«È del resto molto difficile immaginare un governo che tenga insieme Fini e Bersani, Casini e Di Pietro», scriveva ieri il Riformista, un governo di tutti i nemici di Berlusconi, che non ha i numeri al Senato per la fiducia. Eppure stiamo quotidianamente assistendo ad un siparietto dove il governo del Presidente (l'eventuale governo cui Napolitano potrebbe dare l'incarico per gestire le elezioni) viene propagandato come ultima ratio prima del voto. Al di là delle urla di orrore per un «colpo di stato» di fatto, «costituzionale», l'idea continua ad essere propagandata con i media, pur magari dicendo, come fa il Riformista, che il fronte berlusconiano spara contro un nemico sostanzialmente immaginario». Arrivando a chiedere sic et simpliciter le dimissioni del premier, come unica possibilità per andare al voto che secondo il centrosinistra è apoditticamente il progetto del centro destra.
Se palude c'è, è nei giornali. Giornali che ormai, invece di fare cronaca della quotidianità, si sono arrogati il ruolo non solo di fare la politica delle lobbies e schieramenti di riferimento, ma di costruire loro la realtà politica e amministrativa italiana. Apriamo gli occhi: un governo c'è, che sta governando, di cui ancora non è stato dimostrato che non abbia il sostegno di una maggioranza in Parlamento sulla realizzazione del programma elettorale votato alla grande dagli elettori. Questo governo può piacere o non piacere, ma dovrebbe essere messo nella condizione «psicologica» di governare. Ed invece, dal primo secondo dopo la divulgazione dei risultati elettorali si è fatto di tutto per affossarlo e affossare con esso la volontà popolare, giusta o sbagliata che sia. Si sono usate tutte le truppe cammellate a disposizione, dalle escort ai futuristi. Riuscendo anche ad armare la mano di un esaltato, purtroppo. Incredibile poi che chi per primo non rispetta la democrazia, pur etichettandosi con essa, e di conseguenza in definitiva la costituzione, si faccia bodyguard della Carta. E giorno dopo giorno inventi e dia fiato a leggende metropolitane, l'unica possibilità evidentemente rimastagli di «far politica».
Prendiamo Europa, ieri. L'incipit di un articolo di Giorgio Merlo: «Il dibattito surreale a cui stiamo assistendo in questi giorni dalle parti del centro destra è semplicemente inguardabile. Accuse a colpi di dossier, scarso senso delle istituzioni anche da parte di chi fa della legalità la sua bandiera ideologica momentanea, scontri istituzionali che possono mettere in crisi lo stesso sistema. Il tutto in una cornice dove emerge in modo sempre più inquietante una concezione proprietaria delle istituzioni e dello stato». Un film, «reale» sui giornali e nella testa dei «dattilografi». Quanto realmente reale? Quanto quello che il giornalista aggiunge riguardo il Pd? Non dimentichiamo che Europa è «organo» del Pd. «Ma al di là delle contraddizioni e della situazione che caratterizza il centro destra, credo sia importante sul versante opposto, chiarire un aspetto che non può essere semplicemente ridicolizzato o sottaciuto. E cioè, la coalizione riformista e democratica che il Pd vuol costruire non può e non deve essere confusa con una alleanza che dovrebbe essere messa in campo per "liberarsi" da Berlusconi». In parole povere, viene così svelato l'unico obiettivo del Pd oggi, quello di sempre dalla batosta subita dalla gioiosa macchina da guerra: liberarsi da/i Berlusconi. Sì, vero il Pd non era nato con questo solo scopo, ma se qualcosa d'altro c'era, è morto con Veltroni. Un tema politico quello sottolineato da Merlo, che non può essere liquidato banalmente, perché bisogna fare i conti con gli altri gruppi politici che possono anche non starci. Aggiunge l'articolista: «Anche perché la linea del pallottoliere rischia di infrangersi contro gli scogli delle convenienze e delle suscettibilità dei singoli partiti. Non è un caso se, ad esempio, l'Udc già pone dei paletti fermi per evitare l'alleanza con Vendola e soci e lo stesso Di Pietro mal digerisce una alleanza organica con il partito di Casini». Cioè, difficile fare una crociata con l'armata Brancaleone. E poi, dice, le pregiudiziali politiche o morali che arrivano dai quei partiti, che comunque sono minoritari, conta poco, perché il nodo è un altro: «la concreta iniziativa politica che assumerà il Pd». Già. Assumerà.
