Renzo Favaron (Cavarzere, 1959) ha pubblicato lo scorso anno, dopo una prima raccolta in lingua, due raccolte in dialetto veneto e due romanzi brevi, la silloge “Al limite del paese fertile”, da cui è tratta la poesia seguente, per i tipi di Book Editore (Isbn 978-88-7232-577-3), nella collana di poesia “Fuoricasa”.
Sagra di fine stagione
I
Dura pochi giorni. Affrettati.
Hai aspettato, ma adesso
si liquida tutto. Di sogno,
maledizione o bene, cos’è rimasto?
A volte si alza un grido
dal baccanale:
“Solo le bugie sono veritiere”.
Hai aspettato, ma invecchia
anche ciò che non ha familiarità
di corpo umano, camicie,
scarpe, pellicce mai provate
a dispetto di chi non può liberarsene
senza pensare a un eventuale danno:
è l’edificio del tempo che invecchia,
soggetto a un’usura precoce,
degradato a ogni principio di stagione
o quando non si ha che per i nuovi arrivi
un attimo a disposizione
e langue glissato nella giacenza
il belletto che appena un mese fa
assaporavi ancora…
II
Precípitati, ogni cosa è accessibile,
corri, se per te non c’è migliore
festa che passare il tempo.
Tutto è già stato liquidato
o messo all’incanto,
la biblioteca,
i mobili divorati dai tarli,
il guardaroba – la casa
dove nessuna ombra cammina.
Ma rallegrati, chiudi il gas.
Continuamente, intorno al giardino
comunale, in cima a un glicine fiorito,
lo spazio aperto imbocca
rondoni vagabondi. Tu li guardi
e ora sai che è questa la tua strada.
Va’, dunque. Getta gli strumenti
e i viveri. Lo slittamento della valle
riavvicinerà la riva che si separa nel mattino,
questa zattera che non è sprofondata…
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