mercoledì 30 giugno 2010

Carroccioni

Il crocefisso difeso da Borghezio è il polso di quanto rappresenti oggi quel pezzo di legno dimenticato sui muri delle aule di questo stato laico e bigotto, a parole e nei fatti rispettivamente. Personalmente sarei felice che in quelle aule, non solo scolastiche, ma di tribunale o giù giù di consiglio comunale, dove fa il paio in genere con una fotografia di Napolitano ed una copia della Costituzione, avesse una funzione di richiamo, di monito a quanti stanno operando per il bene dei cittadini, di stimolo ad una ricerca del bene comune che non lasci spazio a prevaricazioni di gruppi di potere, lobbies, o ad interessi particolari.
La Chiesa sta già facendo molto da sola per screditarsi agli occhi dei più - ed i recenti avvenimenti belgi e americano ne sono il segnale; particolarmente in quest'ultimo caso che la ridimensiona a ruolo di banale azienda - e, dunque non ha particolarmente bisogno di «volontari» che la spingano nel precipizio. Ieri un articolo de La Padania titolava «Crocifisso a scuola una battaglia laica» e l'occhiello assicurava: «L'impegno del Carroccio non è un favore alla Chiesa». Su quest'ultima affermazione non si può che essere d'accordo. E spero che dalle parole traspaia l'ironia.
Motivo dell'articolo il fatto noto che oggi la Grande Chambre della Corte europea dei diritto dell'uomo si riuniva per esaminare il ricorso presentato dal governo italiano avverso alla sentenza emessa dall'assise di Strasburgo che vieta l'esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Prima di tutto nel pezzo la Lega reclama il primato: «sul fronte laico è stata senza dubbio la forza politica più attiva e propositiva nel difendere il simbolo della cristianità». E parafrasando uno slogan che non ha più copyright: «Un impegno che viene da lontano». Grazie ovviamente al profeta celtico che guida con sagacia il suo manipolo di eroici «crociati» padani: «Non è stata questa la prima volta nella quale il movimento di Umberto Bossi si è schierato a sua difesa». E se gli scettici bofonchiano, si ricredano: «Basta fare una veloce ricerca su Internet per scovare migliaia di articoli che raccontano di raccolte di firme, mozioni, atti parlamentari, incontri pubblici, manifestazioni, tutte con la stessa finalità». Altro che secessione! Altro che federalismo! La lotta della Lega è altro e si vede.
Tralascio l'elenco dei paragoni (crociati, templari) fatti dai giornali di tale iniziativa dei «simpatizzanti padani», che nell'articolo segue, per fermarmi su una frase che ha semplicemente del curioso: «spesso i "nemici" della croce con Maometto hanno nulla a che fare». Tant'è che «la stessa questione arrivata sul tavolo della Corte europea, non è partita da un gruppo o da un'associazione musulmana». E si cita il fatto che la cittadina italiana di origine finlandese fosse socia dell'Uaar, Unione atei e agnostici razionalisti.
Sfugge però il significato di quell'appartenenza «criminosa», colpevole, l'associazione, di aver «promosso, sostenuto, curato tecnicamente l'iter giuridico, che era già passato dal Tar del Veneto (toh!), dalla Corte costituzionale e dal Consiglio di Stato». Ateo, agnostico dovrebbero suggerire degli «alleati» almeno sul piano intellettuale in ciò che i leghisti intendono come «scontro di civiltà». Già, ma l'intento è altro e quando si sta cavalcando una tigre non c'è molto spazio per le riflessioni. «Insomma, come dire, i "nemici" della croce non arrivano solo dal mondo arabo, ma spesso ce li ritroviamo in casa».
Qualcuno suggerisce che vista la predisposizione a riti pagani come il matrimonio celtico o quella carciofata dell'ampolla d'acqua del dio Po, tra i «nemici della croce» i «simpatizzanti padani» dovrebbero avere un posto d'onore. E invece no, i nemici sono quelli che al passo con i tempi cercano la convivenza e l'integrazione con i migranti. Quelli della Uaar non sono altro che «alleati più o meno inconsapevoli di quelli che sognano di riempire le nostre città di minareti». E siamo al delirio in crescendo che apre con un «Il rischio, infatti, è la spersonalizzazione dell'Europa». Mi viene il dubbio non solo che la Lega sia un partito laico (bazzica troppo con le religioni, cattolica o celtica che sia), ma non erano anche anti-europeisti? Ma attenzione a quanto segue. «Un continente senza più radici e identità, privo di quella "volontà di potenza" che per molti secoli ne ha garantito e preservato l'esistenza salvaguardandone i tratti essenziali nonostante le difficoltà, le guerre, le invasioni, sarebbe una terra di conquista facile per chi, a torto o ragione, non ha dubbi su chi è e su dove vuole arrivare». Parole che evocano prospesttive indigeste e legate a filosofie del secolo lasciato alle spalle. Una battaglia di retroguardia.
Ma il crocefisso tolto da un'aula scolastica che c'entra? C'entra sì: «È in questo scenario che si inserisce la difesa leghista del Crocifisso. Non una barricata religiosa, ma un'azione laica e civile a tutela di un patrimonio comune». Un simbolo di pace per tutti gli uomini di buona volontà che diventa un simbolo di «volontà di potenza». Magnifico! E il tutto si basa su un'affermazione apodittica smentita dalla storia europea: «In quel simbolo infatti, si sintetizzano tutta una serie di valori che sono il minimo comune denominatore della nostra società. Un fattore unificante e aggregante condiviso da tutti, credenti o meno che siano». Ma tutto questo serve per dire che: «Solo il Carroccio ha avuto e ha il coraggio di rimanere su queste posizioni con convinzione e senza sbandamenti o ipocrisie». E anche martirizzati: «Patendo certo attacchi più o meno virulenti e ingiustificati, ma venendo premiata da un sempre maggiore seguito anche in ambienti non tradizionalmente "vicini"».
Certo, l'articolista, Paolo Bassi, riconosce che non è «che altre formazioni politiche non si siano fatte sentire», ma sempre con «molti "ma" e tanti "però"», per un motivo o per l'altro. Ma: «Sul territorio, in mezzo alla gente, come sempre si è vista solo la Lega». E non così banalmente, come pensano i più, con le sue quattro chiacchiere da bar. No, ma «Forte di portare nel gazebo non solo la politica, ma anche la metapolitica». Perbacco, anche il crocefisso? fisicamente inteso, distribuito con i volantini? No, solo metapolitica, cioè «il dibattito sulle questioni che magari non si traducono immediatamente in leggi e provvedimenti, ma che hanno la forza di orientare e dare un senso profondo a molti dei provvedimenti che incidono sulla nostra vita di tutti i giorni». Che forza!
Ma attenzione: «Difendere oggi il crocifisso non è dunque un favore alla Chiesa. Non è una strizzata d'occhio al Vaticano». Non è neppure questione di fede. No. «È piuttosto un modo per ribadire che non vogliamo cambiare il nostro modo di vivere e soprattutto che non vogliamo abdicare nei confronti di chi vorrebbe imporci di farlo». Chiarissimo. Signori, questa è la Lega.

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