Chiusa la parentesi della rappresentativa della Figc ai Mondiali in Sudafrica, si può tornare ancora per qualche momento sul referendum operaio di Pomigliano. Scriveva Pietro Ancona (medioevosociale-pietro.blogspot.com) il 23 giugno 2010: «La Fiat e la confindustria sono molto inquieti e temono [come poi è avvenuto] di non fare il pieno, di non avere una sottomissione plebiscitaria nel rito di potere che con molta teatralità e tante minacce è stato messo in piedi. Vuole a tutti i costi l'adesione di tutti. La democrazia del cinquantuno per cento non gli basta. Vuole che la Fiom venga radicalmente delegittimata della sua rappresentatività e che non ci siano voti difformi corrispondenti alla sua forza nella RSU. La posta in gioco non è il consenso al decreto già sottoscritto da quattro "sindacati" ma la sconfitta del sindacalismo autonomo e quando necessario conflittuale che oggi incerna la Fiom. Si deve sconfiggere la Fiom! Delenda Fiom! Si vuole fare del referendum un evento epocale, uno spartiacqua tra ieri e domani. Da domani tutti i contratti nazionali di lavoro diventeranno carta straccia e si aprirà la stagione della Grande Deregulation. Ogni azienda presenterà il suo conto e pretenderà nuovi sacrifici ai suoi dipendenti».
Referendum anomalo quello che si è votato nello stabilimento di Pomigliano d'Arco. In pratica la fiducia sul «decreto Marchionne», alla moda fascista o sovietica. «Cinquemila operai sono stati precettati ed obbligati al voto dal momento che la Fiat considera quella di oggi giornata lavorativa ed ogni assenza dovrà essere giustificata da certificato medico», sottolineava Ancona, che ricordava anche alcuni aspetti del teatrino mediatico messo in piedi: «Ieri sono intervenuti grossi calibri nazionali a sparare le loro munizioni a volte fatte di volgari contumelie contro la Fiom e la resistenza operaia diffusa in tutta la Fiat». Vediamole.
«La signora Marcegaglia si distingue per particolare ed aggressiva volgarità. Nelle fabbriche del suo gruppo qualcuno dei suoi dipendenti ci lascia le penne ma questo non la induce ad avvicinarsi alla categoria dei lavoratori che non hanno la fortuna che lei ha avuto di nascere ricca in ricca famiglia con il rispetto che si usa tra le persone civili nei paesi civili».
Sacconi: «Si dichiara convinto della sconfitta della Fiom ed anche questa è una stranezza, una anomalia di un paese che ha un Ministro del Lavoro di parte, embedded del padronato che impiega il suo tempo a studiare con i suoi collaboratori come impedire l'accesso alle garanzie costituzionali agli operai, come rendere loro le leggi un groviglio inestricabile costoso ed inavvicinabile. Basti vedere l'allegato lavoro che è tutto un assedio leguleio all'art. 18 disseminato di trappole per scoraggiare il ricorso alla Magistratura ed anche per impedire a questa di intervenire se lo volesse».
Non manca la citazione del «meridionalista» Maroni, intervenuto «per spiegare che è importante garantire alla Fiat di restare in loco e quindi che bisogna oggi votare sì se si vuole "sicurezza nel territorio". Insomma chi non vota o vota a dispetto di Marchionne il no se proprio non è camorrista favorisce la camorra». E Ancona non manca di osservare che a Maroni «il fatto che il suo collega di governo, il sottosegretario Cosentino, inseguito da un mandato di cattura proprio per questioni di camorra, raccomandi come lui di non far dispiacere Marchionne, non lo disturba».
