Dell'appello di Paolo Flores d'Arcais su Il Fatto Quotidiano, rivolto a Di Pietro e a Nichi Vendola, non si è sentito molto, forse perché, stante il filosofo, quel pezzo lo si è associato all'Apocalisse di Giovanni, classificandolo come un moderno esercizio letterario di preveggenza dell'Armageddon politico italiano. Certo, anche se Flores d'Arcais mette le mani avanti: «Forse sono io che prendo lucciole per lanterne, ottenebrato da un pessimismo ingiustificato», lo scenario che viene descritto nell'appello è semplicemente allucinante: «Se Berlusconi vince le elezioni anticipate diventa il prossimo presidente della Repubblica, trasforma la Corte costituzionale in una privatissima "corte dei miracoli", cambia la costituzione come più gli piace, e per sfregio nomina Previti e Dell'Utri senatori a vita». Al confronto la fantasia dell'evangelista Giovanni ha generato una favola per ragazzini. E per dare più forza alla sua apocalisse si rivolge supplice a Di Pietro e Vendola così: «Vi chiedo perciò una volta di più: avete un solo argomento (argomento razionale, non "pio desiderio") per convincermi che esagero? Sarei felicissimo di ascoltarlo e darvi credito». Ma, «ma empiricamente parlando Berlusconi ha dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che appena può fa strame di democrazia senza il minimo ritegno e con ogni mezzo. Se vince attuerà il suo programma originario, confessato a suo tempo per interposto Previti: non farà prigionieri».
Di fronte a tale situazione, che lo angoscia, per il filosofo l'atteggiamento delle forze non berlusconiane è agghiacciante: «Neppure da irresponsabili ma da allucinate, in una cecità volontaria (e dunque più che mai colpevole) di fronte all'esito che il loro piccolo cabotaggio rende scontato: l'assassinio della democrazia italiana nata dalla Resistenza». Ci siamo, avrete pensato. Ma Flores d'Arcais, nella sua furia agostana antiberlusconiana, va oltre: «Berlusconi vuole le elezioni al più presto perché sa tutti i crimini che ha commesso (o che hanno commesso i suoi più stretti sodali e complici), e che ogni giorno potrebbero venire scoperti, malgrado la rete ormai evidente (perché nella punta dell'iceberg intercettata) di toghe di regime che ha approntato. Deve perciò strangolare definitivamente la possibilità che la legge possa valere "eguale per tutti", prima che il disvelamento giudiziario di ennesime ruberie o mafiosità faccia traballare e tracollare i suoi consensi». Mamma mia. E se la prende con tutte le forze di opposizione cieche di fronte ad un «eccidio costituzionale annunciato».
Ma perché, qualcuno si sarà di certo chiesto, si rivolge a Di Pietro e a Vendola e non si rivolge in primis al Pd? Perché, oltre a far dire a Di Pietro «tanto il Pd non ci starà mai», aggiunge «il Pd non sa quello che vuole, e comunque quello che vorranno e faranno gli altri dipende sempre, almeno in parte, da quello che vogliamo e facciamo noi (da quanto e come lottiamo). Altrimenti sarebbe più logico accoccolarsi fatalisticamente sulla riva del fiume». E poiché non si deve stare a guardare propone una strategia d'azione su 3 linee.
La prima è «preparare per fine settembre una grande manifestazione nazionale di tutta la società italiana ancora civile, con l'obiettivo "Fuori Berlusconi, elezioni democratiche, basta criminali al potere, governo di legalità"». E ancora, secondo punto, «proporre una nuova legge elettorale a tutte le forze non berlusconiane». Terzo, «lanciare una martellante campagna informativa e propagandistica sulla sicurezza dei cittadini, dimostrando come le leggi di berlusconi (ma purtroppo anche tante del centrosinistra) la mettano vieppiù a repentaglio favorendo ogni genere di criminalità. E come i diritti dei lavoratori, oggi calpestati, siano l'altra faccia della liberazione dalle cricche». Questo il programma elettorale di Paolo Flores d'Arcais.
Ma per un momento il dubbio filosofico ha la prevalenza: «È possibile che tutto ciò non serva». Perché «malgrado un'ondata di passione civile, e di resipiscenza e intelligenza delle forze politiche, Berlusconi riesca a imporre le elezioni secondo il quando e il come della sua volontà». Ma allora? Nessun timore, la certezza ritorna: «In tal caso le affronteremo, anche se non democratiche». Ma perché non dovrebbero essere democratiche? La «porcata» di Calderoli è una «porcata» perché c'è il forte rischio che Berlusconi vinca ancora? Se vince Berlusconi le elezioni non sono democratiche, se le vince un altro, Prodi ad esempio, sì? Grande pensiero filosofico. Per Flores d'Arcais c'è una consolazione: «Ma aver dispiegato il massimo di lotta per impedire elezioni truccate avrà intanto accresciuto le chance dell'opposizione». Perché così è avvenuto mezzo secolo fa, contro la legge truffa: «Le opposizioni non si dedicarono a minuetti, mobilitarono il Paese». Già, allora però.
E veniamo al nocciolo della questione: le elezioni comunque bisogna vincerle. E il nostro filosofo che fa? Catechizza: «Ma soprattutto si tratterrà di andare alle urne senza ripetere gli errori del passato». Grande scoperta. La linea giusta Flores d'Arcais ce l'ha: «Per parlarci chiaro: si tratta di trovare un candidato da contrapporre a Berlusconi che non regali all'aspirante duce la carta dell'antipolitica, risorsa strategica sulla quale dal 1994 si vincono e si perdono le elezioni». Ma allora non è la legge elettorale la causa di tutti i mali, dirà qualcuno. No, il problema sta nel gestire a proprio vantaggio l'antipolitica, di cui Flores d'Arcais si affretta a dire «che poi "antipolitica" non è, ma sacrosanta voglia di una politica autentica, non più sequestrata dalle nomenklature partitocratiche». Ahinoi, si fa dura. Già, e oltretutto, per rafforzare il concetto, sottolinea: «Già nel '94 la vittoria era certa, se il narcisismo non avesse spinto il Pds a candidare un politico di mestiere e per sovrammercato l'ultimo segretario del Pci. Bastava una figura di indipendente di sinistra, di cui era ricca la società civile». Tant'è che «bastò un "mezzo e mezzo", rispetto al ceto politico di mestiere, quale era Prodi, per vincere due volte». Dunque, Chiamparino no, Vendola no. Chi allora così capace «davvero di raccogliere tutto il potenziale di passione civile che credo sia già maggioritario nella società e che va traghettato integralmente nelle urne»? Mah. Però, forse a pensarci un'idea viene. Paolo Flores d'Arcais? L'hai detto.
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