Stevka Šmitran, nata a Bosanska Gradiška in Bosnia-Erzegovina, dopo gli studi a Belgrado si è trasferita in Italia. Poetessa, traduttrice, saggista e docente universitaria, ha pubblicato numerosi saggi sulla poesia slava e ha tradotto, tra gli altri, le opere di Ivo Andrić, Miloš Crnjanski, Miodrag Pavlović. Edizioni Tracce e Fondazione CARIPE hanno pubblicato nel 2004 il suo libro di poesie “Italica e oltre” (Isbn 9788874331495), da cui ho tratto le seguenti liriche.
Di chi è il mondo
Di chi è il mondo
degli aranci in fiore
o delle acacie a primavera
dei piccioni sul cornicione
o degli orsi all’ombra d’estate
del papiro alessandrino
o delle gardenie kosoviane.
Di chi è il mondo
dei gatti in amore
o del cielo pieno di lacrime
del fiume in piena
o della sabbia al vento.
Di chi è il mondo
se io ho solo
il suo profumo.
Il tempo mi veste
Il tempo mi veste di ricordi
e greve è l’albero, e il cielo è possente
vorrei infinite volte evocare il futuro mio probabile
e non seppellire le aurore ostinate.
Il tempo mi veste di misericordia
e mesto è il pellegrinaggio, e il mondo è provvisorio
vorrei allontanarmi per stare vicino alla terra
e non eclissare la mia stella nascente.
Il tempo mi veste di aspettazione
e gioioso è il percorso, e il mare è gonfio
vorrei attraversare nulla più che sacre immagini
e non nascondermi agli angeli rilucenti.
Il tempo mi veste di sé
cammino sulle sue ali
ascolto le sue voci
guardo le sue schegge
sconosciuti amo i suoi luoghi
e ho appena il tempo di riaddormentarmi.
Sicilia
Per ricordare calde mura della Bosnia
e le naviganti nuvole nascoste nella nicchia
scrivo il mio ritorno nella terra natia
negli agi della culla iblea
dove l’acqua e le stelle si son congiunte
e nel vasto spazio il tempo giace sazio.
Una scommessa dell’anima t’avrebbe scelto per patria
perché non sono nuova a questo mondo a me sconosciuto
che ora cela tutti i miei compleanni poetici
nel bruno odore di polvere in cima ai templi
ornati da cilindri floreali baciati dalle farfalle.
Scortata dall’improvvisa notorietà che mi hai riconosciuto
mostravo la carica dei miei miti
di cui rivivo la luce nel mistero
e che nello sguardo mi rivelava complice
dei celebri visitatori di cui profumano persino i nidi d’api
per cui nel congedo pure i pruneti m’appaiono agrumeti
nell’abbraccio il ventaglio delle ciglia s’incendia
di morbide lenzuola delle tue onde
le parole sanno dire di colori immacolati
e odono brusio familiare nelle piazze
al romanticismo siculo risponde il sentimentalismo slavo
che sposta le colonne dei due mondi nati
dalla stessa cornea di civiltà eterna.
Di chi è il mondo
Di chi è il mondo
degli aranci in fiore
o delle acacie a primavera
dei piccioni sul cornicione
o degli orsi all’ombra d’estate
del papiro alessandrino
o delle gardenie kosoviane.
Di chi è il mondo
dei gatti in amore
o del cielo pieno di lacrime
del fiume in piena
o della sabbia al vento.
Di chi è il mondo
se io ho solo
il suo profumo.
Il tempo mi veste
Il tempo mi veste di ricordi
e greve è l’albero, e il cielo è possente
vorrei infinite volte evocare il futuro mio probabile
e non seppellire le aurore ostinate.
Il tempo mi veste di misericordia
e mesto è il pellegrinaggio, e il mondo è provvisorio
vorrei allontanarmi per stare vicino alla terra
e non eclissare la mia stella nascente.
Il tempo mi veste di aspettazione
e gioioso è il percorso, e il mare è gonfio
vorrei attraversare nulla più che sacre immagini
e non nascondermi agli angeli rilucenti.
Il tempo mi veste di sé
cammino sulle sue ali
ascolto le sue voci
guardo le sue schegge
sconosciuti amo i suoi luoghi
e ho appena il tempo di riaddormentarmi.
Sicilia
Per ricordare calde mura della Bosnia
e le naviganti nuvole nascoste nella nicchia
scrivo il mio ritorno nella terra natia
negli agi della culla iblea
dove l’acqua e le stelle si son congiunte
e nel vasto spazio il tempo giace sazio.
Una scommessa dell’anima t’avrebbe scelto per patria
perché non sono nuova a questo mondo a me sconosciuto
che ora cela tutti i miei compleanni poetici
nel bruno odore di polvere in cima ai templi
ornati da cilindri floreali baciati dalle farfalle.
Scortata dall’improvvisa notorietà che mi hai riconosciuto
mostravo la carica dei miei miti
di cui rivivo la luce nel mistero
e che nello sguardo mi rivelava complice
dei celebri visitatori di cui profumano persino i nidi d’api
per cui nel congedo pure i pruneti m’appaiono agrumeti
nell’abbraccio il ventaglio delle ciglia s’incendia
di morbide lenzuola delle tue onde
le parole sanno dire di colori immacolati
e odono brusio familiare nelle piazze
al romanticismo siculo risponde il sentimentalismo slavo
che sposta le colonne dei due mondi nati
dalla stessa cornea di civiltà eterna.
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