lunedì 9 agosto 2010

Dieci passi

Facciamo un po' di ordine. Non starò qui a riprendere o confutare quanto ha detto Fini. In fin dei conti interessa poco. Ormai la mucca è scappata. Vediamo piuttosto alcune esternazioni di contorno che possono arricchire il quadro. Comincio con Flavia Perina, deputata, che ovviamente ha aderito al neonato gruppo parlamentare di Futuro e libertà, e direttore del quotidiano Il Secolo d'Italia. Dice: «Fini ha dato sulla casa di Montecarlo una risposta chiara, che toglie alibi alla campagna diffamatoria avviata contro di lui e il nostro mondo». La Perina è chi andava dicendo solo qualche giorno fa (il 6 agosto su Repubblica) alla richiesta di chiarezza a Fini da parte degli ex An Gasparri e Matteoli: «Già, ma la cosa bizzarra è che la cessione dell'immobile di Montecarlo fu messa a bilancio nel 2008, quando esisteva ancora An e alla guida c'erano i triumviri: La Russa, Matteoli e Alemanno». Anche se aggiunge: «Insomma, chi gestiva il partito in quella fase ebbe tante occasioni per interessarsi. E non lo fece». Ma intanto lo stesso giorno sul giornale che dirige pubblicava un eloquente Enzo Raisi, deputato anche lui finiano ed amministratore del Secolo d'Italia, che affermava interrogato da Stefano Petroselli: «La vendita della casa è stata iscritta a bilancio nel 2008. La data è molto importante. Forse non tutti si ricordano che, all'epoca, Gianfranco Fini non era più il presidente di Alleanza nazionale. Il partito infatti era gestito da una reggenza di tutti i cosiddetti colonnelli con Ignazio La Russa come primus inter pares. Quindi chi vuole sapere i particolari di quella transazione dovrebbe andare a chiedere proprio a La Russa e non a Fini». E, tanto per rincarare la dose del «depistaggio», all'osservazione che Storace chiede invece proprio a Fini delucidazioni, dopo il «doveroso» apprezzamento, «Guardi, la Destra di Francesco Storace è nata con il solo obiettivo di dare fastidio ad Alleanza nazionale... E non mi stupisce il fatto che si parli da qualche tempo di un riavvicinamento tra Storace e Silvio Berlusconi. Qualche cosa vorrà pur dire...», insiste: «Perché Storace non chiede a La Russa del perché ha venduto quella casa a quel prezzo e in quel modo?». Per «fortuna» che Fini abbia deciso di fare outing, dopo una serie di verifiche «autorizzai il sen. Pontone alla vendita come accaduto altre volte in casi analoghi», così sappiamo di prima mano che quanto La Russa diceva il giorno dopo al Fatto Quotidiano era pura verità: «Per scrupolo. siccome alle volte si firmano tante cose per il ruolo che si ha, e in quel caso bisognerebbe farsene carico, ho fatto controllare l'atto, e bene: non solo in quella cessione la mia firma non c'è, ma è anche scritto che tutto era fatto da Pontone, con delega di Fini». E quanta più forza ha oggi la sua risposta alla domanda del Fatto «Quindi smentisce Raisi?»: «Sì e voglio dare un consiglio agli inchiestisti del Secolo d'Italia: visto che stanno sullo stesso pianerottolo di An, facciano dieci passi, bussino alla porta, si facciano dare l'atto e pubblichino quello, sempre che ne abbiano il coraggio». E oggi, intervistato dal Corriere, La Russa può con tutta serenità spiegare: «Fini ha confermato che fu lui ad autorizzare il tesoriere del partito, Pontone, a vendere». Fini aveva già lasciato la presidenza di An per la presidenza della Camera, ma: «Mi dissero che esisteva un atto separato dal quale risultava che era sempre lui responsabile dell'amministrazione del partito e del Secolo d'Italia. Quell'operazione immobiliare mi fu taciuta completamente. Non ebbi alcuna notizia, neanche generica. E non è che vendessimo immobili tutti i giorni... Non c'era l'obbligo di comunicarmi acquisti e vendite, ma il dovere politico direi di sì». E alla domanda «Non poteva leggere il bilancio?», «Nei bilanci non ci sono i dettagli delle compravendite!». Frase quest'ultima che sminuisce di molto il valore dell'affermazione di Fini nella sua nota: «In nessuna occasione, a partire dalle assemblee nazionali convocate secondo lo statuto per l'approvazione dei bilanci, alcun dirigente di An contestò o sollevò perplessità sulle avvenute vendite».
