Stefania Craxi è stata intervistata sabato da QN. Senza peli sulla lingua: «Con certi personaggi se gratti la patina liberale, esce fuori il fascista». Ma con chi se la prende il sottosegretario agli Esteri? «Con chi si è permesso di dare del "cani da guardia bavosi" a quegli esponenti di An che hanno liberamente scelto di non seguire Fini». Certo, hanno voltato le spalle a Fini, «questo è sotto gli occhi di tutti. Ma non si può negare che chi ha preso le distanze da Fini è stato eletto sotto le insegne del Pdl».
«E poi c'è un altro punto», continua Stefania Craxi. «Nessuno di loro ha replicato in modo scomposto. Non hanno perso la testa neppure di fronte al fatto che Fini a Mirabello abbia detto "sono colonnelli alla ricerca di un generale". Hanno dato una lezione di stile». E quelli che gli sono rimasti fedeli? Pochi, non pochi, la Craxi non ha dubbi non pochi «ma neanche così tanti come si vuol far credere. Se guardiamo bene, con Fini sono rimasti proprio i nostalgici del saluto romano. A mio parere, la scissione di An si è rivelata un vero flop».
Un dato di fatto, però, che al momento quei pochi voti dei finiani possono mettere in crisi il governo. Dice la Craxi: «È vero, si vedrà con chiarezza se Fini vuol vivere di ricatti. Se lo farà posso solo dire che non mi sembra un bel mestiere». Il pericolo di elezioni anticipate scongiurato? per il sottosegretario sembrerebbe di sì, «a parte gli eventuali ricatti», e comunque «gli ultimi eventi dimostrano che il Pdl è in piedi, e non ha timore di affrontare né la prova di governo, né quella elettorale».
Nuccio Natoli, il giornalista che ha raccolto l'intervista, alla fine le chiede il suo pensiero circa il voto anticipato. Stefania Craxi risponde: «Lo ritengo un disvalore assoluto. Sia perché tradisce la volontà degli elettori, sia perché il Paese non ha bisogno di una tornata elettorale infuocata. Se qualcuno le vorrà a ogni costo se ne assumerà la responsabilità». Nessun dubbio in proposito come sul fatto che l'elettorato saprà ben giudicare l'evento, separando la realtà dei fatti da quella virtuale della propaganda.
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