C'è poi la Regione Campania, che si è mobilitata «con in testa il Presidente Caldoro, figlio d'arte, approdato dal craxismo alla destra berlusconiana e l'intero consiglio regionale. Gli oligarchi della regione, tra i politici più pagati del mondo con stipendi di senatori ed annesse prebende e privilegi vogliono che gli operai isolino la cattivissima Fiom, approvino il programma Fiat, si facciano carico della concorrenza estera che dobbiamo sconfiggere per piazzare le nostre belle Panda». E non sta male la sottolineatura che «la Regione Campania ha alle spalle venti anni di sperperi bassoliniani e bipartisan, ha creato tanti amministratori di società miste del tutto inutili da fondare una vera e propria nuova classe di redditieri, non si sa quanti consulenti di consulenze che nessuno vede o legge siano a suo carico, non ha uno straccio di progetto di risanamento e sviluppo del territorio ma ritiene di appoggiare una dura scelta di impoverimento e sfruttamento dei suoi lavoratori e magari di fare del territorio campano una sorta di zona franca per investitori allergici al rispetto dei contratti e delle leggi».
Referendum anomalo quello che si è votato nello stabilimento di Pomigliano d'Arco. In pratica la fiducia sul «decreto Marchionne», alla moda fascista o sovietica. «Cinquemila operai sono stati precettati ed obbligati al voto dal momento che la Fiat considera quella di oggi giornata lavorativa ed ogni assenza dovrà essere giustificata da certificato medico», sottolineava Ancona, che ricordava anche alcuni aspetti del teatrino mediatico messo in piedi: «Ieri sono intervenuti grossi calibri nazionali a sparare le loro munizioni a volte fatte di volgari contumelie contro la Fiom e la resistenza operaia diffusa in tutta la Fiat». Vediamole.
«La signora Marcegaglia si distingue per particolare ed aggressiva volgarità. Nelle fabbriche del suo gruppo qualcuno dei suoi dipendenti ci lascia le penne ma questo non la induce ad avvicinarsi alla categoria dei lavoratori che non hanno la fortuna che lei ha avuto di nascere ricca in ricca famiglia con il rispetto che si usa tra le persone civili nei paesi civili».
Sacconi: «Si dichiara convinto della sconfitta della Fiom ed anche questa è una stranezza, una anomalia di un paese che ha un Ministro del Lavoro di parte, embedded del padronato che impiega il suo tempo a studiare con i suoi collaboratori come impedire l'accesso alle garanzie costituzionali agli operai, come rendere loro le leggi un groviglio inestricabile costoso ed inavvicinabile. Basti vedere l'allegato lavoro che è tutto un assedio leguleio all'art. 18 disseminato di trappole per scoraggiare il ricorso alla Magistratura ed anche per impedire a questa di intervenire se lo volesse».
Non manca la citazione del «meridionalista» Maroni, intervenuto «per spiegare che è importante garantire alla Fiat di restare in loco e quindi che bisogna oggi votare sì se si vuole "sicurezza nel territorio". Insomma chi non vota o vota a dispetto di Marchionne il no se proprio non è camorrista favorisce la camorra». E Ancona non manca di osservare che a Maroni «il fatto che il suo collega di governo, il sottosegretario Cosentino, inseguito da un mandato di cattura proprio per questioni di camorra, raccomandi come lui di non far dispiacere Marchionne, non lo disturba».
C'è poi la Regione Campania, che si è mobilitata «con in testa il Presidente Caldoro, figlio d'arte, approdato dal craxismo alla destra berlusconiana e l'intero consiglio regionale. Gli oligarchi della regione, tra i politici più pagati del mondo con stipendi di senatori ed annesse prebende e privilegi vogliono che gli operai isolino la cattivissima Fiom, approvino il programma Fiat, si facciano carico della concorrenza estera che dobbiamo sconfiggere per piazzare le nostre belle Panda». E non sta male la sottolineatura che «la Regione Campania ha alle spalle venti anni di sperperi bassoliniani e bipartisan, ha creato tanti amministratori di società miste del tutto inutili da fondare una vera e propria nuova classe di redditieri, non si sa quanti consulenti di consulenze che nessuno vede o legge siano a suo carico, non ha uno straccio di progetto di risanamento e sviluppo del territorio ma ritiene di appoggiare una dura scelta di impoverimento e sfruttamento dei suoi lavoratori e magari di fare del territorio campano una sorta di zona franca per investitori allergici al rispetto dei contratti e delle leggi».
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