domenica 5 settembre 2010

Per la sua strada

Nella politica italiana c'è un «convitato di pietra». Indubbiamente, la Lega. L'uso che i media fanno del partito di Bossi va dallo sbeffeggio a Berlusconi al babau agitato per intimorire l'elettorato sullo sfascio di questo paese massonico che celebra i suoi centocinquanta anni. Il problema è che la Lega non dà cibo ghiotto per il gossip. Le parolacce e le uscite demenziali di Borghezio o di Salvini durano al più lo spazio della colazione di primo mattino, il linguaggio da bar non fa più notizia perché ormai è di uso comune. Anche il Trota non richiama più gli appassionati della presa in giro. Insomma, quel partito, un partito che continua a crescere quanto a consenso della gente, non interessa più di tanto alla carta stampata. Non una escort, non una casa in posti chic, niente fashion né pulp. E poi è gente che non molla una lira alla provocazione. Se a Cota chiedeste chi sarebbe il nemico, il primo avversario nel caso di un voto anticipato, il Pd, i finiani o chi altro, vi risponderebbe: «Ma la Lega va sempre per la sua strada. Questa è la sua forza. Non è mai contro qualcosa o qualcuno, ma per costruire qualcosa. E noi abbiamo la coscienza a posto, perché lavoriamo nell'interesse della gente». O magari, sull'affair Fini gli ricordereste il detto "dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi Iddio", vi direbbe: «Diciamo che in politica c'è la politica con la "P" maiuscola, fatta di ideali, e c'è una politica con la "p" minuscola che è fatta di cose un po' meschine. Ma questo non è il punto. Il punto è che in questo momento chi ha i voti sono solo due persone: Bossi e Berlusconi. Sono loro i due leader».
Lo stesso Bossi, di questi tempi, è di poche parole. Così ad esempio chiamato a commentare Famiglia Cristiana che bolla la riforma federale come secessionista: «Chi lo dice è uno scemo e ignorante». O del governo: «Non può tirare a campare. Deve fare le riforme. Non può restare nella palude». O su Fini: «Per quanto stupido uno possa essere non andrà mai con la sinistra»; e su Casini: «Per l'amor di Dio, abbiamo già altri casini...». E Calderoli, ormai, qualche battuta sì, per non perdere il vizio, tipo: «Il Nord se ne andrebbe in caso di colpo di Stato e il governo tecnico, nel caso, lo sarebbe». Ma preferisce parlare del federalismo: «Se a settembre chiudiamo con il decreto sui costi standard della sanità e quello sull'autonomia impositiva di Regioni e Province, avremo portato a casa il 90% della riforma», o ancora: «La riforma andrà avanti anche con un governo dimissionario». Per molti media «centralisti» spiegare che le dimissioni del governo non influiranno sul cammino del federalismo non è facile, e questo per la legge delega sul Federalismo e per la direttiva Prodi varata nel 2008, che permette di approvare i decreti legislativi legati alla legge delega , come i decreti urgenti, anche in caso di governo dimissionario o sfiduciato. E, dunque, meglio sorvolare.
Ma il problema del gossip è un grosso problema. È proprio Calderoli a sottolinearlo ad Alzano Lombardo: «Mi pare incredibile che certi argomenti si leggano non solo sulle riviste di gossip come Chi o Novella 2000 ma anche su Corriere, Repubblica e Stampa. Questo è un problema». E ancora, «Alla gente che non riesce ad arrivare a fine mese non interessa nulla delle case a Montecarlo o delle escort. E non è possibile far sembrare che tutta la vita ruoti attorno a Montecarlo. Questo è un brutto modo di far politica. Gli schiaffi sono volati, da entrambe le parti, ma adesso mi auguro che gli scontri, da una e dall'altra parte, siano messi nel cassetto. Ora torniamo a parlare di politica. Il peggior errore è stato quello di spostare sul piano personale il contrasto. E pensare poi di buttare tutto all'aria per questo. Il problema è che questi sono soltanto discorsi da Palazzo, ma se vai in un mercato e parli con la gente i cittadini ti dicono: ma sono matti a voler buttare all'aria tutto per dei contrasti personali? Per questo, dico, torniamo a parlare dei contenuti, di quanto stabilito nel programma sottoscritto con gli elettori. E chi non intende rispettarlo si assumerebbe la responsabilità di un tradimento davanti al popolo».
Niente gossip dalla Lega, dunque, ma contenuti e programmi. E serietà politica, nessuna maggioranza dalle porte aperte: no agli ondivaghi centristi dell'Udc «intanto perché non può esserci nessuna maggioranza al di fuori di quella che è venuta dal voto. La maggioranza se c'è si trova nella maggioranza. Diversamente si va al voto. E comunque no a qualunque ingresso dei democristiani, che possono chiamarsi Cesa o Casini. No, inoltre, perché non sono stati eletti dai cittadini che nel 2008 li hanno mandati all'opposizione scegliendo un'altra maggioranza. E no, infine, perché sono loro, i democristiani, i primi a voler fare la pelle a Berlusconi in prima battuta e alla Lega a seguire».
E poi, diciamocelo, come può interessare ai giornali della borghesia un movimento che irride l'ultima trovata anti-berlusconi e il suo miglior campione? Così Calderoli senza mezzi termini: «Il terzo polo? Con questa legge elettorale che ho scritto il terzo polo è fatto per fare il terzo pollo. Il manuale di trucchi di questa legge non l'ho tirato fuori, ma ce l'ho. Montezemolo? Se uno che è stato scacciato da Confindustria, scacciato da Fiat, che non riesce a far vincere la Ferrari, vuole venire a darci lezioni, siamo a posto...».
Basta gossip e basta fantapolitica. L'invito, insomma, che arriva dalla Lega è netto: «Ora torniamo a parlare di politica, torniamo a parlare di contenuti che interessano realmente alla gente».

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