Non so se si è notato che Veltroni chiama Berlusconi “destra” e per contro Berlusconi chiama Veltroni “sinistra”, un’operazione speculare d’uso di obsolete categorie per compattare le fila dei rispettivi potenziali elettori. Prospettare il peggio per trattenere eventuali transfughi.
L’operazione trasformista degli ex comunisti, proprio perché tale, si trascinerà dietro per molto tempo il marchio di fabbrica originario, almeno fintanto che la base ed i vertici del nuovo partito saranno costituiti in maggioranza da ex Ds. La continuità storica e di pensiero appare pesantemente evidente in ambito locale dove non si registra altro che un mero cambio, l’ennesimo, di etichetta e di bandiere. È, dunque, normale che il Cavaliere cerchi di mettere a frutto tale evidenza, nonostante le proteste della sinistra reale, che grida inutilmente al mondo di essere “la sinistra”, la vera ed unica sinistra e che i prodiani pideisti non sono “sinistri”.
Nel Popolo della libertà ciò che “spaventa” è la connotazione a destra rafforzata dal connubio di Forza Italia col partito di Fini, destinato ad ereditare l’intero schieramento quando Berlusconi passerà la mano. Su questo gioca Veltroni per guadagnare definitivamente il centro dello schieramento e l’eredità democristiana, cercando di definire l’antagonista la nuova “destra” italiana.
C’è però un problema, sottolineato dall’alto numero degli incerti, e raccolto nella propria dialettica elettorale da qualcuno dei piccoli competitori nella corsa elettorale: che, cioè, le categorie con cui Veltrusconi rappresenta la politica hanno fatto il loro tempo e saranno a lungo andare insignificanti nelle scelte dell’elettorato, chiamato dalla drammaticità del quotidiano a decidere su altre basi. Tra qualche giorno sicuramente uno dei due agglomerati risulterà vincente, ma non è detto che già questa tornata elettorale non dia indicazioni del nuovo che avanza, nuovo che non è né il vecchio di Veltroni, né quello di Berlusconi.
Il pronostico favorisce Berlusconi. Ieri nella trasmissione di Vespa ha lasciato a chi guardava senza partigianeria l’impressione di un accalorato statista che, sicuro della vittoria, sta già lavorando per raddrizzare il Paese, al contrario di Veltroni che pur nella sua grande capacità di comunicazione non riesce a superare nell’immaginario la figura d’un eccellente imbonitore da fiera di paese che ecceda in mirabolanti promesse sulla qualità della merce in vendita. Del resto, a ben guardare, non basta qualche manifesto ritoccato con cui si è tappezzata l’Italia, per nascondere l’ombra incombente sul PD del fallimento governativo del suo presidente Prodi.
Ma se così fosse, per questo Paese potrebbe finalmente presentarsi una prima concreta occasione di risolvere la questione che l’attanaglia sin dal 1861, dalla sua unità imposta con le armi dai Savoia, e cioè, il passaggio ad una organizzazione statuale federalista, che, mutatis mutandis sappia cogliere le opportunità offerte dalla prospettiva di un’Europa delle Regioni. E, dunque, per l’elettore che voglia raccogliere l’invito al voto utile, la cosa più sensata da fare è rafforzare col proprio voto i due comprimari del raggruppamento del Popolo delle libertà, al Nord la Lega, al Sud il Movimento per l'Autonomia di Raffaele Lombardo. Garantirsi insomma due forti sentinelle che frustrino ogni tentativo di assalto al Palazzo del mostro Veltrusconi.
L’operazione trasformista degli ex comunisti, proprio perché tale, si trascinerà dietro per molto tempo il marchio di fabbrica originario, almeno fintanto che la base ed i vertici del nuovo partito saranno costituiti in maggioranza da ex Ds. La continuità storica e di pensiero appare pesantemente evidente in ambito locale dove non si registra altro che un mero cambio, l’ennesimo, di etichetta e di bandiere. È, dunque, normale che il Cavaliere cerchi di mettere a frutto tale evidenza, nonostante le proteste della sinistra reale, che grida inutilmente al mondo di essere “la sinistra”, la vera ed unica sinistra e che i prodiani pideisti non sono “sinistri”.
Nel Popolo della libertà ciò che “spaventa” è la connotazione a destra rafforzata dal connubio di Forza Italia col partito di Fini, destinato ad ereditare l’intero schieramento quando Berlusconi passerà la mano. Su questo gioca Veltroni per guadagnare definitivamente il centro dello schieramento e l’eredità democristiana, cercando di definire l’antagonista la nuova “destra” italiana.
C’è però un problema, sottolineato dall’alto numero degli incerti, e raccolto nella propria dialettica elettorale da qualcuno dei piccoli competitori nella corsa elettorale: che, cioè, le categorie con cui Veltrusconi rappresenta la politica hanno fatto il loro tempo e saranno a lungo andare insignificanti nelle scelte dell’elettorato, chiamato dalla drammaticità del quotidiano a decidere su altre basi. Tra qualche giorno sicuramente uno dei due agglomerati risulterà vincente, ma non è detto che già questa tornata elettorale non dia indicazioni del nuovo che avanza, nuovo che non è né il vecchio di Veltroni, né quello di Berlusconi.
Il pronostico favorisce Berlusconi. Ieri nella trasmissione di Vespa ha lasciato a chi guardava senza partigianeria l’impressione di un accalorato statista che, sicuro della vittoria, sta già lavorando per raddrizzare il Paese, al contrario di Veltroni che pur nella sua grande capacità di comunicazione non riesce a superare nell’immaginario la figura d’un eccellente imbonitore da fiera di paese che ecceda in mirabolanti promesse sulla qualità della merce in vendita. Del resto, a ben guardare, non basta qualche manifesto ritoccato con cui si è tappezzata l’Italia, per nascondere l’ombra incombente sul PD del fallimento governativo del suo presidente Prodi.
Ma se così fosse, per questo Paese potrebbe finalmente presentarsi una prima concreta occasione di risolvere la questione che l’attanaglia sin dal 1861, dalla sua unità imposta con le armi dai Savoia, e cioè, il passaggio ad una organizzazione statuale federalista, che, mutatis mutandis sappia cogliere le opportunità offerte dalla prospettiva di un’Europa delle Regioni. E, dunque, per l’elettore che voglia raccogliere l’invito al voto utile, la cosa più sensata da fare è rafforzare col proprio voto i due comprimari del raggruppamento del Popolo delle libertà, al Nord la Lega, al Sud il Movimento per l'Autonomia di Raffaele Lombardo. Garantirsi insomma due forti sentinelle che frustrino ogni tentativo di assalto al Palazzo del mostro Veltrusconi.
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