Sembra possibile oggi l’idea, che si può trarre dal risultato elettorale di una decina e passa di giorni fa, che il governo Berlusconi possa rappresentare, proprio per il tipo di consenso esteso a tutto lo Stivale, il ponte verso una nuova Italia organizzata secondo una struttura federale. Se il Cavaliere riuscirà nella prima fase del suo mandato a dare una sterzata sulla via del risanamento del Paese e della riduzione del debito pubblico, nonché dello sviluppo delle due aree Nord e Sud con decisioni tese a favorire la soddisfazione delle necessità primarie in termini di infrastrutture e crescita economica, si potranno porre basi reali per un nuovo assetto statuale federalista. Perché gli squilibri e l’assistenzialismo alimentati nei sessant’anni di repubblica dalle forze politiche dominanti della prima repubblica e dal centrosinistra successivamente sono stati la palla al piede d’una sorta di colonialismo ex sabaudo che ha bloccato al Sud la crescita di una concezione diversa improntata a creare condizioni di sviluppo del territorio, fondate sulle proprie risorse intellettuali ed economiche.
Mentre in queste ore si stanno decidendo i nomi dei membri del futuro governo cercando da quanto si legge forse alchimie per non “scontentare nessuno”, Berlusconi dovrebbe cercare gli uomini, indipendentemente a quale tra le forze politiche del Popolo della libertà oppure alla Lega appartengano, capaci di farsi bandiera del nuovo possibile.
Che il futuro dell’Italia sia una sua organizzazione federale che favorisca al massimo l’assetto pensato di una futura Europa delle Regioni è ormai pensiero che sta prendendo sempre più piede. E lo si nota da prese di posizione sempre più manifeste, particolarmente negli scorsi giorni, a difesa dell’obsoleto da parte di quelle forze politiche, lobbies ed istituzioni che sul centralismo statuale hanno posto le loro passate fortune.
Mentre in queste ore si stanno decidendo i nomi dei membri del futuro governo cercando da quanto si legge forse alchimie per non “scontentare nessuno”, Berlusconi dovrebbe cercare gli uomini, indipendentemente a quale tra le forze politiche del Popolo della libertà oppure alla Lega appartengano, capaci di farsi bandiera del nuovo possibile.
Che il futuro dell’Italia sia una sua organizzazione federale che favorisca al massimo l’assetto pensato di una futura Europa delle Regioni è ormai pensiero che sta prendendo sempre più piede. E lo si nota da prese di posizione sempre più manifeste, particolarmente negli scorsi giorni, a difesa dell’obsoleto da parte di quelle forze politiche, lobbies ed istituzioni che sul centralismo statuale hanno posto le loro passate fortune.
Solo il federalismo può "salvare" l'Italia ed il voto espresso dalle sue genti dimostra che la via è finalmente percorribile.
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