lunedì 2 agosto 2010

Il ponte

È improbabile che qualcuno a Brembio si sia posto il quesito d'un possibile significato evidente o, per così dire, nascosto del simbolo della lista civica «Brembio che cambia», anche tra gli stessi aderenti. Il simbolo dopo qualche perplessità iniziale è stato accettato; in fin dei conti il simbolo della ex lista civica «Insieme per Brembio» raffigurava anch'esso un ponte. Un ponte ben più modesto volendo significare la sua pregnanza locale, il ponte del Brembiolo. Solo il proponente mostrava di avere quantomeno un'infarinatura della sua rappresentanza quando qualcuno aveva provato a porre la domanda. Magari a suggerirlo una lettura di Kafka che nel racc0nto «Il ponte» scrive: «Ero rigido e freddo, ero un ponte, stavo sopra l'abisso. Di qua avevo le punte dei piedi, di là avevo confitto le mani, e mi tenevo rabbiosamente aggrappato all'argilla friabile». Ed il momento particolare, di possibile transizione poi delusa dagli eventi, la volontà di farsi rappresentante d'una parte politica, in un raggruppamento nuovo proiettato verso un futuro amministrativo sognato di cambiamento, può aver aiutato l'identificarsi nel ponte.
Il simbolo su uno sfondo azzurrino disegnava al centro un ponte stilizzato, importante, nei colori del tricolore e dagli stessi colori era contornato. Un simbolo non certo di sinistra, anzi tipicamente di destra nell'immaginario popolare proprio per via di quei tre cerchi che ricordano la bandiera. E per inciso, è nella rincorsa del popolo di destra che il simbolo attuale del Pd rappresenta se stesso come tricolore. Solo che al centro non vi è una idealità, ma il Pd rappresenta la sua sigla, cioè se stesso. Obiettivo ben sottolineato d'un disegno evidente di potere. Ma torniamo all'altro.
In un articolo avevo sottolineato il significato del tricolore, particolarmente nel colore che sostituisce il blu francese, il verde, come simbolo massonico. Ma ecco che viene il bello. I frammassoni Roland Füstös e Dirk Röhring, in un loro articolo dal titolo «La simbologia del ponte», pubblicato nel numero 1/2009 di Hiram, la rivista del Grande Oriente d'Italia, scrivono: «Il ponte per noi rappresenta il simbolo della comunicazione cercata, voluta in quanto costruita artificialmente laddove l'artificio sta a significare la volontarietà, il viaggio ricercato, il mezzo per il superamento dell'ostacolo, ciò che consente la continuazione del cammino e quindi la ricerca, la conoscenza, l'apertura verso lo sconosciuto e, insieme, la disposizione a lasciarsi conoscere; ma nello stesso tempo, vediamo nel ponte la creazione di un nuovo luogo dato dall'interazione di esso con uno spazio generico, secondo il concetto heideggeriano: un ponte non viene posto in un luogo preesistente: quel luogo non esiste prima del ponte. Esistono forse numerosi spazi lungo il fiume, ma solo uno di loro, grazie al ponte diventa luogo». Per chi sa come sono finite le cose a Brembio, le parole di Heidegger rappresentano una prospettiva che il senno di poi di oggi riconosce. Ma torniamo all'articolo citato.
Scrivono ancora i due autori: «Dividere dagli ostacoli e nello stesso tempo inglobarli ponendo in comunicazione volontariamente, artificialmente ciò che altrimenti non lo potrebbe essere, diventare un sistema dinamico acquistando significato dall'interazione con chi il ponte lo usa e connotando al tempo stesso un ambiente senza il quale non avrebbe nemmeno senso di esistere sono contraddizioni che spiegano il significato e la simbologia del ponte». Naturalmente l'articolo non si riferisce certo ad una piccola lista civica di un piccolo paese d'una piccola provincia lombarda. L'articolo parla di «coloro che hanno levigato la loro pietra, che agiscono sempre con squadra e compasso, che hanno interiorizzato in modo assoluto il rituale e sono in grado di realizzare il ponte rituale e spirituale verso il trascendente», i pochi «maestri con la grazia di conoscere la via verso il paradiso, verso il sole». Ma torniamo al ponte.
Si dice ancora nell'articolo: «Il movimento che noi associamo al ponte è infinito e contingente, pur trattandosi evidentemente di un oggetto immobile, esso rappresenta il movimento di chi lo percorre, diventando il simbolo della comunicazione, è un movimento infinito dato dalla circostanza precisa in cui ci si trova e dalla necessità di proseguire il viaggio in una direzione piuttosto che in un'altra o dalla volontà di scegliere una di tali direzioni; e sarà dalla scelta compiuta, dalla volontarietà della distesa di un ponte che si percorrerà una via diversa da ogni altra in un istante preciso che condizionerà la storia unica di ciascun viaggiatore, mai uguale ad alcun'altra né mai uguale a se stessa e dove gli artefici di tale storia saranno in egual misura il viaggiatore e tutto ciò che sta al di fuori di esso». Già.
Naturalmente un ponte può crollare. «Il crollo avviene proprio quando il ponte cede alla paura umana e si volta, quando cede alla tentazione di muoversi». Appunto.

Nessun commento: