

Scrive Francesco Moisio: «Gli amici avvocati ci hanno spiegato la “ragione giuridica” che sottostà alle assoluzioni per le morti al Petrolchimico, ci hanno anticipato i motivi in forza dei quali si opporranno a tale sentenza. In alcuni di noi si sono rafforzate antiche convinzioni sulla Legge, il Diritto, la Giustizia in questa società; in altri, forse, lo sgomento si è stemperato, lasciando luogo a considerazioni individuali sulla relatività della giustizia umana. È rimasta l’offesa. Brucia, assieme al ricordo di quei volti segnati dal male, di quelle voci dal respiro corto e affaticato, di quelle figure lentamente uccise dalla chimica in anni sul luogo di lavoro, deformate dalla chimica che cura e devasta. Brucia l’offesa per queste figure – uomini- che i “cinici sacerdoti del profitto”, come dice bene Michele Boato, vorrebbero far scomparire in una nebbia di parole. (…) La voce del poeta è debole – lo sappiamo – contro i potenti del profitto e la loro giustizia, ma, a volte, vale nel tempo a conservare una fiamma di indignazione e di impegno che restituisce alla storia il dolore di quelle morti negate, a noi la forza di credere e di operare per un mondo diverso e migliore.»
Dall’opuscolo traggo due poesie. La prima poesia è di Ferruccio Brugnaro.
Non riesco, non riesco
Basta, Brugnaro, basta
con i reparti
i fumi
le intossicazioni
basta
con i malati
i morti
basta
basta.
Brugnaro, basta
con l’emarginazione
le fabbriche
lo sfruttamento
i disoccupati
i drogati, le carceri
basta
basta.
Una grande voce
dal vuoto
mi riempie
di gelo.
Non riesco
credetemi
non riesco a schiacciare
questa vista
a chiudere
queste orbite
a buttare via queste orecchie
anime gentili
non riesco a vendere
questo cuore
non riesco a vendere
queste mani
non riesco proprio
a sputare
su questo nostro sangue.
Bestie indefinibili
mostruose dentiere
questa roba spaccata
che mi porto dentro
che ci portiamo dentro
che vuole fiorire
non sarà eliminabile
fino al giorno del fiore
fino al principio
e al tempo
del fiore.
La seconda poesia è di Antonella Barina.
Dal ponte
Stamattina Marghera è pallida
la faccia d’un uomo sbattuto
incoronata da un’aureola rosa
Non diresti quel che è
ma piuttosto un porto del Nord
Grandi spazi dove
ogni cosa si perde
Marghera adesso ch’è buio
è un portale di luce
Dietro il vetro appannato
acqua nera nell’acqua
silenziosa e distante
nel battere della pioggia
Oggi invece il cielo è nitido
e vedo ogni piolo
d’ogni scala d’ogni impianto
e di fronte ogni albero
delle Montagne Incantate
com’è nelle antiche mappe della laguna.
Marghera controluce
Scherzi di fumo
disegnati da un bambino
Alberelli radi
perché non sa disegnare
le foglie
che non crescono
Oggi non la guardo
So che è oltre il vetro
ma mi prende pigrizia
Lei sa
che non la guardo
apposta
È lì quieta
di foschia azzurrognola
Immota l’acqua
rispecchia rade luci
tagli profondi
come occhi di Pierrot
Da lontano
vista dietro alle reti da pesca
la diresti un porto antico
e sicuro
Nella nebbia
là dietro
invisibile
io so che ci sei
ancora
e ancora
e ancora
Perfino Marghera
sembra bella stanotte
una striscia di luci
e la corriera
lascia dietro di sé
una scia bianca
di falena
Nuvole basse
color grigio ferro
t’incombono sopra
Conto radi fili d’erba
Nera nave
ti esce
dal ventre
E oggi infine ti vedo
e non mi dici niente
Soltanto tubi
e ferro
e acciaio
e fondi di serbatoio
ossidati
e vuoti
Splende il sole
Nessun commento:
Posta un commento