Venerdì l'Italia è stata scossa da un evento difficilmente prevedibile, che cioè, sotto l'incalzare di una candidatura Nichi Vendola a possibile candidato di una coalizione di centrosinistra, vista con favore non solo a sinistra, il segretario democrat gettasse la maschera e mostrasse tutta la sua impotenza e incapacità politica nel gestire la maggior forza di opposizione. Il suo «progetto per l'Italia»: «Dobbiamo liberarci di Berlusconi». E a corollario ancora, «Tremonti? Bene ciò che serve a cambiare». È il suo modo di «superare una fase lunga sedici anni, non due». La fase iniziata con la Waterloo della gioiosa macchina da guerra di Akel Occhetto. L'unica cosa che sa proporre è un'altra ammucchiata degli anti-Berlusconi estesa a Casini, al profugo Rutelli, e naturalmente al «compagno» Fini, naturalmente, come d'obbligo, col Pd al centro, a far da manovratore.
Sempre venerdì Cesare Salvi diceva sul manifesto: «Sì, ci sono aspetti preoccupanti delle posizioni del Pd, posizioni che sono irrealistiche e in contrasto con quelle che dovrebbero essere le linee guida di un partito di centrosinistra. Più che trasmettere l'idea di una forza che cerca soluzioni per il paese il Pd ha trasmesso l'idea del panico. E poi Tremonti... Ma come! L'uomo che ha presentato una manovra che colpisce esclusivamente i ceti medi e popolari, quello che si fa vanto di volere cancellare l'articolo 41 della Costituzione, tu lo vuoi piazzare a palazzo Chigi? Non accadrà ma è sconcertante il solo averlo pensato. E d'altronde di cose singolari se ne vedono parecchie, come la proposta di Enrico Letta di scaricare la sinistra per fare un'alleanza col terzo polo in fasce: qualcuno può pensare che il Pd possa allearsi con Fini o Fini col Pd?». E sul sogno del segretario di Bettola: «Il governo di transizione non ci sarà. Non ci sono i numeri e le condizioni politiche per un voto comune che vada da Di Pietro a Fini e poi ben difficilmente il capo dello stato avallerebbe, sul filo di pochi seggi, un ribaltamento del risultato elettorale. Non perché non si possa fare ma perché urta contro il senso comune. E poi governo di transizione per fare che cosa? Qualcuno pensa davvero che una coalizione siffatta possa affrontare il conflitto di interessi o fare una legge elettorale? E ancora, sull'economia quale sarebbe l'ipotizzato programma? E sulla Fiat?».
Ma ritornando all'intervista di Repubblica al segretario democrat, dopo una tirata in cui Bersani chiede a tutti gli altri di dire chiaramente cosa intendono fare, il giornalista butta lì: «Eppure qualcuno osserva che il Pd non ha una linea chiara». Come a dire, compagno (per la sinistra) e amico (per il centro) Bersani, perché non dici tu cosa realmente intendi fare? E come ti risponde? Così: «Io vedo che oggi Berlusconi e Bossi fanno la voce grossa, ma sono totalmente nel pallone». Ma? «Come sono arrivati a questo punto?». Come? «Grazie all'iniziativa incalzante del Pd e dell'opposizione». Ma no? Peccato che non ce ne siamo accorti, dell'«incalzante». Perché non chiamarlo culo? Culo che una mattina Fini si è alzato col piede sbagliato e la luna storta?
Dice Bersani: «Per essere chiari: senza la nostra mozione su Caliendo non ci sarebbe stata l'astensione di Fini, Casini e Rutelli». L'occasione, cioè, di una conta per vedere se si può fare o no il terzo polo? Grande risultato. No, dice Bersani: «Non ci sarebbe stato il trauma del governo che perde la maggioranza». E allora? «È un punto a nostro favore che va rivendicato. Per di più lo abbiamo segnato sul tema clou della disarticolazione del Pdl: la legalità». Voi? Ma dai! E qui nell'intervista dà il massimo: «I commentatori che parlano dell'assenza del Pd dovrebbero sapere che il mestiere della minoranza, nell'era berlusconiana del conformismo e del controllo dell'informazione, è più difficile. Nonostante questo ci stiamo infilando nelle loro crepe e prepariamo l'alternativa con il nostro progetto per l'Italia». Un partito di muffe, insomma. Aiuto!
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