».
E Bossi spiega in poche parole la riforma del federalismo fiscale: «Durante tutta l'estate io e Calderoli abbiamo seguito Tremonti e alla fine abbiamo trovato l'accordo con lui. Alle Regioni, cosa importante, competerà una specie di miscela di Irpef e di Iva. Quest'ultima, dicevamo, è una tassa rigida che paga un po' tutto il Paese, anche il Sud, mentre l'Irpef è una tassa più flessibile. Faccio un esempio: se Cota avesse la disponibilità dell'Irpef, tutte le imprese che fino a ora hanno delocalizzato all'Est le farebbe tornare in Piemonte. Sulla diminuzione di imposte come l'Irpef il Federalismo è uno strumento di grande flessibilità se non è più nazionale, non dovendo più passare prima per Roma. L'Europa di certo non ci concederebbe di abbassare l'Iva, anzi, se la tocca è solo per aumentarla». E poi il federalismo demaniale: «Abbiamo portato a casa un buon Federalismo: i laghi, i fiumi almeno sono tornati alle Regioni. Adesso sappiamo di chi sono le competenze. Stavano scomparendo nel nulla quei beni, ma adesso sono tornati a casa e mai più finiranno a Roma, a Roma ladrona, come dice la Lega».
Ma a Bossi non mancano gli spunti polemici: «In giro per Roma si vede un manifesto che dice che è la Lega ladrona per Roma: certo che chi gli tocca le cose che hanno guadagnato grazie alla vecchia partitocrazia non è bene accetto. Ma noi non ci spaventiamo. Andremo avanti a cambiare il Paese, volenti o nolenti: la nostra gente è stanca di mantenere un carrozzone che comunque sarebbe destinato ad andare a fondo senza le riforme». Non solo, ma rilancia: «Ora che il Federalismo è stato portato a casa, grazie a noi, ma anche a voi, fratelli padani, e alla vostra fede», ora che «la premiata ditta Calderoli-Bossi ce l'ha fatta», «c'è subito un'altra battaglia da fare: portare a casa un po' di ministeri, che adesso sono concentrati tutti a Roma». E spiega: «In Inghilterra il decentramento è stato fatto anni fa: a Londra non c'è più nessun ministero perché sono stati tutti distribuiti alle altre città, anche i ministeri importanti come quello della scuola. Tutto è stato distribuito. Ne ha guadagnato finanziariamente, ma soprattutto ha guadagnato in libertà. E questa è la strada che vogliamo seguire noi. Da "Roma Street" alle grandi capitali della Padania, ma anche del Sud, dove ci sono grandi città». Il motivo è anche economico: «Milano, Torino, Venezia: possibile che i nostri giovani non possano avere anche loro accesso ai posti in ministero? I ministeri sono una fonte enorme di posti di lavoro e di soldi. So che siete d'accordo, e quindi noi batteremo la strada del decentramento dei ministeri». La risposta, insomma al sacco di Roma col sacco di Roma. Ed è interessante come Bossi spieghi l'iniziativa: «Sappiamo sempre prima quello che vuole la gente perché noi siamo sempre in mezzo a voi», e non ci stava male un "perché noi siamo la gente".
La prima parte dell'intervento di Bossi è dedicata all'agricoltura: «Vedo che fra di voi ci sono molti agricoltori. Abbiamo ricevuto un gruppo di Cobas del latte l'altro giorno a Milano, alla sede della Lega; ci hanno portato anche una ruota di formaggio: io e Calderoli ne abbiamo approfittato, e li ringraziamo. Devo dire che, dopo avere sentito sia Tremonti sia Berlusconi, ho chiesto al Governo di impegnarsi a trattare in Europa per ottenere quel che si può riguardo alle quote latte. Non vi abbandoneremo, fratelli agricoltori, non lasceremo che scompaia l'agricoltura padana». E ancora: «Non ci interessa quello che ha detto Fini, o quello che va in giro a dire Casini. Noi sappiamo che siete della brava gente, lavoratori sfruttati, e non lasceremo che si mettano le mani sulle vostre stalle, sui vostri beni conquistati in una vita di lavoro. Altro quello che diceva Casini in Aula, che voi siete degli imbroglioni... No, noi non ci facciamo incantare da quella gente, li conosciamo. Fini dice che abbiamo costretto gli italiani a pagare per voi, ma questo non è vero, anzi: da quando è arrivato Zaia, l'Italia non paga più nessuna multa. Grazie, Luca... So che voi lo amate in maniera particolare e pensate che abbiamo sbagliato a mandarlo a fare il governatore del Veneto: in effetti, abbiamo perso un ottimo ministro dell'Agricoltura e al suo posto ci siamo trovati Galan». Galan, che come dice Bossi, «è stato l'unico ministro che ha denunciato il proprio Governo presso l'Europa e ha invitato la Ue a penalizzare il suo Governo perché aiutava la categoria degli agricoltori».
Ed ecco il motivo del rinnovato sostegno: «Voi agricoltori l'altro giorno vi siete rivolti alla nostra premiata ditta per affrontare ancora il problema delle quote latte: lo affronteremo. Io voglio che voi veniate davanti a Berlusconi e a Tremonti a spiegare bene qual è la vostra situazione, impegnando il Governo ad andare in Europa a fare la battaglia, perché stanno succedendo cose vergognose: dalle indagini dei carabinieri sta uscendo che i numeri dati all'Europa sono tutti falsi. Quindi l'Europa deve fare il piacere di prendere atto della realtà drammatica di una categoria come quella degli agricoltori danneggiata da politici delinquenti, che erano gli antecedenti di quelli che adesso gridano contro di voi. Forse una volta, al tempo dei democristiani, le quote latte andavano bene, ma adesso dire che i delinquenti siete voi mi sembra troppo».
Sulla situazione della maggioranza era stato Roberto Maroni ad intervenire: «Se ci saranno i 316 voti di fiducia Berlusconi andrà avanti, altrimenti si deve dimettere», cui aveva fatto eco Calderoli: «A noi non serve un governicchio per mangiare il panettone. A noi serve un governo per portare a casa le riforme». Come pure il capogruppo alla Camera Reguzzoni: «Non possiamo farci fermare dal pantano romano. Si va avanti solo se si può governare». Un discorso chiaro.
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