mercoledì 10 dicembre 2008

Una giustiza all'anarchia

Roberto Castelli è intervistato oggi da "La Padania" sul tema della giustizia. Titolo: "Castelli: «Giustizia da riformare, ma senza pensare alle vendette»". L'articolo è di Matteo Mauri.
«Premessa: non è corretto parlare di "riforma della giustizia"; piuttosto bisogna dire: "completamento di un'azione che abbiamo iniziato noi due legislature fa. Poi è arrivato Mastella...».
E ha bloccato tutto? «Ha fatto una controriforma. Con cui però non è riuscito a cancellare alcune cose importanti, come la scuola della Magistratura, la revisione del processo disciplinare, la messa in capo della responsabilità del procuratore capo. Ma di questo ultimo punto, evidentemente, qualcuno non se n'è accorto».
Roberto Castelli, già ministro della Giustizia per cinque anni due legislature fa, parla del degrado in cui versa la magistratura e auspica una riforma profonda ma non punitiva.
Senatore Castelli, quando dice che qualcuno non si è accorto di ciò che è successo, allude ad Eugenio Scalfari? «Certo, si sta battendo per introdurre il principio, affermando che è la cosa più importante da fare. Inoltre si dimentica di avermi insultato e attaccato per anni proprio perchè all'interno della nostra riforma c'`era proprio l'introduzione della responsabilità del procuratore capo. Il che dimostra quanto fossero pretestuose le prese di posizione di Repubblica, da molti definito come l'organo ufficiale della sinistra».
Sinistra che oggi pare meno lontana rispetto alle posizioni assunte da lei quando era ministro della Giustizia. «La sinistra si rende conto oggi di una cosa che affermo da tempo: il suo controllo della magistratura è una pia illusione. Adesso che la sinistra viene attaccata pesantemente pensa che sia il caso di dare una regolata ad un organo completamente avulso da tutto, che prende invece iniziative più politiche che giudiziarie».
Luciano Violante appare sempre più convinto della necessità di una riforma profonda: la sua è una posizione personale oppure dà voce ad una buona parte del Pd? «Non lo so. Certo, negli anni '90 Violante era considerato uno dei referenti delle "toghe rosse". Se uno come lui oggi dice certe cose mi pare comunque un fatto significativo. Quale sia il vero motivo che ha spinto Violante ad assumere certe posizioni ora è impossibile dirlo. Certo è che la sinistra sta subendo un po' ciò che ha subito Mastella. Non hanno capito cioè che lasciare ogni pm senza controllo ha lasciato tutti preda dei "cani sciolti". Pensare che il Csm potesse esercitare un controllo reale è stato pura utopia. Ci sono riusciti in parte, per esempio con Cordova e con la Forleo, parzialmente anche con De Magistris. Ora si accorgono che bisogna mettere un po' d'ordine. Adesso c'è l'anarchia».
Addirittura? «Basti pensare a Catanzaro e Salerno. Senza voler giudicare chi abbia ragione e chi torto, è chiaro che una delle due parti ha agito in modo palesemente illegale. In questa situazione degenerata resta soltanto Di Pietro a difendere lo status quo. Del resto come è possibile difendere una magistratura i cui componenti si arrestano a vicenda? Abbiamo sentito un magistrato dire che un procuratore faceva azione eversiva!».
Quindi come se ne esce? «Se ne esce realizzando quelle parti di riforma che io non ero riuscito a fare e ripristinando quelle parti cancellate da Mastella. A cominciare dalla professione in carriera, che con la controriforma Mastella è riesplosa. Bisogna poi riformare il Csm».
Non è facile... «Ormai è sotto gli occhi di tutti che la magistratura non è stata in grado di autogovernarsi, quindi bisogna intervenire».
Adesso che anche esponenti della sinistra sono coinvolti in indagini giudiziarie, è giusto dire che c'è una questione morale anche da quella parte, o che comunque non c'è più una superiorità morale della sinistra? «La superiorità è stata sempre più apparente che reale. La sinistra si è salvata per motivi molto precisi: di fronte a certi passaggi, alcuni magistrati si sono fermati. Inoltre dobbiamo ricordare che Primo Greganti non ha mai parlato, altrimenti la storia sarebbe stata diversa».
Quello che sta scoppiando da Firenze a Napoli, passando per l'Abruzzo e altre parti d'Italia è una nuova tangentopoli che questa volta colpisce in primo luogo la sinistra? «No. Se per tangentopoli intendiamo la magistratura che si fa supplente del potere politico, direi proprio di no. La magistratura non ha più quell'immagine di potere salvifico, che salvava il paese dal degrado della politica. Oggi c'è il degrado delle istituzioni, a cui anche la magistratura ha contribuito. Ci saranno indagini, magari condanne, ma non siamo di fronte ad una nuova tangentopoli».
In questa situazione, paradossalmente siamo nelle condizioni migliori per fare una riforma profonda della magistratura, magari anche con il contributo dell'opposizione? «La magistratura è debole, quindi la riforma sta per essere fatta. L'importante è che non diventi un'azione punitiva. Violante oggi ammette che avevano dato l'idea di agire per vendetta. la politica non deve compiere lo stesso errore».
Riforma della giustizia solo dopo il federalismo fiscale? «Per noi sicuramente il federalismo fiscale è più importante: è troppo tempo che aspettiamo. Essendo noi in un regime di bicameralismo perfetto, forse è possibile fare contemporaneamente le due riforme. Però lo scetticismo di Bossi non è casuale: evidentemente teme ulteriori lungaggini. Sicuramente noi non possiamo rinunciare al federalismo fiscale, ne lasciar spazio alla riforma della giustizia a scapito del federalismo fiscale. Per la Lega sarebbe inaccettabile».

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