«Nel Lodigiano che "divora" territorio sono troppe le cascine abbandonate», titolava così in prima pagina, sabato 21 agosto, il quotidiano Il Cittadino di Lodi. «Da una parte il continuo consumo del suolo, dall’altra le tante, troppe cascine abbandonate. Una delle tante contraddizioni urbanistiche del Lodigiano». Il giornale diretto da Ferruccio Pallavera è da sempre sensibile verso la tutela ambientale, la conservazione di quei tratti peculiari del territorio lodigiano che ne fanno una terra caratteristica e unica. La denuncia - per fare un esempio dei temi di grande attenzione del quotidiano - della troppa facilità con cui i sindaci, col solo intento di «fare cassa», aprono alla speculazione che con la prospettiva d'un facile guadagno induce agricoltori a cedere ad un mercato edilizio, oggi oltretutto fermo quanto a domanda, terreni fertili e produttivi per la loro irreversibile cementificazione. Editoriali che in più occasioni hanno aperto un dibattito. Un allarme giustissimo perché io credo che se si andasse a fare la somma delle nuove costruzioni previste nei Piani di governo del territorio (PGT) dei comuni lodigiani ne uscirebbe fuori un'esigenza irreale, il fabbisogno equivalente di una nuova città. Abitata poi da chi?
Qualche settimana fa toccava a Matteo Brunello lanciare l'allarme cementificazione sul Cittadino. Si trattava della cascina Carazzina, situata ai margini della tangenziale di Lodi, in zona San Grato, dove l'amministrazione comunale di centrosinistra prevede nuovi insediamenti produttivi. Uno spazio già circondato dai capannoni della logistica e che ora, informava Brunello, potrebbe essere ulteriormente minacciato da traffico e cemento, visto che il comune di Lodi con il nuovo Piano di governo del territorio ha previsto nella zona nuovi spazi per lo sviluppo artigianale e produttivo.
Così Brunello descrive il podere Carazzina, oltre 33 ettari coltivati a colture cerealicole e foraggere: «Distese di campi coltivati a mais, geometrie di canali che si perdono nel verde e un vecchio cascinale. Uno stupendo angolo di verde, a pochi chilometri dal centro del capoluogo. Il cascinale è molto ampio e comprende una casa padronale, case coloniche ed edifici di deposito e di servizio. Strutture che sono state recuperate, nel rispetto dei criteri dettati dall'architettura storica. Nei pressi della cascina si notano inoltre campi coltivati, alberature, corsi d'acqua e strette strade bianche». Proprietario del podere è Guido Prato Previde di Milano, che ha riferito al giornalista alcuni dati storici e di difesa dell'area: «Ci siamo adoperati per anni nel difendere i valori di questa terra, nel rispetto delle migliori caratteristiche del paesaggio agrario tradizionale del Lodigiano e per tutelare i fabbricati della cascina risalente ai secoli scorsi; il fondo è pervenuto alla mia famiglia ancora verso la fine dell'Ottocento e da allora ci siamo dati da fare per mantenerlo in modo molto attento. Lo abbiamo fatto anche cercando di difenderlo da iniziative che per noi erano discutibili e ci siamo per questo tutelati in sede legale. Ad esempio nel caso della costruzione di un vicino magazzino di logistica». Ma tutto questo non interessa alla giunta di centrosinistra, capeggiata dal sindaco Lorenzo Guerini: il Piano di governo del territorio che disegna la «Lodi del futuro», come già accennato, nei pressi della cascina Carazzina prevede una zona di espansione produttiva, non lontano da vie importanti di comunicazione come la ferrovia e la tangenziale.
La proprietà a fine giugno ha presentato alcuni rilievi al documenti urbanistico del comune che sottolineano un'incongruenza del testo con le previsioni per l'area rispetto alla programmazione provinciale ed ha evidenziato, come riporta nel suo articolo Brunello, che «una trasformazione edificatoria delle aree del fondo a nord della ferrovia distruggerebbe di fatto il tessuto ambientale».
Ma c'è un'altra frase del proprietario trascritta da Brunello che mi piacerebbe e che credo piacerebbe a tutti sentire da altri proprietari di terreni agricoli, a Lodi, a Brembio, in tutto il Lodigiano: «Il cambio di destinazione d'uso di terreni di nostra proprietà, che potrebbero diventare produttivi, aumenterebbe il valore delle aree. Ma non è questo ciò che a noi interessa, l'importante per noi è la valorizzazione di un contesto agricolo e paesaggistico che in questo modo andrebbe disperso».
(continua)
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