In un intervista rilasciata alla Stampa, oggi, Zaia, ex ministro dell'agricoltura e governatore leghista del Veneto, diceva: «Altro che Terzo polo. Fini pone una questione pregnante, la più seria di tutte: mettersi a capo di una corrente contro le riforme a tutela dell'assistenzialismo e degli sprechi. Non è un caso, infatti, che in tutti questi giorni con i suoi abbiano tentato di porre ostacoli ai decreti attuativi». A dargli ragione ci pensava, sempre su La Stampa, il finiano Granata, che andava ben oltre fondando l'azione del nuovo gruppo su molto degli «ideali» della defunta An (del resto dove altrimenti cercare voti?).
Ecco un primo passaggio: «In uno scenario nuovo si dovrà partire da un programma che rappresenti il nostro elettorato su tre capisaldi: legalità e questione morale; coesione sociale del Paese, con un federalismo solidale tra le regioni; unità della nazione come valore indissolubile». In buona sostanza un federalismo inesistente stante quel «valore indissolubile della nazione», ribadito più volte nell'intervista, che va, dunque, ben al di là del mantenimento dell'integrità territoriale complessiva della federazione. Si parla di «nazione», un concetto astratto se riferito al nostro paese, che implica necessariamente un governo centrale molto forte, «fascista» per dirla papale papale, capace di imporsi sul desiderio di autonomia dei popoli costituenti la federazione e negare la possibilità di aggregazioni diverse dalla stato sabaudo-mussoliniano, nell'ottica di un'Europa delle Regioni e non di un'Europa delle Nazioni. E che il lupo perda il pelo ma non il vizio è dato da quanto dice subito dopo: «Se salta il bipolarismo, su questi punti credo sia possibile un'intesa con chi ci sta, non un'operazione di Palazzo, per una grande area dell'innovazione e del patriottismo repubblicano».
Ancora più avanti tracciando lo scenario che si avrebbe andando alle elezioni: «Se si andasse alle elezioni si metterebbe in movimento una strategia a tutto campo. In quel caso sarebbe stravolto lo scenario politico: se si rompesse il Pdl si romperebbe anche il Pd. E noi potremmo allearci con chi voglia tirare fuori l'Italia dalle secche in cui si trova per far risorgere l'identità nazionale». Evidentissimo, insomma. E da qui la pretesa: «Vogliamo partecipare alla scrittura dei decreti attuativi, affinché si tenga conto della coesione sociale del paese senza svuotare di risorse il mezzogiorno». E aggiunge: «Noi verso la Lega abbiamo rispetto, non siamo nemici di un approccio riformista dell'assetto dello Stato». Da crederci sicuramente.
Ma non solo la Lega deve porre molta attenzione ai dissidenti. Anche lo stesso Berlusconi e i berluscones: cosa vuol significare veramente infatti la frase: «Se la situazione dovesse precipitare per un conflitto interno al centrodestra, ciò aprirebbe le porte ad alleanze inedite e a far nascere qualcosa di nuovo»? La lingua italiana è ricca di sfumature. E poi le cose non si dicono per il solo gusto di dirle.
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