lunedì 2 agosto 2010

Business afgano

Cerchiamo di capire. La guerra in Afghanistan è nata come risposta all'Undici Settembre. Quanto scrive Franco Venturini sul Corriere della Sera qualche giorno fa può essere un punto di partenza: «La guerra conferma da subito la fama dell'Afghanistan come "tomba degli imperi", ma George Bush ci mette del suo distogliendo forze per volgersi contro l'Iraq. La guerra ha un filone parallelo di assistenza, ricostruzione, istruzione, modernizzazione, e sarebbe ingeneroso non ricordarlo. Ma molto di quel che doveva arrivare agli afghani è stato gestito male, deviato, speso con egoismo. E anche per questo, oltre che per le continue perdite civili provocate dagli aerei alleati, il consenso popolare, senza necessariamente andare ai talebani, non è stato concesso a chi quei talebani combatte. Tanto più che per molti gli stranieri vanno comunque espulsi, e che il narcotraffico è ormai il principale e più conveniente sostegno del nazionalismo».
L'Italia, che opera nell'ambito Isaf, a fine 2010 avrà in Afghanistan circa 4.000 uomini. Ma la domanda che ritorna, come un tormentone estivo, è sempre la stessa: che cosa ci facciamo laggiù? Oggi l'Olanda ha deciso di riportare a casa i suoi 1.900 circa militari ponendo fine alla sua missione. Perché noi no? C'è un fronte guerrafondaio ben netto: PDL, PD e UDC. Incapaci in «patria» di un governo di salute nazionale, fanno da lungo tempo comunella per mantenere i nostri soldati al fronte, anzi per aumentare ancor di più l'impegno militare. Nell'arco parlamentare solo Di Pietro è contro e la Lega ha perplessità sulla questione, ma non si sottrae dal sostegno al governo anche su un tema così scottante e luttuoso. E i media che fanno opinione diffusa sono solidali con i guerrafondai. Scrive Venturini: «Una svolta politica anti-impegno in Afghanistan avrebbe l'effetto di "legare il braccio dietro la schiena" ai nostri soldati e finirebbe col portare a un ritiro unilaterale. Il quale ci declasserebbe nel mondo, e avrebbe conseguenze anche sulla nostra economia incidendo così sulla vita di ognuno di noi». Balle evidentemente, se l'Olanda può decidere di essere il primo paese d'Europa ad andarsene da una guerra senza senso. Ed il Canada seguirà a ruota il prossimo anno. È difficile da dimostrare che l'uomo della strada soffrirebbe per un abbandono del teatro di guerra. Potrebbero perderci le lobbies della guerra, gli interessi italiani sporchi di sangue. Sì, questi ci perderebbero sicuramente.
Che non ci siano altri motivi lo evidenzia lo stesso Venturini quando nel suo pezzo sul Corriere scrive: «Nel cercare ragioni per restare in Afghanistan fino a quando ci resteranno gli altri, l'Italia ha soltanto l'imbarazzo della scelta». Cioè, non c'è una ragione precisa, fondante, un obiettivo ben definito. Non si sa perché si è lì, si sa solo che per giustificare l'eccidio dei tanti civili afgani bisogna inventarsele le ragioni. E quali sarebbero? «Fedeltà ideale alle alleanze, lotta al terrore e interessi pratici»! Mamma mia! Soprattutto la terza che hai detto. Ed il giornalista nella chiusa, facendo gli scongiuri che le attuali «turbolenze» non investano la nostra permanenza in Afghanistan, lo ribatte: «Nel nostro interesse».

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