E qui arriva di supporto la fantasia e l'immaginazione, dal momento che a tutti è noto che, tolto l'obiettivo citato, finora la segreteria Bersani altro non ha prodotto, cosa che con immenso eufemismo viene anche detta così: «Sino ad oggi Bersani ha colto nel segno quando ha evidenziato le profonde contraddizioni del governo Berlusconi e quindi ha posto le condizioni per superarlo per poi, in un secondo momento, dar vita alla futura coalizione di governo». Fantapolitica. Tant'è che il periodo che segue è: «Un tema, questo, che va però affrontato senza reticenze e ipocrisie». Dire "non sappiamo che cazzo fare" non giustifica un giornale. E allora parole in libertà. Futurismo che torna di moda. E difatti: «È indubbio, infatti, che il Pd non può riproporre la logica dell'Unione se vuol essere credibile agli occhi anche dei moderati nel nostro paese. Una parentesi, quella dell'Unione, che va archiviata definitivamente a meno che qualcuno pensi che il destino del centrosinistra in Italia sia quello di essere condannato all'opposizione senza possibilità di appello considerando le profonde contraddizioni che si annidano al suo interno». E attenti, attenti: «È banale ricordare che difficilmente si costruisce una coalizione di governo seria e credibile - e destinata a durare in caso di vittoria - sommando i giustizialisti con i comunisti di varia natura, i riformisti autentici con i forcaioli incalliti. Una macedonia impazzita che supererebbe a malapena il dopo elezioni destinata a naufragare quando si passa dalla comoda fase della protesta a quella più impegnativa della proposta programmatica». A parte il fatto che non so chi mai abbia visto una macedonia impazzita, ma l'errore metaforico è banale, molto sostanzioso (e comodo) invece è l'attribuire alla sinistra la disfatta dell'Unione e non ai Ds e Margherita stessi. Ma non divaghiamo, andiamo oltre.
Proposta programmatica si dice: «Un compito a cui il Pd non si può sottrarre perché la vita politica italiana non può essere confusa con una eterna emergenza democratica e costituzionale. E tutti sappiamo che non è possibile declinare una strategia di governo sommando aritmeticamente l'attuale opposizione al centro destra». Insomma dopo tanto inchiostro, siamo ancora al «che fare?».
Beh, «non si tratta di riscoprire l'ormai tramontata "vocazione maggioritaria", suggestiva ma pur sempre insufficiente». Per vincere è necessaria una politica delle alleanze e poiché «è indubbio che non tutte le alleanze sono funzionali per il governo del paese», allora «compito del Pd oggi e della sua classe dirigente è soprattutto quello di costruire una coalizione di governo credibile, trasparente e duratura». Perbacco che trovata! E per rafforzare la «linea» con penna stentorea: «Una responsabilità a cui non ci si può sottrarre e a cui si deve porre la giusta attenzione per evitare che l'opposizione a Berlusconi sia solo un espediente momentaneo e del tutto privo di valenza politica strategica». Provate ad immagine come devono risuonare nelle orecchie dei militanti queste parole. Fuffa per incantare poveri cristi. E dire che non ci siamo ancora mossi dalla linea di partenza. Non sono io a evidenziarlo ma Europa: «Insomma, la stagione politica convulsa e densa di incognite che sta attraversando il nostro paese richiede adesso lungimiranza e senso di responsabilità. E il Pd, partito perno della futura alleanza riformista, non può liquidare la pratica come un fattore secondario. Abbiamo il dovere di costruire una prospettiva politica duratura, coerente e seria. Senza questa consapevolezza politica, culturale e programmatica dovremmo nuovamente assistere ad uno scenario dove si confronta uno schieramento chiassoso, vivace ma minoritario ed una maggioranza con poco senso dello stato ma condannata a governare per le contraddizioni del campo avverso». Ed il grande consiglio finale è: «È meglio pensarci su prima che questo scenario si consolidi definitivamente». Vabbè. E poi meravigliamoci che la Lega catalizzi sempre più consensi nell'area dove pesca il Pd.
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