Jacques Foos, professore onorario al Conservatoire national des Arts et Métiers, in un articolo su L'Expansion.com evidenzia i dubbi sul progetto internazionale ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) partendo dalle affermazioni del premio Nobel Georges Charpak che a sorpresa tirano in ballo la pertinenza del progetto che cerca di realizzare la fusione nucleare controllata, portato avanti da équipe internazionali di ricercatori. Gli interrogativi nascono dal fatto che certi presunti vantaggi della fusione non appaiono oggi così evidenti mentre invece le difficoltà tecniche rendono il costo molto gravoso e i ritardi d'una sua realizzazione considerevoli.
I sostenitori della fusione usano come argomento il fatto che essa non produce scorie come la fissione classica. Ma il processo libera del trizio che è un elemento radioattivo difficile da confinare per la sua piccola massa col conseguente rischio di ritrovarne nell'ambiente quantità non trascurabili. Inoltre le reazioni di fusione producono neutroni molto energetici che inducono radioattività in tutti i materiali della struttura e all'interno del perimetro del reattore, cosa che praticamente non succede negli attuali reattori. In termini di radioattività creata, si può dire che per kilowattore prodotto ci saranno altrettanti becquerel creati che per la fissione.
Altro argomento: la fusione è una fonte di energia inesauribile. Tuttavia, il reattore a fusione necessita per il suo funzionamento di importanti quantità di litio, che è un metallo relativamente raro. E soprattutto l'argomento non è oggi più sostenibile con l'avvento, ormai molto vicino, dei reattori della quarta generazione, in particolare dei reattori a neutroni rapidi che fanno del combustibile classico, uranio e plutonio, una sorgente d'energia per parecchi millenni.
Ci si può, dunque, legittimamente interrogare, dice Foos, su un progetto, stante il suo costo nel passato, quest'anno, dai 6 ai 16 miliardi di euro. Il 45% per cento di questo importo è a carico dell'Europa, sebbene dovrebbe essere visto come un progetto internazionale in un senso più ampio, in quanto se il progetto avrà successo, è certo che delle ricadute tecnologiche ne avrà giovamento il mondo intero, sia che l'abbia o no finanziato. E, dunque, dice Foos, sarebbe logico che tutti paghino «per vedere», cosa che oggi non avviene, mentre alcuni, tra cui la Francia, pagano un tributo molto pesante. E niente indica che tale budget non sia rivisto vero l'alto in avvenire, essendo negli ultimi anni quasi triplicato. E visti i ritardi, il combustibile non sarà caricato prima del 2026, Foos si chiede quanti di quelli che oggi partecipano nell'esperimento, saranno presenti alla prima prova.
Certamente la realizzazione della fusione è una sfida formidabile per gli scienziati. La storia della fusione è vecchia come l'universo, dato che le prime reazioni nucleari ebbero inizio un milionesimo di secondo dopo il Big Bang. Ancora oggi il 80% delle stelle dell'universo brillano per reazioni di fusione, come il Sole che consuma 460 milioni di tonnellate di idrogeno al secondo per una potenza dissipata di 4 miliardi di miliardi di kW. Le reazioni di fusione, poi, producono una maggiore quantità di energia, 7 volte di più delle reazioni di fissione utilizzate nei reattori nucleari. Tuttavia, perché i nuclei atomici si possano fondere, sono necessarie temperature dell'ordine del miliardo di gradi, temperature che si trovano naturalmente all'interno delle stelle. Altra questione è se l'uomo vuole ricreare tali condizioni e soprattutto controllare la reazione.
Il primo uso che fu fatto della fusione, è stato quello militare con la costruzione di una bomba. Un uso che non prevede il controllo della reazione. Inoltre per ottenere la temperatura necessaria si utilizza una bomba A classica a fissione. Il controllo della reazione è molto più complicato, in quanto la fusione risulta essere un modo di produrre un'energia gigantesca all'interno di materiali che allo stato solido non sopportano temperature superiori a qualche migliaio di gradi. Da qui l'idea di confinare il plasma caldo con campi magnetici. I primi esperimenti furono fatti negli Usa nel 1938 e i primi reattori sperimentali, i tokamak, furono sviluppati nel decennio 1958-1968, e sono funzionanti in diversi paesi. Il progetto ITER non è un altro prototipo, dovrebbe dimostrare la fattibilità industriale di un reattore a fusione. Per questo, deve riuscire a produrre più energia di quella che è necessaria per realizzare il processo di fusione e a controllare questo processo per un periodo di circa 5 minuti.
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