lunedì 9 agosto 2010

Fini nei casini

Riporto l'incipit dell'articolo di Corrado Zunino su la Repubblica di oggi: «Undici giorni di silenzio sulla casa di Montecarlo. Poi, ieri mattina, dalla villa di Ansedonia, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha deciso di scrivere una nota. Lunga, dettagliata. Per rispondere, entrando nel merito, alla storia dei 169 metri quadrati di Boulevard Princesse Charlotte 14, l'appartamento di Palazzo Milton ereditato da An da una militante di Monterotondo, quindi venduto per 300 mila euro a una finanziaria con sede nelle Piccole Antille e oggi preso in affitto da Giancarlo Tulliani, il fratello della compagna di Fini». Questa in sintesi la storia che tiene banco sui quotidiani nazionali di oggi. Naturalmente sulla questione dell'appartamento di Montecarlo sarà un'inchiesta della magistratura ad accertare se nella vicenda sono state commesse irregolarità o violazioni di legge. Ciò che cattura l'attenzione è il disappunto sbandierato nella nota diffusa da Fini: «Ho appreso da Elisabetta Tulliani che il fratello Giancarlo aveva in locazione l'appartamento. La mia sorpresa ed il mio disappunto possono essere intuiti». Cosa che fa titolare Feltri «Fini come Scajola».
E Feltri sottolinea: «Non ha detto niente. Niente che chiarisca i dubbi sulle modalità della vendita. Anzi, Fini ne rafforza uno, il principale: perché l'alloggio sia ora nella disponibilità del fratello di Elisabetta Tulliani, compagna dello stesso Fini». E più avanti: «Questa è bella. L'ha saputo dalla signora. In pratica il presidente della Camera e leader del nuovo soggetto politico staccatosi dal Pdl, Futuro e libertà, è come Claudio Scajola che, poverino, è diventato proprietario di una casa ma ignora la provenienza dei soldi con cui è stata pagata. Difetti di memoria? Forse pura inconsapevolezza tipica di chi, avendo tanti impegni istituzionali ai quali far fronte, non si perde in certe quisquilie?».
C'è da ricamarci sopra e Vittorio Feltri non se lo fa dire due volte, col nobile scopo di «riabilitare» l'ex ministro Scajola, della serie mal comune mezzo gaudio. C'è da chiedersi, però, chi possa ridere. Provvede alla bisogna La Stampa, che ci informa d'un Berlusconi «felice come una Pasqua». Ma torniamo a Feltri che va giù senza guanti: «Per l'ex ministro alle Attività produttive ballavano 800 o 900 mila euro. Per Fini suppergiù. L'alloggio, ricevuto da An in eredità dalla contessa Colleoni nel 1999, fu valutato all'epoca 450 milioni di lire e fu venduto nel 2008 a 300 mila euro. Il che pone due interrogativi. Primo, sulla valutazione di 450 milioni che per Montecarlo è un po' bassina, dato che il Principato non è la Magliana. Secondo sul prezzo di cessione, nove anni più tardi: 300 mila euro, una miseria. Due camere, una sala, un bagno e una cucina più terrazzo a quella cifra? I casi sono due. O chi ha trattato l'affare è uno sciocco cui sarebbe imprudente affidare anche il cane per i suoi bisognini; oppure è un furbo che ha agito su commissione di un altro furbo e ha fatto sparire un bel po' di grana». E non finisce qui. Feltri rigira ancora il coltello nella ferita: «Ma tutto questo è ancora nulla in confronto alla dichiarazione di Fini circa il fatto che il quartierino, dopo essere rimbalzato da una società all'altra (società anonime con sede addirittura nelle Antille, paradiso fiscale per antonomasia), sia finito proprio a Giancarlo Tulliani all'insaputa del presidente della Camera, il quale presidente della Camera ancora oggi sarebbe ignaro della circostanza se, tra un bacetto e un altro, la sua compagna Elisabetta Tulliani non avesse provveduto a informarlo».
