venerdì 27 agosto 2010

Campane

«È giunto il tempo infatti di suonare le nostre campane», così chiude la lettera che Pierluigi Bersani ha inviato a Repubblica e che il quotidiano ha pubblicato ieri. Le campane sono la «grande campagna di mobilitazione sui temi sociali e della democrazia» che il Partito democratico organizzerà per l'autunno. Sulla lettera ritornerò in altro articolo; qui mi piace citare quanto Stefano Cappellini scrive oggi su il Riformista: «Tra i danni collaterali della "lettera al Paese" inviata da Walter Veltroni al Corriere della Sera quello più prevedibile era l'effetto emulazione. Per spiegare la sua linea, antitetica a quella dell'ex leader, il segretario ha infatti a sua volta preso carta e penna (...). E il timore è che nel giro di pochi giorni l'epistolario democrat si arricchisca di nuove puntate, perché altri big potrebbero non resistere alla tentazione di dire la propria». Insomma, Cappellini mette il dito sul «vizio consolidato del gruppo dirigente democratico (e prima ancora pidiessino, diessino, margheritino...), cioè la marcatura reciproca. Una coazione a reagire che spinge i principali esponenti del centrosinistra italiani a ingarellarsi in sfide mediatiche: se parla Tizio, Caio deve rispondere a stretto giro, se Caio propone A sul tal giornale, Tizio si sente in obbligo di ribattere B. Lo stesso Veltroni ha battuto un colpo subito dopo che Dario Franceschini (...) aveva battezzato come "Alleanza costituzionale" la possibile coalizione elettorale di tutte le forze interessate a chiudere la stagione del berlusconismo e scrivere le regole della Terza Repubblica».
Ma torniamo a Bersani. Claudio Sardo, per citarne uno, riportava sul Messaggero lunedì queste parole del segretario democrat al ritorno dalle ferie: «Parleremo di lavoro e di Costituzione e dimostreremo, dati alla mano, che gli otto anni dei governi Berlusconi non hanno portato nulla agli italiani». Il riferimento era all'agenda fittissima, un tour nelle feste di partito cominciato ieri a Reggio Emilia, poi sabato 28, domani, l'inaugurazione della Festa nazionale. E poi il porta a porta, la campagna eletta a evento. «Il partito è più unito» ma ora «deve tornare a guardare negli occhi gli italiani». Per cosa? Trovare ancora rassicurazione di un possibile voto non ancora predestinato alla Lega, definitivamente? Diciamocelo fuori dai denti, l'argomento «Costituzione» è stato abusato più volte, la più colossale al tempo del referendum costituzionale, tanto che più d'uno di quanti oggi hanno contribuito a bocciare quella riforma, sono lì lì per dirsi pentiti. Memoria lunga dell'elettorato di sinistra? Certo, come si fa dire, una parola d'ordine oggi, che si vuole una legge elettorale che «restituisca agli elettori la scelta dei loro rappresentanti oltre alla scelta del proprio governo» (Giovanna Melandri, ma anche altri) quando in quella «porcata» e nella precedente ci si è sguazzato dentro indecentemente come gli altri? E il lavoro? Ma stiamo scherzando? Si pensa che la gente che vive sulla propria pelle la crisi non legga i giornali? Per suonare le proprie campane bisogna prima avere le campane. E non si ha nemmeno il campanello del chierichetto quando si leggono, non certo su giornali di destra, frasi così: «Ma la novità che Bersani vuole introdurre è riattivare in modo stabile il contatto con i tre milioni di elettori alle primarie». Che tristezza! Sulle mollette verdi consegnate agli elettori delle ultime primarie c'era scritto «ci tengo». Già, gli elettori che si sono recati a votare ci tenevano e come a esprimersi e a dare un contributo straordinario al partito di sei milioni di euro. Ma il partito? Finite le mollette? Parrebbe. Ci racconta Il Messaggero che «una società esterna da un paio di mesi è al lavoro per produrre una banca-dati, fruibile dal partito». Incredibile, no? Cosa leggerà, dunque, il partito negli occhi degli italiani?
E notizie come questa, sempre data da Sardo: «L'idea [è] di costruire una rete più ampia dei circoli e farne un tessuto connettivo per la campagna elettorale, copiando qualcosa della "rete" di Obama, di cui Bersani ha chiesto dettagliate informazioni nella recente visita a Washington», è quasi istigazione al suicidio. Ma non ci si lasci prendere dallo sconforto. Perché, «se si precipitasse ad elezioni, sarà lui [Bersani] a lanciare un appello a tutti i partiti che colgono nel comportamento di Berlusconi un rischio per la Costituzione: "A quel punto chi dicesse di no si assumerebbe le proprie responsabilità davanti al Paese"». Ahinoi.
Una chiusa amara nell'attesa della disamina attenta delle due lettere che hanno tenuto banco in questi giorni nel dibattito del centrosinistra e di rimbalzo nel centrodestra. Bersani parla nella lettera di «anni di illusione berlusconiana». Vero non vero, non è questo il problema. Quale è l'alternativa? Un suono di campane? Qualche volantino distribuito casa per casa da militanti che magari non lo hanno neppure letto?

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