giovedì 17 giugno 2010

Il passo che non si vuol fare

Sabato 19 a Drizzona, in provincia di Cremona, presso l'«Agriturismo L'Airone» si terrà la prima assemblea regionale dei piccoli comuni lombardi. La parola d'ordine con cui viene presentata la riunione è «Piccoli comuni, grandi risultati», e chi come me vive ha Brembio sa benissimo la sua valenza. Chi si loda di imbroda, ma in un piccolo comune - proprio perché piccolo - dove i clan prevaricano il buon senso, e dove anche piccoli insignificanti favori fanno chiudere tutte e due gli occhi, re nudi appaiono sontuosamente vestiti.
Dopo i saluti portati dal sindaco di Piadena, vicepresidente dell'Unione di Piadena e Drizzona, dal presidente della Provincia di Cremona e dal presidente dell'Anci Lombardia, il leghista Attilio Fontana, sindaco di Varese, svolgerà la relazione introduttiva Ivana Cavazzini, sindaco di Drizzona e presidente del Dipartimento Piccoli Comuni e Gestioni Associate dell'Anci Lombardia. Dopo una mezz'ora di chiacchiere e sogni sono previsti gli interventi dei sindaci e dei presidenti di Unioni. Annunciati quelli di Dimitri Tasso coordinatore nazionale Anci Unione dei Comuni, di rappresentanti della Regione e del presidente Uncem Lombardia Ermanno Pasini. Prima del buffet d'ordinanza l'intervento conclusivo di Mauro Guerra, coordinatore nazionale Anci Piccoli Comuni.Il tema dell'incontro è «Concretezza e innovazione per affrontare il futuro». Concretezza ed innovazione - vera - vorrebbe che là, come qui nel Lodigiano, dove non vi sono motivi topografici a sconsigliare l'opportunità di un aggregamento, si passasse rapidamente ad un accorpamento di comuni in entità più cospicue di almeno, diciamo, quindicimila abitanti. Questo garantirebbe non solo economie di scala e gestioni unificate e razionalizzate di servizi al cittadino, ma - dato non trascurabile - aiuterebbe a migliorare la qualità degli amministratori (anche se ogni regola ha la sua eccezione, vedi ad esempio Casalpusterlengo), oggi particolarmente bassa e poco incline a liberarsi dai lacciuoli del proprio clan di appartenenza e facilmente inclini a lusinghe lobbistiche.
Stante quanto ha scritto in un articolo al quotidiano Il Cittadino il sindaco di Brembio, che assieme all'avv. Salvalaglio, sindaco di Secugnago, è membro del dipartimento organizzatore dell'incontro, «per continuare ad esistere» ed a garantire agli amministrati servizi e identità territoriale, la via suggerita è quella della «specializzazione», cioè un sistema di offerte e deleghe nella gestione dei servizi tra i diversi piccoli comuni limitrofi.
Sorvolo sul fra-parentesi: «concetto [l'identità territoriale] cari amici leghisti ben più radicato e antico della vostra breve storia politica», da queste parti tutto da verificare, che oltretutto detto da chi oggi nel Pd disconosce l'origine comunista - il «veniamo da lontano» - del proprio partito, suscita null'altro che un compassionevole sorriso, per notare la ritrosia nel fare il passo un po' più lungo, quello di proporre il superamento della divisione territoriale in piccoli e piccolissimi comuni col razionalizzare e l'organizzare il territorio e la popolazione in entità più cospicue seppure omogenee per storia e tradizioni. Del resto il comune Brembio è il risultato dell'aggregazione di due comuni avvenuta ai tempi di Napoleone. Insomma il discorso è questo: non ce la facciamo più, siamo o siamo quasi alla bancarotta; se vogliamo continuare ad offrire ai nostri amministrati i servizi minimi attuali dobbiamo fare qualcosa, qualunque cosa purché mollare la cadrega, per quel poco che vale, per giocarsela con altri colleghi sindaci. Già, perché a Brembio come a Roma la solfa è la stessa. E quello del governo «cattivo» con i comuni (i piccoli comuni) è solo un alibi, oltretutto, almeno a Brembio, smentito dai fatti, visto l'ultimo consuntivo.

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