Due giorni fa il quotidiano Libero pubblicava un articolo di Giuliano Zulin sulla situazione politica, che in particolare avanzava un'analisi soprattutto sulle prospettive elettorali della Lega. Il titolo, «Bossi resterà col Cav per non perdere voti», riduttivo rispetto all'attuale importanza del ruolo, anche se corretto nel sommario, «Il Senatur sa che se si presenterà alle elezioni anticipate con Silvio raddoppierà i consensi», rispecchiava ovviamente la visione belpietrista superfiloberlusconiana che anima quel giornale e, dunque, tendente a sottovalutare il crescente consenso che il partito di Bossi totalizza ormai trasversalmente anche a scapito del Pdl.
Anche se lo scopo è quello di dimostrare che i progetti, che i lumbard vogliono portare a casa, autonomia, costi standard e Irpef locale, sono possibili solo col Popolo della Libertà, l'articolo alla fine dimostra che la Lega è l'unico vincente. Seppure siano passati due giorni, una eternità, i due scenari che l'articolo ipotizza, rimangono validi e forse ulteriormente validati dagli eventi.
Il punto di partenza del ragionamento è il fatto che «ci provano. Ci provano a far saltare l'asse tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi. Gli anti-Cavaliere stanno puntando tutto su Giulio Tremonti, l'anello di congiunzione fra Lega e Pdl. Lo corteggiano, lo elogiano, lo fanno apparire il salvatore della patria». E l'articolo prosegue con una sintesi dei movimenti delle truppe cammellate che tentano l'assalto al Palazzo d'Inverno. Per giungere poi al nocciolo della questione: «Il Senatur è al centro dell'attenzione. Lo tirano tutti per la giacca. Ma non lo prenderanno più in castagna» come ai tempi del ribaltone, quando il Carroccio volto le spalle al Cavaliere. Zulin dice che Bossi ha già fatto i suoi conti. E dunque vediamoli.
Un primo possibile scenario è quello che la Lega ceda alle sirene di Bersani: «L'amico Giulio diventa presidente del Consiglio, sostenuto da una maggioranza variegata e variopinta. Tutti dentro, un'ammucchiata con Pd, Udc, Api, finiani, Lega appunto e magari mezza Italia dei Valori. Con questo esecutivo di salute pubblica, Berlusconi sarebbe gravemente ammalato. Forse finito». Quello che vorrebbe Bersani, come oggi ha dichiarato: «Dobbiamo liberarci di Berlusconi». Questo naturalmente avrebbe un prezzo: «perché il Carroccio sia della partita, il federalismo dovrà essere uno dei punti chiave del programma del nuovo governo». Impensabile sottolinea il giornalista, tenendo conto che i casinisti hanno votato contro tutti i decreti di Calderoli. Impossibile che Casini «si turi il naso». E se così fosse, la cosa non sarebbe indolore, «forse le giunte di Cota e Zaia cadrebbero», non solo, «forse centinaia di consiglieri comunali, assessori o sindaci passerebbero col Pdl». In fin dei conti, «forse la Lega non avrebbe più senso di esistere», aggiunge il giornalista. Come se la mission della Lega fosse il far da stampella a Berlusconi. A federalismo reale, vero, raggiunto, la Lega in quanto tale come Garibaldi a Caprera può anche ritirarsi nella nuova casetta padana. Un concetto che sfugge al giornalista che vede nei leghisti dei «poltronisti» romani come tutti gli altri patiti dello struscio in Transatlantico.
Il secondo scenario è che l'Umberto resta con Silvio: «Tengono duro contro finiani e ribaltonisti vari. Resistono finché qualcuno non li butterà giù. Solo allora spingerebbero per andare al voto anticipato e capitalizzare la rabbia degli elettori di centrodestra». Apodittico: «Una cosa è certa: raddoppierebbe i voti al Nord, approfittando della debolezza del Pdl e insistendo sulla necessità di un voto utile per essere "padroni a casa nostra", "contro i magheggi romani"». Bene. Ma a questo punto due sono i possibili sviluppi: il Cavaliere vince ancora; il Cavaliere non riesce a vincere: vince sì alla Camera «ma perde al Senato perché la nuova Dc fa saltare i premi di maggioranza nelle Regioni chiave». Risultato, nel primo caso, «il Carroccio diventa di fatto l'azionista di riferimento del nuovo governo. Le leggi sull'immigrazione e il federalismo vanno avanti spedite. A cascata Bossi conquisterebbe molte altre poltrone nei palazzi romani, quelle lasciate libere dagli ex alleati finiani. Insomma, un pieno». Nel secondo caso, la Lega «sarebbe ancora determinante. Stavolta alla Camera. Il governo di larghe intese dovrebbe chiedere aiuto a Bossi». La Lega vince comunque. Questo il succo vero. Un po' meno la conclusione un po' forzata dell'articolo: «Comunque vada a Umberto conviene stare con Silvio». Che poteva essere scritta con diversa sfumatura così: «Stando così le cose, non si vede perché la Lega debba cambiare alleato».
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