domenica 15 agosto 2010

Il salvatore

Non so quanti siano i lettori di Libero. In particolare poi tra quanti guardano al centrosinistra. Eppure Belpietro pubblica sul suo giornale di tanto in tanto articoli trasversalmente interessanti per formarsi una «visione del mondo» che non sia «integralista», a senso unico. Uno di questi è il pezzo di Pietrangelo Buttafuoco, pubblicato venerdì 6 agosto scorso. Titolo: «Quando c'era solo lui... Camerati, a noi. Silvio ci ha salvati».
L'articolo andrebbe letto completamente. Qui mi limito a riportare i primi due paragrafi e l'ultima parte, quella su Fini. Scrive, dunque, Buttafuoco: «Camerati, a noi è toccato il ruolo di essere i becchini del berlusconismo, bene. Ma almeno un esame di coscienza lo possiamo fare? Ancora due giorni prima delle elezioni, quelle del 1994, la gloriosa macchina da guerra di Achille Occhetto si scontrava con quei fantastici citrulloni dalla cravatta con il nodo grosso, i primi militanti di Forza Italia. E c'era il Corriere della Sera, il giornale dei moderati e dei borghesi, che la buttava proprio chiara: "No a Berlusconi". Uno degli argomenti forti, certamente quello più scandalizzato, era l'imbarazzante apparentamento con il Movimento sociale Italiano, il partito nel cui emblema, sotto la fiamma, c'era ancora visibile la bara di Benito Mussolini.
«Camerati, a noi in quei giorni venne in sorte di vederci cambiata la vita: dall'oggi all'indomani. Due giorni dopo, incredulo, lo stesso Corriere raccontava l'inaudito: vinceva le elezioni l'uomo della plastica, il ricco non elegante, quello delle televisioni cui faceva contorno un'idea d'Italia senza salotti e senza le terrazze di Ettore Scola. Solo arredi Aiazzone. E quella "storia italiana" poi, il depliant propagandistico di un animatore da villaggio intento a curare i fiori nel proprio giardino».
E Buttafuoco continua la sua interessante storia dei camerati nell'era Berlusconi. Procuratevelo, l'articolo, da conservare. E veniamo all'oggi ed alla conclusione: «E va bene, allora, è finita, sarà finita ma io non pretendo di verificare il grado di futurismo di Gianfranco Fini». Curioso «ragazzo», Gianfranco Fini. che un sondaggio in Sicilia dà nel popolo del centrosinistra quale primo leader politico in cui riporre la propria fiducia: 56% contro il 51% di Di Pietro e il 50% di Bersani. Chissà che non accarezzi l'idea di candidarsi, lui pure, alle primarie del Pd. Ma torniamo a Buttafuoco. Scrive poi: «Ma mentre capisco certe uscite di Fabio Granata (è grazie a Granata se le anime belle, oggi, devono inghiottire la smagliante verità di una foto, quella di Paolo Borsellino in coppia con Pippo Tricoli, ospiti di Granata con tanto di croce celtica sullo sfondo), m'indignano gli anatemi di un Gianni Alemanno contro lo stesso Fabio (proprio lui, parla, il sindaco, lui che si sucò fin nel midollo i ragazzi di Siracusa, suoi fedeli pretoriani; parla proprio lui, la fighetta, che per non fare la figura del fascio allo Strega ha ostentatamente votato Silvia Avallone e non Antonio Pennacchi). Continuo a non chiedere a Fini di gettare il cuore oltre l'ostacolo ma di parlare con voce sua, sua politica voce, e non per tramite di avvocati, e di spiegare la casa di Montecarlo, quanto meno a soli camerati, proletari e fascisti. quelli che non avendo manco da tenersi le pezze al culo le trovavano cento lire per la sottoscrizione. È il senso di vergogna che prende me che non sono più un elettore ma solo uno che se n'è andato o, forse, cacciato da ogni destra. E mi vergogno nei confronti di quelli che venivano in sezione per restarci anche se fuori, nelle piazze, gli altri, ci volevano morti. I beni immobiliari del Msi (altro che An, altro che Pdl) esistono in virtù di un istinto di sopravvivenza: le compravano le case perché nessuno ce le affittava. Nessuno ci ha mai voluto tra i piedi. Per i piedi a noi ci appendevano. Camerati, a noi!».
Insomma, per concludere, il titolo di Libero nella pagina interna, cui l'articolo viene rimandato dalla prima, riassume molto bene il concetto di fondo del pezzo: «Camerati, senza Silvio saremmo in una fogna».

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