Feltri lancia una campagna firme per «mandare a casa» Fini, fondandola proprio sulle parole del leader di Futuro e libertà: una carica istituzionale è meglio non coprirla se manca la chiarezza indispensabile. Perché, dice Feltri, «sara lecito, ma è anche molto brutto che il paladino della legalità alieni a prezzo stracciato una casa donata ad An da un'iscritta e che poi quella casa risulti abitata dal «cognato».
Ho ricordato il titolo «godereccio» della Stampa sul Cavaliere. A dire la verità non è lui a dichiararsi tale, ma i suoi palafrenieri che gridano ai quattro venti che «si gode il suo trionfo». Scrive Ugo Magri: «Era tempo, aggiungono, che non assaporava una vendetta così zuccherosa: Fini costretto a giustificarsi "in modo debole, goffo, inefficace su accuse di profilo morale».
Oggi si è scritto molto sulla vicenda. Fini nella sua nota espone la sua difesa in otto punti che qui riassumo servendomi di Repubblica: 1. L'appartamento di Montecarlo, di modeste dimensioni, fu valutato e iscritto nel bilancio di An per 450 milioni di lire; 2. L'appartamento fu visitato dall'onorevole Lamorte e dalla segretaria di Fini, signora Marino. Riferirono che la casa era in condizioni fatiscenti; 3. Né a me, dice Fini, né all'amministratore senatore Pontone, furono avanzate proposte formali di acquisto dell'appartamento; 4. Nel 2008, Giancarlo Tulliani mi informò che una società era interessata ad acquistare l'appartamento di Montecarlo; 5. Ho autorizzato Pontone alla vendita, avendo verificato che l'offerta (300mila euro) era superiore al valore stimato (450 milioni di lire); 6. Con la stessa procedura sono stati venduti altri immobili donati dalla contessa Colleoni. Mai nessun dirigente di An contestò queste operazioni; 7. La vendita è avvenuta il 15 ottobre 2009 dinanzi al notaio Caruso. Sulla natura della società acquirente non so assolutamente nulla; 8. Qualche tempo dopo Elisabetta Tulliani mi informò che il fratello Giancarlo aveva in locazione la casa. Repubblica elenca, però, quattro interrogativi ancora aperti: 1. In che modo, e da chi, Giancarlo Tulliani ha avuto l'informazione che An aveva messo in vendita una casa a Montecarlo? 2. Chi è l'effettivo acquirente della casa, che ha utilizzato per l'operazione una società finanziaria? 3. A quale titolo Giancarlo Tulliani risiede nell'appartamento di Montecarlo? 4. Quando Fini ha saputo che Giancarlo Tulliani era inquilino a Montecarlo? Perché non ha preteso che abbandonasse la casa? Buone domande.
Mi piace chiudere questo post con una citazione tratta da un'intervista del 12 luglio per Il Piccolo di Marina Nemeth a Fabio Granata, che andava dicendo allora: «Per noi la difesa della legalità è un punto centrale e irrinunciabile». Proprio ad una domanda sulla questione morale rispondeva: «La verità è che in questo momento tutta la politica deve fare un passo avanti deciso e coraggioso. E costringere le lobby che tramano, nella migliore delle ipotesi per gestire affari, a farne uno indietro. Al di là delle questioni giudiziarie e dei coinvolgimenti penali delle persone esiste una questione politica e un'etica della responsabilità da parte di chi gestisce la cosa pubblica». Appunto. Belle parole, purtroppo non c'è un pulpito credibile in tutto l'arco parlamentare.
Aggiungo solo che l'articolo citato di Zunino chiudeva il lancio in prima pagina così: «Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha intanto chiamato Napolitano per comunicargli: «Ho la maggioranza e intendo andare avanti nella legislatura». Parole che avranno pure un significato.

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