Ma altri punti dell'intervista di oggi a La Russa sono degni di attenzione. Il giornalista, Andrea Garibaldi, chiede: «Secondo Fini, la società proposta da Tulliani offrì per la famosa casa una cifra - trecentomila euro - superiore ai valori di mercato», e La Russa così risponde: «Però, il senatore Antonino Caruso, che si occupò della casa quando fu lasciata in eredità ad An, ha raccontato più volte di un'offerta - ricevuta a fine 2001 - da sei milioni di franchi, circa un milione di euro». QN oggi riportava in un articolino le dichiarazioni del senatore del Pdl Antonino Caruso, l'avvocato civilista che curò l'accettazione dell'eredità: «Posso confermare quello che ho già riferito nei giorni scorsi, alcuni mesi dopo che mi recai a Montecarlo per disbrigare gli adempimenti formali dell'eredità della signora Colleoni fui raggiunto da una telefonata a Roma, nel corso della quale mi fu chiesto se An era interessata a vendere l'appartamento. Non fu una proposta formale, l'offerta valeva all'incirca sei milioni di franchi. Riferii la telefonata al senatore Pontone che non mancherà di confermare la circostanza perché era il soggetto che rappresentava il proprietario. Pontone mi rispose che la cosa in quel momento non interessava e, per quanto mi riguarda, la stessa finì e nulla più seppi fino ai giorni nostri. Se ci furono offerte formali, allora o nel frattempo, credo che le stesse siano conservate da Pontone o Lamorte. In caso contrario vorrà dire che l'appartamento di Montecarlo non interessò a nessuno per dieci anni, sia per un eventuale affitto che per un acquisto».
E curiosa è anche la risposta data da La Russa all'osservazione del giornalista, «Questo caso appare anche una perfetta arma politica nello scontro Berlusconi-Fini; dice il ministro: «Mi sono informato: il caso è scoppiato semplicemente per la denuncia di un vicino di casa che voleva comprare quell'appartamento e si sentiva da anni preso in giro». Che fa il paio col suo commento all'osservazione «Fini dice che dopo la vendita scoprì che l'appartamento di Montecarlo era stato preso in affitto da Tulliani e provò disappunto»; dice La Russa: «Questa affermazione si commenta da sola. Mi hanno anche raccontato che Fini fu visto andare in quella casa...». Insomma, come non assentire all'affermazione del ministro «Seguo con tristezza la vicenda della casa a Montecarlo»? Soprattutto dopo aver letto Enzo Raisi dire: «Quella casa era fatiscente e prevedeva un costo di restauro enorme. Non è un mistero che molti sono andati a Montecarlo per un possibile acquisto. Ma che dopo averla vista in quelle condizioni non se n'è fatto nulla... L'investimento era troppo impegnativo per una casa del genere». Ed ecco il miracolo, ovvero con le parole di Fini: «Nel 2008 il sig. Giancarlo Tulliani mi disse che, in base alle sue relazioni e conoscenze del settore immobiliare a Montecarlo, una società era interessata ad acquistare l'appartamento, notoriamente abbandonato da anni», addirittura con un'«offerta di acquisto [che] era superiore al valore stimato». E ancora, tornando all'intervista del Secolo a Raisi curiosa è pure la domanda sulla società offshore ed ovviamente poi la risposta. Ma attenti alla domanda: «E per quanto riguarda la scelta di una società offshore come acquirente?». L'avete letta attentamente, proprio attentamente? Raisi poi risponde: «Anche un bambino sa che a Montecarlo la maggior parte degli appartamenti sono di proprietà di società offshore». Che caspita, «Se vuoi vendere un immobile nel Principato di Monaco devi quasi obbligatoriamente vendere a società offshore. È la normalità». Che postaccio Montecarlo!
La Repubblica si è sentita dire da Altero Matteoli: «Scoprire oggi che una proprietà del partito è stata sfilata in quel modo non è accettabile. È oggettivamente imbarazzante». «Ma davvero di quella casa voi dirigenti di An non sapevate nulla?», gli domanda il giornalista nell'intervista pubblicata oggi. E Matteoli: «Io l'ho appreso dai giornali. qualcuno degli amici di Fini ha tentato di coinvolgere La Russa, me... Solo per difendere lui. Voglio che sia chiaro, come sta emergendo, che noi non ne sapevamo nulla».
A questo punto, forse, per finalmente chiudere questo post, niente di meglio delle parole di Mario Mantovani rilasciate il 5 luglio scorso a Il Giornale: «A me pare che violare la volontà testamentaria di una militante che ha creduto nella buona battaglia della destra sia la cosa più triste e negativa che si possa fare. Peggio, molto peggio di qualsiasi vicenda che abbia potuto interessare membri di questo governo. Anche perché Fini è arrivato a mettere in discussione il suo rapporto con il premier Berlusconi e si è fatto scudo per violare il mandato popolare proprio con motivazioni morali. A maggior ragione ora che è coinvolto in una vicenda nella quale è sospettato di aver favorito affari privati, il gesto che ne consegue dovrebbero essere le dimissioni». Ma naturalmente non finisce qui.

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